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Top Management

Il club organizza incontri pensati per condividere e scambiare idee e best practice, accedere a fonti di informazione e aggiornamento professionale, facilitare nuovi contatti e individuare opportunità di business. L’obiettivo principale dell’executive club è quello di essere una fonte costante di ispirazione e un supporto nell’interpretazione dei fattori chiave di successo dell’impresa del futuro.

WebSite: club.businessinternational.it


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News & Media

UN NUOVO RUOLO PER IL DESIGN THINKING: CREARE IL FUTURO DESIDERABILE PER LE AZIENDE

Pandemie, tensioni geopolitiche e crisi dovute ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni i cambiamenti si susseguono in maniera sempre più veloce e imprevedibile. In questo contesto diventa sempre più difficile anche solo pensare di poter prevedere quello che accadrà nel prossimo futuro, per i singoli come per le aziende. Nel momento in cui, a risolvere i problemi concreti sono sempre più delle macchine, l'attività per eccellenza del design umano diventa la creazione di senso.

 

Mentre nel mondo tecnologico si affermano approcci predittivi, il Design Thinking si evolve per diventare sempre di più il metodo capace di disegnare, modellare e riflettere sul futuro, che in azienda non può essere previsto ma solo realizzato. Come processo di innovazione che integra capacità analitiche con attitudini creative, il Design Thinking si sta affermando come supporto per immaginare il futuro desiderabile per la propria organizzazione, in base a tre diversi approcci che permettono di muoversi da una logica predittiva ad una progettuale: foresight, entrepreneurship as design o discursive design. Per gestire la trasformazione necessaria a creare un futuro desiderabile, però le aziende devono essere capaci di equilibrio e di adattamento strategico, mentre proprio le tecnologie digitali, e in particolar modo l’intelligenza artificiale, arrivano in aiuto per facilitare il processo creativo.

 

Un concetto, questo, che abbiamo voluto approfondire meglio attraverso i risultati del nuovo Osservatorio Design Thinking For Business della School of Management del Politecnico di Milano, anche in vista della prossima edizione del CEO Italian Summit & Awards, organizzato da Business International - Fiera Milano, in collaborazione con Forbes Italia, e previsto il 30 novembre 2023 presso l'Hotel Principe di Savoia di Milano.

 

I FUTURI CONCRETI DA RAGGIUNGERE

I futuri a 5, 10 anni non possono essere predetti, ma devono essere immaginati e co-progettati da diversi stakeholder – spiega Claudio Dell’Era, Direttore dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. Inoltre, per renderli possibili devono essere perseguiti attraverso una serie di azioni nell’oggi che influenzano il domani. Proprio per questo l’osservatorio quest’anno ha cercato di comprendere come tre approcci differenti influenzassero la percezione rispetto al desiderio, valore e probabilità di accadimento dei futuri immaginati e modellati, mostrando come un approccio di design possa facilitare tale processo”. “Nel ricercare un futuro incerto più informazioni si hanno più robusta e profonda sarà tale progettazione – dichiara Roberto Verganti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. Proprio per questo aspetto un utilizzo avanzato dell’Intelligenza Artificiale nel supportare e stimolare con reinterpretazione di dati e/o generazione di nuovi insights può aiutare a progettare i futuri. La ricerca, accademica e non solo, ci sta dimostrando però come l’Intelligenza Artificiale può aiutare anche a riformulare e stimolare la creatività rispetto alle sfide che si pongono di fronte a noi, in questo senso l’Intelligenza Artificiale si pone come strumento a supporto e non in sostituzione di leader e manager”. “Progettare il futuro implica una forte dimensione di desiderio e aspettativa – commenta Francesco Zurlo, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. L’uomo è al centro più che mai in questo processo ed è per questo che non c’è futuro senza trasformazione e non c’è trasformazione senza persone. Quest’anno di ricerca ci ha mostrato ancora di più come l’aspetto umano della progettazione sia fondamentale in questo processo di immaginazione e realizzazione di futuri”.

