Supply Chain & Procument è la unit che produce annual e corsi di formazione per 25.000 manager dell’area Acquisti, Supply Chain & Operations. Gli appuntamenti più attesi sono il CPO – Chief Procurement Officer – forum che riunisce il network dei Direttori Acquisti e il Connected Manufacturing, evento di riferimento per l’industria Manufacturing 4.0.
TAG: Acquisti, Certificati di Origine, Dogane, Import-Export, Incoterms, Logistica, Manufacturing, Operations, Process Excellence, Procurement, Produzione, Global Supply Chain
Un nuovo sondaggio HSBC su oltre 8.500 aziende in 34 mercati, indica una
tendenza ad effettuare cambiamenti di sostenibilità nella Supply Chain per
migliorare i profitti. Quasi un terzo delle aziende a livello globale prevede di
apportare modifiche sostanziali nei prossimi tre anni. Le principali motivazioni
sono l'efficienza dei costi e il miglioramento dei ricavi e della performance
finanziaria.
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Dal giorno successivo al referendum relativo all’uscita della
gran Bretagna dall’Unione Europea, si sono succedute una serie di valutazioni
relative alle differenti sfaccettature associate alla vittoria del Si ed ai
conseguenti impatti macroeconomici. Leggendo i vari giudizi / valutazioni /
simulazioni riportate dalla stampa, anche quella più specializzata, traspare un
aspetto inequivocabile della faccenda: la forte incertezza su quello che
accadrà.
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Il rischio è connaturato all’attività d’impresa e i potenziali pericoli che
possono danneggiare un business sono innumerevoli. Ne esistono di generici e
altri quasi specifici per ogni funzione aziendale. Quelli legati al mondo del
procurement sono senz’altro tra i rischi più insidiosi per l’azienda. Molto
spesso è infatti difficile sapere esattamente con chi si sta concludendo, ad
esempio, un contratto di fornitura. Le informazioni scarseggiano. Ci si domanda:
sarà un partner affidabile? E se anche lo fosse, ci sarà qualcosa del suo modo
di intendere il lavoro che può contaminare in qualche modo la mia immagine? Per
risolvere questi dubbi esistono strumenti molto sofisticati che mettono a
disposizione le informazioni necessarie sulle società nazionali e
internazionali.
La multinazionale Bureau van Dijk - A Moody's Analytics Company, si occupa
proprio di raccogliere e mettere a disposizione i dati delle società di tutto il
mondo per una efficace valutazione e business intelligence. In un contesto
sempre più interconnesso non è possibile infatti limitare la propria analisi al
territorio nazionale – in cui le informazioni finanziarie potrebbero essere di
facile accesso - ancorché si lavori solo con clienti italiani.
Questa evoluzione del mercato ha fatto emergere chiaramente la necessità di
analizzare realtà al di fuori del nostro contesto nazionale e, di conseguenza,
anche la sfida della standardizzazione delle informazioni per poter prendere
decisioni adeguate.Per una corretta valutazione diventa quindi fondamentale
avere a disposizione dati finanziari standardizzati e confrontabili oltre ad
indicatori semplici ed intuitivi.
Di altrettanta utilità sono dei giudizi di valore che consentono di interpretare
agevolmente i dati finanziari ed eventualmente avere un’indicazione della
solidità di un’impresa anche in assenza di questi ultimi grazie alla valutazione
delle informazioni qualitative (data di costituzione, manager ecc.).
Un punto non meno importante - poiché si sta rivelando un aspetto delicato e su
cui la sensibilità delle aziende sta aumentando a livello esponenziale - è
quello della gestione del rischio reputazionale. Bureau van Dijk grazie alla
completa struttura societaria permette di individuare le relazioni tra le
aziende e, cosa più importante, il titolare effettivo così da rispondere in
maniera efficace alle diverse normative in tema di compliance e antiriciclaggio
e di tutelarsi dal rischio reputazionale. Soprattutto su questo tema l’ampia
copertura e la tempestività dell’informazione diventa strategica per superare i
limiti dei famosi registri dei titolari effettivi di cui si parla tanto
ultimamente.
Per ogni azienda avere a che fare con partner affidabili è quindi un imperativo
da cui non si può prescindere. Collaborare con fornitori solidi permette di
garantire continuità nella supply chain ma non basta ed occorre selezionare e
lavorare solo con società che non abbiano problemi a livello reputazionale.
Quindi con società che siano state coinvolte in fatti illeciti, come reati
finanziari, corruzione, riciclaggio, oppure abbiano subìto sanzioni
particolarmente gravi o abbiano legato il loro nome ad attività che possono
provocare sgomento tra i consumatori e l’opinione pubblica. Fino ad arrivare a
casi estremi di società legate in qualche misura ad associazioni terroristiche o
presenti nelle black list di alcuni Paesi.
Indipendentemente da quale sia quindi la propria propensione per il rischio,
l’attuale panorama normativo sottolinea l’importanza di non fidarsi
semplicemente delle informazioni dichiarate, ma di verificarle.