FERRARA (AMPLIFON): IL TEMPO, PER UN LEADER D'AZIENDA, ASSUME UN SIGNIFICATO PIU' CRUCIALE DI QUELLO CHE SI PUO' IMMAGINARE

di Matteo Castelnuovo | 29/11/2025

«Il tempo per un leader non è semplicemente una linea retta che scorre, ma uno spazio multidimensionale da coltivare con attenzione strategica, consapevolezza umana e apertura all’innovazione». È così che Laura Ferrara, Chief Internal Audit and Risk Management Officer di Amplifon, azienda italiana leader nelle soluzioni per l’udito presente in 26 paesi del mondo, definisce uno dei concetti più difficili da interpretare nell’era moderna all’interno di un'intervista raccolta in occasione della nuova edizione del report annuale dal titolo "Keep Time and Manage Leadership", prodotto da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, pensato per indagare alcuni degli aspetti più importanti da considereare per la leadership del mondo dell'impresa contemporanea e presentato lo scorso 19 giugno 2025 in apertura del Business Leaders Summit, tenutosi presso l'Allianz MiCo di Milano. «In questo scenario dinamico e sfidante – prosegue la dott.ssa Ferrara –, il tempo per un leader d’azienda assume un significato ancora più cruciale e sfaccettato di quello che si può immaginare. Innanzitutto, è una risorsa preziosa e limitata, da allocare saggiamente. Spesso, tra le priorità quotidiane, lasciamo da parte il tempo per una riflessione profonda sulla visione strategica di lungo periodo e sulla comprensione delle dinamiche più complesse, dimenticando che senza tale riflessione il rischio è di farsi travolgere dall’operatività e perdere di vista gli obiettivi essenziali. E questo, a sua volta, potrebbe compromettere anche il tempo da dedicare all’ascolto delle persone, per costruire o rafforzare relazioni autentiche, comunicare in maniera adeguata e creare un ambiente di lavoro efficace che, nella maggior parte dei casi, può fare davvero la differenza. Inoltre, il leader deve dedicare tempo all’apprendimento continuo, all’aggiornamento sulle nuove tecnologie, come appunto l’AI, e alla capacità di adattare rapidamente le strategie in base ai cambiamenti del contesto». Un approccio, questo, che può trasformare il tempo da un vincolo potenziale a un potente motore di vantaggio competitivo. «Per raggiungere questo obiettivo – precisa Ferrara –, in un panorama in continua evoluzione come quello attuale, i leader d’impresa devono dare vita a strategie efficaci, ma soprattutto profondamente adattabili. Per farlo, hanno sicuramente bisogno di un’organizzazione flessibile, con processi decisionali snelli ma strutturati, e di una cultura aziendale in cui il cambiamento sia considerato un’opportunità più che qualcosa da temere. Dal mio punto di vista, legato alla gestione dei rischi, il focus è soprattutto quello sulla gestione efficace dei processi: serve identificare, valutare ed eventualmente mitigare i rischi emergenti verificando, al tempo stesso, che i controlli interni siano adeguati». In questo scenario, ovviamente, la cultura dell’innovazione e della sperimentazione di nuove soluzioni, come sostiene anche Ferrara, diventa essenziale per l’evoluzione dell’azienda, ma risulta altrettanto cruciale che essa sia accompagnata dal monitoraggio sull’evoluzione del panorama normativo, assicurando che l’organizzazione faccia un uso delle nuove tecnologie conforme alle regole. «Inoltre – aggiunge la dott.ssa Ferrara –, per una strategia efficace, è essenziale non limitarsi a reagire ai rischi già manifesti, ma sviluppare le capacità di anticipare quelli emergenti, legati non solo all’innovazione tecnologica, ma anche ai cambiamenti economici e geopolitici che influenzano il mercato». La strategia, per rimanere al passo con i tempi e rispondere alle nuove esigenze del mercato, deve essere intrinsecamente legata a una gestione del rischio evoluta e a un robusto sistema di controllo interno, assicurando che l’organizzazione sia consapevole dei rischi, abbia implementato misure adeguate a mitigarli e stia operando in modo etico, conforme e sostenibile nel lungo termine. «In questo scenario – sostiene la dott.ssa Ferrara –, il concetto di “bilanciamento” cattura perfettamente una sfida che è cruciale per i leader nell’era contemporanea. La tecnologia assume, quindi, un duplice ruolo: di opportunità, perché ottimizza l’impiego del tempo e migliora la produttività, riducendo alcune attività di routine a basso valore aggiunto, ma anche di rischio, per l’aumento della mole di informazioni da gestire, la possibilità di creare nuove inefficienze e complessità e, non ultima, la creazione di nuovi possibili scenari da monitorare». Come a dire che il vero leader moderno sia colui che sappia orchestrare l’efficienza offerta dalla tecnologia con la centralità del benessere umano, creando un ritmo di lavoro sostenibile che porti al successo senza sacrificare le persone e le loro esigenze. «La tecnologia è uno strumento potente – commenta Ferrara – ma sono la saggezza e l’empatia del leader a determinarne l’impatto sul bilanciamento tra tempo e lavoro. Essa può decisamente favorire questo equilibrio a patto che non se ne abusi, sia per evitare di diventarne troppo dipendenti, sia per non sacrificare le relazioni umane. Per me, l’equilibrio vita-lavoro è fondamentale e corre su una linea sottile. Negli anni, sapermi organizzare per non rinunciare a nessuna priorità è stato essenziale nel sentirmi pienamente soddisfatta, ma anche per conciliare le scelte di vita professionale con quelle personali e, in questo, la tecnologia mi è stata di grande aiuto». Senza dimenticare, poi, che più in generale, l’attenzione al bilanciamento tra tempo e lavoro all’interno di un’azienda non è solo una questione etica e di benessere dei dipendenti, ma rappresenta anche un’opportunità di impattare in modo efficace sulla performance, sulla reputazione e sulla sostenibilità a lungo termine dell’organizzazione. «I giovani – aggiunge la dott.ssa Ferrara – devono sapere che questo balance è possibile anche in contesti complessi. Se guardo al futuro, credo che coltivare un pensiero critico e avere la capacità di interrogarsi siano attitudini cruciali per le nuove generazioni di leader. A mio avviso, infatti, prendere decisioni consapevoli e lungimiranti è possibile soprattutto se non ci si ferma alle prime impressioni. L’AI e le nuove tecnologie, per esempio, sono efficaci nell’automatizzare alcune attività di routine e supportare i processi decisionali, ma non bisogna mai lasciare da parte il giudizio critico che contraddistingue un buon leader». Da sempre, infatti, l’essere open-minded e la capacità di analisi delle situazioni da una prospettiva sempre diversa sono fattori cruciali da coltivare nello sviluppo di soft skills. «Le sfide, si sa, sono tante ed è l’attitudine del singolo a fare la differenza – chiosa Ferrara –. Io, nelle persone con cui lavoro e, soprattutto, nei giovani talenti cerco di instillare curiosità, dedizione al lavoro, tenacia, ma anche autostima e consapevolezza di sé. Lo sviluppo di tali peculiarità contribuisce a favorire un pensiero analitico e riflessivo e a stimolare un giudizio indipendente per compiere scelte più efficaci e creare un valore condiviso».

