di Matteo Castelnuovo | 06/03/2024
“Le donne italiane sono quotidianamente poste davanti a un bivio odioso: scegliere tra famiglia e lavoro. È un’esperienza lacerante che moltissime di noi hanno fatto e purtroppo stanno ancora facendo. Ora c’è anche uno studio Inps che lo conferma e aggiunge che il pay gap non si limita ai salari, ma pesa anche sulle pensioni: nel 2022 sono stati erogati 322 miliardi di euro in trattamenti pensionistici, di cui 141 sono stati destinati alle donne e 180 agli uomini. Il pension gap, insomma, ammonta a 40 miliardi”.
A dirlo è Antonella Giachetti, presidente di Aidda, Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda, in vista della Giornata Internazionale della Donna. “I dati dell’Inps certificano a mio avviso – dice Giachetti - che tutte le misure messe in campo fin qui, pur importanti (dal bonus nido all’assegno unico universale), non bastano. L’esperienza ci insegna che la strada per la parità è purtroppo lunga, dunque ogni passo in avanti può essere prezioso per avviare un vero salto del paradigma di pensiero alla base dell’organizzazione del sistema economico e sociale, unico vero driver per una efficace trasformazione della realtà.
I numeri hanno il pregio di far emergere con forza una situazione che purtroppo non è nuova e che pone l’Italia ben al di fuori del gruppo dei Paesi più avanzati a livello di diritti sociali. Perché il punto di fondo è che nel nostro Paese, ancora nel 2024, le donne non riescono a fare carriera o meglio non possono”.
“Come Aidda – continua la presidente -, abbiamo avanzato una proposta che può aiutare molte donne a conciliare vita lavorativa e vita famiglia. A nostro parere è necessaria una defiscalizzazione degli oneri connessi alla maternità, a partire dal rendere interamente deducibili dal reddito i costi sostenuti per le babysitter o per le persone addette alla cura della casa. Siamo consapevoli che anche questa sarebbe una misura necessaria ma non sufficiente a ristabilire una parità di opportunità”.
“Nonostante siano statisticamente più istruite, abbiano un bassissimo tasso di abbandono degli studi e performance accademiche superiori agli uomini e nonostante mostrino eccellenti competenze aziendali, le donne non hanno le stesse opportunità perché si fanno maggior carico del supporto alla famiglia in termini di cura (e non mi riferisco solo ai figli, ma anche ai genitori e ad altri parenti anziani) – conclude Giachetti -. Non viene di fatto garantito alle donne il diritto di decidere il loro destino professionale e questa è una dolorosa ferita alla nostra Costituzione. Ed è ipocrita parlare di sostegno alla genitorialità se non si garantiscono pari opportunità di avanzamento di carriera e pari opportunità di raggiungere lo stesso livello di retribuzione degli uomini”.
Una disamina del contesto lavorativo italiano femminile, quella fatta dalla presidente Giachetti, che ineffetti trova ampi riscontri nei dati ufficiali di numerosi enti e istituti di ricerca e che sottolinea un tema di estrema importanza e attualità, che abbiamo voluto approfondire meglio, anche in vista della prossima edizione di HR Directors Summit. L'evento dedicato ai direttori delle risorse umane che si terrà il prossimo 11 e 12 giugno 2024 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell'impresa contemporanea e organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano.
Secondo i dati, infatti, in Italia il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) è risultato al 52,8% a fine 2023 (+ 0,9 punti in un anno), un aumento lieve ma ancora ai gradini più bassi della media UE pari al 69.3%. Un segnale positivo, però, arriva anche dalla crescita delle donne in posizioni dirigenziali (+13,5% nel 2021) corrispondenti al 20% circa del totale e dalla presenza nei CdA pari al 43%. Tuttavia le donne al vertice sono ancora poche, specie nelle società quotate, nel 2% dei casi AD, nel 4% come Presidente. Come sottolineato anche dalla Presidente Giaccetti, inoltre, il gender pay gap in Italia si è attestato al 10,7% nel 2023.“La strada da percorrere per la parità di genere è ancora lunga, specie se guardiamo alle lauree STEM che potrebbero aprire a maggiori possibilità per le donne e scopriamo che i dati ANVUR restituiscono un quadro ancora a prevalenza maschile con il 60% di immatricolazioni, contro il 39% di iscrizioni da parte delle ragazze, proprio come dieci anni fa - commenta Irene Vecchione, Amministratore Delegato di Tack TMI Italy (Gi Group Holding) -. I numeri sono un indicatore importante, ma devono essere sostenuti da una crescita culturale di fondo che, abbattendo pregiudizi e stereotipi e ponendo il merito al centro di ogni valutazione, possa portare a una maggiore rappresentanza delle donne in tutti gli ambiti lavorativi e a una progressione della loro carriera che non sia a discapito di quella personale/familiare. Le aziende possono fare tanto, dalla responsabilizzazione dei manager fino all’utilizzo di metriche chiare e condivise di diversity che permettano di tracciare sviluppi o, viceversa, segnalare per tempo eventuali regressioni. Dal nostro punto di vista è importante osservare il raddoppio dei progetti formativi dal 2021 al 2023 su competenze utili sia alle donne (che agli uomini) per migliorare complessivamente l’ambiente di lavoro all’insegna dell’equità e dell’uguaglianza per tutti”.
Considerando, poi, che una maggiore inclusione delle donne nel mondo del lavoro potrebbe aumentare il PIL mondiale fino al 35%, va pertanto sostenuta la loro piena partecipazione ed espressione, anche o soprattutto tramite la formazione. Per questo Tack TMI Italy, branch italiana della società di Gi Group Holding che si occupa di Learning&Development, segnala le 5 competenze da sviluppare per l’empowerment femminile:
“Per le donne è davvero tempo di puntare con decisione su loro stesse acquisendo una piena consapevolezza delle proprie capacità e lasciando andare per prime i cosiddetti unconscious bias che spesso impediscono loro di sentirsi su un piano di equa competizione e che anzi le portano più frequentemente a ritrarsi o rinunciare prima del tempo, anziché a osare e tentare di avanzare – prosegue Irene Vecchione -. Dal canto loro anche gli uomini, però, devono fare la propria parte sia in termini culturali per abbattere i pregiudizi ancora esistenti, ma soprattutto in termini fattivi, assumendo, promuovendo o assegnando ruoli guida alle donne, indipendentemente dal loro essere madri o potenziali tali.”