ENERGIE RINNOVABILI: LO SCENARIO DI MERCATO, I DATI 2024 E LE PREVISIONI 2030

di Matteo Castelnuovo | 17/03/2025

Negli ultimi anni, il mondo ha assistito a un’accelerazione senza precedenti nell’espansione delle energie rinnovabili. Secondo il rapporto Renewables 2024 dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), il 2023 ha segnato un nuovo record con 510 GW di nuova capacità installata a livello globale. E questa crescita non sembra destinata ad arrestarsi: le previsioni indicano un aumento di 2,7 volte entro il 2030, superando del 25% le attuali ambizioni dei governi. Se il trend sarà confermato, entro la fine del decennio si aggiungeranno altri 5.500 GW di impianti rinnovabili in esercizio, portando le nuove installazioni annue a sfiorare i 940 GW nel 2030. Un balzo del 70% rispetto al record stabilito lo scorso anno. Il motore di questa rivoluzione green sarà il fotovoltaico solare, che insieme all’eolico rappresenterà il 95% della nuova capacità rinnovabile nei prossimi anni.

 

Un tema di grande attualità, questo, che sta assumendo un valore sempre più centrale nelle logiche delle imprese e dei governi a livello globale, date anche le tensioni geopolitiche che stanno ridefinendo le logiche di forza nell'ambito dell'approvvigionamento e stoccaggio energetico in ogni parte del mondo. Un aspetto su cui, in vista della prossima edizione del Global Risk Forum, l'evento dedicato al mondo del risk management, pervisto il 19 e 20 giugno 2025, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione organizzata da Business International, la knowledge unit del Gruppo Fiera Milano, e ideata per riunire in un unico luogo i migliori C-level del momento -, abbiamo voluto ragionare più approfonditamente attraverso l'analisi e il commento, che vi proponiamo di seguito, di un recente white paper a firma di Alessandro Brizzi, General Manager di RenovisESCo (Energy Service Company) certificata UNI CEI 11352, che propone e realizza soluzioni per l'efficienza energetica, destinate prevalentemente all'industria.

 

GLOBAL GREEN VISION

"Di fronte alla spinta prodotta dalle energie rinnovabili - spiega Brizzi -, la comunità internazionale è chiamata ad aggiornare le proprie strategie in materia. Ad oggi, solo 14 paesi hanno fissato obiettivi espliciti sulle rinnovabili nei loro NDC prima della COP28. Tuttavia, lo scenario attuale mostra segnali di superamento delle previsioni: quasi 70 paesi, che insieme rappresentano l’80% della capacità globale, sono sulla buona strada per raggiungere o addirittura superare i propri target al 2030". In prima fila c’è la Cina, leader indiscussa della transizione, seguita da altre grandi economie emergenti come Brasile e India, oltre agli Stati Uniti. "Tuttavia - prosegue il manager -, la posizione di Pechino solleva un evidente paradosso: se da un lato è il paese che sta investendo di più nelle rinnovabili, dall’altro continua ad aumentare la propria capacità di produzione a carbone, registrando livelli record di emissioni". A tal punto che secondo i recenti dati di Global Energy Motor e CREA (2024), nel 2023 ha avviato la costruzione di centrali a carbone per una capacità totale di 114 gigawatt, con 70 gigawatt già avviati, segnando un'accelerazione rispetto agli anni precedenti. "Dal 2022, inoltre - aggiunge l'esperto -, il paese ha autorizzato complessivamente 218 gigawatt di nuovi impianti, mettendo in discussione il proprio impegno a raggiungere la riduzione delle emissioni prima del 2030". In questo contesto, però, anche negli Stati Uniti la traiettoria della transizione energetica è tutt’altro che lineare. "Se da un lato il paese è tra i principali attori nella crescita delle rinnovabili - sostiene Brizzi -, dall’altro le recenti posizioni dell’amministrazione Trump - con la sospensione per 90 giorni ai finanziamenti e ai prestiti federali dell’USDA (il Dipartimento Americano per l’Agricoltura) previsti fin dal 2022 dall’Inflation Reduction Act e destinati ai progetti per la produzione di energia pulita - hanno creato incertezza nel settore". E l'Unione Europea? "L’UE - sottolinea il manager - ha fissato obiettivi ambiziosi per la transizione energetica, con il Green Deal e il pacchetto Fit for 55, che mirano a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e a rendere il continente carbon neutral entro il 2050. Tuttavia, la crescita delle rinnovabili non sta procedendo con la rapidità necessaria per raggiungere questi obiettivi". Secondo Ember, infatti, a un anno dalla COP28, solo 8 governi - tutti europei - su 96 nel mondo hanno aggiornato i loro obiettivi nazionali per il triplicamento delle rinnovabili entro il 2030.

 

LE CRITICITA' 

"L’analisi, però - indica l'esperto -, evidenzia una criticità più ampia: la somma complessiva degli obiettivi nazionali al 2030 ammonta attualmente a 7.242 GW, con un incremento minimo di soli 4 GW nell'ultimo anno. Sebbene ciò rappresenti un raddoppio rispetto alla capacità installata nel 2022 (3.379 GW), rimane un divario significativo di 3.758 GW per raggiungere l’obiettivo globale di triplicare le rinnovabili. Inoltre, a livello regionale, nessuna area del mondo sta colmando il gap necessario, in particolare considerando che alcune regioni dovrebbero contribuire in misura maggiore secondo gli scenari IPCC allineati con l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C". Sotto questo profilo, risulta chiaro ineffetti come i paesi più ricchi e industrializzati portino sulle spalle una doppia responsabilità che va oltre le apparenze; da un lato tali Nazioni hanno beneficiato infatti di uno sviluppo economico e tecnologico alimentato per decenni da fonti energetiche fossili, accumulando così un'enorme quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera. "Tale impatto storico non è solo una questione quantitativa - commenta Brizzi -, ma rappresenta una forma di “debito climatico” nei confronti dei paesi meno sviluppati, che oggi subiscono le conseguenze del cambiamento climatico pur avendo contribuito in misura marginale al problema". Dall’altro lato, il loro vantaggio in termini di risorse finanziarie, tecnologie avanzate e capacità di innovazione offre loro strumenti unici per guidare il cambiamento. "Attenzione, però - ammonisce il manager -, non si tratta solo di investire di più in energia rinnovabile, ma anche di creare le condizioni per accelerare la ricerca su soluzioni emergenti, come stoccaggio di energia, idrogeno verde e tecnologie di cattura del carbonio. Inoltre, questa capacità non può essere confinata ai confini nazionali: questi paesi devono assumere un ruolo di leadership anche sul piano internazionale, condividendo risorse e competenze per aiutare altre nazioni nella transizione energetica". In sintesi, questa doppia responsabilità non è solo morale o politica, ma strutturale: il ruolo storico e la capacità attuale dei paesi più industrializzati li pongono al centro della lotta al cambiamento climatico, con un mandato preciso per guidare il processo verso un futuro più sostenibile. "In questo scenario - sostiene l'esperto -, sicuramente uno degli ostacoli principali resta la capacità di stoccaggio: solo un terzo dei paesi analizzati sta perseguendo strategie per l'accumulo dell'energia, con una capacità installata di appena 284 GW, ben al di sotto dei 1.500 GW necessari. La carenza di investimenti nei sistemi di accumulo potrebbe rallentare ulteriormente l’integrazione delle rinnovabili nelle reti elettriche, compromettendo la sicurezza energetica europea e l’efficacia della transizione". Un altro elemento critico per molti paesi, poi, è la forte dipendenza tecnologica dalla Cina. "Attualmente - analizza Brizzi -, Pechino produce quasi il 60% della nuova capacità rinnovabile installata a livello mondiale. Da un lato, questa leadership ha permesso di ridurre drasticamente i costi delle tecnologie green - grazie a un effetto combinato di economia di scala, incentivi governativi e investimenti nell’intera catena di approvvigionamento -, dall'altro solleva preoccupazioni geopolitiche sull'approvvigionamento di materie prime e componenti essenziali, come pannelli solari e turbine eoliche".

