Supply Chain & Procurement

Supply Chain & Procument è la unit che produce annual e corsi di formazione per 25.000 manager dell’area Acquisti, Supply Chain & Operations. Gli appuntamenti più attesi sono il CPO – Chief Procurement Officer – forum che riunisce il network dei Direttori Acquisti e il Connected Manufacturing, evento di riferimento per l’industria Manufacturing 4.0.

TAG: Acquisti, Certificati di Origine, Dogane, Import-Export, Incoterms, Logistica, Manufacturing, Operations, Process Excellence, Procurement, Produzione, Global Supply Chain


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News & Media

IN ITALIA, LA GESTIONE DIGITALE DEI DOCUMENTI VALE 2,3 MILIARDI, MA SENZA OBBLIGO NORMATIVO MANCA LA SPINTA ALLA DIGITALIZZAZIONE B2B

Il mercato della gestione digitale dei documenti aziendali (Digital Document Management & Exchange) vale 2,3 miliardi, +13% rispetto al 2021. Un segmento industriale maturo, cresciuto in media del 4% l’anno, ma in grado di svilupparsi ancora: il 41% delle imprese prevede una crescita moderata nei prossimi 3-5 anni, con un incremento del fatturato nell'ordine del 5-9%. Il 54% del valore viene da soluzioni per la gestione documentale interna, che comprende la creazione, acquisizione, archiviazione, ricerca e conservazione dei documenti. Il 39% da soluzioni per lo scambio elettronico dei documenti con i partner di business, includendo tecnologie come EDI e PEC.

 

Tra le principali soluzioni per digitalizzazione i progetti interni c’è il Document Management System (DMS, un sistema software che crea, archivia, organizza e gestisce documenti digitali), oggi adottato dal 42% delle grandi aziende e Pmi. Nei processi di interfaccia, però, lo scambio documentale con clienti e fornitori avviene prevalentemente tramite strumenti tradizionali come email, PEC, SFTP, FTP, utilizzati dal 55% delle imprese.

 

La principale priorità per le imprese di tutte le dimensioni nella digitalizzazione dei processi B2b interni è la Gestione Elettronica Documentale (GED), su cui però gli investimenti restano limitati: il 50% delle aziende dedica meno dell’1% del fatturato a questi progetti. L’AI è strategica per il 63% delle aziende, ma solo il 13% la sfrutta già nei processi documentali interni ed esterni.

 

Questi sono solo alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital B2b del Politecnico di Milano, uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management che affrontano tutti i temi chiave dell'Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione. 

 

La digitalizzazione del B2b in Italia si trova in una ‘terra di mezzo’: dopo l’obbligo di fatturazione elettronica del 2019, non ci sono più stati impulsi significativi - afferma Riccardo Mangiaracina, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Digital B2b. L’AI avanza, ma nel B2b i progetti di impatto significativo sono ancora pochi, la sostenibilità resta spesso una buzzword, l’automazione è ferma da anni e le startup che si occupano di gestione documentale faticano ad attrarre investimenti. Nei prossimi cinque anni l’evoluzione del quadro normativo europeo in materia digitale spingerà certamente la digitalizzazione, ma le imprese non possono permettersi di attendere così a lungo per avviare o consolidare i processi di digitalizzazione: è il momento di agire, per il bene e la competitività delle nostre imprese”. D'altro canto, però, l’attenzione dell’Europa alla digitalizzazione e alla creazione di un mercato unico digitale offre un’occasione preziosa da non perdere. "Normative e regolamenti, infatti – spiega Paola Olivares, Direttrice dell’Osservatorio Digital B2b -, si moltiplicano: eIDAS 2.0 introduce l’eArchiving come nuovo servizio fiduciario, eFTI mira a digitalizzare i documenti logistici entro il 2027 e la Direttiva ViDA rivoluzionerà la fatturazione elettronica intra-UE dal 2030. In ambito nazionale, viene introdotto l’invio digitale dei corrispettivi via software, la piena operatività della lettera di vettura internazionale e l’obbligo di digitalizzazione dei documenti sui rifiuti. Ma non possiamo limitarci ad attendere le normative: serve una spinta decisa da parte delle imprese e delle associazioni di categoria. Occorre favorire l’adozione delle tecnologie digitali più consolidate, specialmente tra le imprese meno digitalizzate e nelle diverse filiere produttive e serve esplorare i benefici concreti che le tecnologie più innovative potrebbero portare”.

