L'area Human Resources organizza conferenze e corsi di formazione per una community di 20.000 manager delle Risorse Umane. Gli eventi flagship dell’area sono 2 tra i più importanti appuntamenti in Italia in ambito HR: European HR Directors Summit e HR Business Conference.
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Si sa, c’è ormai la credenza diffusa che la Gen Z non abbia così tanta voglia di lavorare. Troppo tempo sui social, troppe pretese e poca concentrazione. Ma è veramente così? Trattandosi di una generazione differente da quelle precedenti, un po’ come tutte, del resto, non avrebbe semplicemente bisogno di essere coinvolta e trattata in maniera diversa rispetto ad esempio ai Millennials?
Un tema, questo, che attanaglia tanto i Chief Marketing Officer, che guardano all'esterno per capire come coinvolgere un mercato composto da nuove generazioni di utenti e clienti sempre più esigenti, quanto ai Direttori HR, che orientano la propria attenzione verso l'interno per comprendere come valorizzare al massimo i propri talenti più giovani, e che abbiamo voluto approfondire meglio in questo articolo, attraverso l'analisi e il commento di un recente white paper a cura di MobieTrain. Un documento, realizzato dalla piattaforma di microlearning dedicata alla formazione del personale, che vuole suggerire 8 consigli pratici per coinvolgere al meglio un lavoratore della Gen Z sul posto di lavoro e che vi proponiamo di seguito anche in vista della prossima edizione del HR Directors Summit, l'evento dedicato al mondo delle risorse umane, previsto il prossimo 19 e 20 giugno 2025, presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level del momento, organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano.
GLI 8 CONSIGLI DI MOBIETRAIN
Secondo gli esperti di microlearning, infatti, le parole d’ordine per riuscire a ingaggiare le nuove generazioni si professionisti sono: coinvolgimento, gamification e feedback costanti. Andando nello specifico, inoltre, il primo suggerimento proposto è quello di utilizzare una comunicazione trasparente e dare feedback costantemente: "La Gen Z - sottolineano gli analisti dell'azienda -, abituata ad un flusso di comunicazione e di informazioni continuo e rapido, apprezza la trasparenza e il ricevere feedback costantemente". A testimonianza, quindi, di come fornire loro un riscontro puntuale e costruttivo li aiuti a sentirsi valorizzati e soprattutto allineati con la mission e gli obiettivi dell’organizzazione per cui lavorano. In secondo luogo, poi, le indicazioni proposte si orientano anche sull'offrire un posto di lavoro flessibile e ibrido. Secondo l'azienda, infatti, "i giovani nati tra il 1997 e il 2012 sono cresciuti vedendo intorno a loro la possibilità di lavorare, ma anche studiare, da remoto. Offrire quindi spazi di lavoro flessibili e ibridi può aumentare il loro rendimento e la loro soddisfazione. Specialmente per questa generazione, è importante che il posto di lavoro rispetti l’equilibrio tra vita privata e lavoro, magari con la possibilità di lavorare in smart working per qualche giorno alla settimana". In terza istanza, quindi, anche il fornire strumenti digitali all’avanguardia per i professionisti di nuova generazione ha il peso. In questo senso, "essendo composta nativi digitali - spiegano gli esperti di microlearning -, la Gen Z ha molta dimestichezza con la tecnologia. Fornirgli strumenti digitali all’avanguardia e moderni li renderà sicuramente più produttivi, oltre a velocizzare le attività di lavoro". Un altro aspetto fondamentale risulta essere anche la promozione della diversità e dell’inclusione: "i giovani che fanno parte di questa generazione sono particolarmente vicini a tematiche come l’inclusione e la diversità - sottolineano gli analisti dell'azienda -. Offrire loro un ambiente di lavoro aperto in cui possano sentirsi accettati e valorizzati è fondamentale". In questo contesto, peraltro, è diventato essenziale essere in grado di proporre alla propria forza lavoro anche opportunità di apprendimento e di crescita. "A dispetto di quanto si possa pensare - avverte l'azienda -, non è affatto vero che alla Gen Z non interessa lavorare, anzi. Questa generazione è in cerca di apprendimento continuo e di possibilità di crescita. Potrebbe essere utile offrire loro programmi di formazione, meglio se continua, e possibilità di avanzamento professionale. Ad esempio, MobieTrain offre una applicazione per formarsi in qualsiasi momento e ovunque ci si trovi. Grazie alla web app, ogni dipendente può dedicare qualche minuto al giorno, o quando può, a conoscere meglio la propria azienda, per essere più preparato e allineato alla vision aziendale quando parla con i clienti". Ovviamente, però, al netto di queste opportunità, sembra