PAGAMENTI DIGITALI: DA SEMPLICE TRANSAZIONE AD ABILITATORI DELLA RELAZIONE AZIENDA-CLIENTE, GRAZIE AL MODELLO DELL'EMBEDDED FINANCE

a cura di Fabrick | 10/07/2025

Oggi più che mai, il detto “il tempo è denaro” acquista una nuova dimensione grazie all’Embedded finance, il modello che prevede l’integrazione fluida di servizi finanziari direttamente all’interno dell’esperienza d’uso di un prodotto o servizio non finanziario.

 

Nell’ambito dei pagamenti, oggi i clienti sono abituati a un’esperienza d’acquisto che sia rapida, immediata e contestuale. La tecnologia abilitante deve consentire alle aziende non solo di accettare i pagamenti, ma anche di effettuare la riconciliazione nel minor tempo possibile, permettendo così di ottimizzare i costi e migliorare la gestione del working capital. Un argomento, questo, di cui si è discusso anche nel corso dell'ultima edizione del CFO Summit, l'evento dedicato al mondo dei direttori finanziari, tenutosi lo scorso 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione pensata per far incontrare i migliori C-level dell'impresa contemporanea e organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano - e che abbiamo voluto comprendere meglio in questo articolo a cura di Fabrick.

 

IL MODELLO EMBEDDED FINANCE

Con il modello dell’Embedded Finance e la sua capacità di rispondere a esigenze trasversali, infatti, i pagamenti sono diventati sempre più “invisibili” per i clienti e parte integrante della customer journey, migliorando l’esperienza di acquisto e, allo stesso tempo, abilitando nuovi modelli di business per le imprese basati sulla condivisione dei dati e l’integrazione di nuovi servizi. In questo senso, il pagamento non è più una semplice transazione, ma diventa un momento di relazione che lega il cliente all’azienda.

 

L'ESPERIENZA DI FABRICK

Un contesto nel quale Fabrick, player attivo a livello internazionale nell’Open Finance con oltre 450 dipendenti tra Italia, Spagna, UK e Germania, opera da anni. con la mission di aiutare istituzioni, banche, fintech e corporate a migliorare i processi e innovare la customer experience attraverso l’integrazione di servizi finanziari digitali. Grazie a un modello di piattaforma aperta, infatti, Fabrick semplifica la catena del valore delle aziende con soluzioni Open Finance facili da integrare.

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Marketing & Innovation

AI E OMNICHANNEL CUSTOMER EXPERIENCE: LA NUOVA DIMENSIONE DEL RAPPORTO TRA BRAND E CONSUMATORI

In un mondo nel quale gli stimoli proposti ai consumatori da parte delle aziende, anche grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, sono sempre più frequenti, mirati, rapidi e multicanale, le esigenze di utenti e clienti si trasformano a un ritmo ancora più veloce e con una profondità e delle necessità quanto più capillari e diversificate possibile. In questo scenario, risulta chiaro, ormai, come la Customer Experience (CX) assuma un nuovo ruolo, in grado di trasportarla fuori dal semplice ambiente digitale, nel quale era stata contestualizzata negli ultimi anni, con l’avanzare dell’innovazione e dell’eCommerce, per porla in una dimensione liquida che, da una parte, è caratterizzata dalle strategie di azione e dai messaggi valoriali e comunicativi trasferiti attraverso la moltitudine di touchpoint oggi disponibili, ma, dall’altra, vede nella gestione relazionale tra brand e consumatori, nella fidelizzazione e, soprattutto, nella valorizzazione di fattori fondamentali come la trasparenza e la coerenza, la vera chiave di volta per avere successo su mercato in continua evoluzione.

 

Una tendenza, questa, su cui si è ragionato molto anche nel corso dell’ultima edizione del CMO Summit – organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano e realizzata all’interno del Business Leaders Summit, tenutosi lo scorso 19 e 20 giugno 2025 presso l’Allianz Mico di Milano – al fine di analizzare e comprendere a fondo come le tecnologie emergenti stiano modificando lo scenario attuale e quali siano concretamente gli impatti prodotti sia per le aziende, sia per i loro clienti. “D’altronde – ha sottolineato durante il summit anche Benedetta De Michelis, Manager Business Development, B2You – Altroconsumo anche una realtà come la nostra, attenta per definizione ai bisogni dei consumatori e all’importanza del rapporto diretto con le imprese, considera la digitalizzazione un driver per la realizzazione di prodotti e servizi sempre più personalizzati e di qualità. E pensiamo che in particolare, l’Intelligenza artificiale permetterà di garantire un livello di esperienza per i clienti mai visto prima. In questo panorama, però, è fondamentale che non ci siano gap informativi e disallineamenti tra i consumatori, che devono essere in grado di interagire in maniera consapevole in questi nuovo contesto, e le aziende che devono riuscire a creare un rapporto continuativo, trasparente e valoriale con il proprio pubblico. E’ quindi essenziale per le imprese ascoltare, comprendere e integrare nella propria strategia la voce del consumatore, contribuendo così a creare consapevolezza nei clienti rispetto al nuovo contesto digitale”. Una visione precisa, sulle dinamiche da mantenere per salvaguardare la sostenibilità a 360 gradi del rapporto tra marchi e persone, che sottolinea come la Customer Experience oggi stia vivendo un momento di profonda trasformazione e rivoluzione su cui porre estrema attenzione da entrambe le parti.

 

