Supply Chain & Procument è la unit che produce annual e corsi di formazione per 25.000 manager dell’area Acquisti, Supply Chain & Operations. Gli appuntamenti più attesi sono il CPO – Chief Procurement Officer – forum che riunisce il network dei Direttori Acquisti e il Connected Manufacturing, evento di riferimento per l’industria Manufacturing 4.0.
TAG: Acquisti, Certificati di Origine, Dogane, Import-Export, Incoterms, Logistica, Manufacturing, Operations, Process Excellence, Procurement, Produzione, Global Supply Chain
È sempre più evidente, ormai, come per poter combattere il cambiamento climatico, le aziende e i governi debbano ripensare la gestione e le operazioni delle proprie catene di approvvigionamento. Un redesign che deve ovviamente iniziare da quelle tratte e rotte più battute e quindi più inquinanti per il mondo.
Un argomento questo che, se unito a quello dei dazi, risulta il vero ago della bilancia per la redefinizione della global supply chain e anche il riposizionamento dei siti produttivi più importanti e strategici. Basti pensare, per esempio, alla rilocalizzazione in India degli stabilimenti di Apple. Un chiaro segno di trasformazione degli equilibri della value chain su cui abbiamo voluto riflettere attraverso l’analisi e il commento di un recente studio di Martin Schleper, ricercatore di NEOMA, che indaga come in questo contesto volatile e in continuo mutamento, l’integrazione di innovazioni sostenibili che portino a emissioni di carbonio negative aiuti enormemente la gestione e la transizione delle catene del valore verso un futuro migliore. Un approfondimento che vi proponiamo di seguito anche in vista della prossima edizione del CPO Summit, l’evento dedicato al mondo dei Direttori Acquisti, previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso l’Allianz MiCo di Milano, all’interno del Business Leaders Summit – la grande manifestazione pensata per dare valore ai migliori C-level dell’impresa contemporanea, organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano. |
IL VERO PUNTO DI PARTENZA Se ci pensiamo bene, infatti, tutti i nostri prodotti di uso quotidiano percorrono un lungo viaggio prima di arrivare a noi. Le loro complesse catene di fornitura sono accompagnate da impatti economici, sociali e ambientali tutt'altro che marginali. A tal punto che oggi è riconosciuto unanimemente come più della metà dei gas serra del mondo siano emessi da sole otto filiere settoriali, tra cui quella alimentare, edilizia e della moda. In questo senso, inoltre, gli esperti concordano sul fatto che la neutralità delle emissioni di carbonio prevista come risposta al cambiamento climatico non possa essere raggiunta senza il coinvolgimento attivo dei settori più inquinanti e, in quest'ottica, lo studio condotto dal ricercatore di NEOMA e dai suoi collaboratori ha esplorato i diversi approcci adottati dalle aziende e il loro reale impatto sul clima.
TRASFORMARE, MA NON TROPPO Lo studio inizia esaminando l'adattamento e la mitigazione, due approcci comuni utilizzati dalle aziende per cambiare il modo in cui gestiscono le loro catene di approvvigionamento. L'adattamento è una strategia reattiva basata sulla gestione del rischio. Comporta l'adeguamento delle attività per mitigare i danni del clima. Ad esempio, la delocalizzazione dei siti dei fornitori se si trovano in aree critiche. La mitigazione è più proattiva, poiché il suo obiettivo è ridurre o eliminare le emissioni. Come si può ottenere? Alimentando le attività con energia rinnovabile, passando a processi produttivi a basse emissioni di carbonio o utilizzando materiali riciclabili. “Tuttavia – sottolineano gli esperti -, l'obiettivo finale di entrambi questi approcci è mantenere la redditività economica dell'azienda. Sebbene queste azioni siano necessarie potrebbero non essere sufficienti. A lungo termine, potrebbero addirittura danneggiare la reputazione di un'azienda. Infatti, la società e i consumatori potrebbero richiedere un maggiore impegno da parte loro”. Lo studio sottolinea quindi che per diventare attori principali nella lotta al cambiamento climatico, “le catene inquinanti di oggi non devono solo essere adattate, ma trasformate”.