 

GLI APPROCCI POSSIBILI

L’Osservatorio Design Thinking for Business ha individuato tre diversi approcci per le aziende che vogliono immaginare e creare futuri desiderabili. Il primo, foresight, è un approccio sistematico e strutturato per pensare al futuro analizzando tendenze, driver e incertezze che daranno, per utilizzare queste informazioni creando una gamma di possibili scenari. Questi scenari possono essere utilizzati per identificare opportunità e sfide che potrebbero sorgere e per sviluppare strategie per modellare il futuro in modo desiderabile. Il secondo approccio, entrepreneurship as design, vede l'imprenditorialità come una forma di design. Implica l'applicazione dei principi del pensiero progettuale al processo di imprenditorialità, identificando e creando opportunità che possono portare allo sviluppo di nuovi prodotti, servizi o attività. Sottolinea l'importanza della creatività, dell'innovazione e della sperimentazione nel processo imprenditoriale e incoraggia gli imprenditori ad essere aperti a nuove idee e ad assumersi rischi calcolati. Il terzo approccio, il discursive design, si basa sull'idea che il design sia un processo sociale che coinvolge il dialogo e la negoziazione tra designer, stakeholder e utenti, coinvolgendo le parti nel processo di progettazione, considerando il design strumento non solo per creare prodotti o servizi, ma anche per creare sistemi e strutture sociali che supportano futuri desiderabili.

 

ADATTAMENTO STRATEGICO ED EQUILIBRIO 

Per gestire la trasformazione necessaria a creare un futuro desiderabile, rileva l’Osservatorio, nelle organizzazioni serve adattamento strategico ed equilibrio nella progettazione del futuro. L'adattamento strategico significa garantire che le azioni intraprese per modellare il futuro siano coerenti con la strategia e gli obiettivi generali dell'organizzazione. Richiede comprensione della visione, della missione, dei valori e degli obiettivi dell'organizzazione, nonché una comprensione dei fattori esterni che possono influenzare la capacità di raggiungere gli obiettivi. Equilibrio significa garantire che le azioni intraprese per modellare il futuro siano equilibrate in termini di rischio, complessità e impatto. Richiede una considerazione dei potenziali rischi e benefici delle diverse azioni, nonché una comprensione di come queste azioni si integrino per creare un approccio coerente ed efficace.

 

Nel valutare la progettazione del futuro, bisogna considerare quattro dimensioni: la plausibilità (il grado con cui le azioni intraprese per modellare il futuro sono realistiche e fattibili), la novità (quanto sono innovative e diverse dagli approcci esistenti), la significatività (quando allineate ai valori e gli obiettivi dell'organizzazione), la desiderabilità (quanto attraenti e convincenti per le parti interessate). Infine, bisogna garantire che le azioni intraprese per plasmare il futuro abbiano un impatto sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG

 

GLI EFFETTI SUGLI SCENARI FUTURI 

L’applicazione dei diversi approcci negli scenari futuri sviluppati dai team che hanno aderito al primo Design Thinking 23 LAB attraverso un sondaggio post-laboratorio evidenzia gli effetti dei diversi approcci sull’intensità e la natura del cambiamento. Gli scenari futuri generati dai team che hanno seguito un processo di Foresight sono caratterizzati da valori alti di plausibilità, valori medi di novità, valori medi di significatività e valori medio-bassi di desiderabilità. Gli scenari futuri generati dai team che hanno seguito un processo di Entrepreneurship as Design sono caratterizzati da valori alti di plausibilità, valori medi di novità, valori medio-alti di significatività e valori alti di desiderabilità. Gli scenari futuri generati dai team che hanno seguito un processo di Discursive Design sono caratterizzati da alti valori di plausibilità, valori medio-bassi di novità, alti valori di significatività e alti valori di desiderabilità. La maggiore differenza nei tre approcci di futuro si osserva quindi nella dimensione della Significatività e della Desiderabilità, che sono più alte per l’Entrepreneurship as Design e il Discursive design rispetto al Foresight. Dall’altro lato, il grado di plausibilità presenta valori uguali nei tre approcci futuri.