LO STATO DELL’ARTE DELLA CUSTOMER EXPERIENCE

Un aspetto questo confermato anche dai dati, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale. Basti pensare che, secondo l’istituto di ricerca Precedence, il mercato della Customer Experience a livello globale, oggi, sta crescendo velocemente, con una previsione incrementale che potrebbe portare il segmento a passare dagli attuali 17,36 miliardi di dollari, registrati nel 2024, a un valore pari a 64 miliardi di dollari, con un aumento totale di circa il 312% entro il 2034. Uno sviluppo che, come detto, non è solo quantitativo, ma riflette un’evoluzione strategica ben precisa, seguita anche dalle aziende tricolore che, per esempio, nella maggior parte dei casi, nel 2024, hanno implementato i loro investimenti nel campo dell’Omnichannel Customer Experience. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, negli ultimi 12 mesi, due terzi delle grandi imprese italiane (69%) hanno aumentato il budget dedicato all’integrazione dell’Intelligenza Artificiale nelle proprie strategie OCX. Un dato che, rispetto al 2023 ha visto un aumento dell’11% sul totale, con un focus particolare sui progetti di Customer Care, che sono stati selezionati per l’implementazione di applicazioni di AI nel 49% dei casi. “D’altronde – ha ricordato Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience –, negli ultimi dieci anni, l’Omnichannel Customer Experience si è affermata come una leva strategica e fondamentale per numerose aziende; tuttavia, il cammino verso una piena maturità omnicanale rimane costellato da sfide complesse, sia organizzative sia tecnologiche. L’accresciuta consapevolezza delle imprese emerge dall’indice di maturità misurato dall’Osservatorio che ha registrato nel 2024 tassi di crescita ben superiori al passato. Tuttavia, oggi solo l’11% delle grandi aziende italiane si può considerare a uno stadio di maturità avanzato. In questo scenario, l’Intelligenza Artificiale – in particolare l’AI generativa – rappresenta un potenziale impulso alla trasformazione, offrendo da un lato un miglioramento dell’efficienza operativa e dall’altro facilitando esperienze personalizzate che, grazie a contenuti dinamici basati sulle preferenze individuali, accrescono la propensione all’acquisto e promuovono la fidelizzazione”. Nonostante questo, però, per cogliere appieno il valore dell’AI, già ora per le aziende, risulta fondamentale aver costruito solidi pilastri dell’omnicanalità: processi chiari, dati strutturati, infrastrutture tecnologiche adeguate e competenze specializzate. Tutti fattori su cui le imprese italiane sembrano dover ancora lavorare per raggungere un livello funzionale alle necessità del business. Senza questi elementi, però, il potenziale dell’AI e le possibilità di offrire un’esperienza realmente omnicanale, personalizzata e fidelizzante, rischiano di rimanere inespressi. Sotto questo profilo, un altro aspetto essenziale sono poi le competenze, tanto nella gestione dei dati, quanto nella creazione e nella gestione dei contenuti proposti ai clienti, della loro veicolazione coerente e della strategia trasparente cheli deve supportare. Anche per questo, tra l’altro, se il Customer Care è, indubbiamente, l’area su cui si concentra il maggior numero di investimenti, il marketing costituisce il secondo più importante ambito di applicazione dell’AI Generativa (40%), con progetti di AI discriminativa consolidati nel tempo, come il targeting, in grado di supportare le aziende nella scelta di indirizzo di una campagna, così come anche le segmentazioni più o meno avanzate. La GenAI ha, quindi, un impatto significativo, come si diceva, sulle attività di content management, consentendo l’analisi delle informazioni sui prodotti (sia testuali sia visive), la categorizzazione automatica e la generazione di descrizioni di prodotto dettagliate. Aspetti, questi, che, se gestiti con cura, offrono all’impresa la reale possibilità di instaurare un rapporto coerente e trasparente, per l’appunto, con i propri consumatori, confermando così la visione secondo cui per competere in un mercato dinamico, le aziende devono trasformare ogni interazione in un’opportunità di fidelizzazione. E in un’epoca in cui proprio il concetto di fidelizzazione non può più basarsi solo su prodotti e servizi, ma deve concentrare il suo focus su esperienze personalizzate e relazioni autentiche, il vero obiettivo dei brand deve essere quello di costruire relazioni a lungo termine tra professionisti e clienti, in grado, da una parte, di soddisfare i bisogni immediati delle persone, ma dall’altra, anche di dare vita a un rapporto duraturo di fiducia, coerenza e trasparenza. Anche perché, come ha spiegato De Michelis, nel corso del CMO Summit: “In un contesto sempre più digitale e tecnologico rimettere al centro la persona, i suoi valori e le sue esigenze sta diventando imprescindibile. Altroconsumo da sempre guarda al “consumo” non solo nella sua dimensione funzionale ma anche e soprattutto come manifestazione dei bisogni e delle abitudini della persona, e la relazione tra azienda e cliente sta andando in questa direzione, superando il puro atto di acquisto e diventando bidirezionale. Per questo, noi per esempio lavoriamo per un mercato più trasparente, giusto e sostenibile, nel quale gli interessi di tutti gli attori (cittadini, imprese e istituzioni) non siano in contrasto, ma in dialogo continuo e, a conferma di questo obiettivo sfidante, negli ultimi anni, con la creazione di B2You – Altroconsumo, abbiamo affiancato alla nostra mission più tradizionale una più generale attenzione alla società e alla sua evoluzione. Quindi, da un lato forniamo ai consumatori gli strumenti per fare scelte più consapevoli. Dall’altro, puntiamo a mettere a sistema, a beneficio di tutti gli stakeholders, insights e know-how che partono proprio dai bisogni e dai comportamenti dei consumatori”.

 

I TREND DELL’OCX: DALL’APPROCCIO CLIENTE-CENTRICO AGLI AI VOCAL ASSISTANT

Una tattica che, oltre a dare un concreto supporto alle aziende nell’interpretazione e nell’adattamento al cambiamento culturale e sociale in atto, intercetta anche una tendenza crescente messa in atto da parte del mondo del business. Secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, infatti, le aziende italiane stanno iniziando a dare sempre più valore anche al fattore organizzativo e umano, oltre che a quello tecnologico. Le rilevazioni, infatti, mostrano come, per esempio, la presenza di figure responsabili della trasformazione OCX risulti stabile, con il 41% delle aziende italiane che ha già istituito tali professionalità e il 17% che ne è alla ricerca, dimostrando una necessità ormai consolidata di ruoli capaci di guidare il cambiamento. Allo stesso modo, l’Employee Experience assume un ruolo sempre più rilevante: il 40% delle aziende organizza programmi formativi per i propri dipendenti, e circa il 25% ha introdotto iniziative per sensibilizzare il personale sull’importanza di un approccio cliente-centrico. Una strategia che, tra l’altro sta portando sempre più aziende a cercare di rendere anche l’esperienza di acquisto digitale più realistica, sfruttando proprio le applicazioni di intelligenza artificiale basate su assistenti vocali con i quali poter conversare a voce. Un’opportunità che si sta trasformando in un vero e proprio trend di mercato globale, reso possibile anche dalla grande penetrazione che questa tecnologia emergente sta riscontrando. Basti pensare che, solo in Italia, per esempio, secondo i dati dell’Osservatorio di Indigo.ai, l’Intelligenza Artificiale è sempre più protagonista della quotidianità dei consumatori, tanto che oltre la metà della nostra popolazione (53%) dichiara di utilizzarla ormai regolarmente e ben il 68% ne riconosce l’impatto positivo nella vita di tutti i giorni. Come supporto allo studio e alle attività lavorative (45%) o come ispirazione per il tempo libero (39%) e i viaggi (26%), ma non solo. 1 italiano su 3, infatti, secondo l’analisi, si rivolge all’AI anche per ricevere assistenza prima di un acquisto (33%). Un dato che corrisponde quasi al doppio rispetto al 2024 (18%), mentre nel post-vendita il loro utilizzo sale al 49%, rispetto al 36,5% dell’anno precedente. Oltre a questo, è importante sapere anche che, se è vero che l’AI diventa fonte di consigli, è altrettanto vero, come emerge dall’analisi, che i consumatori dello Stivale sanno bene cosa vogliono e si aspettano un servizio clienti all’altezza, che non tradisca valori consolidati nel tempo e fornisca livelli adeguati di efficienza e chiarezza. Sotto questo profilo, quindi, cortesia e disponibilità (47%) – apprezzate soprattutto dai Millennials (50%) –, accanto a rapidità nel risolvere i problemi urgenti (47%), facilità nel trovare i contatti (43%), tempi di attesa limitati (40%) e precisione nelle risposte (40%) diventano gli elementi essenziali per creare un buon rapporto di fiducia con i clienti tricolore. 