che le nuove generazioni di professionisti siano le prime a chiedere di rendere il business e la formazione per il business meno statica e tradizionale, portando le aziende a cercare innovazione anche sotto quel punto di vista. Proporre attività di gamification per trasformare in gioco - ad esempio con punti, classifiche interne ed eventuali penitenze - le attività della settimana, così, secondo gli esperti "può aiutare i giovani ad essere più coinvolti e motivati sul lavoro. Ciò stimola il desiderio di competere amichevolmente e li motiva a migliorare costantemente, senza sentirsi eccessivamente sotto pressione". A questo si aggiunge, inoltre, un altro aspetto di valorizzazione, sopratutto in un momento di grande rivoluzione digitale come quello che stiamo vivendo, ovvero, la possibilità di dar vita a progetti di “Reverse Mentorship”. Secondo gli analisti dell'azienda, infatti, "invertire i ruoli tradizionali in azienda può essere una grande risorsa: da una parte i giovani della Gen Z possono aiutare i colleghi più senior con le loro competenze digitali, dall'altra i colleghi possono aiutare i giovani nell’imparare meglio il lavoro, con un occhio di riguardo nei confronti della parte burocratica, amministrativa e perché no, anche più relazionale". E se questo non bastasse, c'è sempre la possibilità di non far annoiare i propri dipendenti su mansioni nelle quali magari non si ritrovano personalmente, dando loro invece di esprimere al massimo le proprie potenzialità. Sotto questo profilo, quindi, secondo gli esperti: "permettere alla Gen Z di cambiare ruolo con un collega, per un breve periodo, consente di assicurarsi una visione d’insieme dell’azienda. Questo approccio consente ai giovani di vedere da vicino anche le attività degli altri, migliorando il lavoro di squadra e potenziando l’approccio empatico nei confronti dell’azienda".
"Se c’è una cosa che non cambia mai, è il pensiero che la generazione successiva sia “la peggiore di sempre.” Ricordate? I giovani di oggi “non vogliono lavorare” e “non sanno cos’è il sacrificio” – un tormentone che va avanti da sempre. Eppure, tra una battuta e l’altra, è essenziale capire che la Gen Z ha semplicemente prospettive e priorità diverse - commenta Laura Fornaroli, Marketing Manager di Mobietrain - Questa generazione non è “peggio” di quelle precedenti, è semplicemente cresciuta in un contesto diverso, dove la stabilità lavorativa ha meno valore e il benessere personale conta di più. Dall’ascolto attivo al coinvolgimento genuino, fino a capire cosa conta davvero per loro sul posto di lavoro. Sono semplici consigli che però possono aiutare un’azienda e il management nell’interagire lavorativamente al meglio con questa fascia della popolazione, sempre più presente nel contesto lavorativo odierno”.
L’elevato livello di fiducia dei collaboratori è il segreto alla base della crescita di fatturato dei 75 migliori ambienti di lavoro italiani. Questi ultimi, secondo quanto svelato dall’analisi del ranking Best Workplaces Italia 2025 stilato da Great Place to Work Italia, hanno registrato un Trust Index medio, l’indicatore del clima di fiducia di un’organizzazione, pari all’84%, dato in calo del 5% rispetto al 2024 (89%). Una decrescita che si spiega con il fatto che, per la prima volta, è stata inserita una categoria demografica in più per le grandi aziende, quelle tra 500 e 999 collaboratori. Dato che le aziende più grandi fanno registrare livelli di soddisfazione lavorativa notevolmente più bassi (75%), la media si sposta verso il basso. Se si volesse mantenere un confronto “ceteris paribus” con le categorie dello scorso anno, l’indice del livello di fiducia arretrerebbe comunque ma di circa due punti percentuali. Questo divario s’allarga addirittura al +40% nel confronto con la media delle altre aziende italiane analizzate che hanno fatto registrare un Trust Index medio del 44%. Un altro interessante parametro d’analisi è rappresentato dall’Overall Satisfaction, una valutazione più diretta dell’eccellenza di un ambiente di lavoro che, nel 2025, è risultato essere pari all’87% (-5% nel confronto con il 2024), con una differenza del +44% nel confronto con la media italiana (43%).
Una fotografia, questa, a cui abbiamo voluto dare maggiore rilievo attraverso l'analisi e il commento ponderato di questa indagine che da anni ormai misura il polso dello stato dell'arte degli ambienti di lavoro nel nostro Paese. Un approfondimento che vi proponiamo di seguito, anche in vista della prossima edizione del HR Director Summit, l'evento dedicato al mondo delle Risorse Umane, previsto il prossimo 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell'impresa contemporanea e organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera MIlano.