TECNOLOGIE NET PLUS ULTRA I climatologi affermano che sono necessari mezzi più radicali per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, che mira a limitare l'aumento della temperatura globale al di sotto di 2°C rispetto alla media preindustriale. “È qui che – secondo i ricercatori – entrano in gioco le tecnologie a emissioni negative, note anche come NET”. Si tratta di catturare la CO2 dall'atmosfera e di immagazzinarla in modo permanente in serbatoi geologici sulla terraferma o negli oceani, oppure in prodotti. Attualmente si stanno studiando un'ampia varietà di metodi, dai più naturali, come la riforestazione, ai più tecnici. L'analisi dei ricercatori si è concentrata in particolare sul biochar, un prodotto che sequestra il carbonio per migliaia di anni. “Si forma dalla decomposizione chimica della materia organica ad alte temperature – si legge nello studio –, formando una sorta di carbone. Questo prodotto può essere utilizzato nei fertilizzanti agricoli per migliorare la qualità del suolo”. Sebbene queste soluzioni siano promettenti, gli esperti notano che “esistono grandi incertezze riguardo alla governance, ai costi, all'efficacia e all'accettabilità sociale di tutte le tecnologie a emissioni negative”.
RIPENSARE LE CATENE DI APPROVVIGIONAMENTO Inoltre, “considerando la loro novità, è probabile che alcune di queste tecnologie fatichino a prendere piede a causa di mercati poco definiti e della mancanza di infrastrutture e partnership”. Ad esempio, la cattura della CO2 soffre della sindrome “Not in my backyard (NIMBY)”, che sta rallentando anche la diffusione delle energie rinnovabili. “Si tratta di un problema di accettabilità – sostengono i ricercatori –, con persone che vogliono beneficiare dei vantaggi di una tecnologia ma si oppongono all'installazione di infrastrutture a causa del fastidio che potrebbero causare”. Cosa si può fare, dunque, per garantire che le catene di approvvigionamento si trasformino davvero per il bene del nostro pianeta? Il primo risultato dello studio è che “la transizione non può essere realizzata senza un intervento politico. Senza normative che incoraggino o obblighino le aziende ad adottare queste tecnologie, è improbabile che le grandi imprese investano massicciamente in partnership puramente ecologiche. Anche nuove normative sotto forma di tasse sul carbonio o sistemi di quote potrebbero spronare questi attori ad agire”. In secondo luogo, poi, lo studio evidenzia anche un cambiamento di paradigma per cui “l'ambiente sta diventando una priorità”. In altre parole, “non è più necessario sviluppare attività per la loro redditività economica, ma per i loro benefici ecologici”. Una visione radicalmente opposta agli attuali metodi di gestione. |
Nel 2024 i valori del Supply Chain Finance mostrano una sostanziale stabilità, ma a movimentare il settore sono arrivate importanti evoluzioni normative e tecnologiche. Dopo una crescita del 6,3%, che l’ha portato a toccare 596 miliardi di euro nel 2023, nel 2024, con uno scenario macroeconomico più stabile, caratterizzato dall’aumento dei tassi di interesse, il mercato potenziale italiano del credito di filiera cresce tra lo 0,5 e il 3%, raggiungendo un valore compreso tra 594 e 599 miliardi di euro di crediti commerciali.
Questi, sono solo alcuni dei dati che l'Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato nella sua ultima edizione, presentata qualche settimana fa, e che abbiamo voluto comprendere meglio in questo articolo attraverso un analisi commentata del report che vi proponiamo di seguito. Un approfondimento, che abbiamo sviluppato, anche per poter comprendere meglio le dinamiche di mercato, in vista della prossima edizione del CPO Summit, l'evento dedicato al mondo del Procurement, previsto il prossimo 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell'impresa contemporanea, ideata e organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano.