 

LE SFIDE DELL’INNOVAZIONE NELLA CUSTOMER EXPERIENCE DEL FUTURO

Analogamente, gli italiani non sono disposti a scendere a compromessi e possono arrivare a interrompere l’acquisto se il servizio clienti non fornisce risposte veloci (65%), se non è raggiungibile 24/7 (48%), oppure a fronte di risposte non esaustive (86%) e di mancata coerenza tra i vari canali (82%). Proprio l’omnicanalità, dunque, come già detto, rappresenta una delle maggiori sfide in termini di Customer Experience, oggi sempre più ibrida, fluida e distribuita. Oltre che tramite gli assistenti virtuali (60%), infatti, i brand vengono contattati dai consumatori anche via email (91%), call center (77%) e direttamente in negozio (69%): si tratta di touchpoint multipli, il cui allineamento mette ancora in difficoltà più della metà delle aziende italiane (53%). A questo, poi, si aggiunge anche l’urgenza di rispondere tempestivamente alle richieste critiche si annovera tra le sfide principali, indicata dal 79% dei professionisti e in netto aumento rispetto al 68% dell’anno precedente. A questo si aggiungono richieste poco chiare (76%), carichi di lavoro elevati dovuti alla quantità delle richieste stesse (65%) e difficoltà nel reperire rapidamente le informazioni corrette (62%), problemi che evidenziano una necessità sempre più stringente di integrazione tra sistemi, canali e knowledge base.

 

EMPATIA E VALORE UMANO: IL SEGRETO DI UNA FIDELIZZAZIONE DI SUCCESSO

Eppure, quando i consumatori riscontrano un servizio clienti personalizzato ed empatico, le dinamiche cambiano: se prima di procedere all'acquisto sapessero di poter contare su una chat per chiedere informazioni (64%) e se avessero a disposizione un customer care efficiente e facile da raggiungere (64%), secondo l’analisi di Indigo.ai, gli italiani spenderebbero addirittura di più. A tal punto che quasi 1 utente su 5 (19%), oggi, dichiara di essere molto propenso a premiare un’assistenza clienti efficace con una recensione positiva, mentre ben il 50% conferma di essere pronto a lasciare un riscontro negativo dopo un’esperienza deludente. Un aspetto culturale, questo, che si sta evolvendo anche dal punto di vista delle aziende. Secondo la ricerca, infatti, la consapevolezza del valore delle possibili recensioni da parte dei clienti, nella costruzione della reputazione del brand e nel condizionamento delle scelte d’acquisto, sta aumentando. Tanto che, nel 2025, 1 professionista su 3 (34%) ritiene che le recensioni rappresentino un elemento centrale del posizionamento competitivo, portando così il 49% dei rispondenti a mantenere una posizione più prudente, ritenendo che l’AI possa migliorare l’esperienza utente in maniera decisamente rilevante, ma che non sia sufficiente da sola a modificare significativamente l’opinione dei clienti su un prodotto o sul valore di un brand e delle sue attività. 