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EY CEO OUTLOOK PULSE: QUASI TUTTI I CEO SONO GIA' PRONTI AD AFFRONTARE UNA FASE DI RALLENTAMENTO ECONOMICO NEL PROSSIMO FUTURO

Quasi tutti i CEO a livello globale si dichiarano pronti ad affrontare una fase di rallentamento dell’economia attesa nel prossimo futuro. Non è però solo l'inflazione o l'innalzamento dei tassi d'interesse a preoccupare, ma anche un'inevitabile stagnazione del business a cavallo tra costi di produzione e capacità d'acquisto che impone alle imprese di trovare nuove strategie per poter mantenere il passo con i tempi, continuando a investire su trend di crescita come la trasformazione digitale, la sostenibilità e il benessere della propria forza lavoro.

 

Elementi questi che i capitani d'impresa tanto nel nostro Paese, quanto a livello globale, devono tenere sempre più in considerazione e su cui abbiamo voluto ragionare più approfonditamente, attraverso l'analisi dei risultati emersi dall’ultima edizione dell’EY CEO Outlook Pulse. Un'indagine che ha registrato le opinioni di oltre 1.200 business leader in tutto il mondo (dei quali oltre 50 in Italia) sulle prospettive, sfide e opportunità delle aziende, nel difficile contesto in cui operano, e che vi proponiamo di seguito in vista della prossima edizione del CEO Italian Summit & Awards, organizzato da Business International - Fiera Milano e prevista il 30 novembre 2023 all'Hotel Principe di Savoia di Milano.

 

LA RISPOSTA DEI CEO

Secondo i risultati della survey EY CEO Outlook Pulse, infatti, i CEO di tutto il mondo hanno mostrato preoccupazione per le prospettive dell'economia globale e del loro settore, ma il 98% ha dichiarato di aver già avviato programmi di trasformazione per adattarsi ai mutamenti portati dallo scenario attuale e in continuità con quanto avviato a seguito della crisi legata alla Pandemia che già aveva richiesto una forte capacità di adattamento alle aziende in tutto il mondo. Due le strategie più diffuse tra i CEO: continuare ad agire sulla riorganizzazione delle supply chain (secondo il 44%) e riconfigurare le strategie di investimento (il 42%). "Negli ultimi anni le nostre aziende, l’imprenditoria, ma anche il sistema Italia in generale - ha commentato Massimo Antonelli, CEO di EY in Italia e COO di EY Europe West -, hanno dimostrato che quanto più grandi sono state le discontinuità da affrontare, più profonde sono state le trasformazioni messe in campo. La nostra ultima analisi EY CEO Outlook ci conferma che una delle ragioni di questo spirito di trasformazione è che i CEO hanno acquisito una capacità di reazione senza precedenti: oggi quasi il 100% di loro si aspetta una fase di rallentamento economico, ma si è già preparato ad affrontarla. Sono infatti già pronti programmi di trasformazione aziendale, tramite politiche di efficientamento – il 44% pensa di riorganizzazione la supply chain – o tramite strategie di sviluppo – il 42% rivede la strategia di investimento pianificata – per cogliere nuove opportunità e per gestire eventuali rischi. Le precedenti fasi di disruption hanno dimostrato che i CEO che hanno investito e immesso fiducia nel sistema durante le fasi critiche, ne hanno poi beneficiato maggiormente in fase di ripresa. La capacità di trasformazione è, oggi più che mai, una delle chiavi per la creazione di valore nel lungo periodo”.

 

IL RUOLO DELLA GUERRA E IL COSTO DEL DENARO

Il contesto critico attuale è causato sicuramente dal perdurare degli effetti della pandemia, ancora visibili in alcuni mercati e aree geografiche, ma soprattutto dalle tensioni e incertezze generate dal conflitto in Ucraina. Questo, inoltre, si è sovrapposto ad uno scenario geopolitico già complesso che sta determinando una contrazione della domanda, aggravata dagli effetti economici dell’inflazione, dalla ridotta reperibilità di merci e materie prime e dall’incremento del costo del denaro. Uno scenario che i CEO rilevano con grande preoccupazione: oltre la metà dei rispondenti italiani ritiene che questa crisi potrà essere più pervasiva di quanto sperimentato in passato, in quanto è destinata ad incidere maggiormente sui modelli operativi e di business. È quanto si evince anche dalle risposte dei CEO italiani che identificano tra i principali rischi per la crescita e lo sviluppo del proprio business proprio l’incremento delle tensioni geopolitiche (40%), l’impatto del cambiamento climatico e le implicazioni normative attorno ai temi della sostenibilità (38%), le incertezze in termini di politiche monetarie e di costo del denaro (36%). Quest’ultimo è peraltro considerato il principale rischio da fronteggiare da parte delle aziende europee (per il 35% degli intervistati) e tra i più importanti anche per le aziende americane (30%).