 

SOLUZIONI DIGITALI DEI PROCESSI AZIENDALI

Tra le principali soluzioni per la digitalizzazione dei processi interni figurano i Document Management System, offerti dal 41% delle imprese del mercato. Quasi tutti i fornitori di DMS integrano funzionalità come la digitalizzazione di documenti cartacei, l’acquisizione di documenti elettronici, l’indicizzazione e la classificazione, oltre a funzioni di ricerca e recupero. Meno diffuse sono invece le funzionalità relative ad annotazioni e collaborazione in tempo reale (55% dei fornitori di DMS) e sistemi di sicurezza avanzata (51%), ovvero soluzioni che vanno oltre le misure di sicurezza di base – come la semplice autenticazione tramite password o la crittografia dei dati – e includono strumenti proattivi come il monitoraggio in tempo reale e l’analisi comportamentale. Il 50% dei fornitori dichiara inoltre di integrare funzionalità potenziate da Intelligenza Artificiale e Machine Learning. Dal lato della domanda, i DMS sono oggi adottati dal 42% di grandi aziende e PMI italiane. Altre soluzioni diffuse per la digitalizzazione dei processi interni sono i sistemi di conservazione digitale a norma, adottati dal 69% delle imprese, e le soluzioni di firma elettronica, utilizzate dal 63%. Tra i principali benefici rilevati dall’adozione di queste soluzioni emergono una maggiore accuratezza e qualità dei dati (60% degli utilizzatori) e una riduzione del tempo di gestione dei processi interni (33%). Gli ostacoli principali riguardano invece la resistenza al cambiamento da parte del personale interno (34%) e la difficoltà di adattare le soluzioni alle specifiche esigenze aziendali (25%). Per quanto riguarda i processi di interfaccia, lo scambio documentale con clienti e fornitori avviene prevalentemente tramite strumenti tradizionali come email, PEC, SFTP, FTP, ecc., utilizzati dal 55% delle imprese italiane. Tra le soluzioni digitali più diffuse si collocano al primo posto le piattaforme di B2B Digital Commerce (al 26%) e l’EDI (Interscambio di dati elettronico, 25%). I benefici riscontrati sono simili a quelli osservati nella digitalizzazione dei processi interni: il 45% delle imprese segnala un aumento di accuratezza e qualità dei dati, mentre il 24% evidenzia una riduzione dei tempi nella gestione della relazione con i partner di business. Tra gli ostacoli più comuni figurano ancora una volta le resistenze interne al cambiamento (29% delle imprese), seguite dalla difficoltà di adattare le soluzioni alle specifiche esigenze aziendali o ai processi dei partner (23%). L’EDI gioca un ruolo significativo: è offerto dal 16% dei provider di mercato ed è adottato dal 25% delle organizzazioni (con una quota del 57% nelle grandi imprese, 25% nelle PMI e un ruolo di primo piano giocato dai settori farmaceutico, ELDOM e agroalimentare). I documenti maggiormente scambiati restano la fattura (78% di coloro che hanno EDI), che mantiene il primato nonostante l’obbligo introdotto nel 2019, seguita dall’ordine (70%). Meno diffusi sono invece i messaggi logistici (29%), la cui digitalizzazione potrebbe portare significativi incrementi di efficienza anche a livello di sistema Paese. Tra coloro che non hanno ancora l’EDI, l’8% prevede di introdurlo entro i prossimi tre anni, mentre il 65% non ne ha ancora valutato l’opportunità. L’EDI sembra aver raggiunto un plateau di maturità con diverse grandi aziende che lo utilizzano in modo efficace da moltissimi anni, ma che faticano a coinvolgere maggiormente il proprio indotto sia per nuove attivazioni, sia per l’estensione della tipologia di documenti gestiti.