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Risk Management & Cyber Security

ORE LAVORATE IN AUMENTO AL +2,7%, MA FATTURATO IN CALO AL -2,5%: COME LE IMPRESE POSSONO EVITARE IL RISCHIO DI FLESSIONE DELLA PRODUTTIVITA'

La produttività del lavoro in Italia continua a rappresentare una delle principali criticità per la crescita economica del nostro Paese. Secondo i dati ISTAT, nel 2023 si è registrata una flessione del 2,5% del fatturato complessivo del comparto industriale tricolore, a fronte di un aumento delle ore lavorate del 2,7%. Un paradosso che evidenzia come, nel complesso meccanismo del rapporto produttivo, l’incremento quantitativo dell’impegno professionale non si traduca automaticamente in efficienza o valore aggiunto per il business. In questo scenario, le imprese italiane si trovano davanti a un bivio: continuare a operare secondo modelli gestionali tradizionali o intraprendere un percorso di trasformazione profonda, capace di semplificare i processi, valorizzare le risorse e sfruttare appieno le potenzialità offerte dalla tecnologia, al fine di evitare il rischio di importante flessioni nella capacità di rimanere rilevanti e competitivi sui mercati.

 

In un contesto in cui la digitalizzazione e la semplificazione dei processi sono sempre più centrali per la resilienza aziendale, il confronto tra esperti di governance, sicurezza e innovazione, diventa cruciale per delineare strategie efficaci e sostenibili. La produttività, infatti, non è solo una questione economica, ma anche un indicatore di stabilità operativa e di abilità nella gestione del rischio. Questo intreccio di competenze troverà piena espressione nello Strategic Risk, Cyber Security & IT Summit 2025, l'evento dedicato a CRO, CISO e CIO italiani, organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e previsto il prossimo 27 novembre 2025 presso lo Spazio Field di Palazzo Brancaccio a Roma, all'interno del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell’impresa contemporanea.

 

SEMPLIFICARE PER CRESCERE: UN CAMBIO DI PARADIGMA DELLA PRODUTTIVITA' 
Tra le risposte emergenti alla crisi di produttività, si fanno strada approcci gestionali che puntano sulla semplificazione operativa e sull’integrazione tra esperienza e tecnologia. L’idea di fondo è che ridurre la complessità consenta maggiore chiarezza, decisioni più rapide e azioni più efficaci. Un approccio, questo, che si sta facendo largo nel nostro Paese anche grazie alla creazione di un modello come quello di SEMPI, un metodo che "mira a rendere l'azienda più fluida, efficiente e misurabile attraverso i suoi cinque pilastri: Semplicità, Efficienza, Misurabilità, Puntualità e Immediatezza", come afferma la sua ideatrice Liana Gabriela Rotariu, CEO & Founder dell'omonima azienda, SEMPI. «La chiave del successo per ogni azienda - sottolinea la manager -, infatti, sta nella capacità di semplificare: meno complessità significa maggiore chiarezza, e maggiore chiarezza porta a decisioni più rapide e azioni più efficaci». In ottica di risk management, snellire i processi significa anche ridurre i punti di vulnerabilità del perimetro aziendale, limitare le inefficienze e aumentare la capacità di risposta a eventi imprevisti. La digitalizzazione, se ben strutturata, diventa così uno strumento di controllo e prevenzione, oltre che di ottimizzazione.

 

PRINCIPI OPERATIVI DI PRODUTTIVITÀ PER UNA GESTIONE PIÙ EFFICIENTE
Per affrontare questo tipo sfide, è utile riflettere su alcuni principi operativi che possono guidare le imprese verso una gestione più efficace e resiliente. Tra gli altri, l’abbandono di strumenti obsoleti come Excel per la contabilità, la spinta verso l’automazione delle attività ripetitive e l'analisi dei dati per prendere decisioni più consapevoli. Organizzare le informazioni in un sistema centralizzato aiuta a ridurre gli errori e a mitigare i rischi operativi, mentre una pianificazione flessibile delle attività consente di adattarsi ai cambiamenti. «Dai valore al tempo, oltre che al denaro. Ottimizzare il lavoro significa risparmiare ore preziose e aumentare la produttività», aggiunge Rotariu, ribadendo l’importanza di una gestione consapevole delle risorse.

 

LA COMUNICAZIONE COME LEVA DI PRODUTTIVITÀ E CONTROLLO
In un contesto aziendale sempre più interconnesso e dinamico, infatti, la qualità della comunicazione interna con le persone, che rappresentano il vero motore dell'impresa, diventa un fattore determinante non solo per l’efficienza operativa, ma anche per la gestione del rischio. A tal punto che, secondo il rapporto di ASCAI sulla comunicazione interna nelle imprese italiane, le aziende che investono in strategie strutturate in questo ambito registrano un incremento della produttività fino al 25% rispetto a quelle che non lo fanno. Un dato in grado di evidenziare come una gestione chiara delle informazioni non solo faciliti il coordinamento tra i reparti, ma contribuisca concretamente alla crescita del business e alla riduzione delle criticità. Investire in strumenti digitali che centralizzino i flussi comunicativi e promuovano la trasparenza, può fare la differenza tra un’organizzazione reattiva e una struttura frammentata. In questo senso, la comunicazione non è solo un mezzo, ma una vera e propria leva strategica per migliorare la produttività, rafforzare la cultura aziendale e prevenire situazioni di rischio.