 

LA ROADMAP ITALIANA

Tra i principali driver che inducono a rivedere le strategie di investimento troviamo, per il 29% dei CEO italiani, le politiche commerciali e di investimento, che hanno soppiantato le problematiche relative alla pandemia – preoccupazione oggi solo dell’8% nel nostro Paese, contro il 32% dello scorso ottobre, e del 19% a livello globale - e al conflitto in Ucraina – segnalato dal 22% in Italia, contro il 39% di ottobre, e dal 10% a livello globale. In un momento storico di grandi cambiamenti come quello che stiamo vivendo, dunque, i CEO si trovano a dover ripianificare le proprie priorità di investimento a breve e lungo termine, anche nelle attività di business. I CEO italiani, ma anche a livello global, mostrano molta consapevolezza e attenzione rispetto ai temi di efficientamento delle operation, anche nel breve periodo, con particolare attenzione alla gestione del capitale circolante (94%), revisione della struttura di attivo e passivo (92%) e riduzione dei costi (90%). Sempre in termini di efficientamento, i CEO intervistati hanno dichiarato di essere intenzionati a considerare azioni di adeguamento dei programmi di gestione del personale, azione che recentemente abbiamo visto intraprendere in particolare da aziende di spicco nel settore tecnologico. Soltanto l’8% dei CEO italiani è fiducioso del proprio percorso di crescita e continua ad investire nei propri dipendenti. Questo approccio più focalizzato su obiettivi di breve termine, anche in termini di riduzione costi, però rischia di minare le prospettive di crescita a medio lungo termine. Soprattutto se teniamo conto che la strategia di investimento sul talento applicata da molte aziende negli ultimi anni si è dimostrata assolutamente vincente. Ciò illustra la linea sottile che i CEO dovranno percorrere durante questo periodo critico, in equilibrio tra la gestione dei costi e la capacità di mantenere gli investimenti nei propri talenti. In questo contesto, la leva M&A mantiene un’assoluta rilevanza per consentire alle aziende di coniugare obiettivi di breve termine e riposizionamento strategico nel medio e lungo periodo. “Nonostante il momento storico di grande incertezza che stiamo vivendo - ha spiegato Marco Daviddi, Strategy & Transactions Markets Leader Europe West, EY -, dalla nostra indagine emerge che il 100% dei CEO intervistati in Italia sta attivamente perseguendo transazioni e operazioni straordinarie. La maggior parte di essi (56%) attraverso Joint Venture e alleanze strategiche con altri operatori in quanto sono soluzioni più flessibili e consentono di ridurre l’esposizione debitoria, in un periodo di tassi di interesse in crescita come questo. Inoltre, il 96% degli intervistati conferma di voler investire secondo una logica di friendshoring, ovvero in Paesi con solide relazioni geopolitiche e di business, modalità ormai consolidata sul mercato che conferma anche il dato emerso sulle preoccupazioni diffuse per quanto riguarda le tensioni geopolitiche. Rimane importante, invece, la necessità di affrontare le tematiche ESG attraverso processi di crescita esterna, con l’obiettivo (per circa i due terzi degli intervistati) di saper più facilmente rispondere a spinte innescate da cambiamenti regolatori, basti ricordare, ad esempio, la recente normativa europea sulle auto a propulsione elettrica e di diversificare la propria offerta di prodotti e servizi per intercettare la nuova domanda espressa dal mercato” .

