NICODEMI (CARPISA): PER RIDURRE LA TALENT SHORTAGE BISOGNA PERMETTERE AI PROFESSIONISTI DI REALIZZARSI DAVVERO IN AZIENDA

di Matteo Castelnuovo | 26/09/2023

Oggi il mercato del lavoro è indubbiamente cambiato rispetto a solo pochi anni fa. Le aspettative dei potenziali candidati sono diverse e maggiori rispetto al passato, sia da un punto di vista strettamente economico che sul versante di un complessivo e migliore equilibrio tra vita personale e professionale”. Marco Nicodemi, Chief HR Officer di Carpisa, sottolinea così il meccanismo di trasformazione in atto nel mondo del business che sta portando numerose aziende a ripensare i propri modelli di recruitment per attirare l’attenzione dei migliori talenti sul mercato. Un punto di vista che abbiamo avuto l'opportunità di approfondire, in occasione della presentazione della ricerca dal titolo “L’evoluzione dell’Employer Branding per fronteggiare la Talent Shortage”, realizzata da Business International – Fiera Milano, in collaborazione con Indeed Italia, e presentata nel corso dell'ultima edizione del Business Leaders Summit, tenutosi a Milano lo scorso 14 e 15 giugno 2023. “Alcuni fattori – prosegue il manager – incidono più che in passato nella scelta dell’azienda da parte dei candidati: la possibilità di lavorare da remoto, in tutto o in parte (c.d.: lavoro “ibrido”), la distanza tra luogo di lavoro e residenza, la gestione del tempo e, conseguentemente, la possibilità di dedicarsi anche agli interessi personali o alle esigenze di cura verso figli piccoli e genitori anziani, sono tutti elementi importanti nella valutazione di un’opportunità professionale da parte di un candidato”. In questo contesto, ovviamente però, anche le aspettative delle aziende si sono evolute e modificate. “Tra i requisiti attesi dalle imprese – spiega Nicodemi – oggi spiccano, ad esempio, quelle competenze digitali non particolarmente diffuse né tra i giovani italiani attivi nella ricerca di prima occupazione, né tra i professional di maggiore seniority già presenti sul mercato”. Un aspetto, questo, evidenziato da tempo ormai nell’ambito del recruiting nel nostro Paese, che sembra evidenziare come si faccia ancora fatica a cambiare le dinamiche della formazione e, se vogliamo, della rivoluzione culturale che la digital transformation, in modo particolare nell’era post-covid, sta richiedendo in maniera sempre più frenetica e incessante. “La combinazione di queste variabili – continua nella sua analisi il direttore delle risorse umane – ha reso più difficile la possibilità di un più rapido ed efficace incontro tra domanda e offerta, nonostante la disponibilità di strumenti di recruitment ben più veloci e immediati rispetto al passato”. La questione, quindi, pare non sia più essere generata dalla digitalizzazione delle operation da parte delle imprese, ormai, ma verta più su un discorso organizzativo e di evoluzione strutturale dei modelli attualmente in essere. “Per poter progredire in questo senso – avverte Nicodemi –, è più che mai indispensabile per le aziende un investimento organizzativo che favorisca l’adozione di modelli di gestione basati su obiettivi e non su gerarchie verticali di tipo dispositivo. E’ necessario investire su percorsi formativi orientati allo sviluppo di competenze manageriali. E’ importante costruire contesti aperti e trasparenti nei quali le persone si sentano effettivamente parte del progetto aziendale”. Una roadmap chiara, quindi, che Carpisa ha intrapreso già da qualche tempo. “Noi, in azienda – aggiunge il manager – stiamo cercando di raffinare il processo di recruitment, che - per alcune posizioni - è sempre attivo, proprio per costruire attenzione e notorietà intorno al Brand. Stiamo costruendo percorsi di sviluppo manageriale e sistemi di remunerazione per obiettivi altamente incentivanti”. Un set di attività, per così dire, con un unico grande obiettivo. “Facciamo tutto quanto possa aiutarci – racconta Nicodemi – ad uscire dalla logica di un processo di recruitment distante dal resto della nostra impresa, rivedendo i fondamentali del nostro contesto organizzativo per riproporli anche come strumento di attraction verso i nuovi e potenziali candidati”. Una nuova generazione di talenti da conquistare e con cui confrontarsi per raggiungere un risultato comune su cui spesso le organizzazioni che operano nella nostra penisola fanno fatica a puntare per svariati motivi, ma che invece risulta fondamentale nello sviluppo di un rapporto tra dipendente e datore di lavoro che sempre di più deve guardare alla sostenibilità tanto del business quanto della soddisfazione e della vita privata del professionista. “Le aziende italiane sono “nane” e, spesso, a conduzione familiare – commenta Nicodemi –. Investono poco nell’organizzazione e nei sistemi di delega. Quelle che hanno concrete opportunità di intercettare i migliori talenti sono le aziende orientate a crescere, quelle che rischiano sul potenziale dei giovani e i cui titolari sono disponibili ad organizzare contesti trasparenti di crescita ed evoluzione personale, nei quali l’individuo non si senta un accessorio del progetto, ma parte del progetto stesso”. Un modello, questo, per cui però servono nuove competenze da sviluppare, tanto per le aziende, quanto per i propri manager. “Alle imprese di qualunque tipo e in qualunque settore – incalza Nicodemi –, oggi, serve chiarezza di intenti e coerenza sia dell’azienda che di coloro che la rappresentano. Le aziende hanno bisogno di un clima organizzativo e di strumenti a supporto dell’ibridazione dei ruoli organizzativi, attraverso soluzioni di piattaforma che consentano la gestione di progetti da parte di team i cui componenti non vivono quotidianamente nello stesso luogo di lavoro”. Tutte skill nuove, e da costruire, che richiedono un approccio diverso e una visione inedita dell’azienda stessa. “A mio modo di vedere – spiega il manager –, inoltre, è più che mai importante essere chiari rispetto agli obiettivi che l’azienda persegue e agli obiettivi di ruolo dei manager, oltre che ai meccanismi di valutazione in base ai quali si avrà l’opportunità di crescere in azienda per i professionisti. Lunghi processi di scelta non sono più compatibili con un mercato del lavoro fortemente competitivo e, pertanto, è ben meglio avere le idee chiare fin dal principio anziché intraprendere processi di reclutamento durante i quali non siano immediatamente disponibili le risposte alle numerose domande che ciascun candidato, oggi più che in passato, ci porrà sull’azienda, sul proprio ruolo e su come il proprio ruolo si integrerà nell’organizzazione della nostra realtà”. Domande a cui, spesso, ancora oggi le aziende fanno fatica a rispondere in maniera efficace. “Partiamo dal presupposto che tutte le persone che incontriamo desiderano realizzarsi – chiosa il manager – e se non ci organizziamo affinché questo si possa concretizzare, avremo già perso in partenza”.