 

VERSO UN NUOVO MODELLO DI COMPETITIVITÀ
In definitiva, il tema della produttività non può più essere affrontato solo in termini di ore lavorate o di tagli ai costi. Serve un nuovo modello di competitività, fondato sulla semplificazione, sulla digitalizzazione e su una gestione consapevole delle risorse. Un modello che valorizzi l’esperienza, promuova la cultura del dato e metta le persone - e non solo i processi - al centro della trasformazione. In ottica di risk management, questo significa costruire organizzazioni più robuste, capaci di anticipare le criticità e di reagire con tempestività alle sfide del mercato.

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Marketing & Innovation

IL NERO STA BENE CON TUTTO (IL MESE): DAL BLACK FRIDAY AL BLACK MONTH

All’interno di un contesto in cui le logiche comportamentali dei consumatori si evolvono rapidamente. e con loro anche quelle legate agli acquisti online, il Black Friday non fa eccezione. Tradizionalmente considerato l’evento lampo per eccellenza, infatti, il venerdì dopo il thanks giving, sta cambiando volto. Da sprint di 24 ore, ambientate nell'ultimo venerdì del mese di novembre, si è trasformato in una vera e propria maratona di 30 giorni, dando vita al cosiddetto Black Month: una metamorfosi che non solo ridefinisce le dinamiche promozionali, ma impone alle aziende una pianificazione più lunga, dinamica, basata sui dati e in grado di intercettare tutte quelle esigenze dettate dalla trasformazione dei mercati globali.

Un tema questo che, tra l'altro, sarà al centro della prossima edizione del Business Leaders Summit - l'evento dedicato al mondo dei C-level, organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, previsto a Roma, presso lo Spazio Field di Palazzo Brancaccio, il prossimo 26 e 27 novembre 2025 - su cui abbiamo voluto concentrarci per capire meglio come l'influenza commerciale di questo momentum prettamente americano stia ridefinendo le logiche del business internazionale.

 

NUMERI DA BLACK FRIDAY
La tendenza trova conferma anche nei numeri: secondo il report Global-e 2024, realizzato in occasione dell’ultimo Black Friday e del Cyber Monday (BFCM), le vendite e-commerce nelle due settimane precedenti al Black Friday in tutto il mondo sono cresciute del 45% rispetto all’anno precedente, con un tasso di conversione in aumento fino al 144%, rispetto alla media di ottobre degli anni presi in considerazione. Un segnale chiaro di come l’effetto “picco” si stia trasformando in una performance distribuita lungo tutto il mese.

«Il Black Friday non è morto: ha semplicemente cambiato volto - spiega Pietro Gerolimetto, Co-Founder & CEO di Glint -. Il consumatore è ancora oggi impulsivo, ma più consapevole rispetto al passato e, allo stesso tempo, cerca nuove esperienze coerenti e non solo offerte flash - tant’è che non si fa più abbagliare dal “-60% solo oggi”. Quindi, i brand che riescono a costruire una relazione continua con l’utente, vincono».

 

BLACK FRIDAY 2.0: DA CORSA AL RIBASSO A MARATONA DI VALORE
La trasformazione a cui abbiamo assistito, non riguarda solamente la durata, seppur interessante, delle promozioni, ma anche la loro natura:  «Non si tratta più di comprimere tutta l’offerta in un weekend - sottolinea Enrico Tovaglieri, Co-Founder & CEO di Glint - oggi le campagne marketing si pianificano, si testano e si ottimizzano lungo un periodo esteso. Ogni settimana deve offrire un motivo nuovo per tornare sullo shop».

Nella logica del consumatore moderno, l’importanza della scontistica rimane il gancio inziale, ma non è sempre determinante per il raggiungimento della fase finale del consumer journey: l’acquisto. Sempre più frequentemente, infatti, gli utenti aggiungono al carrello articoli anche a prezzo pieno, contribuendo così a mantenere alto l’Average Order Value (AOV), una metrica fondamentale nell’e-commerce che indica quanto un cliente spende in media per ogni singolo ordine, anche durante il periodo promozionale. «Lo sconto - continua Gerolimetto - è solo l’inizio del viaggio di un potenziale acquirente. Il vero valore nasce dalla capacità di proporre combinazioni intelligenti, upselling e cross-selling mirati e messaggi personalizzati. È dal connubio di queste azioni che si determina la marginalità».

 

LE NUOVE SEI REGOLE DEL GIOCO PER ESSERE COMPETITIVI SUL BLACK FRIDAY
Per affrontare al meglio la sfida del Black Month, gli analisti del report individuano, quindi, sei pilastri strategici che ogni brand dovrebbe considerare. Tutto parte da una pianificazione anticipata, che in alcuni casi comincia già in estate: prepararsi con largo anticipo significa avere proiezioni aggiornate su stock, domanda e obiettivi di lead generation, così da costruire un database qualificato e impostare una comunicazione più mirata. In secondo luogo, poi, l’analisi dei risultati passati diventa uno step fondamentale per capire quali campagne e prodotti abbiano funzionato al meglio e calibrare di conseguenza le scontistiche, ottimizzando margini e budget. Al terzo posto, troviamo segmentazione e personalizzazione: suddividere il database clienti in cluster ad alto potenziale, consente di inviare messaggi e offerte pertinenti, rafforzando il legame con l’utente e valorizzando il lavoro di nurturing fatto nei mesi precedenti. Parallelamente, il Black Month non deve essere visto solo come un’occasione di vendita, ma anche come un momento di crescita: ecco perché nell'analisi viene sottolineata l’importanza di una forte spinta sull’acquisizione, con attività di marketing orientate a intercettare nuovi clienti, aumentare la visibilità e consolidare la brand awareness. Tutto questo si inserisce in una visione a lungo termine, che non si esaurisce a novembre, ma si estende al Natale e ai saldi di gennaio, garantendo coerenza nei messaggi e continuità nei risultati. Infine, un approccio vincente non può prescindere da reattività e ottimizzazione: monitorare costantemente i dati permette di intervenire tempestivamente quando i risultati non sono in linea con le attese, modificando leve promozionali, contenuti o allocazione dei budget per ottimizzare la performance in corso d’opera.