IL SUPPLY CHAIN FINANCE NEL 2024
Secondo le stime, nel 2024 il mercato servito da soluzioni di Supply Chain Finance resta sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente, perché tra i diversi strumenti risulta stabile l’utilizzo delle imprese di quelli più tradizionali (ma di maggiore diffusione) come Factoring, Reverse Factoring, Anticipo Fattura e Confirming, mentre crescono in modo significativo le soluzioni innovative come Purchase Order Finance, Carta di Credito B2B, Dynamic Discounting e l’Invoice Trading. Nello specifico, per il 2024 le stime indicano che il 22% del mercato potenziale è servito da soluzioni di Supply Chain Finance, per un valore complessivo di circa 131 miliardi di euro. Si mantengono sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente i valori del Factoring (60,4 miliardi di euro), dell’Anticipo Fattura (54 miliardi), del Reverse Factoring (9 miliardi) e del Confirming (1,6 miliardi). Crescono, invece, in modo rilevante le soluzioni più innovative, come il Purchase Order Finance, che ha registrato un aumento del 35%, raggiungendo 1,4 miliardi di euro, ma anche il Dynamic Discounting, che aumenta del 17% (0,8 miliardi), la Carta di Credito B2B, che ottiene un incrmento dell’11% (3,8 miliardi), e l’Invoice Trading, +5% (0,6 miliardi). “Anche nel 2024 il Supply Chain Finance si conferma una leva strategica per affrontare le sfide dello scenario macroeconomico, caratterizzato da incertezze e pressioni sul capitale circolante - afferma Federico Caniato, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance -. Ma, se il mercato mostra una certa stagnazione, stanno profondamente impattando il settore importanti novità relative a regolamentazione e tecnologia. Le nuove regole sulla rendicontazione delle soluzioni di supplier financing, basate sulle linee guida introdotte dallo IASB, infatti, sembrano rallentare l'adozione di soluzioni di supplier financing, per l'incertezza e le complicazioni tecniche nella rendicontazione. Mentre le direttive CSRD e CS3D sulla sostenibilità ne rimarcano la centralità: le soluzioni “sostenibili” di Supply Chain Finance possono aiutare le imprese nella transizione e gli ESG information provider possono ricoprire un ruolo centrale per abilitare la sostenibilità nelle soluzioni SCF”.
GLI IMPATTI POSITIVI DELLA TECNOLOGIA
“In questo contesto, l'Intelligenza Artificiale sta emergendo come una tecnologia di supporto nei processi di Supply Chain Finance, anche se la sua adozione presenta sfide significative, tra cui innanzitutto la necessità di dati di alta qualità – spiega Antonella Moretto, Direttrice dell’Osservatorio Supply Chain Finance -. L’utilizzo dell’AI varia dalla previsione dei flussi di cassa futuri per comprendere le necessità di liquidità e di uso delle soluzioni di SCF, fino all’automazione di attività operative, come la riconciliazione dei documenti che semplificano l’uso del Supply Chain Finance. Se l’AI si può considerare ormai realtà nel SCF, la GenAI ha ancora un po’ di strada davanti: dall’analisi dei servizi offerti da startup innovative non emergono ancora casi di utilizzo rilevanti, ma la capacità generativa sarà certamente importante nel prossimo futuro nel settore”. Il mercato del Supply Chain Finance. Analizzando i dati a consuntivo, nel 2023 il capitale circolante in Italia è cresciuto del 17% (306 miliardi di euro), come conseguenza dell’aumento dei crediti commerciali e delle rimanenze, nonché della diminuzione dei debiti commerciali. Il ciclo di cassa è aumentato assestandosi mediamente a 34 giorni (+19%). In un contesto di tassi di interesse ancora elevati, molte imprese avevano esteso i tempi di pagamento ai propri fornitori per cercare di trattenere maggiore liquidità, generando un effetto a cascata che ha influito anche sui tempi di incasso. Inoltre, le difficoltà nelle catene di approvvigionamento per i conflitti geopolitici e i problemi logistici hanno indotto molte aziende a mantenere livelli di scorte più elevati per mitigare i rischi di incertezza. Nel 2023 le soluzioni di Supply Chain Finance hanno coperto il 22% del mercato potenziale. Sono risultati stabili gli strumenti più diffusi, come Anticipo Fattura (54,1 miliardi di euro) e Factoring (60,4 miliardi di euro), entrambi invariati, come anche Confirming (-2%, 1,6 miliardi di euro) e Purchase Order Finance (+1%, 1,04 miliardi di euro). Tra le soluzioni in crescita, il Reverse Factoring ha raggiunto un valore record, con un aumento del 10% (8,9 miliardi di euro), consolidando ulteriormente il proprio ruolo come strumento sempre più rilevante e adottato. Su volumi più ridotti, il Dynamic Discounting, l’Invoice Trading e la Carta di Credito B2B hanno mostrato crescite significative: rispettivamente del 32% (0,7 miliardi), del 24% (0,5 miliardi) e del 12% (3,4 miliardi).