IL CAMPIONE CHE GUARDA ALLA FIDUCIA IN AZIENDA
A quanto emerge dai dati della ricerca, secondo gli esperti un livello elevato di fiducia dei dipendenti si riflette direttamente sul fatturato aziendale. In questo senso, infatti, i “best workplaces italiani” hanno avuto una crescita media dei ricavi, rispetto all’anno precedente, del +19,48%, un dato che se confrontato con il calo di fatturato dello 0,92% fatto registrare dalle organizzazioni italiane appartenenti a industria e servizi incluse nell’indice Istat fa capire l’importanza, per lo sviluppo del business aziendale, di avere dei collaboratori coinvolti e soddisfatti. Entrando più nel dettaglio, nell’analisi del ranking dei 75 migliori ambienti di lavoro italiani per cui lavorare nel 2025, si scopre che su oltre 203mila collaboratori di 404 organizzazioni italiane, suddivise in 5 categorie in base al numero di collaboratori, dal campione analizzato emerge come il 59% sono maschi e il 41% femmine; uno su due (49%) sono Millennial, quasi 4 su 10 (39%) appartengono alla Generazione X e meno di uno su 10 (7%) sono della Gen Z, e che, oltre a questo, un’organizzazione su 3 (30,67%) appartiene al settore IT, seguita poi da biotecnologie e farmaceutica (14,67%), servizi finanziari e assicurazioni (12%), industria manifatturiera e produzione (10,67%), servizi professionali (6,67%), sanità (5,33%), retail e telecomunicazioni (4%), advertising e marketing, ospedaliero e media (2,67%) e costruzioni, educazione e formazione e trasporti (1,33%). A livello di distribuzione territoriale, invece, quasi 7 aziende su 10 (69,3%) hanno sede in Lombardia (52%) e nel Lazio (17,3%) e in totale sono 11 le regioni italiane rappresentate nel ranking. Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Campania, Basilicata, Calabria e Sardegna non hanno invece “best workplaces” sul territorio. “È importante notare come metà delle organizzazioni in classifica siano italiane, e proprio nel Paese in cui si dice sempre che è formato da piccole e medie imprese, 8 aziende Super Large su 15 (quelle con oltre 1.000 collaboratori) sono italiane, a testimonianza del fatto che si può fare grande impresa ascoltando, responsabilizzando e misurando l’esperienza lavorativa delle persone” – sostiene Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia.
L'IMPORTANZA DI NON FARSI SCAPPARE I TALENTI DELLA GenZ
I 75 migliori ambienti di lavoro italiani, nel confronto con il 2024, mostrano indicatori stabili rispetto ad ambiti quali DE&I, flessibilità e welcoming mentre aspetti quali il coinvolgimento nelle decisioni, la visione strategica e la capacità di adattamento ai cambiamenti sono in calo. Le differenze più rilevanti tra i best workplaces e la media italiana rispetto alle tematiche analizzate dal questionario di Great Place to Work riguardano l’orgoglio per il proprio lavoro (+31%), il desiderio di lavorare a lungo all’interno dell’organizzazione (+32%) e la percezione dell’esclusività del proprio impiego (+32%). Analizzando invece il Trust Index medio, registrato sulla base delle dimensioni delle migliori organizzazioni italiane, si evince come vi sia un divario tra l’indice di fiducia fatto registrare dalle piccole aziende presenti nel ranking (96%) rispetto ai dati delle imprese medie (88%), medio-grandi (85%), grandi (78%) e super grandi (75%). Tra i settori dei best workplaces invece quelli a più elevata fiducia sono educazione e formazione, advertising & marketing e media; in fondo alla classifica troviamo invece il settore manifatturiero e produttivo, quello delle costruzioni e quello dei trasporti. Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia ritiene infatti che “nella battaglia dei talenti queste aziende trionfano sul resto del Paese proprio perché hanno collaboratori che vogliono rimanere a lavorare nelle loro aziende, ne parlano bene e invitano i propri conoscenti a mandare le loro candidature. Ricordiamoci – continua Zollo – che la Generazione Z diminuisce di numero ed è la generazione con maggior cultura e miglior apertura all’estero che questo Paese abbia mai prodotto, vogliamo farcela scappare?”.
I VINCITORI SUL PODIO
Ecco quali sono, suddivisi per categorie sulla base del numero di collaboratori, i migliori ambienti di lavoro in Italia nel 2025. Nella nuovissima categoria delle aziende con più di 1.000 collaboratori, la migliore organizzazione in cui lavorare è TP (telecomunicazioni), seguita da AbbVie (biotecnologie e prodotti farmaceutici) e Johnson & Johnson (healthcare). Passando alla categoria delle organizzazioni che hanno tra i 500 e i 999 collaboratori trionfa Hilton (hospitality), davanti a Cisco System (Information Technology) e ConTe.it (assicurazioni). Nella categoria delle aziende che hanno tra i 150 e i 499 collaboratori vince Bending Spoons (Information Technology), completano il podio MetLife (servizi finanziari & assicurazioni) e Vianova (telecomunicazioni). Il podio della categoria tra i 50 e i 149 collaboratori vede al primo posto Biogen (biotecnologie) e completano il podio Skylabs (consulenza digitale) e Galileo Life (healthcare). Nella categoria con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 49, il primo posto lo conquista Auditel (media) davanti a Mindset (Information Technology) e Eoliann (Information Technology).