 

IL VERO AFFARE DEL BLACK FRIDAY? LA CONTINUITÀ
Si segna, così, un cambiamento profondo nelle abitudini di consumo e nelle strategie delle organizzazioni: non è più sufficiente concentrare tutte le energie in un solo giorno di offerte lampo. Gli acquirenti si aspettano esperienze coerenti, personalizzate e distribuite lungo un arco temporale più ampio. In questo scenario, la continuità e la coerenza diventano elementi centrali: chi saprà unire pianificazione, personalizzazione e capacità di adattamento potrà affrontare con successo non solo il Black Month, ma l’intero ciclo delle grandi campagne stagionali.

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Finance & Administration

ALLIANZ TRADE INSOLVENCY REPORT: NEL 2025 ATTESE 13.000 INSOLVENZE IN ITALIA (+35%) E UN NUOVO PICCO GLOBALE NEL 2026

Nel contesto del business internazionale, la resilienza finanziaria delle aziende è diventata un argomento di grande rilevanza, non solo per la stabilità dei singoli mercati, ma anche per l'equilibrio economico globale. Le dinamiche legate ai dazi commerciali, alla nascita di nuove imprese e alle innovazioni tecnologiche stanno mutando il panorama delle insolvenze, con effetti che, secondo le previsioni, si faranno sentire almeno fino al 2027. Questo è quanto emerge dall'ultimo Insolvency Report di Allianz Trade, che delinea un contesto in cui i fallimenti aziendali continuano a salire, con l'Italia come protagonista tra i Paesi più colpiti. Un osservatorio che abbiamo voluto analizzare meglio anche in vista della prossima edizione del Re-Inventing Finance, l'evento dedicato ai CFO italiani, organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e previsto il prossimo 27 novembre 2025 presso lo Spazio Field di Palazzo Brancaccio a Roma, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell'impresa contemporanea.

 

IL BEL PAESE RITORNA AI LIVELLI PRE-PANDEMIA

Secondo il rapporto, infatti, dopo il minimo storico toccato a metà 2023, il numero di insolvenze aziendali del nostro Paese, ha ripreso a crescere in modo significativo. Per quest'anno, si prevedono circa 13.000 casi, con un aumento del +35% rispetto al 2024 (9.612). Questo segna il terzo anno consecutivo di crescita, dopo il +17% del 2024 e il +9% del 2023. Tutti i settori stanno contribuendo a questo innalzamento, con aumenti a doppia cifra nella maggior parte delle aree. I comparti maggiormente interessati, che da soli rappresentano oltre il 65% delle insolvenze, includono: commercio (21%), costruzioni (19%), manifatturiero (16%) e ospitalità (9%). Le previsioni di Allianz Trade indicano che il trend rimarrà elevato anche nel 2026, con circa 13.400 casi (+3%), mentre solo nel 2027 si prevede un lieve miglioramento, con una riduzione stimata del -5%.

 

UN FENOMENO A MACCHIA D’OLIO: CINQUE ANNI DI “CRESCITA” GLOBALE

A livello globale, l’Osservatorio prevede un aumento delle insolvenze del +6% nel 2025, seguito da un ulteriore +5% nel 2026. Questo porterà a cinque anni consecutivi di crescita delle situazioni di insolvenza, raggiungendo un livello record che supera del 24% la media pre-pandemica. Solo nel 2027 si prevede un'inversione di tendenza, con un calo dell'1%. I dati già disponibili per il 2025 mostrano, infatti, aumenti significativi in Asia e in Europa occidentale, con picchi in Italia (+38%) e Svizzera (+26%). Anche economie chiave, come la Germania (+2.500 casi) e gli Stati Uniti (+2.100), stanno registrando un incremento, mentre il Regno Unito sembra stabilizzarsi.

 

DAZI E COMMERCIO MONDIALE: IMPATTO RITARDATO

L'introduzione di dazi generalizzati da parte dell'amministrazione statunitense, con un tasso effettivo che arriverà al 14% entro la fine del 2025, non ha ancora scatenato l'ondata di fallimenti temuta negli Stati Uniti. Finora, infatti, gli esportatori esteri hanno assorbito gran parte dei costi, mantenendo i prezzi sotto controllo o dirottando i flussi commerciali verso Paesi terzi come India e Vietnam. Tuttavia, il Report mette in guardia sul fatto che questo effetto protettivo potrebbe esaurirsi nel 2026, quando l'aumento dei prezzi si farà sentire più direttamente sulle imprese e sui consumatori americani. Nel frattempo, le economie che dipendono fortemente dall'export potrebbero affrontare gravi conseguenze in termini di insolvenze: nel peggiore dei casi, Canada (+1.900), Francia (+6.000), Spagna (+2.900) e Paesi Bassi (+700) potrebbero subire i danni maggiori. Al contrario, l'impatto su Germania, Regno Unito, Italia e Belgio sembra essere minimo, grazie a mercati più diversificati e a solide basi interne.

 

TRE VULNERABILITÀ CHIAVE PER IL FUTURO

Guardando al futuro, ci sono tre fattori di rischio che potrebbero mantenere alti i livelli di insolvenza:

  1. Crescita economica debole: nel 2026, il PIL previsto per gli Stati Uniti (+1,6%) e per l'Eurozona (+0,9%) rimarrà al di sotto della soglia necessaria per stabilizzare i fallimenti;
  2. Condizioni di finanziamento restrittive: tassi d’interesse elevati e accesso limitato al credito mettono a dura prova soprattutto le PMI e i settori ad alta intensità di capitale;
  3. Fragilità settoriali: i settori delle costruzioni e dell'automotive sono i più vulnerabili, a causa di una domanda debole, delle trasformazioni tecnologiche e della crescente concorrenza.