 

I FOCUS SU CUI CONCENTRARSI

I focus, dunque, rimangono su sostenibilità e criteri ESG (per il 50% dei CEO intervistati tra le azioni chiave da intraprendere nei prossimi mesi), l’agenda di investimento dei CEO italiani vede una rinnovata attenzione verso Innovazione, Ricerca e Sviluppo anche attraverso lo strumento del Venture Capital (44%), la diversificazione del proprio portafoglio di prodotti e servizi attraverso acquisizioni di business in settori adiacenti al core business (38%) e l’adozione di nuovi modelli di lavoro per attrarre nuovi talenti (32%). Nonostante queste intenzioni, però, nei primi 2 mesi del 2023, l’attività M&A in Italia ha rallentato il ritmo rispetto al brillante risultato del 2022: 144 transazioni per un valore aggregato di € 3,0 miliardi a febbraio 2023, con un calo del 28,4% rispetto alle 201 transazioni del primo bimestre 2022. Lo stesso trend si è registrato anche relativamente alle acquisizioni realizzate dalle aziende italiane sui mercati esteri, con 65 operazioni a febbraio 2023 e un valore aggregato di € 4,9 miliardi, rispetto alle 85 operazioni dei primi 2 mesi del 2022. “La frenata di operazioni M&A effettivamente completate o annunciate nella prima parte del 2023 era attesa e il dato non ci sorprende - ha concluso Daviddi -. Continua ad essere presente sufficiente liquidità sui mercati, ma ad un costo più alto. Ciò sta determinando degli impatti sulle attese di ritorno degli investimenti e sui multipli transazionali, peraltro in un contesto nel quale i margini sono sotto pressione. Nella prima parte dell’anno continuerà questo trend, con più difficoltà a trasformare la liquidità in progetti di investimento, anche per una più complessa composizione negoziale tra le aspettative dei venditori e disponibilità degli acquirenti. Allo stesso tempo, imprenditori e CEO si stanno attrezzando per cogliere opportunità di investimento o disinvestimento, per reindirizzare risorse e asset verso le opzioni strategiche individuate. Non a caso il nostro osservatorio di mercato evidenzia una crescita significativa delle aziende sul mercato (+23%) rispetto a 12 mesi fa. Ci sono le condizioni per un assestamento di multipli e costi finanziari, elementi che potrebbero far ripartire le operazioni straordinarie che, sempre più, rappresentano un fattore critico di successo nella prospettiva di crescita a medio-lungo termine”.

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DONNE, IMPRESE E LAVORO: 6 PASSI DA COMPIERE E 10 CONSIGLI PER ROMPERE IL SOFFITTO DI CRISTALLO

Secondo i dati di alcune recenti ricerche sul tema del gender gap e della D&I, in Italia oggi ci sono più donne laureate (58,7%) rispetto agli uomini (41,3%), ma una volta entrate nel mercato del lavoro, nella maggior parte dei casi lo svolgono in modalità part time 49% contro il 26,2% della componente (Inapp, 2022), dimostrando ancora le difficoltà che affrontano: stereotipi, discriminazione e la difficoltà di conciliare vita lavorativa e personale, in particolare dopo l’esperienza del covid-19. Infatti, è stato proprio il covid a rivoluzionare completamente il mondo del lavoro odierno: continua a crescere il lavoro da remoto e l’uso dell’intelligenza artificiale nell’automazione. Per sviluppare questa tecnologia serve tanta ricerca, in particolare nelle materie scientifiche e tecnologiche. In Italia il 24,9% dei laureati (tra i 25 e i 34 anni) ha un titolo di studi in STEM, ma il divario di genere è molto marcato: la quota sale al 36,8% tra gli uomini (oltre un laureato su tre) e scende al 17% tra le donne (una laureata su sei). Allarmanti quindi anche i dati riguardo le professioni digitali più richieste del 2022, che includono robotics engineer, data scientist e cloud architect, ma nel nostro Paese solo il 12% dei professionisti in cloud computing sono donne, e rappresentano il 15% dei data analysts e il 26% dei professionisti in intelligenza artificiale (Rome Business School, ER 2022). Secondo l'Osservatorio E-Work (2018), le lavoratrici italiane hanno uno stipendio mediamente inferiore del 27,8% rispetto a quello dei colleghi maschi, con una retribuzione oraria di 15,2 euro rispetto i 16,2 euro per gli uomini (Istat, 2022). Inoltre, nel Mezzogiorno, è occupato solo un terzo delle donne tra i 15 e i 64 anni e il World Economic Forum (2021) mette l’Italia al terzo posto, solo dopo la Grecia e la Costa Rica, nella classifica della disoccupazione delle giovani donne.