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Top Management

FERRI (SAMMONTANA): IL GIUSTO RITMO? UNA SERIE DI SCELTE PER DARE VALORE A NOI STESSI E AL CONTESTO IN CUI OPERIAMO

«La più consistente scoperta che ho fatto…è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare». Sono le parole di Jep Gambardella ne “La grande bellezza” a guidare la riflessione di Annalisa Ferri, Chief Marketing Officer di Sammontana Italia, in questa intervista rilasciata in occasione della realizzazione della nuova edizione del report annuale dal titolo "Keep Time and Manage Leadership", prodotto da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, pensato per indagare alcuni degli aspetti più importanti da considereare per la leadership del mondo dell'impresa contemporanea e presentato lo scorso 19 giugno 2025 in apertura del Business Leaders Summit, tenutosi presso l'Allianz MiCo di Milano. Uno spunto importante che, in un mondo sempre più velocizzato dall’avvento dell’intelligenza artificiale e reso complesso dalle policrisi in atto, cerca di proporre un approccio diverso al significato e al valore del concetto di tempo per un leader d’azienda, al fine di poter produrre davvero un beneficio competitivo nei confronti del business. «Ho recentemente assistito all'inizio di una profonda trasformazione della mia azienda che ha reso possibile per me una bella opportunità di carriera e un nuovo inizio – spiega la manager –. Per me, e più in generale per tutti noi dipendenti, il tema del tempo è diventato, così, un fattore centrale. Questa riflessione mi impegna e mi affascina e, da sempre, la mia posizione, in merito a questo aspetto, è quella di voler fare ciò che davvero mi appassiona. Nella citazione cinematografica di poco fa ritrovo il senso del tempo come vera ricchezza». Una risorsa preziosa da trattare con cura e rispetto, ma soprattutto con un’intima serietà, in grado di consentirci di rimanere onesti e coerenti con il nostro essere. «Per fare questo – prosegue l’esperta –, serve disincanto e selettività, capacità di preservare sé stessi da attività inutili da ogni punto di vista, rifuggire la superficialità e dedicarsi a ciò che davvero può fare la differenza». Tutti obiettivi che partono da una grande comprensione, sia esterna, guardando al contesto, sia interna, ponendo un importante focus su se stessi. «Credo che sia utile dedicare tempo e risorse personali a capire chi si è, i propri meccanismi di funzionamento, per trovare la nostra personale modalità di gestione, e, poi, un'analisi spietata di ciò che è davvero importante e ciò che non lo è – sottolinea Ferri –. Credo fortemente nella complessità dell'uomo, nella curiosità e nella capacità di nutrirsi in modo onnivoro degli stimoli che arrivano dalla molteplicità della realtà che ci circonda». Un’esigenza, questa, che, però, va alimentata e allenata, senza mai essere sottovalutata, poiché rappresenta il vero motore della nostra crescita personale e professionale. Una virtù senza cui non potremo mai guidare un team o prendere decisioni realmente consapevoli. «Gli strumenti sono commodities alla portata di tutti – prosegue la manager –. Metterli a disposizione non basta, però, come nemmeno formare a utilizzarli potrà mai essere sufficiente. Ciò che davvero serve e servirà, sarà coltivare l'eccellenza nel pensiero: nella capacità di aggiungere valore da parte dei manager sta la differenza sostanziale e il vero cambio di passo lo fanno solo persone complete, che sappiano unire pragmatismo a spirito visionario». Due facce di una stessa medaglia, che spesso vengono proposte e considerate come alter ego contrapposti di una tipologia di leader che, in questo modo, non potrà mai essere realmente completo nel suo modello aspirazionale. Secondo Ferri, infatti, queste due anime dovrebbero coesistere nella stessa persona per poterla rendere una guida efficace e valida, al fine di raggiungere il successo e abbracciare concretamente il cambiamento. Ma anche il cambiamento, per la manager, ha un suo battere e un suo levare da comprendere e misurare, ottimizzare e massimizzare, rimanendo continuamente alla ricerca di quel bilanciamento che sembra ormai essere il vero mantra dei professionisti moderni e che oggi si articola in quella dicotomia tra il tempo utilizzato per lavorare e quello necessario a produrre risultati, il tempo essenziale per gestire le priorità e quello fondamentale per prendersi cura delle persone, il tempo da concedersi e quello da concedere, il tempo perso e quello da non sprecare. Un contesto complesso da gestire e composto da molteplici stimoli, richieste, distrazioni e necessità, nel quale la tecnologia assume un ruolo essenziale, con relativi rischi da evitare e opportunità da cogliere per riuscire a trovare la giusta dimensione del ritmo da tenere per raggiungere il successo, senza dimenticarsi di mettere sempre al centro le persone e le loro esigenze. «Secondo me – aggiunge l’esperta –, non esiste un ritmo. Esiste il proprio ritmo. Ho sempre pensato che la vita si risolvesse in questo: capire il ritmo di ogni situazione e saperlo interpretare. Chi è fuori ritmo rompe qualcosa o finisce per rompere sé stesso. Accettare il tempo che scorre, invece, utilizzare tutti gli strumenti disponibili con la giusta maestria e il giusto distacco, produce un vantaggio importante nella quotidianità di ognuno di noi. Una dose di opportunismo in questo modello diventa la chiave di volta da sfruttare. Io non so quale sia la risposta corretta, so solo che ho sempre cercato di imparare da ogni situazione e di mettere me stessa in tutto quello che facevo, cercando di tenere nel giusto equilibrio felicità e immancabile dose di frustrazione che ognuno di noi sperimenta ogni giorno. Ho coltivato questo approccio, quello che mi ha insegnato il mio professore di filosofia in terza liceo, e ho cercato di aiutare gli altri a praticarlo». D’altronde non esiste una guida certa in questo campo. Non c’è una mappa, ma al massimo una bussola che ci consenta di guardare avanti, proiettando noi stessi e le nostre speranze in un futuro migliore, costruito su un presente equilibrato e focalizzato su quelli che sono i nostri valori principali, sempre con l’idea di continuare a metterci in dubbio, ponendoci domande e sviluppando il nostro pensiero critico. «Un’attitudine – chiosa la manager – che le nuove generazioni dovranno fare sempre più propria, riuscendo a mixare quella leggerezza dell’essere sia come persona, sia come professionista e come manager, gestendo il tempo, ma anche creandolo e proponendolo al proprio team, in un’esplorazione continua e curiosa che li porti a essere più interessati a imparare che non a dimostrare il proprio sapere come banale esibizione del proprio pensiero o del proprio potere. Perché solo ponendosi le giuste domande, mettendosi sempre in dubbio e dando il giusto ritmo a situazioni, conversazioni, priorità e relazioni noi esseri umani e manager possiamo trarre il meglio dal nostro io e dal mondo che ci circonda».

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Marketing & Innovation

ALGIDA, DA (QUASI) OTTANT’ANNI SIMBOLO SENZA TEMPO DELL’ESTATE ITALIANA, GRAZIE A UNA COMUNICAZIONE CHE PARLA AL CUORE DELLE PERSONE

In un’epoca in cui l’AI regna sovrana, anche e soprattutto nella generazione di contenuti, il mondo del marketing inizia lentamente a risvegliarsi per cercare di differenziare le proprie attività dal resto del mondo e permettere ai brand, in questo modo, di rimanere rilevanti sul mercato al netto di una standardizzazione sempre più sotto gli occhi di tutti.

Uno dei modi migliori per attivare questo processo, però, si sa, è quello di studiare la storia e le imprese d’eccellenza, come quelle che hanno reso grande il nostro Made in Italy. Ed è così che, in una delle estati più calde e torride di sempre, mentre il termometro supera i 40°C in tutta Europa e la produttività delle aziende cala, a tal punto da convincere anche il governo a siglare un protocollo con le parti sociali per la salvaguardia dei lavoratori, tra le letture più interessanti da approcciare (anche sotto l’ombrellone) emerge: “Algida. Il cuore dell’estate dal 1947”. Un volume, edito da Treccani, altro brand iconico che proprio quest’anno compie 100 anni, e realizzato dalla giornalista e autrice, Giulia Cavaliere, in forma di saggio autobiografico, che celebra lo storico marchio dell’estate italiana come simbolo culturale di un Paese che, forse, oggi deve ritrovare la strada per tornare ai fasti che lo rilanciarono negli anni del dopoguerra.