 

IL BOOM TECNOLOGICO E IL RISCHIO DELLA “BOLLA AI”

L’ultimo aspetto di vulnerabilità da considerare è la crescita di nuove imprese, stimolata dalla digitalizzazione e dall'avanzamento dell'intelligenza artificiale. Tra il 2021 e il 2024, le nuove registrazioni di organizzazioni sono aumentate del 9% in Europa e del 36% negli Stati Uniti rispetto al periodo 2016-2019. Questa espansione, se da un lato promuove innovazione e occupazione, dall'altro aumenta il rischio di fallimenti, in particolare tra startup e aziende più fragili. Allianz Trade mette in guardia che un possibile scoppio della “bolla AI”, simile a quella delle dotcom, ossia tutte quelle società di servizi che sviluppano la maggior parte del proprio business attraverso un sito web, potrebbe portare a +4.500 insolvenze negli Stati Uniti, +4.000 in Germania, +1.000 in Francia e +1.100 nel Regno Unito.

 

UN EQUILIBRIO DELICATO DA MANTENERE

Considerando il quadro tracciato da Allianz Trade, per le aziende, la sfida sarà duplice: da un lato, dovranno rafforzare la loro resilienza finanziaria in un contesto di crescita debole e costi del credito elevati; dall’altro, dovranno affrontare le trasformazioni strutturali legate alla tecnologia e al commercio globale. Un equilibrio delicato, che determinerà la loro capacità di sopravvivere e competere nei prossimi anni.

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Human Resources

OLTRE LA PRODUTTIVITA’: LA FORZA SILENZIOSA DEL BENESSERE

Al centro dei trend attuali, che guidano il mondo del business, il tema del benessere organizzativo non è più un nice to have, ma una priorità che le imprese non possono più ignorare. Il disagio psicologico e le tensioni emotive sono, ormai, un fenomeno diffuso nelle organizzazioni: secondo l’8° Rapporto Censis-Eudaimon, quasi un terzo dei lavoratori italiani ha sperimentato forme di burnout, mentre oltre il 70% dichiara di aver vissuto ansia o stress legati al lavoro. Numeri, che spiegano perché l’83% dei dipendenti consideri oggi il benessere una priorità assoluta, soprattutto all’interno della GenZ.

Nello scenario attuale, non si tratta più soltanto di garantire stipendi competitivi o benefit materiali: le persone, il nucleo fondante delle imprese e in particolare le generazioni più giovani, chiedono ambienti di lavoro in cui sentirsi ascoltate, valorizzate e in equilibrio con la propria vita privata.

LA RICHIESTA DI FORMAZIONE AUMENTA A DISMISURA

In questo contesto, la formazione diventa una leva strategica per le imprese. Solo nel 2025 Tack TMI Italy ha registrato, nel nostro Paese, un aumento del +244% della domanda di percorsi formativi dedicati al benessere organizzativo. Un dato che non sorprende e che non rappresenta solo una risposta all’emergenza stress e burnout in atto, ma che ci fa riflettere sul cambio di paradigma a cui stiamo assistendo: ridurre il turnover e promuovere la retention dei talenti, sono oggi obiettivi di business tanto quanto l’aumento della produttività aziendale.

LE 5 COMPETENZE CHIAVE PER IL BENESSERE

Ma quali sono, oggi, le competenze che un professionista deve tenere in considerazione per fare davvero la differenza all’interno di un team di lavoro, aiutando a migliorane il clima e quindi la produttività?  Secondo gli esperti internazionali di Learning & Developement, in questo senso, le aree d’azione più importanti, sono cinque:

  1. Intelligenza intrapersonale: un lavoro continuo e approfondito su sé stessi è fondamentale per imparare a conoscersi e gestire emozioni e paure;
  2. Intelligenza interpersonale: avere la capacità di costruire relazioni di fiducia e collaborazione tra colleghi è la chiave per il successo;
  3. Cultura dell’errore: solo chi non fa non sbaglia. Saper trasformare i fallimenti in occasioni di crescita da cui imparare è il primo passo per migliorare, sia come professionista sia come team;
  4. Relazione uomo-macchina: l’abilità di utilizzare al meglio le nuove tecnologie, vedendole come alleate e non come fonti di stress, offre l’opportunità di guardare al futuro in maniera propositiva;
  5. Mindfulness e benessere fisico: mantenere equilibrio tra corpo e mente, diventa una leva concreta per migliorare la concentrazione, ridurre il rischio di burnout e sostenere performance durature.

Queste cinque aree rappresentano un cambio di prospettiva: non più soft skill da affiancare alle hard skill, ma veri e propri pilastri della competitività delle risorse aziendali. In un momento storico segnato da iperconnessione, trasformazioni digitali e crescente attenzione al work-life balance, saper coltivare resilienza, empatia e consapevolezza diventa tanto importante quanto padroneggiare strumenti e processi. Tutte abilità, queste, che non solo migliorano la performance individuale, ma rafforzano la coesione dei team e la capacità dell’impresa di adattarsi ai cambiamenti.

DAL QUIET QUITTING ALLA CULTURA DELLA FIDUCIA

Sotto questo profilo, come sottolinea anche Irene Vecchione, Amministratore Delegato di Tack TMI Italy (Gi Group Holding): “Il ruolo della formazione è essenziale perché una persona che sviluppa le proprie skill in quest’ottica non è solo un collaboratore più motivato, resiliente ed efficace, ma anche più soddisfatto e aperto al cambiamento”.

Un approccio, che, però, in questi anni si è scontrato con fenomeni di portata globale come, grandi dimissioni, quite quitting e sovraccarico cognitivo, che hanno messo a dura prova le imprese ed i lavoratori

Dinamiche che hanno reso evidente come il benessere organizzativo non possa essere affrontato con soluzioni spot o iniziative isolate, ma serva un approccio sistemico, in grado di coinvolgere leadership, processi e cultura aziendale. Da questo punto di vista la formazione, diventa un catalizzatore, in quanto non solo sviluppa competenze, ma contribuisce a creare ambienti in cui le persone si sentono ascoltate, valorizzate e parte di un progetto comune. È proprio questa dimensione di fiducia reciproca che permette alle imprese di superare la logica del “disimpegno silenzioso” e di trasformare le difficoltà in nuove opportunità di crescita condivisa.

BENESSERE ORGANIZZATIVO: LA RADICE DELLA TRASFORMAZIONE

In conclusione, il benessere organizzativo non è un lusso, ma una condizione necessaria e un percorso continuo, capace di far coesistere aspetti tecnici e umani. Solo seguendo questo schema le aziende potranno uscire vittoriose dalle sfide di un mercato in continua trasformazione, rispondendo al task iniziale: trasformare il benessere dei propri collaboratori in vantaggio competitivo.