 

L’INNOVAZIONE DEL DIGITAL DOCUMENT MANAGEMENT & EXCHANGE 

La Gestione Elettronica Documentale (GED) si conferma la principale priorità per le imprese di tutte le dimensioni, nell’ambito della digitalizzazione dei processi B2b interni e di interfaccia. Tuttavia, gli investimenti restano limitati, con il 50% delle aziende che dedica meno dell’1% del fatturato a questi progetti. Le 159 startup internazionali censite riflettono questa prudenza, con un totale di soli 400 milioni di euro in finanziamenti raccolti. Secondo le imprese italiane, l’Intelligenza Artificiale (AI) rappresenterà il principale trend in grado di influenzare il mercato del Digital Document Management & Exchange nei prossimi tre anni. Questa convinzione è condivisa dall’82% dei provider del settore e dal 63% delle imprese utilizzatrici, con un’adesione più marcata tra le grandi e medie aziende (75%), rispetto alle piccole imprese (61%). Tuttavia, solo il 13% delle aziende dichiara di impiegare l’AI in modo ricorrente all’interno dei propri processi di gestione documentale, sia interna sia esterna. Tra gli utilizzi più diffusi ci sono l’analisi e la classificazione dei testi, l’esecuzione di traduzioni automatiche, l’esplorazione e previsione dei dati.

 

LE NORMATIVE EUROPEE

Raramente, l’innovazione nel B2b si sviluppa in modo organico, ma continua a essere trainata dagli obblighi normativi con diverse novità nate dall’evoluzione del contesto europeo e nazionale. A livello europeo, il Regolamento (UE) ha introdotto l’eArchiving, che abilita ricezione, conservazione, consultazione e cancellazione dei dati e dei documenti elettronici con l’obiettivo di preservarne l’integrità, la riservatezza e la prova dell’origine per tutto il periodo di archiviazione. Le imprese italiane prevedono che il nuovo quadro normativo avrà un impatto positivo sul loro business, in linea con il 37% dei provider che vede un’importante apertura verso il mercato europeo. Rimane però irrisolto il nodo relativo all’attuale requisito di capitale sociale minimo di 5 milioni di euro per potersi proporre come Qualified Trust Service Provider e operare come conservatore. Questa condizione esclude 61 dei 75 provider attualmente iscritti al marketplace dei servizi di conservazione AgID. Se tale limite non verrà abbassato il mercato italiano subirà forti contraccolpi favorendo l’ingresso dei colossi stranieri e portando le nostre imprese a sviluppare business all’estero. L’Electronic Freight Transport Information (eFTI) punta a digitalizzare entro il 2027 le comunicazioni tra operatori economici e autorità preposte ai controlli, con riferimento al trasporto di merci all’interno dell’UE. Nel 2029, la Commissione Europea valuterà se rendere obbligatoria la digitalizzazione per gli operatori economici. Le imprese italiane, tuttavia, mostrano scarsa consapevolezza delle opportunità offerte da questo quadro normativo: il 49% delle aziende che esportano non ne conosce nemmeno l’esistenza. Il Pacchetto ViDA, con la Direttiva (UE) 2025/516 entrata in vigore il 14 aprile 2025, indica la fatturazione elettronica come sistema ufficiale per emettere le fatture e impone un obbligo per le operazioni intra-UE a partire 1° luglio 2030.