 

UNO SGUARDO ALL'ITALIA

In Italia, il 2024 si è aperto con dati record per le rinnovabili. Secondo Terna, la produzione elettrica da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella da fonti fossili nei primi sei mesi dell’anno. Nel complesso, la domanda elettrica nazionale è stata di 312.285 GWh, in aumento del 2,2% rispetto al 2023, con le rinnovabili che hanno coperto il 41,2% del fabbisogno totale, il valore più alto mai registrato nel nostro Paese. "Il fotovoltaico ha registrato un incremento del 19,3% nel 2024 - ha evidenziato il manager -, raggiungendo un record storico di 36,1 TWh, mentre la produzione idroelettrica è aumentata del 30,4%, attestandosi a 52 TWh. Tuttavia, la capacità installata resta ancora insufficiente per centrare gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che punta a coprire il 72% della generazione elettrica con fonti rinnovabili entro il 2030". Tra i principali ostacoli alla crescita, in questo senso, Brizzi individua: "la burocrazia complessa che rallenta le autorizzazioni per i nuovi impianti e la mancanza di infrastrutture per l’accumulo di energia, fondamentali per bilanciare la produzione intermittente di fonti come solare ed eolico". Come se non bastasse, a complicare ulteriormente il quadro, secondo il manager, è il contesto geopolitico ed economico: "la crisi energetica globale degli ultimi anni ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi energetici nazionali, spingendo diversi governi a rivalutare il ruolo delle fonti fossili come soluzione tampone". Sotto questo profilo, inoltre, secondo il rapporto World Energy Outlook 2024 dell’IEA, il calo previsto dei prezzi dell’energia e l’intensificarsi della competizione tra fornitori potrebbero generare fasi di instabilità, con ripercussioni sugli investimenti nelle rinnovabili. "Se da un lato prezzi più bassi potrebbero liberare risorse per accelerare la transizione verso tecnologie pulite - ha proseguito l'esperto -, dall’altro c’è il rischio che la minore redditività degli impianti porti alcuni operatori a rallentare o rivedere al ribasso i propri piani di sviluppo. Nonostante ciò, è evidente che la transizione energetica non possa essere lasciata solo alle forze del mercato. Servono politiche chiare e incisive, con una forte volontà politica di superare gli ostacoli burocratici e infrastrutturali. L’Italia, in particolare, ha tutte le potenzialità per essere un leader in questo processo, grazie a condizioni climatiche favorevoli e un elevato potenziale di sviluppo tecnologico. Ma senza una strategia più efficace, rischiamo di restare indietro rispetto agli altri grandi player globali. La COP30 di Belém, che si terrà a novembre nel cuore dell’Amazzonia, sarà un appuntamento cruciale per verificare i progressi verso gli obiettivi di decarbonizzazione e rafforzare la cooperazione tra Stati, aziende e società civile. Il 2030 è dietro l’angolo, il tempo per agire è ora".

...continua

Last News

Marketing & Innovation

PASCALI (CLOUDERA): "IL CIO DEL FUTURO? VERO ARCHITETTO DEL CAMBIAMENTO"

In un mercato in costante evoluzione, accelerato dall’avvento dell’IA generativa, la figura del Chief Information Officer (CIO) si trova al centro di una profonda trasformazione. Essere un esperto di tecnologia non basta più: oggi le aziende italiane cercano leader capaci di coniugare competenze tecniche, visione strategica e intelligenza emotiva.

 

Ma quali sono allora le caratteristiche vincenti di un CIO del futuro? In vista della prossima edizione cel CIO Summit, l'evento dedicato al mondo dei Direttori IT e previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione organizzata da Business Internaitonal, la knowledge unit di Fiera Milano e pensata per l'incontro e il confronto con i migliori C-Level dell'impresa contemporanea -, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda attraverso l'analisi e il commento di un recente whitepaper a firma di Fabio Pascali, Regional Vice President Italy, Greece & Cyprus di Cloudera, che ha cercato di riassumere le principali caratteristiche da acquisire per chi ricopre oggi un ruolo che sta vivendo una profonda trasformazione, passando da gestore dell'hardware e del software aziendale ad abilitatore dell'innovazione d'impresa.

 

Secondo il manager, infatti: "Non esiste una ricetta magica per diventare un CIO di successo, ma ci sono alcuni aspetti chiave che contribuiscono senza dubbio al raggiungimento di questo ruolo". Chiaramente, si fa riferimento a specifiche caratteristiche personali e competenze, perché oggi il CIO è molto più di un esperto di tecnologia: "Questa figura - prosegue l'esperto - è diventata il catalizzatore della trasformazione digitale in azienda". In questo senso, secondo il Gartner 2025 CIO Agenda Survey, che ha coinvolto oltre 3.100 CIO a livello globale, solo il 48% delle iniziative digitali a livello aziendale raggiunge o supera gli obiettivi di business prefissati. Si tratta di un risultato che evidenzia l’importanza di un approccio strategico alla leadership tecnologica. "Oggi - continua Pascali - i CIO hanno di fronte una sfida imponente: non solo gestiscono l’infrastruttura tecnologica e l’evoluzione IT della propria azienda, ma devono anche possedere una visione strategica, promuovere l’innovazione e ispirare i propri collaboratori. Non basta più limitarsi a risolvere problemi tecnici e implementare nuove tecnologie. Le aziende cercano CIO che siano veri e propri leader, capaci di coniugare eccellenza tecnologica e intelligenza emotiva".

 

Ma cosa ha portato a questa radicale trasformazione del ruolo? "Che il responsabile IT debba comprendere i processi aziendali non è una novità - commenta l'esperto -. La vera novità è che oggi l’intero staff manageriale di un’azienda deve comprendere la tecnologia. Il CIO diventa quindi una guida strategica, che non si limita a tradurre in soluzioni tecnologiche le richieste altrui, ma promuove attivamente il cambiamento, con l’obiettivo primario di preparare l’azienda al futuro". In quest’ottica, quindi, risulta chiaro come l’IT si trasformi in un asset strategico, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dei dati e l’intelligenza artificiale. L’IA generativa, in particolare, come evidenziato nel Gartner 2025 CIO Agenda report, sta rivoluzionando il modo in cui le aziende operano, aprendo nuove opportunità ma anche nuove sfide in termini di sicurezza e gestione dei dati. Oltre l’80% dei CIO prevede di investire in capacità fondamentali come cybersecurity, IA generativa, business intelligence, analisi dei dati e tecnologie di integrazione come le API. I CIO stessi dichiarano di dedicare sempre più tempo all’allineamento delle iniziative IT con gli obiettivi di business. Guardando a questa prospettiva, quale dovrebbe essere però il segreto del successo? "Concentrarsi sulle persone", sottolinea l'esperto.