In un contesto economico sempre più impegnativo, le aziende che operano con un modello di lavoro ibrido sono significativamente più ottimiste sulla crescita nel 2025 rispetto a quelle che richiedono ai propri dipendenti di recarsi quotidianamente in ufficio. Queste aziende riconoscono inoltre che il lavoro ibrido consente di operare con costi aziendali inferiori, di aumentare la produttività dei dipendenti e di attrarre i migliori professionisti - tutti fattori che alimentano questo ottimismo.
E' quanto emerge da un recente studio condotto da International Workplace Group (IWG), il colosso degli “spazi flessibili” (con i marchi Regus, Copernico e Signature) che peraltro ha annunciato recentemente di avere l'intenzione, entro fine 2025, di aprire 20 nuove sedi in 12 città italiane, tra cui anche tre piani in Torre Velasca a Milano. La survey, eseguita su un campione di oltre mille CEO e senior business leader a livello globale, è stata realizzata con l'obiettivo di comprendere quale sia oggi la percezione da parte di organizzazioni e dipendenti nei confronti di uno strumento come quello dell'hybrid working. Un argomento che abbiamo voluto comprendere meglio in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del HR Director Summit, l'evento dedicato al mondo delle risorse umane, previsto il prossimo 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, e organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione pensata per riunire in un unico luogo i migliori C-level dell'impresa contemporanea.
I DATI CHE GUARDANO ALLA FLESSIBILITA'
Secondo l'analisi, tre quarti (75%) delle aziende che offrono modalità di lavoro ibrido guardano con ottimismo al 2025, rispetto al 58% delle aziende tradizionali. In questo senso, infatti, il lavoro flessibile ha consentito a molte aziende di ridurre i costi, diminuendo le dimensioni degli uffici in favore di spazi di lavoro flessibili e a breve termine. Più di tre quarti (79%) delle aziende flessibili hanno riportato risparmi sui costi e una percentuale simile (75%) afferma che il lavoro ibrido è incredibilmente utile per mitigare le imminenti sfide economiche provocate dall'aumento delle tasse, dei dazi e dall’andamento dei mercati in generale. La ricerca indica che, poiché la fiducia delle imprese è sempre di più sotto la lente d’ingrandimento, le aziende che danno priorità alla flessibilità sono significativamente più ottimiste. Il 63% delle aziende ibride ha dichiarato di sentirsi più positivo sull'economia rispetto a un anno fa, rispetto ad un 44% delle aziende non flessibili.
Il lavoro flessibile sta migliorando la produttività e la fidelizzazione della forza lavoro. Il 72% delle aziende con un modello flessibile riporta un aumento della produttività dei propri dipendenti e una percentuale simile (71%) ritiene che le proprie politiche abbiano migliorato la capacità di attrarre e trattenere i professionisti più in gamba. Questo dato, tra l'altro, è supportato anche da un recente studio, pubblicato dal professor Nicholas Bloom della Stanford University, che ha scoperto che il lavoro ibrido migliora la soddisfazione lavorativa e riduce di un terzo (33%) le dimissioni, senza compromettere la produttività.
Le aziende flessibili sono più fiduciose sulle proprie prospettive di crescita e sull’aumento del personale. Oltre due terzi (67%) delle aziende ibride sono fiduciose che la loro attività crescerà nel 2025 e quasi la metà (48%) è sicura di poter assumere nuovi dipendenti, mentre nelle aziende tradizionali le percentuali scendono rispettivamente al 51% e 38%. I leader delle aziende ibride hanno citato numerosi vantaggi di questo modello, tra cui una maggiore soddisfazione dei dipendenti (53%), fidelizzazione (43%) e produttività (46%). "Questi tempi difficili spingono i CEO e i leader a riflettere sul percorso da intraprendere - ha commentato Mark Dixon, CEO di International Workplace Group -. Le aziende che puntano alla massima redditività comprendono che la chiave del successo risiede nel trattenere e attrarre i migliori talenti – il loro capitale intellettuale più prezioso. Questo focus strategico è essenziale per mantenere un vantaggio competitivo in un mondo in rapida evoluzione. Adottando il lavoro ibrido le aziende stanno riducendo i costi e migliorando la felicità e la produttività dei propri dipendenti. Non sorprende, quindi, che le organizzazioni che adottano questo modello siano quelle che guardano con ottimismo all'anno a venire".