LA DISCLOSURE
Dal 1° gennaio 2024 è obbligatoria la rendicontazione di informazioni qualitative e dati quantitativi rispetto all’utilizzo delle soluzioni di Supplier Financing secondo le linee guida introdotte dallo IASB. Analizzando i bilanci depositati al 31/12/2023 dalle 167 imprese quotate alla Borsa Italiana (prima dell’entrata in vigore dell’obbligo), si scopre che nessuna impresa tra quelle analizzate oggi sarebbe pienamente conforme agli standard richiesti dallo IASB, anche a causa di incertezze normative e difficoltà tecniche nella rendicontazione. Il 15% delle imprese quotate in Borsa Italiana (25 in totale) adotta soluzioni di Supplier Financing, ma solo 10 tra queste pubblicano a bilancio l’informazione. E meno di metà delle imprese che dichiarano in bilancio di utilizzare soluzioni di SCF forniscono informazioni quantitative e qualitative tra quelle richieste dalle linee guida. Chi lo fa, nella maggior parte dei casi riporta solo informazioni qualitative, ovvero i termini e le condizioni dell’utilizzo delle soluzioni di Supplier Financing. Per le informazioni quantitative, quasi tutte le imprese riportano l’ammontare delle passività legate all’accordo (9 su 10), ma solo metà anche i dati sui termini di pagamento delle passività non facenti parte dell’accordo e quasi nessuna (2 su 10) i termini di pagamento delle passività legate all’accordo. Dal prossimo anno sarà in vigore l’obbligo e questo permetterà di disporre di maggiori dati e informazioni per comprendere come e con quali obiettivi vengano utilizzate le soluzioni di Supplier Financing.
IL SUSTAINABLE SUPPLY CHAIN FINANCE
L’adozione di soluzioni di Sustainable Supply Chain Finance e il supporto degli ESG information provider possono agevolare l’adempimento delle richieste della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), la direttiva entrata in vigore a luglio 2024 che introdurrà nuove sfide nella gestione dei processi di Due Diligence lungo la filiera. La normativa impone di identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi sull’ambiente e sui diritti umani, non solo nelle proprie attività, ma lungo l’intera filiera. Il SSCF può raccogliere dati dai fornitori e incentivarli a condividere informazioni sulle loro performance di sostenibilità. Questo consente di individuare e valutare gli impatti negativi generati lungo la filiera, monitorando il miglioramento delle performance dopo l’implementazione di pratiche di sostenibilità di filiera. Inoltre, il SSCF può supportare le imprese nella prevenzione, attenuazione e arresto degli impatti negativi. Diverse tipologie di ESG information provider supportano le imprese nell’implementazione di pratiche di sostenibilità di filiera e di soluzioni di SSCF. L'Osservatorio Supply Chain Finance ha identificato quattro categorie su un campione di 46 attori. Ci sono i fornitori di database e gestione dati (8 realtà), che favoriscono le pratiche di integrazione e gestione dei dati di sostenibilità. Ci sono fornitori di valutazioni di sostenibilità generiche/ESG (25) e specifiche (11), che supportano le imprese nello sviluppo di pratiche di selezione sostenibile dei fornitori, nella valutazione e monitoraggio di sostenibilità dei fornitori e nello sviluppo sostenibile dei fornitori. Ci sono, infine, le iniziative di settore (2) che supportano le imprese nelle pratiche di valutazione e monitoraggio di sostenibilità e nello sviluppo sostenibile dei fornitori, fino al coinvolgimento degli stakeholder.