 

DATI E NUOVE GENERAZIONI: LE CHIAVI DEL FUTURO PER I CIO

"I CIO che ottengono i migliori risultati (i cosiddetti “Digital Vanguards” identificati da Gartner) - sosteniene Pascali - si concentrano sulla creazione di una user experience complessiva efficace per tutti gli utenti tecnologici dell’azienda. Strumenti come l’intelligenza artificiale (IA) e le piattaforme di dati, se ben integrati nel contesto aziendale, possono essere una vera e propria chiave di volta". Il ruolo centrale dei dati, sotto questo profilo, è innegabile: "Sono fattori che hanno il potenziale per alimentare innovazione ed efficienza - commenta il manager -. Tuttavia, molte aziende non riescono a sfruttare questo potenziale perché i dati rimangono intrappolati in silos, inaccessibili a chi potrebbe utilizzarli al meglio. Il compito del CIO, quindi, non si limita a garantirne il flusso dal punto di vista tecnico, ma si estende alla creazione di una cultura aziendale basata sulla condivisione della conoscenza e sulla valorizzazione dei dati come capitale strategico, non come semplice astrazione". Altrettanto cruciale, poi, è il coinvolgimento delle nuove generazioni, non solo per compensare il progressivo pensionamento dei baby boomer e la conseguente carenza di personale qualificato. "Millennial e Generazione Z - evidenzia l'esperto -, in particolare, portano nuove prospettive e un approccio innovativo ai processi aziendali. Saper integrare questa energia e questo nuovo modo di pensare nella strategia aziendale è fondamentale. I CIO “Digital Vanguards” hanno quasi tre volte più probabilità di dare priorità al supporto delle aree di business nella previsione delle proprie esigenze di competenze tecnologiche. Un vero team player, in questo contesto, è chi riesce a far interagire esperienza, apertura al nuovo e progresso tecnologico".

 

COMUNICAZIONE, RESILIENZA E FLESSIBILITA': IL TRIS VINCENTE PER IL CIO MODERNO

Secondo Pascali: "Per un CIO, l’eccellenza nella comunicazione è imprescindibile". Dal punto di vista dell'esperto, in questo senso: "Non si tratta solo di spiegare concetti tecnici in modo chiaro, ma di trasmettere la propria visione in modo coinvolgente e di progettare processi di trasformazione che ispirino e motivino l’intera azienda. Oltre alla chiarezza, serve l’arte di saper coinvolgere le persone e generare entusiasmo per il cambiamento". Pensando, poi, al momento che stiamo vivendo, all'incertezza che influisce sui mercati e alla necessità di investire sull'innovazione, nonostante i possibili gap digitali endogeni ed esogeni al settore industriale italiano, il manager riflette sul fatto che: "Le crisi rappresentano il banco di prova definitivo per un CIO. Essere preparati aumenta la resilienza, ma la vera differenza sta nella capacità di prendere decisioni rapide e mantenere il team concentrato e operativo. Pianificare è importante, ma quando le cose si complicano la flessibilità è cruciale, perché il business deve andare avanti, i processi non possono incepparsi e i clienti devono essere sempre informati". Questo, chiaramente, significa, nel quotidiano, sapersi ritagliare lo spazio per pensare in modo strategico e delegare o automatizzare le attività di routine, così da non sacrificare innovazione e sviluppo. Non a caso, l’86% dei CIO afferma che l’innovazione è sempre più al centro dell’attenzione, come evidenzia uno studio di Foundry. "I CIO che riescono a trovare questo equilibrio - aggiunge Pascali - fanno la differenza, sia nei momenti di calma che in quelli di crisi. In situazioni di emergenza, serve un CIO che sappia definire priorità chiare, comunicare con trasparenza e prendere decisioni rapide. Allo stesso tempo, la resilienza permette di preparare il team ad affrontare le difficoltà, garantendo una risposta calma ed efficiente anche nei momenti più impegnativi".

 

APERTURA AL CAMBIAMENTO: LA FORZA DI UN CIO DI SUCCESSO

Un altro aspetto essenziale nella visione del manager, parlando delle principali qualità che dovrebbe avere un buon direttore dell'area IT, è la necessità di un vero e proprio cambio culturale nell'approccio strategico e operativo al business moderno da parte dei professionisti del settore. "Sbagliare è umano - spiega l'esperto -. Considerare gli errori come opportunità di apprendimento e ricercare attivamente il feedback rafforza la fiducia nel team e promuove una cultura orientata all’innovazione. Un CIO di successo si distingue per la sua apertura, sia nei confronti del feedback che del cambiamento. In un settore in continua evoluzione, il CIO deve essere un esempio di adattabilità, mostrando al team come affrontare le nuove sfide. Opporsi al cambiamento può infatti frenare sia la crescita professionale che quella dell’azienda".

 

IL CIO: ARCHITETTO DEL CAMBIAMENTO

La strategia e le competenze tecniche, però, non sono gli unici fattori di successo per un direttore IT di nuova generazione. Anche i leader più brillanti, infatti, possono cadere in errore. Tra le trappole più comuni, sicuramente, ci sono la rigidità di fronte al cambiamento e una visione eccessivamente focalizzata sugli aspetti tecnici. Sotto questo profilo, secondo il manager: "La tecnologia è e rimane fondamentale, ma il fattore umano è determinante. Per un CIO, perdere il contatto con il proprio team è particolarmente rischioso. Comunicazione ed empatia non sono quindi qualità accessorie, ma requisiti fondamentali. Proprio qui risiede la grande opportunità del ruolo: essere CIO non è solo un lavoro, ma la possibilità di plasmare intere organizzazioni. Chi riesce a combinare abilmente tecnologia, strategia e leadership, lascia un segno indelebile nell’azienda, diventandone una figura chiave per una crescita sostenibile".

...continua
Top Management

AAA CERCASI “TIME MANAGER” DISPERATAMENTE, NEL MONDO PIÙ DI 8 LAVORATORI SU 10 NON RIESCONO A GESTIRE IL TEMPO EFFICACEMENTE

Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando”: mai banali le parole di Albert Einstein che ha sempre visto nel tempo una grandissima risorsa. Le dichiarazioni del noto fisico risultano più che mai attuali in un’epoca in cui grandi e piccini vivono a stretto contatto con la velocità. All’interno di questo scenario in cui tutti sono sempre costantemente di corsa, soprattutto durante le ore di lavoro, risulta più che mai fondamentale sviluppare una dote in particolare: si tratta del time management, ovvero la capacità di gestire nel migliore dei modi il tempo a propria disposizione, svolgendo così le mansioni richieste nella quotidianità e ponendosi delle priorità essenziali per raggiungere il successo.

 

Un tema, questo, che abbiamo voluto approfondire anche in vista della prossima edizione del Business Leaders Summit, la grande manifestazione organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e prevista il 19 e 20 giugno 2025 all'Allianz MiCo di Milano, con l'obiettivo di riunire in un unico luogo i migliori C-level dell'impresa contemporanea. In occasione del nuovo appuntamento della kermesse, infatti, il filo conduttore dei sei summit verticali che caratterizzeranno la manifestazione con focus specifici dedicati al mondo HR, Procurement, Finance, Risk, Cybersecurity, Information Technology e Marketing, sarà proprio il concetto di tempo sotto i suoi diversi aspetti e nelle sue differenti declinazioni. 

 

I DATI

Secondo una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto del Consorzio Vero Volley, il cosiddetto time management risulta una competenza quasi del tutto assente negli workplace di tutto il mondo. Infatti, stando a quanto indicato da Linkedin, più di 8 professionisti su 10 (82%) non sono in grado di gestire il tempo in maniera efficace sul posto di lavoro e, inevitabilmente, non riescono a rispettare le deadline imposte dai superiori e a portare loro risultati rilevanti. A seguito di quanto appena illustrato, non sorprende il fatto che, secondo un ulteriore approfondimento strutturato sempre da Linkedin, più del 40% dei professionisti globali si sia iscritto o abbia già partecipato nel corso dell’anno corrente a corsi utili per imparare tutti i segreti del mestiere e diventare così degli ottimi “Time Manager”. Migliorare o addirittura perfezionare la skill della gestione del tempo risulta molto importante perché, stando a quanto specificato da Forbes US, è una delle soft skill più richieste da HR Recruiter e leader d’impresa nel corso del 2024 e sarà una delle più ricercate in vista dei prossimi mesi e anni.

