Marketing & Innovation

Gli eventi dell’area Marketing & Innovation sono rivolti ad una community di oltre 25.000 marketing & sales manager che hanno l’opportunità di aggiornarsi professionalmente e confrontarsi in expo internazionali, annual conferences, corsi di formazione e eventi ad hoc. Gli eventi flagship dell’area sono 4 tra i più importanti appuntamenti di marketing a livello mondiale: SMXL Milan, Social Media Week, Marketing Evolution Experience e InTAIL.

TAG: Online Marketing, Customer Experience, Mobile Marketing, Search Marketing & Seo, Social Media, Sales Performance Strategies, E-Commerce, Direct Marketing.


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News & Media

IL NERO STA BENE CON TUTTO (IL MESE): DAL BLACK FRIDAY AL BLACK MONTH

All’interno di un contesto in cui le logiche comportamentali dei consumatori si evolvono rapidamente. e con loro anche quelle legate agli acquisti online, il Black Friday non fa eccezione. Tradizionalmente considerato l’evento lampo per eccellenza, infatti, il venerdì dopo il thanks giving, sta cambiando volto. Da sprint di 24 ore, ambientate nell'ultimo venerdì del mese di novembre, si è trasformato in una vera e propria maratona di 30 giorni, dando vita al cosiddetto Black Month: una metamorfosi che non solo ridefinisce le dinamiche promozionali, ma impone alle aziende una pianificazione più lunga, dinamica, basata sui dati e in grado di intercettare tutte quelle esigenze dettate dalla trasformazione dei mercati globali.

Un tema questo che, tra l'altro, sarà al centro della prossima edizione del Business Leaders Summit - l'evento dedicato al mondo dei C-level, organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, previsto a Roma, presso lo Spazio Field di Palazzo Brancaccio, il prossimo 26 e 27 novembre 2025 - su cui abbiamo voluto concentrarci per capire meglio come l'influenza commerciale di questo momentum prettamente americano stia ridefinendo le logiche del business internazionale.

 

NUMERI DA BLACK FRIDAY
La tendenza trova conferma anche nei numeri: secondo il report Global-e 2024, realizzato in occasione dell’ultimo Black Friday e del Cyber Monday (BFCM), le vendite e-commerce nelle due settimane precedenti al Black Friday in tutto il mondo sono cresciute del 45% rispetto all’anno precedente, con un tasso di conversione in aumento fino al 144%, rispetto alla media di ottobre degli anni presi in considerazione. Un segnale chiaro di come l’effetto “picco” si stia trasformando in una performance distribuita lungo tutto il mese.

«Il Black Friday non è morto: ha semplicemente cambiato volto - spiega Pietro Gerolimetto, Co-Founder & CEO di Glint -. Il consumatore è ancora oggi impulsivo, ma più consapevole rispetto al passato e, allo stesso tempo, cerca nuove esperienze coerenti e non solo offerte flash - tant’è che non si fa più abbagliare dal “-60% solo oggi”. Quindi, i brand che riescono a costruire una relazione continua con l’utente, vincono».

 

BLACK FRIDAY 2.0: DA CORSA AL RIBASSO A MARATONA DI VALORE
La trasformazione a cui abbiamo assistito, non riguarda solamente la durata, seppur interessante, delle promozioni, ma anche la loro natura:  «Non si tratta più di comprimere tutta l’offerta in un weekend - sottolinea Enrico Tovaglieri, Co-Founder & CEO di Glint - oggi le campagne marketing si pianificano, si testano e si ottimizzano lungo un periodo esteso. Ogni settimana deve offrire un motivo nuovo per tornare sullo shop».

Nella logica del consumatore moderno, l’importanza della scontistica rimane il gancio inziale, ma non è sempre determinante per il raggiungimento della fase finale del consumer journey: l’acquisto. Sempre più frequentemente, infatti, gli utenti aggiungono al carrello articoli anche a prezzo pieno, contribuendo così a mantenere alto l’Average Order Value (AOV), una metrica fondamentale nell’e-commerce che indica quanto un cliente spende in media per ogni singolo ordine, anche durante il periodo promozionale. «Lo sconto - continua Gerolimetto - è solo l’inizio del viaggio di un potenziale acquirente. Il vero valore nasce dalla capacità di proporre combinazioni intelligenti, upselling e cross-selling mirati e messaggi personalizzati. È dal connubio di queste azioni che si determina la marginalità».