 

LA NORMATIVA NAZIONALE

Sul fronte nazionale, una novità importante riguarda la trasmissione telematica dei corrispettivi tramite procedura software. Dopo l’obbligo introdotto nel 2019, questa nuova opportunità consente agli esercenti di avere indubbi vantaggi, come un aggiornamento centralizzato senza intervento in loco, e servizi, come la possibilità di analisi dei dati e facilitazione nell’adottare lo “scontrino digitale”. Per i documenti logistici, da settembre 2024 è pienamente operativo in Italia l’eCMR, la lettera di vettura internazionale elettronica, ancora poco conosciuta e sentita sia dagli spedizionieri internazionali sia dalle imprese che esportano: il 38% non è nemmeno a conoscenza dell’esistenza del protocollo addizionale alla convenzione sul contratto di trasporto internazionale di merci su strada (CMR). È arrivato l’obbligo di digitalizzare il registro cronologico di carico e scarico dei rifiuti, meglio conosciuto come RENTRI, che consente il controllo e la tracciabilità dei rifiuti. Con decorrenza dal 13 febbraio 2025 (prorogato al 14 aprile 2025) riguarda le grandi e medie imprese, i grandi impianti e i trasportatori. Tutta la documentazione dovrà essere prodotta e trasmessa in formato digitale, consentendo un monitoraggio in tempo reale dei flussi dei rifiuti e migliorando la sicurezza ambientale. Dal prossimo anno l’obbligo riguarderà anche il Formulario di Identificazione dei Rifiuti, un passo importante verso la digitalizzazione e la trasparenza nella gestione dei rifiuti, con impatti positivi sulla tutela ambientale e sul rispetto delle normative vigenti.

... continua
NEUTRALITÀ DEL CARBONIO: COSì SI TRASFORMANO LE CATENE DI APPROVVIGIONAMENTO PER UNA MAGGIORE SOSTENIBILITÀ

È sempre più evidente, ormai, come per poter combattere il cambiamento climatico, le aziende e i governi debbano ripensare la gestione e le operazioni delle proprie catene di approvvigionamento. Un redesign che deve ovviamente iniziare da quelle tratte e rotte più battute e quindi più inquinanti per il mondo.

 

Un argomento questo che, se unito a quello dei dazi, risulta il vero ago della bilancia per la redefinizione della global supply chain e anche il riposizionamento dei siti produttivi più importanti e strategici. Basti pensare, per esempio, alla rilocalizzazione in India degli stabilimenti di Apple. Un chiaro segno di trasformazione degli equilibri della value chain su cui abbiamo voluto riflettere attraverso l’analisi e il commento di un recente studio di Martin Schleper, ricercatore di NEOMA, che indaga come in questo contesto volatile e in continuo mutamento, l’integrazione di innovazioni sostenibili che portino a emissioni di carbonio negative aiuti enormemente la gestione e la transizione delle catene del valore verso un futuro migliore. Un approfondimento che vi proponiamo di seguito anche in vista della prossima edizione del CPO Summit, l’evento dedicato al mondo dei Direttori Acquisti, previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso l’Allianz MiCo di Milano, all’interno del Business Leaders Summit – la grande manifestazione pensata per dare valore ai migliori C-level dell’impresa contemporanea, organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano.

 

IL VERO PUNTO DI PARTENZA

Se ci pensiamo bene, infatti, tutti i nostri prodotti di uso quotidiano percorrono un lungo viaggio prima di arrivare a noi. Le loro complesse catene di fornitura sono accompagnate da impatti economici, sociali e ambientali tutt'altro che marginali. A tal punto che oggi è riconosciuto unanimemente come più della metà dei gas serra del mondo siano emessi da sole otto filiere settoriali, tra cui quella alimentare, edilizia e della moda. In questo senso, inoltre, gli esperti concordano sul fatto che la neutralità delle emissioni di carbonio prevista come risposta al cambiamento climatico non possa essere raggiunta senza il coinvolgimento attivo dei settori più inquinanti e, in quest'ottica, lo studio condotto dal ricercatore di NEOMA e dai suoi collaboratori ha esplorato i diversi approcci adottati dalle aziende e il loro reale impatto sul clima.