 

Arrivati a questo punto, sorge una domanda quasi del tutto spontanea: esistono dei “superpoteri” da sviluppare per arricchire il proprio bagaglio di competenze con la skill più ricercata sul mercato del lavoro? La risposta è sì e sono innumerevoli: le prime conferme in merito giungono da Economic Times, il quale, grazie ad un approfondimento esaustivo basato su una serie di studi elaborati dalla Indian School of Business, mette in risalto il cosiddetto “priority power”. Nello specifico, è l’abilità di stabilire delle priorità fin dalle prime ore della propria giornata lavorativa, completando così innanzitutto i compiti più lunghi e dispendiosi e, in seguito, tutto il resto. Ulteriori precisazioni sul tema arrivano dall’Italia e, nel dettaglio, da un’esperta del settore. Si tratta di Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, struttura di riferimento nel mondo della pallavolo nazionale e internazionale, che recentemente ha espresso la sua opinione sul valore del tempo in relazione anche alla costruzione di una società sportiva e allo sviluppo dei suoi progetti presso l'Università degli Studi di Milano: “La nostra disciplina, la pallavolo, che è un gioco a punteggio, non ha quella caratteristica della fretta che è tipica di altri ambiti. Anche la costruzione e la storia del Consorzio Vero Volley sono state caratterizzate da questo, aspettando il tempo che era necessario per crescere, anche per studiare e capire con pazienza quello che stava succedendo e si stava sviluppando. Mantenendo, però, sempre fermi alcuni nostri pensieri, come quelli legati all'attività giovanile e alla sua importanza nello sviluppo delle life skills delle persone. Oggi, il Consorzio, con i suoi circa vent'anni di storia è raccontato dal claim «Driven by Values», quello che di più parla di noi. Aver lasciato lavorare anche il tempo è una modalità di cui sono veramente soddisfatta nella crescita del Consorzio, che continua a guardare, immaginare il futuro e ad accompagnare tante generazioni nello sviluppo del loro percorso”.

 

Fanno seguito alle parole di Alessandra Marzari indicazioni aggiuntive sui superpoteri da sviluppare per acquisire un ottimo time management. A questo proposito, ecco l’International Journal of Multidisciplinary Research in Arts Science and Technology che definisce il concetto di “bundary bliss”, vale a dire la corretta distinzione tra attività lavorative e mansioni di carattere personale. In questo modo, fin dal principio, sarà possibile dividere la giornata in due fasi distinte e concentrare l’attenzione su ciò che è più importante a seconda del momento, del luogo e della situazione in cui ogni singolo lavoratore si trova. Si prosegue con Linkedin che descrive la “distraction defense”: entrando più nel dettaglio, il lavoratore in questione, per organizzare il tempo a sua disposizione, deve eliminare ogni tipologia di distrazione ed entrare in una specie di bolla in cui isolarsi e pensare solo ed esclusivamente ai progetti da portare a termine. E ancora, secondo Mckinsey un Time Manager di livello è capace di prefissarsi degli “smart goal”, cioè obiettivi pertinenti e specifici correlati ad un lasso di tempo necessario per svolgere nel migliore dei modi il lavoro richiesto. Per ultimo, ma non meno importante, ogni crescita, in questo caso in termini di time managing, passa sempre dalla determinazione e dalla voglia di cambiare del singolo professionista. Per questo motivo, il portale britannico Management Today parla, nel dettaglio, di “change for growth”. 

 

Ecco, quindi, di seguito i 7 superpoteri da sviluppare per diventare dei veri e propri maestri di time managing sul posto di lavoro:

 

  • Priority power: si tratta della capacità di fare una vera e propria lista delle priorità fin dall’inizio dell’orario di lavoro, svolgendo in primis i compiti più difficili e dispendiosi;

 

  • Train the patience: una gestione efficace del proprio tempo passa dalla capacità di avere pazienza, qualità che aiuta ad analizzare la situazione corrente e, di conseguenza, ad elaborare strategie e soluzioni efficaci;

 

  • Let time be your ally: il tempo non è un nemico, bensì un alleato che, una volta apprezzato nella sua totalità, è in grado di offrire le giuste opportunità di crescita da cogliere giorno dopo giorno;   

 

  • Bundary bliss: separare di netto le mansioni lavorative da quelle di natura personale risulta fondamentale per organizzare il proprio tempo e decidere su cosa concentrare l’attenzione;

 

  • Distraction defense: le distrazioni, all’interno dell’ambiente di lavoro, possono nascondersi ovunque, per questo è importante isolarsi, soprattutto mentalmente, per favorire la concentrazione;

 

  • Smart Goal: un vero time manager non può solo avere obiettivi, ma dei veri e propri smart goal da correlare ad un giusto corrispettivo di ore o minuti in cui poter raggiungere il traguardo desiderato;

 

  • Change for growth: dietro ogni crescita c’è sempre un grande cambiamento, soprattutto mentale, che i lavoratori globali sono chiamati ad attuare in ottica time management.
...continua
Supply Chain & Procurement

SCHMID (EUROPAGES): COME MIGLIORARE LA CUSTOMER EXPERIENCE B2B

Avere un ottimo prodotto o servizio non è più sufficiente per appagare le aspettative dei clienti. Gli acquirenti B2B oggi desiderano un'esperienza fluida e coinvolgente in ogni interazione con l'azienda. Si aspettano personalizzazione e competenze digitali, proprio come quelle che sperimentano come consumatori. Per soddisfare queste aspettative, le aziende B2B devono dare la priorità alla creazione di un'esperienza cliente positiva.

Un processo di consumerizzazione delle dinamiche corporate che sicuramente non è semplice, ma che sta diventando il vero fenomeno e contemporaneamente la versa sfida di questo 2025 per tutte le imprese che lavorano nel settore del business to business. Un mercato in crescita e, soprattutto, in continua evoluzione, che sotto questo profilo sta vivendo una vera e propria rivoluzione di cui, in vista della prossima edizione del CMO Summit - l'evento dedicato al mondo dei Chief Marketing Officer e previsto, presso l'Allianz MiCo di Milano, il 19 e 20 giugno 2025 all'interno del Business Leaders Summit -, abbiamo voluto capire meglio i connotati attraverso l'analisi di un recente whitepaper a cura di Peter F. Schmid, CEO, Europages, che vi proponiamo di seguito per capire meglio come oggi sia possibile dare maggiore valore alla propria attività imprenditoriale, grazie allo sviluppo di una CX sempre più efficace e performante.

