di Matteo Castelnuovo | 28/09/2023
“Seppur esistano diversi studi che postulano l’esistenza di una correlazione tra investimenti in innovazione e sostenibilità e over-performance economico-finanziaria del business, è ancora in corso il dibattito riguardo al rapporto causa-effetto. Vale a dire: è l’effort sulla sostenibilità a generare il valore economico oppure il contrario?”. E’ questa la domanda fondamentale da cui Patrizia Savi, Chief Financial & Risk Officer di SEA, parte per spiegare come oggi sia realmente possibile puntare a questi due obiettivi cruciali per la crescita e lo sviluppo dell’impresa, solo se, però, si imposti una strategia concreta, oggettiva e misurabile. Un punto di vista che abbiamo avuto l'opportunità di approfondire a latere della presentazione della ricerca "Managing the Uncertainty: la sfida dei CFO tra performance, innovazione e sostenibilità", realizzata da Business International - Fiera Milano, in collaborazione con Board, in occasione della scorsa edizione del CFO Summit, tenutosi nel corso del Business Leaders Summit, svoltosi all'Allianz MiCo di Milano, il 14 e 15 giugno 2023. “Certamente – prosegue la manager –, l’attenzione posta dalle aziende all’innovazione e alla sostenibilità non solo è condivisibile, ma rappresenta anche un percorso obbligato, non solo per esigenze reputazionali, bensì anche per la necessità di adeguarsi alle linee guida Europee che, soprattutto per esempio in settori come quello in cui opera SEA, sono diventate molto stringenti. Per via delle progressive regolazioni, infatti, lo spazio per una declinazione della sostenibilità da parte delle aziende sarà sempre più ridotto e sposterà l’asse della riflessione nelle organizzazioni dalla pura strategia a una maggiore capacità di pianificare e gestire i tempi e le modalità della compliance normativa”. Un elemento di controllo, questo, sempre più importante per ogni realtà a qualsiasi livello. “Sotto questo punto di vista, infatti – prosegue Savi –, sarà importante anche il ruolo della finanza, con la “pressione” delle istituzioni finanziarie e dei fondi di investimento, ormai, sempre più selettivi nell’indirizzare le risorse verso aziende che dichiarano, pubblicano e rendicontano obiettivi ESG”.
Un fenomeno, questo, che sta influenzando, ormai costantemente, i mercati moderni e che risulta essere uno dei principali driver nello sviluppo di una nuova cultura della sostenibilità unita a un nuovo modello del fare impresa a livello globale. “Anche perché – spiega la manager –, queste spinte a effettuare scelte sostenibili, oltre che profittevoli, sono da stimolo per le aziende e impongono loro un approccio inedito alla valutazione degli investimenti e delle azioni manageriali. Tuttavia, per evitare che gli obiettivi di sostenibilità restino solo dei buoni propositi, è necessario che i target dei piani di sostenibilità siano oggettivi e misurabili; questa è condizione necessaria anche per orientare tutto il management nella stessa direzione, inserendo obiettivi di natura ESG nei piani di incentivazione manageriale, alla stregua di quanto avviene con i risultati economico-finanziari”. Solo così, secondo la manager, si otterranno risultati soddisfacenti a cui tutti cercheranno di contribuire senza riserve.
Un aiuto collaborativo che, ovviamente, dovrà coinvolgere ogni livello dell’organizzazione, ma che indubbiamente dovrà partire dai vertici, imponendo in questo modo anche proprio una trasformazione del ruolo del direttore finanziario. “Concordo con l’affermazione che il ruolo del CFO stia assumendo un’importanza sempre maggiore nel supportare il Board nel prendere decisioni consapevoli, pur in una fase di grande incertezza – commenta Savi –. Per raggiungere questo obiettivo, però, è fondamentale che chi ricopre questa posizione ampli il proprio campo di responsabilità con una visione a 360 gradi sul business, includendo, oltre agli ambiti tradizionali di AFC, la pianificazione strategica (non solo quella economica e finanziaria), il risk management e il piano di sostenibilità”. In un contesto mutevole come quello in corso, soggetto a shock esterni solo marginalmente governabili, risulta chiaro, infatti, come la pianificazione economica e finanziaria diventi maggiormente rilevante. “Questa affermazione – conferma la manager – sembrerebbe controintuitiva, considerando il numero di budget e piani che le nostre aziende hanno sviluppato nel periodo covid, ma ritengo personalmente che la fluidità del contesto attuale non mini l’importanza della pianificazione, bensì modifichi le caratteristiche di questo processo. La pianificazione di breve periodo non deve, infatti, individuare un punto “fisso” di atterraggio, ma dovrebbe essere flessibile e adattiva per seguire dinamicamente l’evoluzione del contesto esterno e i risultati progressivi del business”. Un concetto che, per lo stesso motivo, porta a pensare che la pianificazione di medio periodo debba, invece, evolversi verso una pianificazione “per scenari”. “Molto utile, da questo punto di vista – aggiunge Savi –, l’integrazione della pianificazione pluriennale con l’attività di Enterprise Risk Management, che consente di elaborare possibili scenari e individuare tempestivamente piani di mitigazione, orientando le scelte del management alla minimizzazione dei rischi. Se, come detto, le variabili esogene non sono controllabili, è dovere dell’azienda quello di prevenire i loro effetti sul business, mettendo in atto per tempo misure adeguate. Si pensi, ad esempio, al fenomeno dello shortage di personale e all’incremento dei costi energetici”.