IL RUOLO DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L’Osservatorio ha censito e mappato oltre 50 startup che utilizzano l’IA nelle diverse fasi del Supply Chain Finance. Nella fase di initiation, l’AI è usata per analizzare dettagliatamente i flussi di cassa legati ai pagamenti tra buyer e fornitori e offrire soluzioni commerciali. Sei startup tra quelle censite sfruttano le capacità di apprendimento e predizione dell’intelligenza artificiale per prevedere le necessità di liquidità correnti tramite un’analisi di dati interni. L’output è usato dai provider di soluzioni in ottica commerciale così da prevedere con dettaglio i futuri flussi di cassa (di impresa buyer e dei fornitori) e suggerire loro le soluzioni più adatte di SCF. Nella fase di implementation, gli algoritmi di machine learning e le capacità di apprendimento valutano e clusterizzano i fornitori per offrire soluzioni differenti e personalizzate sulla base delle loro necessità: sono 4 le startup censite che offrono questi servizi. I fornitori che hanno maggiore bisogno di accedere a soluzioni di SCF vengono identificati e vengono offerte soluzioni in base alla loro situazione. È possibile integrare attori terzi (es. investitori, provider di soluzioni connesse a SCF) nella piattaforma, con l’AI che automatizza il processo operativo di integrazione, tramite l’analisi dei documenti necessari o scambi di informazioni efficienti. Nell’ultima fase, quella di use, l’AI efficienta i processi automatizzando attività amministrative, migliorando le condizioni e i benefici degli attori coinvolti. Sette startup offrono questo tipo di soluzioni sfruttando le capacità di apprendimento, percezione e ragionamento. Non sono rilevanti i casi di utilizzo di GenAI, ma gli esperti evidenziano applicazioni di questa tecnologia a supporto del SCF. La capacità generativa è offerta dai provider nelle piattaforme di SCF per chiedere conto al sistema delle prestazioni della soluzione attraverso un linguaggio naturale. Il sistema genera automaticamente dei report (sia in forma testuale che in forma grafica) sull’utilizzo delle soluzioni di SCF sulla base delle informazioni in proprio possesso, ed eventuali previsioni rispetto a utilizzi futuri. La tecnologia viene sfruttata per migliorare il processo di monitoraggio e controllo delle prestazioni associate alle soluzioni.
Avere un ottimo prodotto o servizio non è più sufficiente per appagare le aspettative dei clienti. Gli acquirenti B2B oggi desiderano un'esperienza fluida e coinvolgente in ogni interazione con l'azienda. Si aspettano personalizzazione e competenze digitali, proprio come quelle che sperimentano come consumatori. Per soddisfare queste aspettative, le aziende B2B devono dare la priorità alla creazione di un'esperienza cliente positiva.
Un processo di consumerizzazione delle dinamiche corporate che sicuramente non è semplice, ma che sta diventando il vero fenomeno e contemporaneamente la versa sfida di questo 2025 per tutte le imprese che lavorano nel settore del business to business. Un mercato in crescita e, soprattutto, in continua evoluzione, che sotto questo profilo sta vivendo una vera e propria rivoluzione di cui, in vista della prossima edizione del CMO Summit - l'evento dedicato al mondo dei Chief Marketing Officer e previsto, presso l'Allianz MiCo di Milano, il 19 e 20 giugno 2025 all'interno del Business Leaders Summit -, abbiamo voluto capire meglio i connotati attraverso l'analisi di un recente whitepaper a cura di Peter F. Schmid, CEO, Europages, che vi proponiamo di seguito per capire meglio come oggi sia possibile dare maggiore valore alla propria attività imprenditoriale, grazie allo sviluppo di una CX sempre più efficace e performante.