 

COMPRENDERE IL PERCORSO DEL CLIENTE B2B

"Puntare tutto sulla creazione di un'esperienza di valore significa innanzi tutto semplificare e velocizzare il percorso del cliente B2B, con un’interfaccia digitale che sia in linea con le sperimentazioni “consumer”". E' questo, secondo il manager, il primo passo fondamentale da compiere oggi per rimanere al passo con i tempi. "È quindi fondamentale comprendere il percorso del cliente B2B - prosegue Schmid -, pensandolo come un funnel – un vero e proprio imbuto - che guida gli utenti in diverse fasi interattive: dalla consapevolezza, dove nella parte superiore del funnel i clienti vengono a conoscenza dell’attività dell’azienda, alla considerazione, il passaggio in cui esplorano prodotti o servizi e valutano le opzioni, fino alla decisione, il momento nel quale decidono se effettuare un acquisto, senza dimenticare, infine, la fidelizzazione, ovvero quando, dopo la vendita, è necessario concentrarsi sul mantenere la soddisfazione e il coinvolgimento del cliente, magari sfruttando anche una strategia di advocacy, in cui i clienti soddisfatti possono divenire “fan” che consigliano prodotti e servizi acquistati ad altri". Un percorso, questo, che rende quindi fondamentale considerare il modo in cui i clienti interagiscono con il sito web aziendale, le app, il team di vendita, le e-mail, i social media e l'assistenza, in ogni fase del funnel. "Ogni interazione - sostiene l'esperto - modella la loro esperienza". Anche perchè, la mappatura del percorso del cliente è un ottimo modo per tenere sotto controllo l'intero processo di vendita e individuare eventuali aree problematiche. "Questo aiuta, se necessario, ad apportare miglioramenti e a mantenere la coerenza - commenta il manager -. Ad esempio, se viene scaricata una risorsa dal sito web (azione intermedia), il team di vendita è in grado di procedere rapidamente con un follow up? I contenuti scaricati corrispondono al tono e alle promesse degli altri materiali di marketing? Un'esperienza disordinata o non coerente può confondere e frustrare i clienti, rendendo più difficile trasformare i lead in acquirenti".

 

PERSONALIZZAZIONE DELL'ESPERIENZA DEL CLIENTE SU LARGA SCALA

Anche nel B2B, insomma, gli acquirenti ora si aspettano esperienze personalizzate che soddisfino le loro esigenze specifiche. "Questo - spiega Schmid - significa capire il settore in cui operano, le dimensioni dell'azienda e il ruolo. Ad esempio, un responsabile degli acquisti nel settore manifatturiero avrà priorità diverse rispetto a un direttore marketing in una startup tecnologica. Per personalizzare l'esperienza del cliente in modo efficace, è importante fornire i contenuti giusti al momento giusto, utilizzando il canale migliore". Ad esempio, se un cliente mostra interesse per un prodotto scaricando un white paper o partecipando a un webinar, può essere utile un'e-mail di follow-up con un caso di studio pertinente, un'offerta speciale o uno sconto o una prova gratuita per esplorare il prodotto. "Questo dimostra la comprensione delle loro esigenze e aiuta a creare fiducia - prosegue nel ragionamento il manager -. Per raggiungere questo livello di personalizzazione su larga scala è necessario l'utilizzo della tecnologia. I sistemi CRM raccolgono e gestiscono i dati dei clienti, mentre gli strumenti di automazione del marketing aiutano a segmentare i clienti e a inviare campagne personalizzate". Questi sistemi, secondo l'esperto, infatti, possono essere utili in vari modi: "dal tenere traccia delle interazioni con i clienti, attraverso e-mail, riunioni e visite al sito web, al memorizzare dettagli importanti sui clienti, come preferenze, cronologia degli acquisti, informazioni di contatto, e dal segmentare i clienti, in base a fattori quali settore, dimensioni dell'azienda o comportamento, all'automatizzazione le attività di follow-up, come l'invio di e-mail per mantenere la comunicazione pertinente e tempestiva".

 

SUPPORTO PROATTIVO PER UNA MIGLIORE ESPERIENZA DEL CLIENTE

Per migliorare l'esperienza cliente, dunque, è imperativo offrire un'ottima assistenza clienti. "Non si tratta solo di reagire ai problemi - ammonisce Schmid -, ma di individuare potenziali problemi prima che peggiorino e risolverli rapidamente. L'utilizzo di dati e analisi consente di identificare i modelli e prevedere ciò di cui i clienti potrebbero aver bisogno. Ad esempio, se un cliente legge spesso un particolare articolo della guida, potrebbe significare che ha bisogno di ulteriore formazione o assistenza in quell'area. Contattare prima di una richiesta di aiuto può prevenire problemi e dimostrare interesse per il suo successo. Il supporto predittivo utilizza anche l'automazione per fornire un servizio rapido e affidabile. Ad esempio, i chatbot possono rispondere a semplici domande e guidare i clienti verso le risorse giuste, consentendo al team di supporto di concentrarsi su problemi più complicati".

 

SUGGERIMENTO PROFESSIONALE

Al netto delle questioni tecniche, però, secondo il manager, l'ascolto del cliente risulta essere un elemento da tenere sempre in alta considerazione in ogni momento del processo. "È sempre consigliabile - sottolinea l'esperto - raccogliere il feedback dei clienti durante l'intero percorso, sia attraverso sondaggi, moduli di feedback e recensioni online per comprendere la percezione dei clienti, sia attraverso la richiesta di feedback in diversi momenti, ad esempio dopo un acquisto, una demo o una sessione di supporto. Queste informazioni aiuteranno a migliorare le strategie e ad esaudire aspettative dei clienti".

 

COSTRUIRE RELAZIONI NEL PERCORSO DEL CLIENTE B2B

Seguendo questo consiglio, è evidente come, nell'impostazione di una buona strategia di customer expeience, mentre la tecnologia è importante per migliorare il percorso del cliente B2B, il lato umano rimanga altrettanto prezioso. "Costruire solide relazioni con i clienti è essenziale per un successo a lungo termine, soprattutto negli ambienti B2B in cui le decisioni complesse spesso coinvolgono più parti interessate e richiedono un alto livello di fiducia - evidenzia Schmid -. Potrebbe quindi essere utile: assegnare account manager dedicati per fornire supporto e guida personalizzati; mantenere una comunicazione regolare per capire come si stanno evolvendo le esigenze dei clienti; offrire opportunità di interazione diretta, come eventi online o incontri in persona".

 

INTEGRAZIONE DEI PUNTI DI CONTATTO PER UN'ESPERIENZA CLIENTE UNIFICATA

Per creare un'esperienza cliente fluida tra fisico e digitale, però, è necessario collegare tra loro tutti i punti di contatto senza soluzione di continuità. "Ciò significa mantenere la stessa voce, la stessa messaggistica e la stessa esperienza del marchio sul sito web, l'app mobile, i portali online, il sistema CRM, le comunicazioni via e-mail, i social media e, naturalmente, le interazioni di persona - spiega l'esperto -. Va da sé che, se un cliente contatta il team di assistenza per telefono, le informazioni che ottiene devono corrispondere a quelle disponibili sul sito web o sui social. Allo stesso modo, il team di vendita dovrebbe conoscere tutte le interazioni precedenti che un cliente ha avuto con l’azienda, in modo da poter offrire un'esperienza più personalizzata". Collegare tutti questi punti di contatto, tuttavia, richiede un approccio completo o, per così dire, olistico end-to-end. "Ciò - prosegue Schmid - potrebbe includere: condivisione dei dati tra diverse piattaforme; utilizzo dello stesso design su tutti i canali; garanzia che le interazioni online e offline fluiscano senza interruzioni". In questo senso, dunque, è chiaro che, secondo il manager, "le aziende che prosperano si concentrino sulla creazione di un'esperienza cliente senza soluzione di continuità". In questo senso, la comprensione delle esigenze e dei comportamenti dei clienti, nonché l'identificazione delle aree di miglioramento, sembrano poter essere raggiunte facilmente attraverso la mappatura del percorso del cliente e la tecnologia aiuta a personalizzare le interazioni e a offrire un supporto proattivo, ma anche la creazione di solide connessioni umane risulta fondamentale. "Un'esperienza fluida e incentrata sul cliente in tutti i punti di contatto, come il tuo sito web e l'app mobile - precisa il manager -, aiuta a fidelizzare e a distinguere il brand. Tuttavia, il futuro della customer experience va oltre gli strumenti digitali di oggi. Immaginiamo un mondo in cui gli acquirenti B2B possano provare prodotti e servizi in ambienti virtuali, utilizzando la realtà aumentata (AR) per vedere soluzioni complesse nel proprio spazio. Queste tecnologie non sono puro spettacolo, ma possono davvero fornire nuovi modi per coinvolgere i clienti, offrire demo personalizzate e migliorare la collaborazione remota". D'altronde, già oggi, le aziende che utilizzano la realtà aumentata stanno creando esperienze uniche che aumentano il coinvolgimento dei clienti e aiutano a far crescere il loro business e in questo anche europages non è da meno, come conclude Schmid: "La piattaforma offre prodotti e servizi di alta qualità, esclusivamente europei. Su di essa, infatti, è possibile trovare il fornitore giusto per aumentare l'efficienza aziendale e migliorare l'esperienza del cliente, accelerando l’ingresso sui mercati globali".