 

LE NUOVE SEI REGOLE DEL GIOCO PER ESSERE COMPETITIVI SUL BLACK FRIDAY
Per affrontare al meglio la sfida del Black Month, gli analisti del report individuano, quindi, sei pilastri strategici che ogni brand dovrebbe considerare. Tutto parte da una pianificazione anticipata, che in alcuni casi comincia già in estate: prepararsi con largo anticipo significa avere proiezioni aggiornate su stock, domanda e obiettivi di lead generation, così da costruire un database qualificato e impostare una comunicazione più mirata. In secondo luogo, poi, l’analisi dei risultati passati diventa uno step fondamentale per capire quali campagne e prodotti abbiano funzionato al meglio e calibrare di conseguenza le scontistiche, ottimizzando margini e budget. Al terzo posto, troviamo segmentazione e personalizzazione: suddividere il database clienti in cluster ad alto potenziale, consente di inviare messaggi e offerte pertinenti, rafforzando il legame con l’utente e valorizzando il lavoro di nurturing fatto nei mesi precedenti. Parallelamente, il Black Month non deve essere visto solo come un’occasione di vendita, ma anche come un momento di crescita: ecco perché nell'analisi viene sottolineata l’importanza di una forte spinta sull’acquisizione, con attività di marketing orientate a intercettare nuovi clienti, aumentare la visibilità e consolidare la brand awareness. Tutto questo si inserisce in una visione a lungo termine, che non si esaurisce a novembre, ma si estende al Natale e ai saldi di gennaio, garantendo coerenza nei messaggi e continuità nei risultati. Infine, un approccio vincente non può prescindere da reattività e ottimizzazione: monitorare costantemente i dati permette di intervenire tempestivamente quando i risultati non sono in linea con le attese, modificando leve promozionali, contenuti o allocazione dei budget per ottimizzare la performance in corso d’opera.

 

IL VERO AFFARE DEL BLACK FRIDAY? LA CONTINUITÀ
Si segna, così, un cambiamento profondo nelle abitudini di consumo e nelle strategie delle organizzazioni: non è più sufficiente concentrare tutte le energie in un solo giorno di offerte lampo. Gli acquirenti si aspettano esperienze coerenti, personalizzate e distribuite lungo un arco temporale più ampio. In questo scenario, la continuità e la coerenza diventano elementi centrali: chi saprà unire pianificazione, personalizzazione e capacità di adattamento potrà affrontare con successo non solo il Black Month, ma l’intero ciclo delle grandi campagne stagionali.

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MELANI (SONY PICTURES ENTERTAINMENT ITALIA): SOLO CHI AVRÀ UNA MENTE LUCIDA E INTERROGATIVA POTRÀ GUIDARE IL TEMPO DEL CAMBIAMENTO

«I verbi attivi che comunemente usiamo per riferirci al denaro, come sprecare, impiegare, risparmiare, investire, sono esattamente gli stessi che utilizziamo quando parliamo di tempo. Questo parallelismo linguistico non è casuale: ci ricorda che il tempo, al pari del denaro, è una risorsa limitata e strategica, ma con una differenza sostanziale: il tempo non si può recuperare. Ed è proprio per questo che lo considero la risorsa più preziosa a disposizione di un leader, forse persino più del budget». È questa la prima riflessione che Simona Melani, Head of Marketing di Sony Pictures Entertainment Italia ha posto sul piatto di un'intervista raccolta in occasione della nuova edizione del report annuale dal titolo "Keep Time and Manage Leadership", prodotto da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, pensato per indagare alcuni degli aspetti più importanti da considereare per la leadership del mondo dell'impresa contemporanea e presentato lo scorso 19 giugno 2025 in apertura del Business Leaders Summit, tenutosi presso l'Allianz MiCo di Milano. Una conversazione che guarda all’interpretazione di un nuovo concetto di tempo, visto come vera leva strategica del business moderno. «In un mondo accelerato dalla tecnologia e complicato dalla sovrapposizione di crisi – ambientale, geopolitica, economica – il tempo diventa non solo una variabile da gestire, ma un fattore competitivo vero e proprio – sottolinea la manager –. Saper utilizzare il tempo in modo intelligente e intenzionale rappresenta, oggi, una delle capacità chiave per chi guida un’organizzazione». Come per il denaro, però, il tempo va investito con lungimiranza. «Le decisioni che generano valore nel medio-lungo periodo, consolidando visioni, costruendo cultura e stimolando l’innovazione, richiedono tempo – spiega l’esperta –. Tuttavia, questo non significa perdere la capacità di essere veloci. Al contrario, è necessario saper alternare momenti di riflessione strategica a fasi di azione rapida, per riuscire ad anticipare i segnali del mercato e cogliere le opportunità emergenti».