 

Questi sono solo alcuni dei consueti dati che la cronaca, la statistica e forse anche il luogo comune tricolore (e non solo), si portano dietro da anni, figli di un retaggio culturale complesso da scardinare, al netto di esempi eclatanti di cui il nostro territorio si è recentemente reso protagonista, come la prima premier donna nella storia della nostra repubblica o la prima presidente della Cassazione e simili. Tutti simboli di un'opportunità che ormai è chiara a tutti: non possono e non devono più essere solo gli uomini a ricoprire posizioni di potere.

 

In occasione della Festa della Donne e in un mondo del business in continuo mutamento, però, ci siamo chiesti: come poter rompere, finalmente e concretamente, un soffitto di cristallo che per decenni è apparso infrangibile? Ciò che abbiamo compreso, dopo un'analisi approfondita di vari studi di ricerca, è che anche in questo caso tanto le aziende, quanto le professioniste, si trovano davanti a una strada a doppio senso, dove l'impegno deve essere reciproco e solo con fiducia e collaborazione si possono raggiungere grandi obiettivi. Così, anche in vista della prossima edizione di HR Directors Summit - la manifestazione dedicata al mondo delle risorse umane, organizzata da Business International - Fiera Milano e prevista il prossimo 14 e 15 giugno 2023 presso Allianz MiCo - Milano Convention Centre, all'interno del Business Leaders Summit -, abbiamo cercato di trovare quanto meno un'indicazione di massima per percorrere questa roadmap in entrambe le direzioni, attraverso una sintesi approfondita di due whitepaper realizzati da CoachHub e Indeed per offrire dei consigli sia al management aziendale, sia alle professioniste sui passi da compiere al fine di trovare la giusta interpretazione di questa sfera lavorativa che non può più essere sottovalutata, ma anzi va tenuta sempre più in considerazione per ridurre le diseguaglianze e rendere le organizzazioni sempre più sostenibili a 360 gradi.

 

I 6 PASSI PER AIUTARE HR E MANAGEMENT A RIDURRE IL GENDER GAP

Come abbiamo capito, dunque, sebbene molti passi in avanti siano stati fatti per ridurre il gender gap sul luogo di lavoro, raggiungere la piena parità di genere è un obiettivo ancora lontano. Per andare sempre più in questa direzione, l’analisi delle varie tappe del percorso professionale può aiutare i responsabili HR e il management ad attuare le giuste misure per colmare il divario vissuto in particolar modo dalle donne. Così, per favorire un maggiore sostegno alle donne in azienda e incentivarne l'empowerment, gli esperti di CoachHub hanno elaborato alcuni consigli pratici legati alle fasi chiave dell'employee experience, in cui il supporto alle esigenze specifiche di ogni donna può essere il punto di partenza per la loro crescita come leader.

  • Recruiting e assunzione. Un approccio sistemico alla gender inclusion inizia fin dal primo contatto con le aziende. Infatti, nel processo di recruiting e assunzione, inclusività ed equità sono particolarmente importanti nei settori e nei ruoli tradizionalmente dominati dagli uomini (ad esempio, i settori tecnologico o manifatturiero o le posizioni di leadership e i ruoli STEM). Un valido supporto per le aziende può essere preparare adeguatamente i responsabili HR attraverso il coaching, portando alla luce eventuali pregiudizi personali che potrebbero ostacolare decisioni a favore di una cultura della diversità. Per sostenere le donne in questa fase, le aziende possono anche avviare iniziative formali atte a eliminare i pregiudizi durante il processo di recruiting, ad esempio creando una lista di requisiti oggettiva per valutare candidati e candidate o un gruppo diversificato di recruiter per ogni selezione, adottando sistemi di colloquio “al buio” o modificando il testo dell'annuncio di lavoro per renderlo più neutro e privo di distinzioni di genere.