...continua
Finance & Administration

AI ADOPTION: COME APPROCCIARLA E GESTIRLA NEL MIGLIORE DEI MODI?

Secondo il recente #AI Barometer di EY, l’Italia è tra i primi tre Paesi dell’Unione Europea per adozione di #intelligenzaartificiale, con il 77% dei professionisti che già la utilizza, il 24% pronto ad affermare che questa tecnologia stia già influenzando il proprio lavoro e il 46% che prevede un incremento dell’impatto delle applicazioni AI nel business nei prossimi 3 anni. 

 

Nonostante questi dati positivi, però, le imprese italiane, quando si parla di questi temi si trovano poi ad affrontare criticità come la mancanza di infrastrutture di rete, che secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano colpisce il 65% dei casi e pone l’Italia al 23esimo posto in Europa, e il gap di competenze digitali, dove l’Italia si posiziona 25esima. 

 

Qual è, allora, il vero stato dell’arte dell’adozione di AI nella nostra penisola e come approcciarla nel migliore dei modi? 

 

Un tema che, come #BusinessInternational, knowledge unit di Fiera Milano, peraltro, abbiamo approfondito anche durante l’ultima edizione del #BusinessLeaders Summit (www.businessleaders.it), svoltosi a Roma il 26 e 27 novembre 2024, e che cercheremo di approfondire e capire meglio, anche nel corso di questa nuova puntata di "#OneQuestion", insieme a Luca Bui, Pre-Sales & PSM Manager, Board Italia.

...continua
Risk Management & Cyber Security

ALLIANZ RISK BAROMETER 2025: CYBERSECURITY AL PRIMO POSTO, MA CATASTROFI NATURALI E CAMBIAMENTO CLIMATICO SONO I RISCHI CHE CRESCONO DI PIU'

Il 2025 si è aperto con il più grande incendio nella storia della California. La carenza di fonti idriche e l’ipersfruttamento delle risorse naturali, unite al cambiamento climatico, infatti, hanno arso quasi completamente la Città degli Angeli americana e le colline circostanti, lasciando senza abitazione centinaia di migliaia di persone e contemporaneamente paralizzando anche qualsiasi tipologia di business e di commercio nell’area geografica limitrofa. In un contest del genere, la prima domanda che ci si è posti è stata: come è stato possible arrivare a questo punto? Nel 2025 è ancora davvero possible non riuscire a prevedre situazioni come queste e soprattutto, come è possible che non esista un piano di disaster recovery in grado di moderare o ridurre gli impatti e le conseguenza di un incendio, portando la situazione a una catastrophe di questa portata?

 

Tutte domande lecite che, se trasposte invece nel mondo del business, ha fatto interrogare molti sulla propria capacità di gestione di rischi e criticità come queste, facendo conseguentemente sorgere molteplici dubbi e perplessità. Quali sono, però, oggi I principali rischi, realmente percepiti, mappati e anticipate dale aziende, tanto a livello globale, quanto a livello italiano? Abbiamo cercato di comprenderlo meglio, attraverso l’analisi e il commento del consueto Allianz Risk Barometer che, come ogni anno, offer una precisa fotografia dello scenario in cui siamo immerse, sotto questo punto di vista, e che vi proponiamo in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del Business Leaders Summit, prevista il prossimo 19 e 20 giugno 2025 presso l’Allianz MiCo di Milano.

 

IL REPORT

Dall’analisi, emerge anche quest’ anno che gli incidenti informatici che includono le violazioni dei dati o gli attacchi ransomware e le interruzioni IT, come l'incidente CrowdStrike, sono la maggiore preoccupazione per le aziende a livello globale nel 2025 e ancora una volta, anche l'interruzione dell'attività rimane uno dei timori principali per le aziende di tutte le dimensioni, classificandosi al 2° posto, ma dopo un 2024 ancora caratterizzato da un pesante impatto delle catastrofi naturali, questo rischio, pur rimanendo stabile al 3° posto, si avvicina in maniera sensibile ai valori della “medaglia d’argento” di questa speciale classifica. Inoltre, l’impatto di un super anno elettorale a livello planetario come è stato il 2024, con crescenti tensioni geopolitiche e possibilità di guerre commerciali, ha fatto sì che i cambiamenti nella legislazione e regolamentazione si collochino tra i primi cinque rischi, arrivando al 4° posto. Il rischio che è cresciuto di più però, secondo quanto emerge dalle risposte fornite in questa edizione dell’Allianz Risk Barometer, è il cambiamento climatico, che passa dal 7° al 5° posto, raggiungendo la sua posizione più alta nella graduatoria dei peggiori rischi nell’arco dei 14 anni di sondaggio, nonostante negli ultimi 12 mesi gli investimenti sul team abbiano riscontrato una battuta d’arresto sia nel pubblico, sia nel private..

 

LE DIFFERENTI VISIONI DEL RISCHIO

Le grandi aziende, proprio come le medie e piccole imprese, percepiscono in egual modo gli incidenti informatici come il loro rischio aziendale numero uno. Tuttavia, ci sono differenze significative nel resto della classifica. Le piccole aziende sono più preoccupate per rischi più localizzati e immediati, come quelli collegati a compliance normativa, sviluppi macroeconomici e carenza di competenze a livello di personale, anche se l’indagine registra come alcuni dei rischi che in passato hanno preoccupato le aziende più grandi, stiano ora iniziando ad interessare anche quelle di piccole dimensioni, con il cambiamento climatico e i rischi politici, che salgono nella classifica.

 

ITALIA: RISCHIO CYBER, CATASTROFI NATURALI E INTERRUZIONE DELL’ATTIVITÀ LA TOP 3 DEI RISCHI

Anche in Italia, l’Allianz Risk Barometer evidenzia che il rischio cyber si posiziona al primo posto seguito dalle catastrofi naturali - in aumento rispetto all’anno precedente - e dall’interruzione dell’attività produttiva. Marco Vincenzi, Regional Managing Director Southern Europe di Allianz Commercial ha osservato: "I risultati del recente sondaggio riflettono in modo chiaro e inequivocabile le principali preoccupazioni delle nostre aziende nel contesto attuale e rafforzano quanto già emerso nel 2024. Le imprese, di qualsiasi dimensione, oggi più che mai, si trovano ad affrontare sfide complesse e dinamiche che spaziano dall'adozione e utilizzo di nuove tecnologie, alla gestione delle risorse umane, dovendosi adeguare a normative sempre più stringenti. A ciò si aggiunge la preoccupazione che eventi catastrofici possano interrompere la propria attività con un impatto economico potenzialmente significativo. È evidente che per affrontare queste sfide le imprese necessitano di supporto strategico e strumenti adeguati che le aiutino a trasformare le loro preoccupazioni in opportunità di sviluppo e miglioramento. Questo report ci offre anche un prezioso spunto di riflessione su come queste sfide possano essere affrontate in modo proattivo e strategico di risk management".