Fondata nel 1947 a Roma da Italo Barbiabu e Alfred Wiesner, il “Cuore  rosso su fondo bianco” ha saputo trasformare, fin dai suoi esordi, un prodotto artigianale in un vero e proprio fenomeno pop di portata nazionale e internazionale, grazie alla sua comunicazione entrata a pieno titolo nella tradizione tricolore. Dal jingle che cantava il “Cuore di panna” fino ai “morsi contati” di Cucciolone e ai coloratissimi – e attesissimi – cartelli che, nei bar, annunciavano le novità dei gelati, in questo viaggio di ricordi personali e popolari, ALGIDA racconta la sua straordinaria storia: un intreccio di imprenditorialità, creatività e tradizione, che ha trasformato il gelato in un rito sociale, un gesto familiare, una forma di identità e appartenenza collettiva. Con quasi ottant’anni di storia, infatti, il brand ha accompagnato generazioni intere di italiani, rappresentando non solo un’eccellenza nel settore alimentare, ma anche un punto di riferimento nella vita quotidiana e nella memoria del nostro Paese.

 

UN’ICONA DELL’IMMAGINARIO ITALIANO

Ma ciò che rende unica Algida è la sua capacità di costruire un lessico familiare fatto di sapori, cartelli di latta, riti estivi e scene di vita al bar, come raccontato in maniera toccante da Cavaliere. L’esperienza del gelato Algida non è solo individuale, ma collettiva: un momento che unisce adulti e bambini, crea legami, costruisce ricordi. È la memoria di un’Italia che cresce, che si racconta attraverso i gesti semplici di ogni giorno. Come sottolinea Massimo Bray, Direttore Generale di Treccani, nella prefazione al volume, Algida ha saputo fare della qualità e dell’attitudine a rinnovarsi i suoi punti di forza, diventando un punto di riferimento per intere generazioni. Nata nella Roma del dopoguerra, in un’Italia ancora ferita ma desiderosa di rinascere, Algida ha saputo interpretare i sogni e i gusti degli italiani, attraversando mode e cambiamenti sociali. Ogni gelato ha rappresentato un’epoca, un’immagine, un ricordo, evocando sensazioni di piacere e convivialità, parte integrante dell’immaginario italiano, accanto a icone come la Vespa o la 500. La sua storia è stata celebrata anche in importanti eventi culturali, come la mostra “Identitalia – The iconic italian brands” organizzata presso il MIMIT a Roma, che ha sottolineato il ruolo di Algida tra i marchi più rappresentativi e amati del Paese, testimonianza del suo impatto sulla cultura e sull’economia italiana.

 

LA COMUNICAZIONE IERI E OGGI

 La presenza di Algida nella cultura popolare italiana è radicata da decenni, grazie a una comunicazione capace di evolversi senza mai perdere il proprio tratto distintivo. Fin dagli anni Sessanta, Algida ha saputo farsi amare anche attraverso la televisione, con la partecipazione al Carosello e spot entrati nell’immaginario collettivo, come il celebre “Posso dire una parola?” del 1963. Negli anni Novanta, ha continuato a essere rilevante con claim memorabili come “Le altre merende hanno i morsi contati”, confermando la sua capacità di parlare a generazioni diverse, sempre con uno stile riconoscibile. Questa coerenza nel tempo si riflette nella forza della sua “famiglia” di prodotti Algida: Fior di Fragola, Croccante, Cucciolone, Cremino, Liuk e Solero, tra gli altri, sono gelati tutti diversi tra loro ma uniti da un’anima comune: prodotti che interpretano gusti e desideri eterogenei, dai sapori decisi a quelli più delicati, dalle note esotiche alle sensazioni più rassicuranti.


Oggi la comunicazione Algida continua questo percorso, trovando nuove forme e nuovi canali per raccontarsi: la campagna estiva 2025 è un progetto integrato che vive tra online e offline, pensato per rinsaldare il legame affettivo con i consumatori storici e raccontare ai più giovani la storia di prodotti nati per intercettare i gusti di tutti. Da un lato, una narrazione social, attraverso video creativi e i contenuti di creator, che valorizza la personalità unica di ciascuno dei gelati protagonisti; dall’altro, uno “Spotted Tour” pensato per portare sul territorio l’amore per i gelati più iconici dell’estate italiana e incontrare dal vivo le persone. Le mascotte saranno infatti protagoniste di quattro tappe del Vertical Summer Tour di Radio Deejay: il 12 e 13 luglio a Bibione, il 2 e 3 agosto a Marina di Massa, il 9 e 10 agosto a Terracina, e infine il 22, 23 e 25 agosto a San Vito Lo Capo. I partecipanti potranno mettersi alla prova nel “cacciare” i loro gelati preferiti, immortalandoli in uno scatto, che permetterà di ricevere un gadget Algida. Un’occasione unica per vivere un momento di leggerezza e condivisione, con giochi ed esperienze interattive, nel segno della spensieratezza estiva e della passione per i gelati.  

 

TUTTO EBBE INIZIO DAL CREMINO ALGIDA: UN SOGNO DI “RESISTENZA”

L’origine di tutto: un semplicissimo – ma delizioso - gelato alla panna e latte fresco su stecco, rivestito di cacao magro. Nato nel 1948 dall’idea di un figlio di Celestino Faccenda, l’uomo che a Morro d’Alba salvò Alfred Wiesner dai nazifascisti durante il suo periodo nella Resistenza marchigiana. Una volta fondata l’Algida, Alfred assunse quattro figli di Celestino. A uno di loro, Mario, si deve il primo gelato mai prodotto da Algida.

 

CROCCANTE ALGIDA: IL DOLCE SUONO DEL GUSTO

Nel 1964, poi, arrivò il Croccante Algida. Un gelato ricco e iconico al gusto di vaniglia, caratterizzato da una cremosità inconfondibile grazie all’uso di panna fresca italiana al 100% e latte fresco italiano di alta qualità. Al cuore del gelato si trova un delizioso ripieno all’amarena, mentre l’esterno è impreziosito da una croccante copertura al cacao magro con granella di nocciole, meringa, biscotti e cialde. A questo gelato Patty Pravo dedicò “Ragazzo triste” o “Qui e là” per la serie “Irresistibile”, siglando quel connubio tra musica e gelato che dagli anni ’60 riunisce gli italiani nelle più belle piazze del Paese per dare vita a concerti senza tempo.

