Gli eventi dell’area Marketing & Innovation sono rivolti ad una community di oltre 25.000 marketing & sales manager che hanno l’opportunità di aggiornarsi professionalmente e confrontarsi in expo internazionali, annual conferences, corsi di formazione e eventi ad hoc.
Gli eventi flagship dell’area sono 4 tra i più importanti appuntamenti di marketing a livello mondiale: SMXL Milan, Social Media Week, Marketing Evolution Experience e InTAIL.
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Nel panorama attuale del lavoro, dove le persone chiedono sempre più attenzione alla propria qualità di vita, anche i benefit aziendali più consolidati meritano di essere raccontati e valorizzati meglio. Tra questi, i buoni pasto rappresentano uno degli strumenti di welfare più diffusi, ma spesso comunicati in modo frettoloso o riduttivo. Eppure, la loro portata è tutt’altro che marginale.
Basti pensare che secondo una recente ricerca di Secondo Welfare, in Italia l'intero segmento dei benefit aziendali per i dipendenti nel 2025 potrebbe raggiungere gli 8 miliardi di euro, triplicando così i valori ottenuti nel 2023 e proponendo un tasso di crescita pari a oltre il 300% in soli due anni. Un contesto nel quale i buoni pasto rappresentano quasi la metà del valore totale. Dati significativi, questi, che mostrano come, nel nostro Paese, l'attenzione delle imprese sul tema stia cambiando e che abbiamo voluto approfondire meglio in questo articolo realizzato da Altroconsumo B2YOU, in vista della sua partecipazione alla prossima edizione del CMO Summit, previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso gli spazi dell'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit.
UN MERCATO DA 4 MILIARDI DI EURO
Secondo gli analisti il valore di mercato dei buoni pasto, oggi, in Italia è pari a circa 4 miliardi di euro e sta vivendo uno sviluppo in continua evoluzione, con un incremento del 10%, anno su anno, delle aziende tricolore che sfruttano questo strumento e un aumento costante dei milioni di dipendenti che ne usufruiscono ogni giorno. A tal punto che, secondo una recente indagine condotta da Altroconsumo, l’81% dei lavoratori utilizza i buoni pasto per fare la spesa, il 51,7% li impiega per il pranzo quotidiano e circa il 75% si dichiara soddisfatto di questo strumento. Ma accanto a questi dati positivi emergono anche frizioni nell’esperienza d’uso quotidiana: problemi di resto, scadenze, mancata chiarezza sulle modalità di utilizzo. E, sullo sfondo, un dato ancora più rilevante: il 60% della Gen Z sarebbe disposto a cambiare lavoro entro un anno se insoddisfatto, rendendo il benessere percepito una leva strategica anche nella retention.
L'ESPERIENZA DI B2YOU E SATISPAY
Per questo, ogni strumento di welfare richiede un impegno comunicativo proporzionato al suo impatto. Ed è qui che entra in gioco B2YOU, la divisione B2B di Altroconsumo: un partner capace di affiancare le imprese nella costruzione di contenuti chiari, credibili e utili, partendo dall’ascolto delle reali esigenze delle persone. La collaborazione tra Altroconsumo e Satispay nasce proprio con questo obiettivo: dare ai responsabili HR uno strumento agile per comprendere e raccontare in modo efficace i cambiamenti in atto nel mercato dei buoni pasto. Il risultato è stata la guida "Buoni Amici", un prodotto editoriale co-branded pensato per informare, orientare e valorizzare il ruolo di questo benefit all’interno del contesto aziendale. La guida (che può essere scaricata e consultata a questo link) integra il know-how normativo ed editoriale di Altroconsumo con gli insight raccolti attraverso la propria community di consumatori ACmakers, offrendo una sintesi efficace dei trend in corso e delle innovazioni introdotte da Satispay come nuovo operatore digitale.