Nell’ambito delle catastrofi naturali, nel 2024 in Italia si sono registrati 351 eventi climatici con un incremento di 5 volte in soli dieci anni. In particolare, rispetto al 2023, le esondazioni fluviali sono cresciute del 24%, gli allagamenti da piogge eccezionali per intensità del 12% e i danni da siccità prolungata del 55%, come emerso anche dai dati dell’Osservatorio Nazionale Città Clima del 2024.

 

IL RANKING DEI RISCHI A LIVELLO GLOBALE

Vanessa Maxwell, Chief Underwriting Officer di Allianz Commercial, ha commentato: “Il 2024 è stato un anno straordinario in termini di risk management e i risultati dell’Allianz Risk Barometer riflettono l'incertezza che molte aziende in tutto il mondo stanno affrontando in questo momento. Ciò che emerge è l'interconnessione dei rischi principali. Il cambiamento climatico, le tecnologie emergenti, la regolamentazione e i rischi geopolitici sono sempre più interconnessi, determinando una complessa rete di causa ed effetto. Le aziende devono adottare un approccio olistico nel risk management e impegnarsi costantemente per migliorare la loro resilienza al fine di riuscire ad affrontare questi rischi in rapida evoluzione”. In questo contest, come anticipato, gli incidenti informatici (38% delle risposte complessive) si classificano come il rischio più importante a livello globale per il quarto anno consecutivo, con il margine più alto di sempre (7 punti percentuali). È il pericolo principale in 20 paesi, tra cui Argentina, Francia, Germania, India, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti. Più del 60% degli intervistati ha identificato i data breach come il rischio informatico che le aziende temono di più, seguite dagli attacchi alle infrastrutture critiche e alle proprietà materiali, con il 57%. "Per molte aziende, il rischio informatico esacerbato dallo sviluppo rapido dell'intelligenza artificiale (AI) è il rischio più sentito, che prevale su tutto il resto. È probabile che possa essere considerato un Top Risk anche in futuro, data la crescente dipendenza dalla tecnologia. L’incidente di CrowdStrike nell'estate del 2024 ha nuovamente sottolineato quanto siamo tutti dipendenti da sistemi IT sicuri e affidabili," ha aggiunto Rishi Baviskar, Global Head of Cyber Risk Consulting di Allianz Commercial.

 

IL GIOCO DELLE INTERCONNESSIONI DEL RISCHIO

L'interruzione dell'attività (Business Interruption, BI) si è classificata al primo o secondo posto in ogni Allianz Risk Barometer nell'ultimo decennio e mantiene la sua posizione al secondo posto nel 2025 con il 31% delle risposte. Anche se, a ben Vedere, l'interruzione dell'attività è tipicamente una conseguenza di eventi come disastri naturali, attacchi informatici o guasti, l'insolvenza o rischi politici come conflitti o disordini civili, che possono tutti influire sulla capacità di un'azienda di operare normalmente. Nonostante questo, però, diversi esempi del 2024 evidenziano perché le aziende vedono ancora l'interruzione dell'attività come una minaccia importante per il loro modello di business. Gli attacchi Houthi nel Mar Rosso, per esempio, hanno portato a interruzioni della catena di approvvigionamento a causa del dirottamento delle navi portacontainer, mentre incidenti come il crollo del Francis Scott Key Bridge a Baltimora hanno avuto un impatto diretto sulle supply chain globali e locali. Secondo un’analisi di Circular Republic, in collaborazione con Allianz e altri, le interruzioni delle supply chain con effetti globali si verificano approssimativamente ogni 1,4 anni e la tendenza è in aumento. Queste discontinuità causano danni economici significativi, variando dal 5% al 10% dei costi dei prodotti e provocando ulteriori impatti dovuti ai tempi di inattività. "La spinta verso il progresso e l’efficienza tecnologica sta influenzando la resilienza delle catene di approvvigionamento. L'automazione e la digitalizzazione hanno accelerato significativamente i processi, che a volte sopravanzano gli individui a causa del ritmo rapido e della complessità della tecnologia moderna. Tuttavia, quando vengono implementate efficacemente, queste tecnologie possono anche potenziare la resilienza delle imprese, fornendo migliori analisi dei dati, intuizioni predittive e capacità di risposta più agili. È per questo che costruire e investire nella resilienza sta diventando fondamentale per ogni azienda a livello globale", ha confermato Michael Bruch, Global Head of Risk Advisory Services di Allianz Commercial.

 

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO TOCCA UN NUOVO RECORD

Se poi pensiamo che il 2024 è stimato essere stato l'anno più caldo di sempre e che è stato anche un anno di terribili catastrofi naturali con uragani e tempeste estreme in Nord America, alluvioni devastanti in Europa e Asia e siccità in Africa e Sud America, è semplice notare anche come, dopo essere sceso in classifica durante gli anni della pandemia, poiché le aziende dovevano affrontare sfide più immediate, il cambiamento climatico sia risalito quest’anno di due posizioni, entrando al 5° posto nella Top 5 dei rischi globali, il livello più alto di sempre, con le catastrofi naturali, strettamente collegate, che si posizionano al 3° posto con il 29%, anche se più intervistati hanno identificato questo come rischio principale negli ultimi anni. A livello globale, per la quinta volta consecutiva nel 2024, le perdite assicurate hanno ampiamente superato i 100 miliardi di dollari, rendendo ancora più chiaro ed evidente come, nonostante la Medaglia di bronzo ufficiale, le catastrofi naturali siano il vero grande rischio di questi ultimi anni, come indicato anche esplicitamente da paesi come Austria, Croazia, Grecia, Hong Kong, Giappone, Romania, Slovenia, Spagna e Turchia. Nazioni nelle quali si sono verificati alcuni degli eventi più significativi del 2024. Il Giappone, poi, ha affrontato un terremoto di magnitudo 7.5 nella Penisola di Noto solo pochi mesi. Uno dei più forti della sua storia sismografica.

 

LA GEOPOLITICA E IL PROTEZIONISMO SONO SOTTO OSSERVAZIONE

Un altro elemento interessante da notare, poi, all’interno del report è il fatto che, nonostante continui a persistere l'incertezza geopolitica ed economica in luoghi come il Medio Oriente, l’Ucraina e il Sud-est asiatico, i rischi politici siano scesi di un posto nel ranking globale, piazzandosi alla 9° posizione sebbene con la stessa percentuale di intervistati del 2024 (14%). Di fatto, però, l’aspetto politico è un fattore tenuto in considerazione principalmente dalle grandi aziende, che li classificano al 7° posto, mentre le piccole aziende lo collocano al 10° posto. In questo senso, la paura delle guerre commerciali e del protezionismo è in aumento e l'analisi di Allianz e altri, mostra che nell'ultimo decennio le restrizioni all'esportazione di materie prime critiche sono aumentate di cinque volte. I dazi e il protezionismo potrebbero essere in cima all’agenda del nuovo Governo degli Stati Uniti, ma c'è anche il rischio di un 'far west normativo', in particolare rispetto all'IA e alle criptovalute. Nel mentre, gli obblighi di comunicazione e rendicontazione sulla sostenibilità saranno al centro dell'agenda in Europa nel 2025, con l’ulteriore rischio di portare molte realtà imprenditoriali ad abbandonare gli investimenti previsti sul tema a causa di ritardi o proprio dell’impossibilità di seguire e mantenere la compliance nei confronti delle direttive in vigore ormai da qualche mese. "L'effetto dei nuovi dazi sarà più o meno lo stesso delle (sovra)regolamentazioni: un aumento dei costi per tutte le aziende coinvolte", ha sottolineato Ludovic Subran, Chief Investment Officer and Chief Economist di Allianz SE. "Tuttavia, non tutte le normative sono intrinsecamente negative. E il più delle volte, è l'attuazione delle regole a rendere difficile la vita aziendale. L'obiettivo non è solo la numerosità delle norme, ma anche una gestione efficiente che renda più semplice la compliance. È urgente una digitalizzazione completa dell’amministrazione. Tuttavia, anche nel 2025, probabilmente aspetteremo ancora invano una strategia digitale corrispondente. Al contrario, sono in arrivo le guerre commerciali. Le prospettive non sono rosee”.