 

CUCCIOLONE ALGIDA: UNO STORYTELLING GOLOSO E D’AUTORE

“Le altre merende hanno i morsi contati”. Erede del Camillino Eldorado, il Cucciolone Algida nasce alla fine degli anni ‘70 (1976): due biscotti al malto con dentro un gelato trigusto - allo zabaione, cacao magro e vaniglia con latte fresco italiano di alta qualità – con disegnate sopra delle vignette sempre diverse. Oggi possiamo trovare i fumetti di Sio, ma questo amatissimo gelato sui suoi biscotti ha ospitato anche "Paperino”i, “Topolino” e “Pippo” grazie a una collaborazione con la Disney, e poi la mascotte dell’Eldorado, l’”Eldo Leo” di Giorgio Cavazzano e la mucca di Federico Panella.

 

GLI ANNI ’90: UN VIAGGIO AGRUMATO TRA COMPLETEZZA ED ESOTISMO

Arrivano così gli anni ’90, quelli del consumismo sfrenato, del tutto e subito, dei viaggi esotici dal sapore caraibico, ma dal fascino mediterraneo. Un mix di culture, punti di vista, freschezza e colore che Algida fa propri con due prodotti iconici: Liuk e Solero. Il primo è l’originale stecco gelato che può essere mangiato dall’inizio alla fine. Si contraddistingue per la sua freschezza data dal gusto leggero del sorbetto al limone (con Limoni di Sicilia) e dell’iconico stecco alla liquirizia. Mentre, il secondo nasce nel 1995, conquistando fin da subito il palato dei consumatori con la sua irresistibile combinazione di gusto e freschezza. Questo iconico gelato si distingue per l’incontro tra la cremosità del gelato alla vaniglia e la vivace intensità della variegatura e della copertura di sorbetto alla frutta esotica.  

 

LA FELICITA' DI "SCARTARE L'ESTATE" CON CORNETTO

Un viaggio senza tempo, insomma, che rimane ancorato oggi a ricordi, sensazioni ed emozioni che non hanno solo dato vita a un brand iconico, ma hanno trasformato un marchio in un simbolo familiare, nel quale riporre fiducia e a cui poter accostare un sentimento di appartenenza che va oltre il gusto e il piacere di assaggiare qualcosa di buono, ma allarga i suoi confini verso suoni, odori e immagini che rimangono cristallizzate dentro di noi, riportandoci lì dove e come vorremmo essere ogni giorno: felici, in vacanza, con le persone che amiamo. Proprio a questo concetto, peraltro, si rifarà anche la campagna pubblicitaria del più famoso tra i prodotti Algida, l'intramontabile Cornetto, che, nato nel 1959 dall'idea di un gelatiere napoletano, fu brevettato a livello industriale da Unilever sotto l'insegna di Algida nel 1976 e da allora diventò il vero ambasciatore della marca in tutto il mondo, con il claim "Scarta l'estate con Cornetto". Uno slogan che quest'anno si unirà, negli spot televisivi, a un altro classico della musica italiana, come per l'appunto Felicità, al fine di sottolineare ancora una volta come la semplicità della "lunga estate italiana", delle sue tradizioni e dei suoi gesti familiari, continuino a resistere nonostante il passare del tempo e i cambiamenti in atto, dando sicurezza e serenità a chi li ricerca.

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Finance & Administration

BOOM DEL FACTORING INTERNAZIONALE: +20% NEI PRIMI TRE MESI DEL 2025 PER UN MERCATO DEL FACTORING CHE VALE IL 14% DEL PIL ITALIANO

Le nuove politiche di dazi introdotte dagli Stati Uniti nel 2025 con aumenti delle tariffe su tutte le importazioni e misure ancora più severe verso alcuni partner commerciali, hanno profondamente modificato le dinamiche del commercio globale, imponendo nuove sfide alle aziende italiane orientate all’export. In questo scenario di crescente incertezza e volatilità, è emerso fin da subito il potenziale di uno strumento come il factoring internazionale che da anni vive una significativa capacità di crescita e sviluppo del proprio segmento nel nostro Paese e che in questi ultimi mesi si è imposto come uno elemento strategico a supporto delle imprese, registrando nel primo trimestre del 2025 una crescita record del 20% e arrivando a rappresentare circa un quarto del mercato totale del factoring italiano.

 

Il motivo di questa accelerazione, chiaramente, risiede nella necessità delle aziende di gestire meglio i rischi di credito e di liquidità legati alle esportazioni, messe in forte criticità dalle scelte politiche dell'amministrazione Trump e dai conseguenti cambiamenti normativi in atto a livello globale. Il factoring permette infatti di trasformare i crediti commerciali in liquidità immediata, riducendo l’esposizione al rischio di insolvenza e facilitando l’accesso a nuovi mercati, anche in condizioni di maggiore incertezza, offrendo così una maggiore resilienza finanziaria delle imprese, una migliore gestione del cash flow e la possibilità di adattarsi rapidamente alle nuove esigenze delle value chain globali e locali. Tuttavia, questa crescita porta con sé anche nuove sfide da affrontare, come, per esempio, le differenze normative tra Paesi, la complessità delle operazioni cross-border e la necessità di soluzioni contrattuali sempre più personalizzate, che rappresentano ostacoli da superare per garantire la piena efficacia del factoring internazionale. 

 

Un tema di grande attualità, questo, che abbiamo voluto approfondire meglio, attravero i dati proposti negli ultimi giorni da Assifact, l'Associazione Italiana per il Factoring, per comprendere a fondo quale sia l'attuale stato dell'arte del settore e perchè stia assumendo un ruolo sempre più strategico per la resilienza delle nostre imprese e della loro capacità di internazionalizzazione.

 

iL MERCATO DEL FACTORING IN ITALIA

Secondo gli analisti dell'ente, il mercato italiano del factoring, che rappresenta circa il 14% del Pil, continua nel suo andamento positivo anche nel 2025.  Il dato più significativo è la crescita del factoring internazionale, che comprende le operazioni in cui il cedente o il debitore risiedono all’estero: +20% nei primi tre mesi, secondo i dati forniti da Assifact, l’Associazione italiana per il factoring, con oltre 17 miliardi di euro di turnover a fronte di una crescita del turnover complessivo del factoring nel primo trimestre pari al 3,07%.