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Marketing & Innovation

MELANI (SONY PICTURES ENTERTAINMENT ITALIA): SOLO CHI AVRÀ UNA MENTE LUCIDA E INTERROGATIVA POTRÀ GUIDARE IL TEMPO DEL CAMBIAMENTO

«I verbi attivi che comunemente usiamo per riferirci al denaro, come sprecare, impiegare, risparmiare, investire, sono esattamente gli stessi che utilizziamo quando parliamo di tempo. Questo parallelismo linguistico non è casuale: ci ricorda che il tempo, al pari del denaro, è una risorsa limitata e strategica, ma con una differenza sostanziale: il tempo non si può recuperare. Ed è proprio per questo che lo considero la risorsa più preziosa a disposizione di un leader, forse persino più del budget». È questa la prima riflessione che Simona Melani, Head of Marketing di Sony Pictures Entertainment Italia ha posto sul piatto di un'intervista raccolta in occasione della nuova edizione del report annuale dal titolo "Keep Time and Manage Leadership", prodotto da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, pensato per indagare alcuni degli aspetti più importanti da considereare per la leadership del mondo dell'impresa contemporanea e presentato lo scorso 19 giugno 2025 in apertura del Business Leaders Summit, tenutosi presso l'Allianz MiCo di Milano. Una conversazione che guarda all’interpretazione di un nuovo concetto di tempo, visto come vera leva strategica del business moderno. «In un mondo accelerato dalla tecnologia e complicato dalla sovrapposizione di crisi – ambientale, geopolitica, economica – il tempo diventa non solo una variabile da gestire, ma un fattore competitivo vero e proprio – sottolinea la manager –. Saper utilizzare il tempo in modo intelligente e intenzionale rappresenta, oggi, una delle capacità chiave per chi guida un’organizzazione». Come per il denaro, però, il tempo va investito con lungimiranza. «Le decisioni che generano valore nel medio-lungo periodo, consolidando visioni, costruendo cultura e stimolando l’innovazione, richiedono tempo – spiega l’esperta –. Tuttavia, questo non significa perdere la capacità di essere veloci. Al contrario, è necessario saper alternare momenti di riflessione strategica a fasi di azione rapida, per riuscire ad anticipare i segnali del mercato e cogliere le opportunità emergenti».

 

IL TEMPO TRA OTTIMIZZAZIONE ED ESPLORAZIONE
Il tempo, secondo la manager quindi, va gestito in equilibrio tra ottimizzazione ed esplorazione. Dove, ottimizzare significa allocarlo in modo efficiente per garantire produttività e coerenza operativa. Esplorare, invece, implica dedicare porzioni di tempo all’incertezza, alla sperimentazione, all’innovazione. «È in questa dualità – commenta Melani – che si gioca la partita del vantaggio competitivo: un leader capace di proteggere e valorizzare il tempo – proprio e altrui – saprà guidare l’impresa in modo sostenibile, resiliente e orientato al futuro». Una capacità di grande valore, questa, che in un’epoca di trasformazioni continue e spesso repentine, rende chiaro come uno degli aspetti più critici che i leader dovrebbero tenere in considerazione è proprio la gestione consapevole del tempo e delle priorità. «Oggi, molte organizzazioni operano in una costante condizione di urgenza – sottolinea la manager –, dove tutto sembra dover essere fatto “per ieri”, generando un senso di pressione continua che raramente corrisponde a vere esigenze di rapidità. Mentre, la verità è che molte delle richieste che arrivano con l’etichetta dell’urgenza non sono realmente tali, ma derivano da processi poco strutturati, logiche top-down prive di contesto o da una cultura aziendale che premia l’azione immediata più della riflessione strategica». Un approccio reattivo, questo, che porta nel tempo un logoramento diffuso delle energie e delle motivazioni, soprattutto nei team operativi. «La richiesta costante di velocità nell’esecuzione di attività tattiche, infatti – prosegue Melani –, sta lentamente erodendo uno degli elementi chiave per la competitività a lungo termine: la capacità di fare strategia».

 

UN LAVORO A DOPPIO LIVELLO
D’altronde, però, come detto: una strategia solida richiede tempo, spazio mentale, confronto e soprattutto una visione di medio-lungo periodo. Tutti criteri che non soddisfano le attuali esigenze del business nell’era post-covid. «Certo – aggiunge l’esperta –, ma ovviamente essere strategici non significa ignorare le esigenze del presente, bensì vuol dire saper lavorare su due livelli contemporaneamente: il “qui e ora”, necessario per la continuità, e il “domani”, indispensabile per l’evoluzione. Un modo concreto per abilitare questo doppio livello è creare condizioni affinché le persone possano dedicare parte del proprio tempo a progettualità speculative, non legate esclusivamente al perimetro del loro ruolo quotidiano». Si tratta di incoraggiare i cosiddetti passion projects, quindi, iniziative che trascendono i team verticali e permettono la contaminazione di competenze, la sperimentazione e la nascita di idee innovative. «Questo tipo di spazio, se riconosciuto e valorizzato – precisa la manager –, non solo stimola la collaborazione e l’engagement, ma diventa un fertilizzante per una cultura organizzativa più adattiva, resiliente e creativa». In questo contesto, naturalmente, non è un mistero che la tecnologia, se ben utilizzata, possa rappresentare una leva potente.