 

TRASFORMARE, MA NON TROPPO

Lo studio inizia esaminando l'adattamento e la mitigazione, due approcci comuni utilizzati dalle aziende per cambiare il modo in cui gestiscono le loro catene di approvvigionamento. L'adattamento è una strategia reattiva basata sulla gestione del rischio. Comporta l'adeguamento delle attività per mitigare i danni del clima. Ad esempio, la delocalizzazione dei siti dei fornitori se si trovano in aree critiche. La mitigazione è più proattiva, poiché il suo obiettivo è ridurre o eliminare le emissioni. Come si può ottenere? Alimentando le attività con energia rinnovabile, passando a processi produttivi a basse emissioni di carbonio o utilizzando materiali riciclabili. “Tuttavia – sottolineano gli esperti -, l'obiettivo finale di entrambi questi approcci è mantenere la redditività economica dell'azienda. Sebbene queste azioni siano necessarie potrebbero non essere sufficienti. A lungo termine, potrebbero addirittura danneggiare la reputazione di un'azienda. Infatti, la società e i consumatori potrebbero richiedere un maggiore impegno da parte loro”. Lo studio sottolinea quindi che per diventare attori principali nella lotta al cambiamento climatico, “le catene inquinanti di oggi non devono solo essere adattate, ma trasformate”.

 

TECNOLOGIE NET PLUS ULTRA

I climatologi affermano che sono necessari mezzi più radicali per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, che mira a limitare l'aumento della temperatura globale al di sotto di 2°C rispetto alla media

preindustriale. “È qui che – secondo i ricercatori – entrano in gioco le tecnologie a emissioni negative, note anche come NET”. Si tratta di catturare la CO2 dall'atmosfera e di immagazzinarla in modo permanente in serbatoi geologici sulla terraferma o negli oceani, oppure in prodotti. Attualmente si stanno studiando un'ampia varietà di metodi, dai più naturali, come la riforestazione, ai più tecnici.

L'analisi dei ricercatori si è concentrata in particolare sul biochar, un prodotto che sequestra il carbonio per migliaia di anni. “Si forma dalla decomposizione chimica della materia organica ad alte temperature – si legge nello studio –, formando una sorta di carbone. Questo prodotto può essere utilizzato nei fertilizzanti agricoli per migliorare la qualità del suolo”. Sebbene queste soluzioni siano promettenti, gli esperti notano che “esistono grandi incertezze riguardo alla governance, ai costi, all'efficacia e all'accettabilità sociale di tutte le tecnologie a emissioni negative”.

 

RIPENSARE LE CATENE DI APPROVVIGIONAMENTO

Inoltre, “considerando la loro novità, è probabile che alcune di queste tecnologie fatichino a prendere piede a causa di mercati poco definiti e della mancanza di infrastrutture e partnership”. Ad esempio, la cattura della CO2 soffre della sindrome “Not in my backyard (NIMBY)”, che sta rallentando anche la diffusione delle energie rinnovabili. “Si tratta di un problema di accettabilità – sostengono i ricercatori –, con persone che vogliono beneficiare dei vantaggi di una tecnologia ma si oppongono all'installazione di infrastrutture a causa del fastidio che potrebbero causare”. Cosa si può fare, dunque, per garantire che le catene di approvvigionamento si trasformino davvero per il bene del nostro pianeta? Il primo risultato dello studio è che “la transizione non può essere realizzata senza un intervento politico. Senza normative che incoraggino o obblighino le aziende ad adottare queste tecnologie, è improbabile che le grandi imprese investano massicciamente in partnership puramente ecologiche. Anche nuove normative sotto forma di tasse sul carbonio o sistemi di quote potrebbero spronare questi attori ad agire”. In secondo luogo, poi, lo studio evidenzia anche un cambiamento di paradigma per cui “l'ambiente sta diventando una priorità”. In altre parole, “non è più necessario sviluppare attività per la loro redditività economica, ma per i loro benefici ecologici”. Una visione radicalmente opposta agli attuali metodi di gestione.