Oggi per le organizzazioni sono disponibili soluzioni sempre più sofisticate in grado di automatizzare interi processi complessi, completamente ripensabili attraverso la collaborazione uomo – macchina, e le aziende italiane stanno cogliendo questa opportunità. Già il 40% delle grandi imprese del nostro Paese utilizza sistemi di Robotic Process Automation (RPA), tecnologie che automatizzano compiti ripetitivi attraverso software robot o "bot". Un dato che ci posiziona al terzo posto tra i principali Paesi europei (analizzando anche Spagna, Germania, Francia e Regno Unito), subito dietro Regno Unito (48%) e Germania (41%). Molto diffuse anche soluzioni di workflow automation (56%), che eliminano attività manuali e ripetitive tramite software che consentono di gestire e monitorare i processi (tendenzialmente applicate in contesti più semplici), mentre sono più rare quelle di process mining, la tecnica che utilizza i log degli eventi per migliorare la comprensione e l'efficienza dei processi, o quelle di process intelligence, che analizzano dati storici e in tempo reale per identificare inefficienze, ottimizzare le attività e migliorare la produttività (38%). Se si analizzano però le soluzioni di Intelligent Process Automation, quelle più avanzate in cui per l’automazione dei processi è utilizzata l’Intelligenza Artificiale, queste oggi sono utilizzate solo dal 23% delle grandi aziende del nostro Paese. E l’Italia si colloca all’ultimo posto tra gli stati europei analizzati, ben distante dal Regno Unito (32%), ma dietro anche a Spagna (26%), Germania (26%) e Francia (25%).
Questi sono solo alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Intelligent Business Process Automation della School of Management del Politecnico di Milano, che abbiamo voluto comprendere meglio in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del CIO Summit, l'evento dedicato al mondo dei Chief Information Officer, previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell'impresa contemporanea e organizzata da Business Internaitonal, la knowledge unit di Fiera Milano. In un'epoca in cui la digitalizzazione sta trasformando ogni logica, dinamica e processo dentro e fuori dalle organizzazioni di ogni genere e dmensione, infatti, i direttori IT diventano i veri abilitatori del cambiamento, evolvendo il proprio ruolo da gestori di infrastrutture, dispositivi e software a veri e propri promotori della rivoluzione industriale in atto. Un cambio di passo di grande attualità e da non sottovalutare, questo, tanto per le aziende, quanto per gli stessi professionisti del settore che devono assumere un nuovo ruolo, inedite responsabilità e soprattutto una visione e una strategia d'azione completamente differenti.
L'OSSERVATORIO
Secondo il rapporto, i principali settori in cui sono diffuse queste tecnologie sono finanza, servizi alle imprese, utility, telco e manufacturing. Le soluzioni più diffuse sono l’Intelligent Document Processing, che permette di aumentare la flessibilità delle soluzioni RPA estraendo informazioni da dati non strutturati (come documenti, brevi comunicazioni su strumenti di collaboration, immagini), l’RPA conversazionale e le logiche decisionali intelligenti. “Nell’automazione dei processi aziendali oggi la sfida principale per le aziende sta nella capacità di governare la trasformazione in atto – aggiunge Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Intelligent Business Process Automation -. Bisogna navigare in un’offerta tecnologica in velocissima evoluzione, evitando l’esplosione della complessità e dei costi. Bisogna poi identificare correttamente i processi in cui le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale possono portare valore, e, laddove necessario, approfittare dell’automazione per migliorare e snellire processi e workflow. Infine, vi è un cambio culturale, la Process Automation non è una tematica unicamente IT. Democratizzare lo sviluppo mantenendo il governo delle iniziative è necessario per evitare di creare colli di bottiglia e nuove inefficienze”.