 

Già nel 2024 il factoring internazionale, con un turnover di quasi 73 miliardi di euro e una crescita del 13,79% sul 2023, era arrivato a rappresentare circa un quarto del mercato totale del factoring in Italia. Ora l’ulteriore accelerazione nel primo trimestre di quest’anno, con un incremento dell’1% rispetto all’anno precedente, al netto dell’operatività degli acquisti di crediti fiscali derivanti da bonus edilizi che risulta in esaurimento causa di decreti legislativi che nel corso del 2024 hanno di fatto bloccato la cessione di questo tipo di crediti da imprese a banche o intermediari finanziari. “I dati – ha affermato il Presidente di Assifact, Massimiliano Belingheri - confermano il ruolo sempre più rilevante del factoring per la liquidità delle imprese e nel sostenere l’economia reale: in un contesto di debole domanda di credito, la domanda di factoring continua a crescere. Il mercato italiano si distingue per volumi consistenti, con un ruolo rilevante nel supporto alle PMI e all’export: il segmento internazionale rappresenta ormai un quarto dei volumi e cresce a doppia cifra. La qualità del credito rimane molto elevata sul settore privato e rischi sostanziali contenuti sul settore pubblico. Serve ora una semplificazione normativa coerente con queste evidenze”. Il volume d’affari 2024 del factoring italiano corrisponde all’8% del mercato mondiale e all’11,5% di quello europeo. Nel 2024 hanno fatto ricorso al factoring oltre 32.400 imprese italiane, delle quali circa il 63% sono PMI, a testimonianza del continuo allargamento dello strumento finanziario a realtà di minori dimensioni. Sempre nel 2024 le operazioni di Supply Chain Finance (finanziamento della catena di fornitura) si sono consolidate al 10% circa del mercato totale italiano, con un turnover cumulativo pari a 28,03 miliardi di euro (+0,89% rispetto al 2023).  Il turnover del factoring delle imprese fornitrici del settore pubblico, da sempre caratterizzato da persistenti ritardi nei pagamenti (anche se in miglioramento negli ultimi anni), si è attestato nel 2024 a quasi 21 miliari di euro.

 

LA QUALITA' DEL CREDITO DEL FACTORING

La qualità del credito, con riferimento alle esposizioni lorde verso imprese private, si conferma molto elevata: i crediti deteriorati ammontano solo al 2% del totale, le sofferenze all’1,03%. “Per sostenere efficacemente le imprese – ha sostenuto il Segretario Generale di Assifact e professore all’Università di Roma Tor Vergata, Alessandro Carretta - serve un sistema che faciliti l’accesso al credito tramite lo smobilizzo dei crediti commerciali, anche e soprattutto quando parliamo di imprese fornitrici della PA. È fondamentale un quadro normativo europeo semplificato e proporzionato, che riconosca la specificità e il basso rischio del factoring. La revisione della definizione di default rappresenta un importante tassello”.

 

IL FACTORING INTERNAZIONALE

Alla base della forte crescita del factoring internazionale ci sono l’incremento delle esportazioni di merci italiane, la crescente domanda di transazioni in open account (quando il venditore invia la merce senza chiedere il pagamento anticipato, spesso concedendo una dilazione) da parte degli acquirenti internazionali e quindi la domanda crescente di soluzioni flessibili e sicure per le transazioni commerciali globali. Come evidenziato d auna ricerca di Assifact, le società di factoring portano a termine anche operazioni legate a forniture complesse verso acquirenti in Paesi in via di sviluppo, adattando contratti e operatività alle caratteristiche peculiari della fornitura e ricorrendo a specifiche forme di garanzia. Resta tuttavia la criticità delle differenze di natura legale fra i diversi Paesi, in particolare riguardo alle modalità per rendere opponibile la cessione al debitore e ai terzi. “Il factoring internazionale – ha sottolineato Diego Tavecchia, Direttore Operativo Assifact - rappresenta già oggi un valido alleato per le imprese vocate all'export, grazie a soluzioni flessibili capaci di adattarsi alle diverse caratteristiche delle filiere produttive. In prospettiva, il suo ruolo sarà sempre più strategico nel sostenere le aziende italiane nell’espansione verso nuovi mercati, contribuendo a rendere più sicuro ed efficiente l’accesso al commercio globale”.

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Marketing & Innovation

PIATTAFORME LOW-CODE NO-CODE E GENAI: L’INTEGRAZIONE CHE STA RISCRIVENDO LE REGOLE DELLO SVILUPPO SOFTWARE

Tradizionalmente, creare software richiedeva competenze di programmazione avanzate e tempi di sviluppo lunghi. In questo scenario, le piattaforme low-code/no-code (LCNC) consentono già da tempo a utenti aziendali non tecnici di costruire applicazioni attraverso interfacce visive e strumenti drag-and-drop, e così a sempre più persone, anche senza formazione informatica, di contribuire alla digitalizzazione di processi aziendali, sperimentare soluzioni innovative o automatizzare attività ripetitive.

Con l'arrivo dell'intelligenza artificiale, però, le regole del gioco sono cambiate e stanno cambiando in maniera radicale, da una parte, sendendo ancora più immediato e facile dare vita a nuovi progetti digitali e dall'altra riducendo ancora di più la necessità di competenze informatiche. Tuttavia, come ogni nuova grande opportunità, anche questa nuova dimensione della trasformazione digitale deve avere un controllo e una corretta gestione e integrazione nei sistemi aziendali per evitare una concatenzazione di errori e criticità che possono verificarsi a seguito dell'utilizzo improprio dell'AI e delle sue applicazioni. Così, per comprendere meglio lo scenario in cui ci stiamo immergendo, spesso, senza nemmeno accorgercene, abbiamo chiesto un parere ad Antonio D’Agata, Director Strategic Accounts & Partner di Axiante, che ha cercato di spiegare il reale stato dell'arte della situazione attuale e dei possibili sviluppi futuri.

 

"L’intelligenza artificiale - spiega D'agata - sta ora amplificando questa trasformazione e questo cambiamento, e in modo significativo. Gli strumenti di Generative AI (GenAI), ad esempio, sono in grado di scrivere codici, suggerire miglioramenti, automatizzare test o personalizzare l’esperienza utente in tempo reale. In combinazione con le piattaforme LCNC, l’AI non solo ne semplifica ulteriormente l’utilizzo, ma riduce in egual misura la soglia di competenza necessaria per creare soluzioni sofisticate".