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SUPPLY CHAIN FINANCE, UN MERCATO POTENZIALE DA QUASI 600 MILIARDI, MA BUSSANO ALLA PORTA AI E NUOVE NORME A CUI ADEGUARSI

Nel 2024 i valori del Supply Chain Finance mostrano una sostanziale stabilità, ma a movimentare il settore sono arrivate importanti evoluzioni normative e tecnologiche. Dopo una crescita del 6,3%, che l’ha portato a toccare 596 miliardi di euro nel 2023, nel 2024, con uno scenario macroeconomico più stabile, caratterizzato dall’aumento dei tassi di interesse, il mercato potenziale italiano del credito di filiera cresce tra lo 0,5 e il 3%, raggiungendo un valore compreso tra 594 e 599 miliardi di euro di crediti commerciali.

 

Questi, sono solo alcuni dei dati che l'Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato nella sua ultima edizione, presentata qualche settimana fa, e che abbiamo voluto comprendere meglio in questo articolo attraverso un analisi commentata del report che vi proponiamo di seguito. Un approfondimento, che abbiamo sviluppato, anche per poter comprendere meglio le dinamiche di mercato, in vista della prossima edizione del CPO Summit, l'evento dedicato al mondo del Procurement, previsto il prossimo 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell'impresa contemporanea, ideata e organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano.

 

IL SUPPLY CHAIN FINANCE NEL 2024

Secondo le stime, nel 2024 il mercato servito da soluzioni di Supply Chain Finance resta sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente, perché tra i diversi strumenti risulta stabile l’utilizzo delle imprese di quelli più tradizionali (ma di maggiore diffusione) come Factoring, Reverse Factoring, Anticipo Fattura e Confirming, mentre crescono in modo significativo le soluzioni innovative come Purchase Order Finance, Carta di Credito B2B, Dynamic Discounting e l’Invoice Trading. Nello specifico, per il 2024 le stime indicano che il 22% del mercato potenziale è servito da soluzioni di Supply Chain Finance, per un valore complessivo di circa 131 miliardi di euro. Si mantengono sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente i valori del Factoring (60,4 miliardi di euro), dell’Anticipo Fattura (54 miliardi), del Reverse Factoring (9 miliardi) e del Confirming (1,6 miliardi). Crescono, invece, in modo rilevante le soluzioni più innovative, come il Purchase Order Finance, che ha registrato un aumento del 35%, raggiungendo 1,4 miliardi di euro, ma anche il Dynamic Discounting, che aumenta del 17% (0,8 miliardi), la Carta di Credito B2B, che ottiene un incrmento dell’11% (3,8 miliardi), e l’Invoice Trading, +5% (0,6 miliardi). “Anche nel 2024 il Supply Chain Finance si conferma una leva strategica per affrontare le sfide dello scenario macroeconomico, caratterizzato da incertezze e pressioni sul capitale circolante - afferma Federico Caniato, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance -. Ma, se il mercato mostra una certa stagnazione, stanno profondamente impattando il settore importanti novità relative a regolamentazione e tecnologia. Le nuove regole sulla rendicontazione delle soluzioni di supplier financing, basate sulle linee guida introdotte dallo IASB, infatti, sembrano rallentare l'adozione di soluzioni di supplier financing, per l'incertezza e le complicazioni tecniche nella rendicontazione. Mentre le direttive CSRD e CS3D sulla sostenibilità ne rimarcano la centralità: le soluzioni “sostenibili” di Supply Chain Finance possono aiutare le imprese nella transizione e gli ESG information provider possono ricoprire un ruolo centrale per abilitare la sostenibilità nelle soluzioni SCF”.