L'ADOZIONE DELLA BUSINESS PROCESS AUTOMATION
Un tema estremamente importante, questo, anche pensando alla necessità di allargare lo spettro di nuove competenze digitali a ogni settore e livello professionale. Uno standard, si potrebbe dire, a cui tutte le aziende dovrebbero aspirare e che, però, ovviamente impone di aver, prima di tutto, investito in nuove infrastrutture di rete e architetture di dati, al fine di poter avere davvero un abbattimento dei silos informativi a 360 gradi. “Anche se la Process Automation non è una tematica nuova di per sé, sono una minoranza le aziende pronte ad introdurre nei propri processi le tecnologie più innovative. Bisogna aver già lavorato sulle componenti abilitanti, sia tecnologiche come la digitalizzazione di base e l’interoperabilità di dati e sistemi, sia culturali. – aggiunge Irene Di Deo, Direttrice dell’Osservatorio Intelligent Business Process Automation -. L’automazione dei processi non può essere vista come una mera sostituzione del lavoro umano, ma come un’opportunità per comprendere le leve di creazione di valore per i clienti e le competenze e qualità irrinunciabili delle persone. Per questo, il titolo della ricerca di quest’anno pone l’accento sulla necessità di conoscere i propri processi, specifici di ogni realtà aziendale”. Sotto questo profilo, peraltro, i dati sottolineano come, complessivamente, il 51% delle grandi aziende italiane utilizzi la Business Process Automation, con un qualche approccio tecnologico. Tra quelle che hanno avviato almeno una sperimentazione, il 58% ha attivato casi d’uso trasversalmente su diversi dipartimenti e processi, ma soltanto l’8% ritiene di aver implementato la Process Automation su larga scala. Tra queste, ci sono quasi esclusivamente grandissime realtà multinazionali. La Process Automation tradizionale viene utilizzata nel 76% dei casi in area amministrazione, finanza e controllo, seguono le aree Operations (65%) e Acquisti (61%). Guardando, invece, all’Intelligent Process Automation, tra le aziende che l’hanno già introdotta, l’area aziendale più citata è il customer service (28%). In quest’ambito, la gestione delle richieste dei clienti (ad es. sullo status di una pratica o un chiarimento su un servizio su abbonamento) spesso implica il reperimento di dati, il compimento di specifiche azioni e una risposta quanto più fluida e rapida possibile: qui sia soluzioni di RPA Conversazionale sia soluzioni che introducono logiche decisionali intelligenti possono portare grandi benefici. Seguono come adozione Operations (22%) e Amministrazione, Finanza e Controllo (18%).
PROFILI E COMPETENZE
Per quanto riguarda le scelte organizzative, tra le grandi aziende che hanno avviato almeno una sperimentazione di automazione dei processi, solo il 17% si appoggia esclusivamente all’esterno, mentre il 43% ha definito figure di riferimento interne e un ulteriore 40% ha un vero e proprio team dedicato. Il 54% delle organizzazioni ha attivato programmi di formazione su competenze tecniche e/o di analisi dei processi per espandere la platea di persone coinvolte, ma a dedicarsi all’automazione ci sono principalmente esperti IT. Tra chi ha professionisti interni, in un’azienda su due sono presenti esperti di analisi e di ottimizzazione dei processi, mentre è più limitata la presenza di Data Scientist o esperti verticali, come specialisti di User Experience o di Robotic Process Automation. Il 74% delle aziende ha implementato un sistema di monitoraggio dei benefici raggiunti. Le metriche più utilizzate sono riduzione dei costi operativi tramite risparmio di tempo su attività manuali (62%), miglioramento della qualità dei processi (48%) e tempi di ciclo più rapidi e quindi riduzione dei tempi di completamento (45%). Tra le aziende già attive in ambito Process Automation tradizionale, il 45% vuole introdurre competenze di Intelligenza Artificiale nei prossimi 12 mesi. Quelle che invece si sono già mosse in ambito Intelligent Process Automation vogliono ampliare il numero di processi automatizzati (62%) e integrare sempre di più sia l’AI sia la Process Intelligence (47%). Un campanello d’allarme viene dalla scarsa attenzione posta sulla formazione (citata solo dal 12% delle aziende) e sulla creazione di una roadmap dedicata all’automazione a livello aziendale (7%).