COMPRENDERE IL PERCORSO DEL CLIENTE B2B
"Puntare tutto sulla creazione di un'esperienza di valore significa innanzi tutto semplificare e velocizzare il percorso del cliente B2B, con un’interfaccia digitale che sia in linea con le sperimentazioni “consumer”". E' questo, secondo il manager, il primo passo fondamentale da compiere oggi per rimanere al passo con i tempi. "È quindi fondamentale comprendere il percorso del cliente B2B - prosegue Schmid -, pensandolo come un funnel – un vero e proprio imbuto - che guida gli utenti in diverse fasi interattive: dalla consapevolezza, dove nella parte superiore del funnel i clienti vengono a conoscenza dell’attività dell’azienda, alla considerazione, il passaggio in cui esplorano prodotti o servizi e valutano le opzioni, fino alla decisione, il momento nel quale decidono se effettuare un acquisto, senza dimenticare, infine, la fidelizzazione, ovvero quando, dopo la vendita, è necessario concentrarsi sul mantenere la soddisfazione e il coinvolgimento del cliente, magari sfruttando anche una strategia di advocacy, in cui i clienti soddisfatti possono divenire “fan” che consigliano prodotti e servizi acquistati ad altri". Un percorso, questo, che rende quindi fondamentale considerare il modo in cui i clienti interagiscono con il sito web aziendale, le app, il team di vendita, le e-mail, i social media e l'assistenza, in ogni fase del funnel. "Ogni interazione - sostiene l'esperto - modella la loro esperienza". Anche perchè, la mappatura del percorso del cliente è un ottimo modo per tenere sotto controllo l'intero processo di vendita e individuare eventuali aree problematiche. "Questo aiuta, se necessario, ad apportare miglioramenti e a mantenere la coerenza - commenta il manager -. Ad esempio, se viene scaricata una risorsa dal sito web (azione intermedia), il team di vendita è in grado di procedere rapidamente con un follow up? I contenuti scaricati corrispondono al tono e alle promesse degli altri materiali di marketing? Un'esperienza disordinata o non coerente può confondere e frustrare i clienti, rendendo più difficile trasformare i lead in acquirenti".
PERSONALIZZAZIONE DELL'ESPERIENZA DEL CLIENTE SU LARGA SCALA
Anche nel B2B, insomma, gli acquirenti ora si aspettano esperienze personalizzate che soddisfino le loro esigenze specifiche. "Questo - spiega Schmid - significa capire il settore in cui operano, le dimensioni dell'azienda e il ruolo. Ad esempio, un responsabile degli acquisti nel settore manifatturiero avrà priorità diverse rispetto a un direttore marketing in una startup tecnologica. Per personalizzare l'esperienza del cliente in modo efficace, è importante fornire i contenuti giusti al momento giusto, utilizzando il canale migliore". Ad esempio, se un cliente mostra interesse per un prodotto scaricando un white paper o partecipando a un webinar, può essere utile un'e-mail di follow-up con un caso di studio pertinente, un'offerta speciale o uno sconto o una prova gratuita per esplorare il prodotto. "Questo dimostra la comprensione delle loro esigenze e aiuta a creare fiducia - prosegue nel ragionamento il manager -. Per raggiungere questo livello di personalizzazione su larga scala è necessario l'utilizzo della tecnologia. I sistemi CRM raccolgono e gestiscono i dati dei clienti, mentre gli strumenti di automazione del marketing aiutano a segmentare i clienti e a inviare campagne personalizzate". Questi sistemi, secondo l'esperto, infatti, possono essere utili in vari modi: "dal tenere traccia delle interazioni con i clienti, attraverso e-mail, riunioni e visite al sito web, al memorizzare dettagli importanti sui clienti, come preferenze, cronologia degli acquisti, informazioni di contatto, e dal segmentare i clienti, in base a fattori quali settore, dimensioni dell'azienda o comportamento, all'automatizzazione le attività di follow-up, come l'invio di e-mail per mantenere la comunicazione pertinente e tempestiva".
SUPPORTO PROATTIVO PER UNA MIGLIORE ESPERIENZA DEL CLIENTE
Per migliorare l'esperienza cliente, dunque, è imperativo offrire un'ottima assistenza clienti. "Non si tratta solo di reagire ai problemi - ammonisce Schmid -, ma di individuare potenziali problemi prima che peggiorino e risolverli rapidamente. L'utilizzo di dati e analisi consente di identificare i modelli e prevedere ciò di cui i clienti potrebbero aver bisogno. Ad esempio, se un cliente legge spesso un particolare articolo della guida, potrebbe significare che ha bisogno di ulteriore formazione o assistenza in quell'area. Contattare prima di una richiesta di aiuto può prevenire problemi e dimostrare interesse per il suo successo. Il supporto predittivo utilizza anche l'automazione per fornire un servizio rapido e affidabile. Ad esempio, i chatbot possono rispondere a semplici domande e guidare i clienti verso le risorse giuste, consentendo al team di supporto di concentrarsi su problemi più complicati".