 

  • Onboarding. Questa è in genere la fase più delicata. La percezione di un trattamento discriminatorio durante l’onboarding può essere il motivo per cui le donne lasciano le aziende più rapidamente degli uomini; una tendenza particolarmente evidente nel settore tecnologico, in cui il tasso di abbandono da parte delle donne supera del 45% quello degli uomini. Per migliorare la retention, può essere utile istituire una procedura ben definita e senza distinzioni di genere finalizzata a un inserimento inclusivo ed equo. Il processo di onboarding ideale deve essere incentrato sui candidati e favorire un clima di fiducia e tranquillità psicologica. E’ possibile, ad esempio, introdurre un sistema di affiancamento tra colleghi per garantire uno spazio sereno in cui i nuovi assunti possano fare domande ed esprimere i propri dubbi; trovare un mentore all’interno dell’azienda che li aiuti a crescere; creare un gruppo ERG (Employee Resource Group) per le donne, facendo in modo che rappresentanti di tale gruppo con vari livelli di anzianità possano svolgere un ruolo attivo nell'inserimento dei nuovi elementi.

 

  • Aumento delle performance. Il miglioramento delle performance è una delle strategie chiave che le donne possono adottare per scalare posizioni in azienda. Tuttavia, il processo di valutazione delle prestazioni è spesso inficiato da pregiudizi di genere che mantengono intatto il soffitto di cristallo. Tra le misure a sostegno delle donne rientrano: creare o rivedere il metro di valutazione delle performance; formare i dirigenti affinché sappiano riconoscere i propri pregiudizi inconsci o valutare i membri dei team fornendo feedback continui anche alle dipendenti. Infatti, secondo una ricerca della Harvard Business Review, spesso le donne ricevono meno feedback utili rispetto agli uomini, anche quando i responsabili sembrano riporre piena fiducia nella loro capacità di crescita.

 

  • Crescita professionale. Secondo l’indagine Women in the Workplace 2022 di McKinsey, uno dei motivi principali per cui le donne lasciano il posto di lavoro è che "vogliono fare carriera, ma incontrano maggiori ostacoli rispetto agli uomini". La sfida più difficile nell'inserimento di più donne a ogni livello lavorativo è il superamento degli stereotipi e delle aspettative inconsce. Alla prova dei fatti, la società spesso si aspetta che siano più le donne a occuparsi dei figli rispetto agli uomini. Di conseguenza, esistono ancora importanti divari di genere tra i ruoli "tradizionali" di cura della famiglia e quelli lavorativi, ancorati a idee che vedono le donne come "troppo fragili" per la carriera e la leadership. Le organizzazioni possono implementare strategie per garantire che ci siano meno ostacoli sulla strada della crescita professionale per le donne che cercano di raggiungere i loro traguardi, ad esempio creando un programma di sviluppo della leadership che valorizzi le competenze, le situazioni di vita e le attitudini femminili e garantendo la parità salariale.

 

  • Maternità. Non è possibile creare un ambiente veramente inclusivo senza considerare l'impatto delle responsabilità legate alla maternità. Un luogo di lavoro in grado di promuovere l'equilibrio dei ruoli e di creare una struttura adeguata, ad esempio per quando le donne rientrano dal congedo di maternità, è fondamentale. Le aziende potrebbero, ad esempio, adottare politiche flessibili, tra cui la concessione di sussidi per i figli o l'attuazione di programmi che consentano alle mamme in congedo di non perdere completamente i contatti con l’ambiente lavorativo e con i colleghi durante il periodo di assenza.

     
  • Il potere del coaching: Uno degli strumenti che le aziende possono adottare per aiutare i dirigenti a individuare e superare i pregiudizi inconsci e comprenderne l’impatto sulle decisioni in azienda è il coaching. Tale metodo, infatti, incentiva la riflessione su come includere, motivare e promuovere un'atmosfera e una cultura di lavoro che permettano alle dipendenti di imparare velocemente ed esprimere a pieno il proprio talento. Allo stesso tempo, il coaching può anche aiutare le donne a gestire la "sindrome dell'impostore", contribuendo a colmare il gap di fiducia, accrescere la consapevolezza delle proprie potenzialità e competenze e identificare gli strumenti per aumentare la proattività nella ricerca delle opportunità di sviluppo e crescita.