LA VISIONE DELLE PMI
Le piccole e medie imprese mostrano una scarsa adozione di tecnologie di Process Automation, sia tradizionale sia intelligente. Solo il 9% dichiara di utilizzare soluzioni di Robotic Process Automation e in meno dell’1% dei casi sono state attivate sperimentazioni di utilizzo dell’AI per l’automazione. Il mercato è però in una fase di cambiamento, che fa ben sperare: già negli scorsi anni sono nate soluzioni pensate anche per le esigenze delle PMI e sempre di più le evoluzioni tecnologiche permetteranno di semplificare la creazione di piccole automazioni, riducendo i costi associati e le competenze necessarie per lo sviluppo. In questo senso, le soluzioni proposte dal mondo dell'innovazione e in modo particolare delle startup sta contribuendo significativamente a offrire un boost al sistema. Nell’offerta di soluzioni di Process Automation, infatti, sono già molte le startup attive anche nel nostro Paese e secondo gli esperti dell'osservatorio queste realtà potranno avere un ruolo determinante, se riusciranno a tradurre le opportunità offerte dai modelli di AI e Generative AI in applicazioni concrete o in piattaforme che ne facilitino la governance per le aziende. Sono state censite a livello internazionale 312 startup che propongono soluzioni con forti capacità di Artificial Intelligence con finalità di automazione, capaci di raccogliere complessivamente 2,3 miliardi di dollari, con un finanziamento medio di quasi 9 milioni di dollari. Ancor più che singole applicazioni verticali (ad esempio agenti specializzati nel customer service, nelle vendite o nelle attività di amministrazione e controllo), di particolare interesse per gli investitori risultano quelle startup che offrono soluzioni di sviluppo, orchestrazione e monitoraggio degli agenti, abilitando un nuovo modo di fare automazione dei processi, capaci di raccogliere il 52% dei finanziamenti totali.
In un'epoca caratterizzata da un proliferare di normative e da consumatori sempre più esigenti, la comunicazione chiara e trasparente è diventata una priorità strategica per le aziende. Secondo recenti indagini, il 55% dei clienti dichiara di non fidarsi più delle aziende come in passato e il 65% guarda con scetticismo ai comunicati stampa ufficiali. Che si tratti di un nuovo regolamento, di una procedura da seguire o di un diritto da esercitare, le persone chiedono spiegazioni semplici, comprensibili e affidabili. E vogliono riceverle da fonti autorevoli.
Un tema di grande importanza ai giorni nostri che abbiamo voluto approfondire in questo articolo realizzato da Altroconsumo B2YOU in vista della sua partecipazione alla prossima edizione del CMO Summit, previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso gli spazi dell'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit.
FACILITARE IL DIALOGO TRA AZIENDE E CONSUMATORI
Tradurre concetti complessi in informazioni accessibili non è un compito semplice. Le aziende spesso si scontrano con barriere linguistiche, culturali e tecniche. In questo scenario, B2YOU, la divisione B2B di Altroconsumo, offre competenze specializzate che facilitano il dialogo tra imprese e consumatori, trasformando informazioni complesse in conoscenza chiara e accessibile.
L'ESEMPIO DEL PROGETTO CON AIRBNB
Un esempio concreto è il progetto sviluppato in collaborazione con Airbnb, per spiegare in modo efficace il nuovo Codice Identificativo Nazionale (CIN), obbligatorio dal 2025 per tutte le strutture ricettive. Il CIN, nato per garantire tracciabilità e legalità, rischiava di restare una sigla incomprensibile per molti utenti.
Altroconsumo B2YOU ha progettato una campagna di comunicazione multiformato per chiarire il significato e il funzionamento del codice:
● Una guida, cartacea e digitale, realizzata con un linguaggio semplice e diretto, per spiegare passo dopo passo cos'è il CIN, a chi si applica e come ottenerlo.
● Due video informativi, progettati per chiarire dubbi e anticipare domande frequenti, con uno stile visivo e dinamico che ne facilita la comprensione a tutte le audience, disponibili su YouTube e LinkedIn.
UN OBIETTIVO COMUNE
Grazie a questi contenuti, il tema del CIN è stato reso accessibile e comprensibile, contribuendo a sensibilizzare non solo i proprietari di immobili, ma anche i viaggiatori e le famiglie. Quando si comunica con trasparenza, ogni concetto – anche il più tecnico – può diventare patrimonio comune.