 

SOVRACCARICO E IPERCONNESSIONE: I RISCHI DA EVITARE
Tuttavia, in un ambiente lavorativo sempre più affollato di stimoli, piattaforme e richieste frammentate, il rischio di sovraccarico informativo e iper-connessione è ormai una realtà quotidiana per moltissimi professionisti. Sotto questo punto di vista, peraltro, uno dei fenomeni più critici, spesso sottovalutato, è proprio la moltiplicazione dei touchpoint comunicativi. «Così come avviene nel mondo del marketing, quando si parla di customer journey – analizza Melani –, oggi una richiesta lavorativa può arrivare via WhatsApp, Teams, e-mail o addirittura con una telefonata, a volte tutte contemporaneamente. Questo non solo rende più difficile la gestione delle priorità, ma influisce direttamente sulla qualità della concentrazione, sulla performance e sul benessere delle persone, che si ritrovano costantemente interrotte, disorientate o costrette a “saltare” tra flussi di lavoro paralleli». E il problema si aggrava se si considera che spesso quegli stessi canali digitali sono anche quelli su cui si muove la vita privata, generando un effetto di confusione ancora maggiore tra sfera personale e professionale. «In questo scenario, però – rimarca l’esperta –, il ruolo del leader è fondamentale nel definire una cultura del tempo sostenibile. Essere costantemente disponibili su tutti i canali può sembrare sinonimo di efficienza, ma in realtà rischia di generare aspettative irrealistiche nei confronti del team. Allo stesso modo, l’irreperibilità totale può trasmettere insicurezza o disorientamento. È quindi il leader a dover stabilire il ritmo, i confini e le modalità di comunicazione, diventando un esempio concreto di equilibrio tra efficienza e umanità. Il lato positivo è che la tecnologia offre anche grandi opportunità: può davvero automatizzare attività ripetitive e a basso valore aggiunto, liberando tempo prezioso che può essere reinvestito in compiti più strategici, creativi e relazionali. Tuttavia, perché questo meccanismo funzioni, è necessario che il manager abbia la consapevolezza e l’intenzione di ricollocare le persone su attività che abbiano un impatto reale e significativo, evitando che l’automazione diventi un semplice strumento per “fare di più in meno tempo”, senza una reale crescita del valore».

 

IL TEMPO DI METTERE LE PERSONE AL CENTRO
In ultima analisi, quindi, secondo Melani, ciò che fa la differenza è la scelta consapevole di mettere le persone al centro, promuovendo una cultura in cui il tempo non venga misurato solo in termini di produttività, ma anche di qualità del lavoro, cura delle relazioni e benessere individuale. «Questo, però – risponde la manager –, non può avvenire solo attraverso policy aziendali, ma deve essere il risultato di comportamenti visibili, coerenti e autentici da parte della leadership. Un esempio concreto e più che mai attuale, sotto questo punto di vista, è il fatto che oggi grazie all’AI tutti possiamo avere un assistente personale. L’errore più frequente che vedo, però, è quello di agire come se l’AI dovesse sostituire la nostra capacità di ragionamento. Quindi, il primo consiglio che posso dare alle nuove generazioni di leader nell’utilizzo delle nuove tecnologie è proprio quello di capire come nel proprio ruolo l’AI possa assisterci in maniera reale: può ottimizzare la nostra agenda? Può liberare il tempo impiegato nel prendere appunti durante un meeting? Può mettere a sistema gli spunti emersi durante la riunione? Queste sono tutte attività micro che contribuiscono a generare carico mentale, che occupano “banda” che potrebbe essere impiegata a fare altro. Il secondo consiglio è quello di diventare ambassador dell’impiego dell’AI in azienda: i rischi legati alla privacy e alla proprietà intellettuale sono aggirabili sviluppando modelli interni, ad esempio. Chiaramente, questo è un investimento a lungo termine, ma che nel breve porta dei benefici tangibili: la partecipazione delle persone allo sviluppo del modello e quindi un’adozione più organica della tecnologia. Il terzo consiglio, infine, è quello di non rinunciare, per fretta o pigrizia, al pensiero critico. Il valore di una leader è la capacità di interpretare dati, metterli in discussione e usarli in maniera strategica». Come a dire che in un contesto in cui le macchine saranno sempre più abili nel fornire risposte rapide e complesse, il vero vantaggio competitivo per chi guida un team o un’organizzazione sarà saper fare le domande giuste. «Allenare il pensiero critico – continua l’esperta –, oggi più che mai, diventa quindi una priorità: in un mondo in cui l’intelligenza artificiale rischia di accelerare decisioni meccaniche e impersonali, solo chi saprà affiancare alla tecnologia una mente lucida e interrogativa potrà guidare il cambiamento in modo responsabile e lungimirante».

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Finance & Administration

MORONI (A2A): PERCHE' IL TEMPO SIA LA RISORSA PIÙ PREZIOSA E CONTROLLABILE, NON BISOGNA GUARDARE ALL'OGGI, MA PROIETTARSI NEI TREND DI DOMANI

«Rimanere al passo con i tempi, oggi, è ‘già vecchio’. La priorità è proiettarci nel futuro e quindi modellare la nostra agenda basandosi sulle tendenze future, che rimarranno centrali e strutturali». Non è solo una visione di lungo periodo quella proposta da Luca Moroni, CFO di A2A, in occasione della nuova edizione del report annuale dal titolo "Keep Time and Manage Leadership", prodotto da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, pensato per indagare alcuni degli aspetti più importanti da considereare per la leadership del mondo dell'impresa contemporanea e presentato lo scorso 19 giugno 2025 in apertura del Business Leaders Summit, tenutosi presso l'Allianz MiCo di Milano. Il manager, infatti, nel corso di questa intervista, raccolta a margine dell'evento, ha voluto evidenziare l'importanza di una vera e propria attitudine a lanciare il cuore e la mente oltre l’ostacolo, senza soffermarsi alla singolarità dell’elemento, ma osservando il contesto in maniera olistica, consapevole e strategica. «Il debito tecnologico, i continui stimoli, la velocità di reperimento delle informazioni che cambiano rapidamente, anche come priorità nelle nostre agende ed il continuo proiettarci in una società di servizi, rispetto a una di produzione – aggiunge Moroni – ci spinge a ridare valore al tempo, che è la nostra risorsa più importante e controllabile».