 

GLI IMPATTI POSITIVI DELLA TECNOLOGIA

In questo contesto, l'Intelligenza Artificiale sta emergendo come una tecnologia di supporto nei processi di Supply Chain Finance, anche se la sua adozione presenta sfide significative, tra cui innanzitutto la necessità di dati di alta qualità – spiega Antonella Moretto, Direttrice dell’Osservatorio Supply Chain Finance -. L’utilizzo dell’AI varia dalla previsione dei flussi di cassa futuri per comprendere le necessità di liquidità e di uso delle soluzioni di SCF, fino all’automazione di attività operative, come la riconciliazione dei documenti che semplificano l’uso del Supply Chain Finance. Se l’AI si può considerare ormai realtà nel SCF, la GenAI ha ancora un po’ di strada davanti: dall’analisi dei servizi offerti da startup innovative non emergono ancora casi di utilizzo rilevanti, ma la capacità generativa sarà certamente importante nel prossimo futuro nel settore”. Il mercato del Supply Chain Finance. Analizzando i dati a consuntivo, nel 2023 il capitale circolante in Italia è cresciuto del 17% (306 miliardi di euro), come conseguenza dell’aumento dei crediti commerciali e delle rimanenze, nonché della diminuzione dei debiti commerciali. Il ciclo di cassa è aumentato assestandosi mediamente a 34 giorni (+19%). In un contesto di tassi di interesse ancora elevati, molte imprese avevano esteso i tempi di pagamento ai propri fornitori per cercare di trattenere maggiore liquidità, generando un effetto a cascata che ha influito anche sui tempi di incasso. Inoltre, le difficoltà nelle catene di approvvigionamento per i conflitti geopolitici e i problemi logistici hanno indotto molte aziende a mantenere livelli di scorte più elevati per mitigare i rischi di incertezza. Nel 2023 le soluzioni di Supply Chain Finance hanno coperto il 22% del mercato potenziale. Sono risultati stabili gli strumenti più diffusi, come Anticipo Fattura (54,1 miliardi di euro) e Factoring (60,4 miliardi di euro), entrambi invariati, come anche Confirming (-2%, 1,6 miliardi di euro) e Purchase Order Finance (+1%, 1,04 miliardi di euro). Tra le soluzioni in crescita, il Reverse Factoring ha raggiunto un valore record, con un aumento del 10% (8,9 miliardi di euro), consolidando ulteriormente il proprio ruolo come strumento sempre più rilevante e adottato. Su volumi più ridotti, il Dynamic Discounting, l’Invoice Trading e la Carta di Credito B2B hanno mostrato crescite significative: rispettivamente del 32% (0,7 miliardi), del 24% (0,5 miliardi) e del 12% (3,4 miliardi).

 

LA DISCLOSURE

Dal 1° gennaio 2024 è obbligatoria la rendicontazione di informazioni qualitative e dati quantitativi rispetto all’utilizzo delle soluzioni di Supplier Financing secondo le linee guida introdotte dallo IASB. Analizzando i bilanci depositati al 31/12/2023 dalle 167 imprese quotate alla Borsa Italiana (prima dell’entrata in vigore dell’obbligo), si scopre che nessuna impresa tra quelle analizzate oggi sarebbe pienamente conforme agli standard richiesti dallo IASB, anche a causa di incertezze normative e difficoltà tecniche nella rendicontazione. Il 15% delle imprese quotate in Borsa Italiana (25 in totale) adotta soluzioni di Supplier Financing, ma solo 10 tra queste pubblicano a bilancio l’informazione. E meno di metà delle imprese che dichiarano in bilancio di utilizzare soluzioni di SCF forniscono informazioni quantitative e qualitative tra quelle richieste dalle linee guida. Chi lo fa, nella maggior parte dei casi riporta solo informazioni qualitative, ovvero i termini e le condizioni dell’utilizzo delle soluzioni di Supplier Financing. Per le informazioni quantitative, quasi tutte le imprese riportano l’ammontare delle passività legate all’accordo (9 su 10), ma solo metà anche i dati sui termini di pagamento delle passività non facenti parte dell’accordo e quasi nessuna (2 su 10) i termini di pagamento delle passività legate all’accordo. Dal prossimo anno sarà in vigore l’obbligo e questo permetterà di disporre di maggiori dati e informazioni per comprendere come e con quali obiettivi vengano utilizzate le soluzioni di Supplier Financing.