 

IL TEMPO TRA OTTIMIZZAZIONE ED ESPLORAZIONE
Il tempo, secondo la manager quindi, va gestito in equilibrio tra ottimizzazione ed esplorazione. Dove, ottimizzare significa allocarlo in modo efficiente per garantire produttività e coerenza operativa. Esplorare, invece, implica dedicare porzioni di tempo all’incertezza, alla sperimentazione, all’innovazione. «È in questa dualità – commenta Melani – che si gioca la partita del vantaggio competitivo: un leader capace di proteggere e valorizzare il tempo – proprio e altrui – saprà guidare l’impresa in modo sostenibile, resiliente e orientato al futuro». Una capacità di grande valore, questa, che in un’epoca di trasformazioni continue e spesso repentine, rende chiaro come uno degli aspetti più critici che i leader dovrebbero tenere in considerazione è proprio la gestione consapevole del tempo e delle priorità. «Oggi, molte organizzazioni operano in una costante condizione di urgenza – sottolinea la manager –, dove tutto sembra dover essere fatto “per ieri”, generando un senso di pressione continua che raramente corrisponde a vere esigenze di rapidità. Mentre, la verità è che molte delle richieste che arrivano con l’etichetta dell’urgenza non sono realmente tali, ma derivano da processi poco strutturati, logiche top-down prive di contesto o da una cultura aziendale che premia l’azione immediata più della riflessione strategica». Un approccio reattivo, questo, che porta nel tempo un logoramento diffuso delle energie e delle motivazioni, soprattutto nei team operativi. «La richiesta costante di velocità nell’esecuzione di attività tattiche, infatti – prosegue Melani –, sta lentamente erodendo uno degli elementi chiave per la competitività a lungo termine: la capacità di fare strategia».

 

UN LAVORO A DOPPIO LIVELLO
D’altronde, però, come detto: una strategia solida richiede tempo, spazio mentale, confronto e soprattutto una visione di medio-lungo periodo. Tutti criteri che non soddisfano le attuali esigenze del business nell’era post-covid. «Certo – aggiunge l’esperta –, ma ovviamente essere strategici non significa ignorare le esigenze del presente, bensì vuol dire saper lavorare su due livelli contemporaneamente: il “qui e ora”, necessario per la continuità, e il “domani”, indispensabile per l’evoluzione. Un modo concreto per abilitare questo doppio livello è creare condizioni affinché le persone possano dedicare parte del proprio tempo a progettualità speculative, non legate esclusivamente al perimetro del loro ruolo quotidiano». Si tratta di incoraggiare i cosiddetti passion projects, quindi, iniziative che trascendono i team verticali e permettono la contaminazione di competenze, la sperimentazione e la nascita di idee innovative. «Questo tipo di spazio, se riconosciuto e valorizzato – precisa la manager –, non solo stimola la collaborazione e l’engagement, ma diventa un fertilizzante per una cultura organizzativa più adattiva, resiliente e creativa». In questo contesto, naturalmente, non è un mistero che la tecnologia, se ben utilizzata, possa rappresentare una leva potente.

 

SOVRACCARICO E IPERCONNESSIONE: I RISCHI DA EVITARE
Tuttavia, in un ambiente lavorativo sempre più affollato di stimoli, piattaforme e richieste frammentate, il rischio di sovraccarico informativo e iper-connessione è ormai una realtà quotidiana per moltissimi professionisti. Sotto questo punto di vista, peraltro, uno dei fenomeni più critici, spesso sottovalutato, è proprio la moltiplicazione dei touchpoint comunicativi. «Così come avviene nel mondo del marketing, quando si parla di customer journey – analizza Melani –, oggi una richiesta lavorativa può arrivare via WhatsApp, Teams, e-mail o addirittura con una telefonata, a volte tutte contemporaneamente. Questo non solo rende più difficile la gestione delle priorità, ma influisce direttamente sulla qualità della concentrazione, sulla performance e sul benessere delle persone, che si ritrovano costantemente interrotte, disorientate o costrette a “saltare” tra flussi di lavoro paralleli». E il problema si aggrava se si considera che spesso quegli stessi canali digitali sono anche quelli su cui si muove la vita privata, generando un effetto di confusione ancora maggiore tra sfera personale e professionale. «In questo scenario, però – rimarca l’esperta –, il ruolo del leader è fondamentale nel definire una cultura del tempo sostenibile. Essere costantemente disponibili su tutti i canali può sembrare sinonimo di efficienza, ma in realtà rischia di generare aspettative irrealistiche nei confronti del team. Allo stesso modo, l’irreperibilità totale può trasmettere insicurezza o disorientamento. È quindi il leader a dover stabilire il ritmo, i confini e le modalità di comunicazione, diventando un esempio concreto di equilibrio tra efficienza e umanità. Il lato positivo è che la tecnologia offre anche grandi opportunità: può davvero automatizzare attività ripetitive e a basso valore aggiunto, liberando tempo prezioso che può essere reinvestito in compiti più strategici, creativi e relazionali. Tuttavia, perché questo meccanismo funzioni, è necessario che il manager abbia la consapevolezza e l’intenzione di ricollocare le persone su attività che abbiano un impatto reale e significativo, evitando che l’automazione diventi un semplice strumento per “fare di più in meno tempo”, senza una reale crescita del valore».