 

IL TEMPO DELL'ASCOLTO
D’altro canto, fin dai tempi antichi l’importanza dell’utilizzo del tempo in maniera da arrecare beneficio per la comunità circostante è stato un tema di rilievo. «Seneca nel “De brevitàte vitae” – prosegue il CFO – è l’autore latino che più mette in luce questo concetto, inveendo contro l’indolenza dell’epoca che stava vivendo. E allo stesso modo, credo che oggi dobbiamo essere presenti in maniera attiva vicino alle problematiche “operative”, tornando alla dimensione della risoluzione delle “cose di ogni giorno”, ascoltando attivamente ed agendo al fianco del business, anche attraverso l’utilizzo di metriche condivise, e nel pensiero laterale e strategico». In quest’ottica le priorità sono da ricercarsi concentrandosi sulla visione dell’azienda come parte di un ecosistema complesso, nel quale l’impresa non è attore passivo bensì attivo verso il bene comune nel settore in cui opera, allineando i bisogni dei suoi stakeholders interni ed esterni. «In tale ottica – spiega Moroni –, bisogna concentrarsi, internamente, sull’attenzione alle risorse, ovvero le persone, in primo luogo. Poi, si può guardare alle materie che vengono lavorate o ai servizi prodotti e ai sistemi. Le risorse vanno valorizzate in sincronia con ciò che ci propone il futuro: competenze tecnologiche, attenzione ai dati, analisi delle tendenze economiche globali, sempre più interconnesse». Esternamente, invece, l’esigenza di attenzione cambia. «Spostando il focus al di fuori del perimetro aziendale – sottolinea il manager – la necessità di ascolto si modifica, orientandosi, invece, sulle istanze che arrivano da territori e istituzioni, da fornitori e clienti e dalla comunità finanziaria. In questo senso, in A2A abbiamo diverse iniziative di valorizzazione delle risorse interne, come ad esempio la “call for idea” per ingaggiare le nostre risorse attraverso lo stimolo al pensiero laterale che allinei trend e innovazione, accelerando i possibili scenari futuri, mentre per gli stakeholder esterni ci sono modalità di ingaggio dedicate, attraverso forum territoriali, nei quali condividiamo con istituzioni e comunità locali le nostre iniziative di investimento, con particolare attenzione agli impatti in termini di sostenibilità. Inoltre, gestiamo road-show con la comunità finanziaria, nei quali raccontiamo la strategia del gruppo orientata verso i due pilastri: transizione energetica ed economia circolare». Uno scenario, questo, nel quale, ovviamente, misurazione, ottimizzazione e massimizzazione rappresentano solo alcune delle azioni che si collegano al concetto di tempo quando lo si rapporta al mondo dell’impresa e dell’area amministrazione, finanza e controllo, imponendo il bilanciamento tra tempo dedicato a formarsi su nuove competenze e lavoro tradizionale. Questa ricerca di equilibrio passa attraverso una forte prioritizzazione tra il tempo da concedere alla costruzione di una strategia futura e quello da concedere alle proprie risorse per la loro crescita in tale direzione.

 

IL TEMPO DEL DIGITALE E DELLE NUOVE COMPETENZE 
In questo contesto, complesso da gestire e composto da molteplici stimoli, richieste, distrazioni e necessità, indubbiamente l’innovazione tecnologica ha ricoperto e ricopre un ruolo sempre più importante, tra rischi e opportunità, per trovare un passo continuo nell’evoluzione delle attività. «La tecnologia, secondo me – commenta Moroni –, non deve mai essere fine a sé stessa. Se non si ha consapevolezza di questo si rischia di spendere tempo a rincorrere delle mode. Per rimanere sempre umani e vicini alle esigenze delle persone e delle organizzazioni è indispensabile, invece, introdurre vari radar con cui ascoltare dipendenti, clienti e investitori, comunità civili e finanziarie. Comprendere tra tutte le esigenze quelle che sono comuni e, quindi, da rafforzare, cui rispondere attraverso la tecnologia, che implica avere sistemi e infrastrutture innovativi». Anche perché, posto l’essere cruciale per ogni tecnologia consolidata nella struttura e nella cultura aziendale, risulta evidente ormai come non ci sia mai una soluzione che vada bene per qualsiasi esigenza, dato che ogni azienda ha il suo DNA e i suoi tempi che vanno rispettati. «Quello che conta davvero, infatti – suggerisce il manager –, è che l’adozione di strumenti di nuova generazione arrivi prima di tutto dalle persone, attraverso lo sviluppo di solide competenze e di un mind-set, in grado di gestire i nuovi assetti di flussi e processi di lavoro che si vengono a creare». A sottolineare come massimizzare e ottimizzare la produttività del tempo implica la conoscenza e la curiosità di fare le cose in maniera diversa, capendone i benefici. «Il nostro ruolo come leader aziendali – ci tiene a specificare Moroni – è ascoltare i bisogni e stimolare il pensiero, affinché si possa comprendere che le cose possono farsi anche diversamente, con l’obiettivo di ottimizzare tempi e massimizzare gli sforzi, accompagnando le nostre persone nell’utilizzo della tecnologia. Come leader dobbiamo indicare la strada dei benefici derivanti dal pensiero critico, applicato ad una produzione di dati e modelli operativi differenti, grazie a un utilizzo di strumenti nuovi quali l’intelligenza artificiale generativa (e non)». Un’abilità di grande valore, questa, orientata alla focalizzazione su quella che probabilmente sarà la vera sfida dell’essere umano nei prossimi anni, ovvero imparare a rapportarsi alla digitalizzazione con lo scopo di generare un vantaggio competitivo sul mercato. «Per fare questo dovremo sviluppare delle skill fondamentali per evolvere la nostra dimensione di professionisti da semplici esecutori ad architetti del valore condiviso. Serve quindi sviluppare le soft skills in noi e nei nostri collaboratori alla pari delle competenze tecniche partendo dallo stimolare una mentalita’ aperta, ovvero non stare in comfort zone e uscire senza paura di cadere perché le cicatrici si riparano e rafforzano. La velocità in cui cambia il mondo esterno alle aziende ci impone di rispondere in maniera sempre più rapida, flessibile e urgente, ma ovviamente con un margine di errore sempre più basso prendendosi un rischio sempre più elevato. Inoltre, risulterà necessario anche capire sé stessi, i propri punti di forza e i “not negotiables”, ovvero ciò che non si farà mai. Per me sono l’etica, l’educazione, l’equilibrio in senso lato, ma naturalmente per ogni persona variano e conoscerli diventa una pratica imprescindibile per governare la propria capacità gestionale, soprattutto sotto pressione e nei momenti di criticità imprevisti che risultano ormai il new normal di quest’epoca complessa che stiamo vivendo. Infine, essere sempre presenti in un mondo in continua evoluzione con un approccio costruttivo, provando a dare risposte ai temi di oggi, ma pensando costantemente a intercettare a trend di domani, sarà la vera chiave di volta per puntare al successo».

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