 

IL SUSTAINABLE SUPPLY CHAIN FINANCE

L’adozione di soluzioni di Sustainable Supply Chain Finance e il supporto degli ESG information provider possono agevolare l’adempimento delle richieste della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), la direttiva entrata in vigore a luglio 2024 che introdurrà nuove sfide nella gestione dei processi di Due Diligence lungo la filiera. La normativa impone di identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi sull’ambiente e sui diritti umani, non solo nelle proprie attività, ma lungo l’intera filiera. Il SSCF può raccogliere dati dai fornitori e incentivarli a condividere informazioni sulle loro performance di sostenibilità. Questo consente di individuare e valutare gli impatti negativi generati lungo la filiera, monitorando il miglioramento delle performance dopo l’implementazione di pratiche di sostenibilità di filiera. Inoltre, il SSCF può supportare le imprese nella prevenzione, attenuazione e arresto degli impatti negativi. Diverse tipologie di ESG information provider supportano le imprese nell’implementazione di pratiche di sostenibilità di filiera e di soluzioni di SSCF. L'Osservatorio Supply Chain Finance ha identificato quattro categorie su un campione di 46 attori. Ci sono i fornitori di database e gestione dati (8 realtà), che favoriscono le pratiche di integrazione e gestione dei dati di sostenibilità. Ci sono fornitori di valutazioni di sostenibilità generiche/ESG (25) e specifiche (11), che supportano le imprese nello sviluppo di pratiche di selezione sostenibile dei fornitori, nella valutazione e monitoraggio di sostenibilità dei fornitori e nello sviluppo sostenibile dei fornitori. Ci sono, infine, le iniziative di settore (2) che supportano le imprese nelle pratiche di valutazione e monitoraggio di sostenibilità e nello sviluppo sostenibile dei fornitori, fino al coinvolgimento degli stakeholder.

 

IL RUOLO DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L’Osservatorio ha censito e mappato oltre 50 startup che utilizzano l’IA nelle diverse fasi del Supply Chain Finance. Nella fase di initiation, l’AI è usata per analizzare dettagliatamente i flussi di cassa legati ai pagamenti tra buyer e fornitori e offrire soluzioni commerciali. Sei startup tra quelle censite sfruttano le capacità di apprendimento e predizione dell’intelligenza artificiale per prevedere le necessità di liquidità correnti tramite un’analisi di dati interni. L’output è usato dai provider di soluzioni in ottica commerciale così da prevedere con dettaglio i futuri flussi di cassa (di impresa buyer e dei fornitori) e suggerire loro le soluzioni più adatte di SCF. Nella fase di implementation, gli algoritmi di machine learning e le capacità di apprendimento valutano e clusterizzano i fornitori per offrire soluzioni differenti e personalizzate sulla base delle loro necessità: sono 4 le startup censite che offrono questi servizi. I fornitori che hanno maggiore bisogno di accedere a soluzioni di SCF vengono identificati e vengono offerte soluzioni in base alla loro situazione. È possibile integrare attori terzi (es. investitori, provider di soluzioni connesse a SCF) nella piattaforma, con l’AI che automatizza il processo operativo di integrazione, tramite l’analisi dei documenti necessari o scambi di informazioni efficienti. Nell’ultima fase, quella di use, l’AI efficienta i processi automatizzando attività amministrative, migliorando le condizioni e i benefici degli attori coinvolti. Sette startup offrono questo tipo di soluzioni sfruttando le capacità di apprendimento, percezione e ragionamento. Non sono rilevanti i casi di utilizzo di GenAI, ma gli esperti evidenziano applicazioni di questa tecnologia a supporto del SCF. La capacità generativa è offerta dai provider nelle piattaforme di SCF per chiedere conto al sistema delle prestazioni della soluzione attraverso un linguaggio naturale. Il sistema genera automaticamente dei report (sia in forma testuale che in forma grafica) sull’utilizzo delle soluzioni di SCF sulla base delle informazioni in proprio possesso, ed eventuali previsioni rispetto a utilizzi futuri. La tecnologia viene sfruttata per migliorare il processo di monitoraggio e controllo delle prestazioni associate alle soluzioni. 

... continua