 

 

DONNE E LAVORO: 10 CONSIGLI PER ROMPERE IL SOFFITTO DI CRISTALLO

Una visione del mercato, quella proposta da CoachHub, che è stata confermata anche in un recente sondaggio di Indeed che ha sottolineato come i pregiudizi o le discriminazioni siano stati il principale ostacolo che le donne italiane hanno ritenuto di dover affrontare nella ricerca di un lavoro. In occasione della Giornata Internazionale della Donna, quindi, gli esperti del sito per chi cerca e offre lavoro, hanno voluto raccogliere il racconto di chi è riuscito a “rompere il soffitto di cristallo” per proporre 10 consigli di buon senso, frutto di anni di confronto con numerose donne che hanno saputo raggiungere posizioni di successo:

 

  1. Chiedere con precisione: Saper chiedere in modo specifico è importante per avanzare sul luogo di lavoro. Se si tratta di un aumento di stipendio, sarà importante avere in mente una cifra. Se si tratta di una promozione, non bisogna temere di chiedere di poter occupare una determinata posizione o ottenere un ruolo preciso. Allo stesso modo, se si desidera maggior flessibilità o una diversa gestione dell’orario di lavoro sarà bene suggerire come ci si può organizzare.

 

  1. Sapersi valorizzare e puntare su di sè: Lungi dall’essere un atteggiamento presuntuoso, saper evidenziare - con semplicità e chiarezza - i risultati e i successi raggiunti è utile per la nostra carriera e per l’azienda stessa, che potrà più facilmente individuare il miglior professionista per una data posizione.

 

  1. Imparare strada facendo: Evolvere al ruolo successivo, cambiare posizione o azienda implicherà sempre una certa dose di incertezza. Non potremo mai essere pronti al 100% prima di ogni passaggio di carriera.

 

  1. Fare Networking: Coltivare relazioni con chi può insegnarci nuove skill, offrirci nuove prospettive o anche solo supportarci e incoraggiarci è importante indipendentemente da quali che siano le nostre aspirazioni professionali.

 

  1. Trovarsi un mentore: Avere la fortuna di trovare un mentore sul luogo di lavoro che ci guidi con spirito critico è uno stimolo importante lungo il percorso lavorativo. D’obbligo, ricambiare l’aiuto a qualcuno che è agli inizi della propria carriera quando occuperemo il ruolo desiderato.

 

  1. Curarsi degli obiettivi degli altri: Interrogarsi sugli obiettivi di partner, clienti e colleghi e capire quali possono essere le sinergie con i nostri è una via efficace per trovare degli alleati e razionalizzare gli sforzi.

 

  1. Allenarsi a mantenere dei buoni risultati: Nell’arco della nostra carriera passiamo da una mansione all’altra, spesso cambiando posto di lavoro. Lavorare sempre con impegno e contribuire al successo dell’azienda, anche quando la mansione non è quella dei nostri sogni, è un ottimo modo per imparare, stabilire relazioni per il futuro e costruire la propria reputazione professionale.

 

  1. Non lasciarsi abbattere dagli insuccessi: Raramente la via per il successo è lineare; più spesso è lastricata di imprevisti, brusche frenate e ripartenze. Saper convivere con gli insuccessi, considerandoli come parte del percorso, è fondamentale.

 

  1. Prendersi cura di sé: Prendersi cura di sé non è egoismo. Rinunciare al proprio tempo e ai propri spazi non ci porterà ai migliori risultati. Il benessere, fisico e mentale, è tra i migliori combustibili per il successo professionale.

 

  1. Combattere pregiudizi e stereotipi: Impegnarsi in prima persona per sradicare ogni tipo di pregiudizio o stereotipo è il primo passo per contribuire alla promozione dell’equità e dell’inclusione anche sul posto di lavoro.

 

10 step fondamentali, questi, per costruire la propria figura e la propria dimensione profassionale, che non rappresentano solo un vade mecum, ma possono diventare la struttura portante di una cultura di approccio personale al mondo del lavoro, in grado non solo di essere funzionale alla singola professionista, ma anche a un'intera generazione di lavoratrici a cui trasferire valori ed esempi pratici per superare e abbattere quelle barriere ancora oggi presenti negli uffici di tutto il mondo e che sempre di più raffigurano un'immagine sbiadita e in bianco e nero del concetto di lavoro. Un disegno in cui nessuno può e potrà più riconoscersi se davvero si vuole e si vorrà rimanere al passo con i tempi e magari anche guardare a un futuro diverso, dove crescita, innovazione e sostenibilità, non risultino solo bei sostantivi - per altro tutti femminili - ma siano i veri goal da raggiungere.

... continua