 

IL TEMPO DI METTERE LE PERSONE AL CENTRO
In ultima analisi, quindi, secondo Melani, ciò che fa la differenza è la scelta consapevole di mettere le persone al centro, promuovendo una cultura in cui il tempo non venga misurato solo in termini di produttività, ma anche di qualità del lavoro, cura delle relazioni e benessere individuale. «Questo, però – risponde la manager –, non può avvenire solo attraverso policy aziendali, ma deve essere il risultato di comportamenti visibili, coerenti e autentici da parte della leadership. Un esempio concreto e più che mai attuale, sotto questo punto di vista, è il fatto che oggi grazie all’AI tutti possiamo avere un assistente personale. L’errore più frequente che vedo, però, è quello di agire come se l’AI dovesse sostituire la nostra capacità di ragionamento. Quindi, il primo consiglio che posso dare alle nuove generazioni di leader nell’utilizzo delle nuove tecnologie è proprio quello di capire come nel proprio ruolo l’AI possa assisterci in maniera reale: può ottimizzare la nostra agenda? Può liberare il tempo impiegato nel prendere appunti durante un meeting? Può mettere a sistema gli spunti emersi durante la riunione? Queste sono tutte attività micro che contribuiscono a generare carico mentale, che occupano “banda” che potrebbe essere impiegata a fare altro. Il secondo consiglio è quello di diventare ambassador dell’impiego dell’AI in azienda: i rischi legati alla privacy e alla proprietà intellettuale sono aggirabili sviluppando modelli interni, ad esempio. Chiaramente, questo è un investimento a lungo termine, ma che nel breve porta dei benefici tangibili: la partecipazione delle persone allo sviluppo del modello e quindi un’adozione più organica della tecnologia. Il terzo consiglio, infine, è quello di non rinunciare, per fretta o pigrizia, al pensiero critico. Il valore di una leader è la capacità di interpretare dati, metterli in discussione e usarli in maniera strategica». Come a dire che in un contesto in cui le macchine saranno sempre più abili nel fornire risposte rapide e complesse, il vero vantaggio competitivo per chi guida un team o un’organizzazione sarà saper fare le domande giuste. «Allenare il pensiero critico – continua l’esperta –, oggi più che mai, diventa quindi una priorità: in un mondo in cui l’intelligenza artificiale rischia di accelerare decisioni meccaniche e impersonali, solo chi saprà affiancare alla tecnologia una mente lucida e interrogativa potrà guidare il cambiamento in modo responsabile e lungimirante».

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IA ED EMPATIA: LA CHIAVE DEL BUSINESS DEL FUTURO? UNIRE TECNOLOGIA E CUSTOMER EXPERIENCE UMANA

Mentre i brand celebrano i miglioramenti in termini di efficienza nell’ambito della customer experience (CX), ottenuti grazie all'intelligenza artificiale (IA), esiste ancora un divario significativo tra i benefici interni all’azienda e il servizio spesso deludente che i consumatori sperimentano concretamente. Secondo il recente rapporto di Verizon, dal titolo CX Annual Insights, infatti, il futuro della customer experience non riguarda solo l'implementazione dell'intelligenza artificiale, ma anche la sua integrazione strategica per rafforzare le interazioni umane e risolvere le principali cause di insoddisfazione dei clienti.