SUGGERIMENTO PROFESSIONALE
Al netto delle questioni tecniche, però, secondo il manager, l'ascolto del cliente risulta essere un elemento da tenere sempre in alta considerazione in ogni momento del processo. "È sempre consigliabile - sottolinea l'esperto - raccogliere il feedback dei clienti durante l'intero percorso, sia attraverso sondaggi, moduli di feedback e recensioni online per comprendere la percezione dei clienti, sia attraverso la richiesta di feedback in diversi momenti, ad esempio dopo un acquisto, una demo o una sessione di supporto. Queste informazioni aiuteranno a migliorare le strategie e ad esaudire aspettative dei clienti".
COSTRUIRE RELAZIONI NEL PERCORSO DEL CLIENTE B2B
Seguendo questo consiglio, è evidente come, nell'impostazione di una buona strategia di customer expeience, mentre la tecnologia è importante per migliorare il percorso del cliente B2B, il lato umano rimanga altrettanto prezioso. "Costruire solide relazioni con i clienti è essenziale per un successo a lungo termine, soprattutto negli ambienti B2B in cui le decisioni complesse spesso coinvolgono più parti interessate e richiedono un alto livello di fiducia - evidenzia Schmid -. Potrebbe quindi essere utile: assegnare account manager dedicati per fornire supporto e guida personalizzati; mantenere una comunicazione regolare per capire come si stanno evolvendo le esigenze dei clienti; offrire opportunità di interazione diretta, come eventi online o incontri in persona".
INTEGRAZIONE DEI PUNTI DI CONTATTO PER UN'ESPERIENZA CLIENTE UNIFICATA
Per creare un'esperienza cliente fluida tra fisico e digitale, però, è necessario collegare tra loro tutti i punti di contatto senza soluzione di continuità. "Ciò significa mantenere la stessa voce, la stessa messaggistica e la stessa esperienza del marchio sul sito web, l'app mobile, i portali online, il sistema CRM, le comunicazioni via e-mail, i social media e, naturalmente, le interazioni di persona - spiega l'esperto -. Va da sé che, se un cliente contatta il team di assistenza per telefono, le informazioni che ottiene devono corrispondere a quelle disponibili sul sito web o sui social. Allo stesso modo, il team di vendita dovrebbe conoscere tutte le interazioni precedenti che un cliente ha avuto con l’azienda, in modo da poter offrire un'esperienza più personalizzata". Collegare tutti questi punti di contatto, tuttavia, richiede un approccio completo o, per così dire, olistico end-to-end. "Ciò - prosegue Schmid - potrebbe includere: condivisione dei dati tra diverse piattaforme; utilizzo dello stesso design su tutti i canali; garanzia che le interazioni online e offline fluiscano senza interruzioni". In questo senso, dunque, è chiaro che, secondo il manager, "le aziende che prosperano si concentrino sulla creazione di un'esperienza cliente senza soluzione di continuità". In questo senso, la comprensione delle esigenze e dei comportamenti dei clienti, nonché l'identificazione delle aree di miglioramento, sembrano poter essere raggiunte facilmente attraverso la mappatura del percorso del cliente e la tecnologia aiuta a personalizzare le interazioni e a offrire un supporto proattivo, ma anche la creazione di solide connessioni umane risulta fondamentale. "Un'esperienza fluida e incentrata sul cliente in tutti i punti di contatto, come il tuo sito web e l'app mobile - precisa il manager -, aiuta a fidelizzare e a distinguere il brand. Tuttavia, il futuro della customer experience va oltre gli strumenti digitali di oggi. Immaginiamo un mondo in cui gli acquirenti B2B possano provare prodotti e servizi in ambienti virtuali, utilizzando la realtà aumentata (AR) per vedere soluzioni complesse nel proprio spazio. Queste tecnologie non sono puro spettacolo, ma possono davvero fornire nuovi modi per coinvolgere i clienti, offrire demo personalizzate e migliorare la collaborazione remota". D'altronde, già oggi, le aziende che utilizzano la realtà aumentata stanno creando esperienze uniche che aumentano il coinvolgimento dei clienti e aiutano a far crescere il loro business e in questo anche europages non è da meno, come conclude Schmid: "La piattaforma offre prodotti e servizi di alta qualità, esclusivamente europei. Su di essa, infatti, è possibile trovare il fornitore giusto per aumentare l'efficienza aziendale e migliorare l'esperienza del cliente, accelerando l’ingresso sui mercati globali".