Wi-fi libero, facciamo un punto

| 15/07/2013

Ecco cosa sta succedendo alla discussa norma del decreto Fare sulle connessioni senza fili

Che l'esecutivo di Enrico Letta sia partito con il piede sbagliato sul tema del wi-fi è stato chiaro fin dalle prime ore di vita del decreto Fare. Il testo che propone " l'accesso a Internet al pubblico" libero e privo di " identificazioni personali" è finito nel mirino delle associazioni di categoria, di singoli deputati, del Garante della Privacy e del ministero dello Sviluppo economico. Adesso la palla è nelle mani delle commissioni permanenti (Affari costituzionali e Bilancio e tesoro) e presumibilmente la prossima settimana comincerà la discussione degli emendamenti che sono stati messi sul tavolo. Visto il coro di voci unanime è molto probabile che la norma venga ritoccata.

Bisognerà capire in quale direzione: come spiega a Wired.it l'avvocato Fulvio Sarzana, "hanno provato a muoversi verso una libertà totale che dal punto di vista del business non è negativa. In chiave realistica ci sono però problemi oggettivi legati all'identificazione di chi compie illeciti e alla protezione dei dati di chi naviga". Sarzana, facendo riferimento alla questione dell' identificazione, racconta di essersi occupato nel 2012 di tre casi in cui si è tentato di risalire attraverso le connessioni senza fili ai responsabili dei misfatti. "Se il testo dovesse passare in questo modo, chiunque sarebbe libero di recarsi in un bar e collegarsi a un portale con contenuti pedopornografici senza essere rintracciato", spiega. Questo perché nel testo l'unico obbligo imposto al gestore della rete è di tracciare il "collegamento (Mac address)".

Il deputato di Scelta Civica e pionieri dell'Internet nostrana Stefano Quintarelli, che propone con il suo emendamento (si può scaricare da qui) la cancellazione di parte della norma, pone l'accento sulla scarsa sicurezza offerta dal Mac address e sul suo blog fa riferimento a tecniche di manipolazione che sono più rapide da realizzare di un cambiamento della cravatta. Anche Antonio Palmieri del Pdl ha presentato un emendamento in questa direzione ed è pronto a sottoscrivere quello di Quintarelli. Il ministero dello Sviluppo, secondo le indiscrezioni raccolte da Pmi.it, è intervenuto con la consapevolezza che ci siano aspetti da chiarire e riconoscendo che il comma 1 e 2, quelli che fanno riferimento a identificazione e Mac address, sono da rivedere sia in un'ottica di più corretta distinzione fra chi fornisce connessione come attività principale - gli operatori di telefonia mobile, ad esempio - e chi la mette a disposizione come servizio accessorio - bar, ristoranti e pizzerie - sia ai fini della sicurezza. Il Garante della privacy, che si sofferma anche su altri aspetti del decreto Fare, punta il dito contro il Mac address ritenendolo un " obbligo di monitoraggio e registrazione" al pari di quello stabilito dal decreto Pisanu. In quel caso, a dire il vero, il vincolo più stringente era quello della presentazione della carta di identità, superato successivamente dall'identificazione attraverso la Sim telefonica. L'authority fa inoltre notare che, a differenza di quanto recita il testo, l'indirizzo fisico del terminale è da considerarsi un dato personale ai sensi della Direttiva europea sulla riservatezza e del Codice della privacy.

Gli operatori del settore manifestano intanto frustrazione per non essere stati chiamati in causa: "Nessuna società che fornisce wi-fi è stata coinvolta", spiega Giovanni Guerri, Ceo di Guglielmo, realtà che gestisce una rete con più di 2 milioni di utenti registrati. Affidarsi a chi quotidianamente si misura con queste problematiche sarebbe il modo più rapido per proporre soluzioni che siano davvero applicabili.

Fonte: Wired.it