 

Il report, basato su un sondaggio condotto su 5.000 consumatori e 500 dirigenti senior in sette Paesi, ha rivelato una discrepanza critica. A tal punto che leggendo i dati, risulta chiaro come, nonostante l'avvento del digitale in ogni segmento della nostra vita quotidiana, l'empatia e la connessione umana fanno ancora la differenza. Ben l'88% dei consumatori rispondenti si è detto soddisfatto delle interazioni gestite principalmente o interamente da operatori in carne e ossa, mentre solo il 60% prova lo stesso per le interazioni gestite dall'intelligenza artificiale. Questa preferenza evidenzia una verità fondamentale: l'efficienza dell'intelligenza artificiale non può sostituire l'empatia e la fiducia che un essere umano è in grado di offrire. Inoltre, l'analisi evidenzia come la maggiore insoddisfazione si riscontra quando avviene il passaggio di consegne tra IA e operatore. La principale fonte di esperienze negative per i consumatori, sotto il profilo delle interazioni automatizzate, è l'impossibilità di parlare o chattare con un operatore dal vivo quando necessario. Quasi la metà dei consumatori (47%) ha indicato questo aspetto come il motivo di fastidio primario. Le stesse aziende ne sono consapevoli, con una percentuale simile di dirigenti che lo segnala come la più importante lamentela ricevuta riguardo alle interazioni basate sull'intelligenza artificiale.

 

Oltre a questi aspetti prioritari, poi, c'è anche quello che gli esperti chiamano il paradosso della personalizzazione. Nonostante per i brand la personalizzazione sia una delle principali implementazioni dell'IA, la maggior parte dei consumatori non ne vede i vantaggi. Infatti, molti di loro hanno affermato che, nel complesso, la personalizzazione ha peggiorato la loro esperienza d’acquisto (30%) piuttosto che migliorarla (26%). In questo senso, il riferimento in particolare è legato al significativo elemento della privacy. Il 65% dei dirigenti afferma che le norme sulla tutela dei dati limitano la loro capacità di utilizzare l'IA per la personalizzazione. Si tratta di una questione cruciale, poiché il 54% degli acquirenti dichiara di aver perso fiducia nelle aziende per quanto riguarda l'uso corretto dei propri dati personali. “Il futuro della CX non riguarda la sostituzione degli operatori con agenti di intelligenza artificiale, ma l'utilizzo di quest’ultima per migliorare le interazioni umane - afferma Daniel Lawson, SVP, Global Solutions di Verizon Business -. Le aziende che utilizzano l'IA per anticipare le esigenze dei clienti, responsabilizzare i propri dipendenti e migliorare la personalizzazione nel rispetto della privacy saranno i leader di mercato di domani”.

 

COLMARE IL DIVARIO: ESEMPI REALI DI IA CHE FUNZIONA

Dalla ricerca, quindi, risulta chiaro come, oggi, l'intelligenza artificiale debba essere sfruttata con successo dalle imprese per potenziare le capacità dei team e migliorare l'esperienza dei clienti, piuttosto che per sostituire il contributo umano. E sotto questo profilo, in Italia, ci sono già alcuni casi d'eccellenza da cui prendere spunto, come quello proposto dal report, parlando del fornitore di servizi energetici Exelon, che viene citato nell'analisi come valida espressione del concetto di aiuto proattivo. Durante i lockdown dovuti alla pandemia di COVID-19, l'azienda infatti ha utilizzato l'intelligenza artificiale e l'analisi predittiva per identificare le famiglie a reddito medio che avrebbero potuto avere difficoltà a pagare le bollette energetiche. Ciò ha consentito loro di contattare in modo proattivo questi clienti con raccomandazioni personalizzate sui programmi di assistenza, guadagnandosi la loro gratitudine e dimostrando che l'IA può risolvere problemi reali con un approccio incentrato sull'uomo. Inoltre, sempre facendo riferimento a questo caso di studio, il rapporto suggerisce anche di sfruttare l'IA come assistente degli operatori. Secondo gli esperti, infatti, se invece di essere impiegata per sostituire il personale, l'AI viene adoperata per renderli più efficaci, come fatto da Exelon per l'appunto, grazie alle funzionalità di GenAI si potrebbe aiutare i dipendenti del servizio clienti a gestire le chiamate in modo più efficiente, fornendo i dati giusti al momento giusto e riassumendo il contenuto delle conversazioni, alleggerendo così il carico di lavoro degli operatori. Un obiettivo questo che sottolinea come in futuro per le imprese sarà fondamentale tanto investire sulle interzioni basate sugli essere umani, quanto su quelle basate sull'AI.

... continua