In questo senso, ovviamente, il 2022 è stato un anno complesso per i mercati finanziari, caratterizzato dall’impatto combinato dell’inflazione elevata e dei continui rialzi dei tassi di interesse: due variabili che hanno determinato un cambio del contesto di riferimento in cui le aziende hanno operato negli ultimi anni, nei quali i tassi di interesse e tassi di inflazione erano stati ridotti. “Pur in una fase di allentamento delle tensioni registrate nel 2022, come per esempio l’andamento delle commodities energetiche e le disruption sulle catene di fornitura – sottolinea la manager –, il 2023 si presenta come un anno tutt’altro che privo di sfide. L’acuirsi delle turbolenze finanziarie del settore bancario che già hanno contraddistinto i primi mesi dell’anno potrebbe portare ad un credit crunch e al rallentamento delle economie dei paesi avanzati, ormai in atto anche in Italia. Accanto a questo, sia l’anno in corso, sia il 2024 saranno ancora caratterizzati dal perdurare di tassi di interesse elevati, da cui l’esigenza di gestire con prudenza le risorse finanziarie delle società”. Per minimizzare il costo del funding, in uno scenario di elevati tassi di interesse e di potenziale credit crunch, secondo Savi, sarà quindi necessario attuare alcune tattiche utili a ridurre possibili impatti negativi. “In primo luogo – indica la manager –, bisognerà efficientare la gestione della liquidità, anche mediante l’utilizzo di strumenti di gestione del working capital e di supply chain finance, che possano supportare la filiera, in parte composta da imprese di minor dimensione e maggiormente esposte alla dinamica avversa dei mercati finanziari, oltre che con minor accesso al credito. Come secondo spunto, sarà importante ridurre o mitigare le esposizioni alla volatilità dei tassi di interesse. In terza istanza, poi, sarà necessario disporre di adeguate linee di finanziamento per gestire eventuali fabbisogni non previsti. Infine, risulterà essenziale continuare a mantenere un posizionamento del profilo di merito di credito adeguato con il mercato finanziario”. In aggiunta a tutto questo, inoltre, bisognerà tenere in considerazione anche che non sarà meno importante l’effetto dell’incremento dei tassi sulla valutazione degli investimenti, con la ricerca di rendimenti sempre maggiori dagli impieghi di capitale, nonché di strutture di finanziamento sempre più efficienti, tanto dal punto di vista del costo, quanto della flessibilità del funding. “In tale contesto di mercato – evidenzia Savi –, gli strumenti messi a disposizione dalle istituzioni nazionali ed europee rimangono centrali per le aziende, a sostegno dei significativi investimenti che le stesse dovranno mettere a terra nei prossimi anni in innovazione e transizione green, anche richiesti dai propri stakeholders”.
Vere e proprie esigenze di mercato che le aziende non possono più sottovalutare e alle quali non basta più semplicemente dare una risposta rapida, ma che necessitano invece della proposizione di un piano di lungo periodo che dia fiducia all’intera community di riferimento. “In questo senso – conclude la manager –, le priorità nei prossimi anni per i CFO e per il board delle aziende per rendere il business sempre più sostenibile e profittevole, continuando a fronteggiare un periodo di grande incertezza saranno principalmente le seguenti. In primo luogo, si dovrà monitorare con attenzione la volatilità dei mercati finanziari e gli impatti sull'economia reale, programmando e pianificando per scenari, dotandoci di strumenti innovativi di previsione e analisi del rischio. Un contesto nel quale la capacità di modificare le proprie scelte in modo adattivo e la velocità di reazione ai cambiamenti saranno il vero punto di forza per le aziende. In secondo luogo, bisognerà affrontare il problema dello shortage di personale, mettendosi all’opera per rendere l'ambiente di lavoro più attrattivo, anche alla luce delle mutate esigenze dei professionisti. Infine, sarà necessario pianificare attentamente, investire e monitorare investimenti e costi associati alla decarbonizzazione e alla transizione energetica, anche attraverso partnership con soggetti specializzati”.