...continua
Supply Chain & Procurement

SUPPLY CHAIN E COMMERCIO OMNICANALE: ECCO 5 TREND TECNOLOGICI ED ECONOMICI DA TENERE D'OCCHIO NEL 2025

La supply chain e il commercio stanno diventando dei settori sempre più dinamici e fluidi, dove le abitudini dei consumatori in continua evoluzione non solo rappresentano una sfida per i brand, che spesso faticano a prevedere, ma che altrettanto spesso orientano in modo significativo le scelte future dei team di ricerca e sviluppo e i processi di innovazione. In questo contesto, crisi, conflitti e interruzioni delle rotte commerciali hanno dimostrato ancora una volta la fragilità delle reti commerciali globali e della supply chain nell’anno appena trascorso, e la resilienza e la flessibilità stanno rapidamente diventando importanti tanto quanto l’ottimizzazione dei costi, o forse persino di più.

 

Ma quali sono gli elementi che faranno la differenza per i leader della supply chain e del commercio omnicanale nel 2025? Abbiamo cercato di scoprirlo attraverso l'analisi di un recente white paper realizzato da Roberto Vismara, Sales Director di Manhattan Associates, che evidenzia alcuni trend interessanti da monitorare e che vi riportiamo di seguito, in vista della prossima edizione del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata al mondo dei C-Level, organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e prevista il prossimo 19 e 20 giugno 2025 all'Allianz MiCo di Milano

 

LOGISTICA INVERSA: DA CENTRO DI COSTO A VANTAGGIO STRATEGICO

"Nel 2025 - spiega il manager - i consumatori saranno sempre più abituati a pagare per restituire gli articoli, inducendo i punti vendita online ad adattarsi di conseguenza. A causa degli elevati costi della logistica inversa, i retailer includeranno le spese di reso nei loro sistemi per ridurre la pressione sui profitti. Questo cambiamento incentiverà acquisti più consapevoli, riducendo i tassi di restituzione e promuovendo modelli di business più sostenibili. Ottimizzando i sistemi degli store per gestire i resi in modo efficiente, i retailer possono gestire al meglio lo stock e snellire il processo di reso. L'introduzione delle spese di reso spingerà inoltre le imprese a migliorare le descrizioni dei prodotti e a migliorare l'accuratezza dei loro sistemi, contribuendo a ridurre gli acquisti impulsivi. In definitiva, quindi, seondo l'esperto, questi cambiamenti potrebbero addirittura favorire un comportamento più responsabile da parte dei consumatori, aumentando al contempo l'efficienza operativa.

 

IL RUOLO DELLA GENAI NELL'IPER-PERSONALIZZAZIONE

Tra i trend di settore che stanno emergendo a livello globale, inoltre, è evidente come, nel 2025, gli analisti prevedano un cambiamento radicale nel modo in cui i retailer interagiranno con i clienti, grazie a sofisticate interfacce basate sull'intelligenza artificiale (AI). Grazie a queste soluzioni tecnologicamente avanzate, infatti, anziché offrire consigli generici, l'iper-personalizzazione dei servizi e dei prodotti proposti al mercato sarà la prassi, in quanto questi strumenti AI saranno in grado di memorizzare le taglie dei clienti, di informarli in merito a eventuali saldi sugli articoli che hanno visionato e di suggerire loro prodotti complementari in base alla cronologia degli acquisti precedenti. "Questa attenta analisi di singoli consumatori - commenta Vismara -, non solo migliorerà l'esperienza di acquisto, ma creerà anche opportunità di upselling e cross-selling mirato, aumentando la soddisfazione del cliente".

 

BARRIERE COMMERCIALI E COMPLESSITA' ECONOMICA

Le incertezze geopolitiche e l'instabilità economica comportano un cambiamento delle modalità di produzione e di commercio, determinando una revisione delle reti e dei processi relativi alla supply chain globale. Per assicurarsi le risorse fondamentali (chip, materie prime, energia) e continuare a soddisfare le elevate aspettative dei consumatori, occorrerà dunque una crescente cooperazione tra aziende e governi. "Poiché i dazi doganali e i controlli sull'import/export aumentano la complessità e i costi del commercio internazionale - commenta il manager -, si porrà maggiormente l'accento su reti e processi di supply chain agili e flessibili, in grado di adattarsi a tali sfide in modo più pragmatico".

 

L'ONNIPRESENZA DEI CHATBOT GENAI

I tradizionali e macchinosi chatbot verranno in gran parte sostituiti dai sofisticati chatbot GenAI, in grado di gestire più del 50% delle richieste dei clienti. Questi avanzati assistenti digitali potranno risolvere problemi complessi, accedere alla cronologia dettagliata degli acquisti dei clienti e proporre soluzioni in modo proattivo, migliorando in modo significativo la customer experience e riducendo i costi dei contact center per i retailer. "Questo cambiamento - sostiene l'esperto - consentirà agli operatori del servizio clienti di concentrarsi maggiormente sulle comunicazioni più significative, come le consulenze personalizzate, i resi più complessi e la creazione di relazioni costruttive. Mentre l'AI si occuperà delle richieste quotidiane, gli operatori umani garantiranno un approccio empatico e personalizzato, creando un modello ibrido di customer experience che massimizza l'efficienza e l'esperienza".

 

ARCHITETTURA E SUPPLY CHAIN COMPONIBILI

Il termine “architettura componibile” è stato coniato da Gartner intorno al 2020 e negli ultimi quattro anni è diventato non solo un semplice trend, ma la chiave per dare nuova vita all'eccellenza nel mondo frenetico di oggi, dove innovazione e agilità sono parole d'ordine. La “supply chain componibile” ha seguito questa definizione e si basa sulla capacità di collegare diversi elementi funzionali nello stesso modo fluido e coerente. "Che si tratti della gestione dei trasporti, delle operazioni di magazzino o della pianificazione strategica - spiega Vismara -, ogni modulo può essere scelto a seconda delle esigenze specifiche dell'azienda. Questo approccio modulare permette di creare una supply chain su misura, adatta a contesti in costante evoluzione, abbattendo i tradizionali confini tecnologici tra soluzioni di attuazione (magazzino e trasporto) e soluzioni di pianificazione".

...continua


Video

RE-Inventing Finance - Fabio Tomassini

Esperto di trasformazione aziendale

CIO Roundtable - Vincenzo Meduri

Group Chief Information Officer, Mondadori Group

CPO Rountdtable - Roberto Grisci

Dir. Servizi IT, Dir. Centrale RU e Centralei, INPS

Strategic Risk Summit - Roger Cataldi

CISO & Head of Cyber Security, AlmavivA

HR Business Summit - Giuseppe Conte

Direttore Centrale Risorse Umane, INPS

BLS Rome 2024 - Nicola Rizzoli

Director of Refereeing, Concacaf