È quindi prevedibile che l'adozione di queste piattaforme raggiungerà un punto di svolta grazie proprio alla spinta dell’AI, che aumenterà l'utilizzo di sistemi low-code e no-code tra gli utenti aziendali che non sono programmatori o tecnici e, secondo numerosi esperti del settore, potrebbe portare alla nascita di una nuova classe di strumenti di sviluppo. "Secondo le previsioni di Gartner - prosegue l'esperto - entro il 2029, l'80% delle applicazioni aziendali sarà generato utilizzando piattaforme low-code no-code, rispetto al 15% del 2024 grazie alla crescente disponibilità di strumenti potenziati dall’intelligenza artificiale". Inoltre, possiamo vedere già ora come l’integrazione tra AI e LCNC si traduce in benefici significativi: "Maggiore agilità, prototipazione rapida, capacità di adattamento ai cambiamenti di mercato e sviluppo di soluzioni personalizzate senza dover necessariamente dipendere al 100% da team IT interni o da fornitori esterni", conferma il manager. "La combinazione fra piattaforme low-code/no-code e AI – sottolinea D'Agata - non sostituirà iteam IT o gli sviluppatori, ma li aiuterà. Queste tecnologie permetteranno agli utenti aziendali di generare prototipi e costruire soluzioni più velocemente, alleggerendo il carico di lavoro degli sviluppatori che potranno così concentrarsi su compiti più complessi e critici. Inoltre, si favorirà una collaborazione più stretta tra business e IT, accelerando l’innovazione e la penetrazione della Digital Transformation. "Ciò grazie a un’accelerazione dei tempi di sviluppo, una riduzione dei costi, una maggiore inclusività nei processi di innovazione e una maggiore capacità di sperimentazione - aggiunge l'esperto -. Ma tutto questo comporta anche nuove sfide per i team tecnici. Lo sviluppo con piattaforme LCNC e GenAI da parte degli utenti aziendali può infatti incontrare limiti in termini di scalabilità, sicurezza, integrazione con sistemi complessi e qualità del codice. Senza una supervisione adeguata, si rischiano soluzioni frammentate, difficili da manutenere o non conformi agli standard aziendali. Per evitare questi rischi, è fondamentale che l’IT definisca linee guida chiare, promuova la governance centralizzata, fornisca formazione e mantenga un coinvolgimento attivo per garantire coerenza, sicurezza e sostenibilità nel tempo".

In definitiva, non si tratta solo di una rivoluzione tecnologica. "Assolutamente - conferma il manager -, piuttosto stiamo parlando di un cambiamento culturale che riscrive non solo chi può costruire software e come, ma anche le basi stesse della trasformazione digitale all’interno delle imprese".

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Human Resources

LAVORO IBRIDO: PER 7 CEO E CFO SU 10 E' PILASTRO FONDAMENTALE NELLE STRATEGIE DI RIDUZIONE DEI COSTI AZIENDALI

In un contesto economico globale segnato da instabilità e incertezza, i leader aziendali stanno abbracciando il lavoro ibrido come una soluzione strategica per navigare le sfide e garantire la crescita a lungo termine. Un nuovo studio di International Workplace Group (IWG), leader mondiale negli spazi di lavoro flessibili con brand come Regus, Copernico, Spaces, evidenzia come questa tendenza stia trasformando il modo in cui le aziende operano e gestiscono le proprie risorse.

 

Secondo la ricerca, l'87% dei CEO e CFO coinvolti nell’indagine si dichiara preoccupato per l'impatto dell'instabilità macroeconomica sulle proprie attività e l'86% sta implementando misure proattive per proteggere le proprie aziende. Tra queste, il lavoro ibrido emerge come una delle strategie più efficaci, con l'83% dei dirigenti che lo considera cruciale per la riduzione dei costi. In un contesto in cui il 67% delle aziende sta ridimensionando o pianificando di ridurre i costi operativi a causa dell'aumento delle tariffe, il lavoro ibrido offre una soluzione concreta.

 

I VANTAGGI DEL LAVORO IBRIDO: UNA TRASFORMAZIONE COMPLETA DEL BUSINESS

Il lavoro ibrido non consente solo di risparmiare ma ha anche un impatto significativo sul business. Il 77% dei CEO e CFO concorda sul fatto che il lavoro ibrido ha contribuito a ridurre significativamente le spese generali, liberando risorse preziose per investimenti strategici e creando un cuscinetto essenziale contro le imprevedibili fluttuazioni del mercato. Inoltre, il modello ibrido si dimostra un fattore chiave per la resilienza aziendale, permettendo alle aziende di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e garantendo la continuità operativa anche in tempi incerti. Non a caso, il 79% delle aziende sta attivamente esplorando ulteriori spazi di lavoro flessibili. L'adozione del lavoro ibrido ha portato anche a un aumento della produttività dei dipendenti, con l'83% dei dirigenti che ha riscontrato un miglioramento tangibile grazie alla flessibilità offerta da questo modello. Parallelamente, l'88% dei leader aziendali riconosce che il lavoro ibrido migliora la soddisfazione dei dipendenti, rendendolo un fattore cruciale per attrarre e fidelizzare i migliori talenti. Infine, il 74% dei CEO e CFO afferma che il lavoro ibrido ha aperto nuove opportunità di espansione geografica, ampliando il potenziale di crescita delle loro aziende. In un contesto in cui la produttività (37%), il benessere dei dipendenti (23%) e il rafforzamento della fidelizzazione dei talenti a lungo termine (17%) sono considerati elementi essenziali per il successo, il lavoro ibrido si rivela uno strumento fondamentale per raggiungere questi obiettivi.

"In un'epoca di volatilità economica, i CEO stanno valutando attentamente come affrontare l'incertezza, guidando al contempo l'efficienza e la crescita delle loro aziende," afferma Mark Dixon, CEO e fondatore di International Workplace Group. "Riconoscono che la flessibilità non è solo cruciale per salvaguardare le operazioni, ma anche per migliorare la produttività dei team. Consentendo ai dipendenti di lavorare più vicino a casa, in spazi di ufficio locali, le aziende che adottano il modello ibrido possono ridurre significativamente i costi e migliorare l'equilibrio tra lavoro e vita privata."

Il lavoro ibrido si conferma così come una strategia vincente per le aziende che desiderano affrontare l'incertezza economica, ridurre i costi, aumentare la produttività, attrarre i migliori talenti e, soprattutto, prendersi cura del benessere dei propri dipendenti. 

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Esperto di trasformazione aziendale

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Group Chief Information Officer, Mondadori Group

CPO Rountdtable - Roberto Grisci

Dir. Servizi IT, Dir. Centrale RU e Centralei, INPS

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CISO & Head of Cyber Security, AlmavivA

HR Business Summit - Giuseppe Conte

Direttore Centrale Risorse Umane, INPS

BLS Rome 2024 - Nicola Rizzoli

Director of Refereeing, Concacaf