di Matteo Castelnuovo | 03/08/2023
“Se CFO, HR e CIO sono insieme e interagiscono tra loro, l’implementazione tecnologica e la digital transformation aziendale avranno davvero successo, penetrando e permeando ogni processo e dinamica dell’impresa”. E’ questo il principio fondamentale emerso dal tavolo di lavoro tenutosi a Milano lo scorso 4 luglio 2023, nel corso di “Le sfide della Digital Transformation per CFO e HR”. Un incontro esclusivo, dedicato ai direttori finanziari e ai responsabili delle risorse umane di alcune delle più importanti aziende manifatturiere operanti in Italia, organizzato da Business International – Fiera Milano, in collaborazione con Soldo, Fintech specializzata nell’ottimizzazione della gestione delle spese aziendali. L’iniziativa, che si inserisce nel percorso di avvicinamento alla prossima edizione autunnale del Business Leaders Summit – la manifestazione, pensata per mettere a confronto i migliori C-Level dell’impresa contemporanea, che si terrà a Roma, presso lo Spazio Field, il prossimo 27 e 28 novembre 2023 –, ha visto infatti tra i suoi protagonisti anche Stefano Beorchia, CFO & CIO di Faber Industrie, Alessandro Cappelletti, CFO & IT del Gruppo Brivio & Viganó, Alberto Carreri, Head of Accounting & Tax di Saras, Andrea Fano, CFO di Lucart, Michele Lanzaro, CFO di GLM Group, Marco Piscicelli, CFO di Fater Group, Laura Riva, Group HR Director di LATI Industria Termoplastici, Davide Salmistraro, Italy Country Manager di Soldo, e Domenico Santoro, Direttore Risorse Umane di Air Liquide. In questo contesto i manager, grazie anche alla moderazione di Franco Miroglio, Senior Lecturer del Dipartimento di Accounting dell’Università Bocconi e della SDA Bocconi School of Management, hanno avuto l’opportunità di confrontarsi sulle sfide aperte dalla Digital Transformation, in particolare nelle aziende produttive, tra nuovi modelli organizzativi, inediti sistemi abilitanti e innovative competenze a supporto. “Bisogna mettere in atto un flusso operativo efficace – hanno proseguito i C-Level seduti al tavolo –: il Chief Financial Officer promuove l’investimento, il Responsabile del Personale lo inserisce nella cultura aziendale e il Chief Information Officer concretizza e finalizza il tutto, sotto un profilo tecnologico”. Una meccanica tanto semplice da spiegare, quanto articolata e complessa da realizzare, soprattutto, in ambienti che si basano su impostazioni tradizionali e strutturazioni gerarchiche di lungo corso. “E’ chiaro – hanno concordato i manager – che la digital transformation oggi abbia impatti ampi sul mondo del business, che possono essere declinati in diversi modi, dal cambio della relazione con il cliente alla riorganizzazione dei processi interni all’azienda e dalla manutenzione predittiva delle macchine alle nuove capacità di analisi e pianificazione, fino a un migliore e maggiore engagement della forza lavoro”. Ci sono business, in questo senso, che hanno iniziato a trasformare il proprio modello operativo ed economico in real time rispetto ai feedback ricevuti dai clienti. “Una vera e propria rivoluzione – hanno commentato gli esperti in sala – che, ormai, è consentita dalla tecnologia e che permette una enorme accelerazione dell’evoluzione aziendale tanto nell’ambito del consiglio e del rapporto con i clienti, quanto nell’ottimizzazione e nella massimizzazione dell’efficienza delle attività quotidiane. Un passo avanti, questo, prodotto anche sotto il profilo della valorizzazione delle attività che, ancora oggi, spesso, nei propri malfunzionamenti portano criticità alle operation del business a 360 gradi”. Aspetti inefficienti che la tecnologia aiuta a risolvere, ponendo direttori finanziari, responsabili delle risorse umane e chief information officer al centro di questa trasformazione. “L’obiettivo, infatti – sottolineano CFO e HR –, è dare sempre più valore all’automazione per dare sempre più valore all’attività umana, che non può essere sostituita dall’innovazione, ma al massimo agevolata da quest’ultima”. Anche perché, come descritto da molteplici ricerche a livello internazionale: i benefici della tecnologia possono proporre un risparmio del tempo per l’attività della funzione pari al 30-40% del totale. “Basti pensare – hanno aggiunto i C-Level presenti – che, grazie all’implementazione tecnologica, per esempio attraverso l’adozione di sistemi ERP, negli ultimi 15-20 anni le imprese hanno vissuto una sensibile riduzione di tempi, costi e aumento dell’ottimizzazione dei processi e delle operation. A tal punto che, oggi, i datori di lavoro richiedono ai propri professionisti una partecipazione più attiva nelle strategie del business, evidenziando come, ormai, l’analisi dei dati si stia spostando verso una visione predittiva, più che consuntiva, della situazione e degli scenari. Un elemento che porta gli analisti e i manager a parlare sempre di più di fabbrica intelligente e data-driven”.
DISEGNANDO UN NUOVO PARADIGMA DATA-DRIVEN
Un paradigma da ridisegnare, questo, che più spesso, però, propone una sfida importante da superare tra skill gap e adattabilità al cambiamento. “L’adozione tecnologica – hanno spiegato i responsabili del personale e i direttori finanziari intervenuti – in molti casi può dover affrontare ostacoli annosi, come quelli della mancanza di competenze o investimenti, ma spesso lo scoglio più difficile da aggirare è quello proposto dalle resistenze e reticenze culturali interne alle aziende. Sbarramenti che si attivano nel momento in cui si capisce che portare nuove tecnologie in un’impresa non significa solo cambiare la capacità innovativa di quella realtà imprenditoriale, ma anche le sue logiche, le dinamiche, i processi e le prospettive”. Timori comprensibili, questi, soprattutto quando la velocità di elaborazione di una macchina nelle attività routinarie, chiaramente, supera quella umana. “Basti guardare cosa sta avvenendo nel mondo dei pagamenti digitali, nell’ambito delle operazioni transazionali, o delle attività di analisi, pianificazione e controllo dei dati, che una piattaforma digitale, ormai, può gestire ed eseguire in maniera completamente autonoma o quasi – hanno sottolineato i manager al tavolo –. In questo scenario, tra cloud, intelligenza artificiale e automazione ad ampio spettro, in molti temono di non riuscire a controllare questi processi così delicati a causa di un sempre più grande e rapido flusso di dati. L’aspetto su cui bisogna concentrarsi, sotto questo profilo, invece, è proprio l’aiuto che tecnologie e soluzioni innovative possono portare ai professionisti, anche in tempo reale, nel gestire il tutto in maniera più semplice, facile e veloce”.
Un esempio lampante di tutto questo è proprio quello proposto da Soldo che, supportando più di 30 mila aziende in tutta Europa nella gestione delle proprie spese, oggi consente una riduzione radicale dei tempi e dei costi relativi alla gestione di questi aspetti, oltre che un’ottimizzazione dei processi resi disponibili anche in real time, permettendo in questo modo un maggiore e migliore supporto ai dipendenti delle realtà aziendali che hanno deciso di usufruirne, per esempio nella gestione degli anticipi di cassa a copertura delle trasferte. A testimonianza di quest’ultimo aspetto, infatti, secondo i dati di una recente ricerca realizzata da Ipsos, riguardo agli impatti che le note spese aziendali hanno oggi sulle spese personali dei dipendenti, è emerso che il 70% dei dipendenti anticipa con soldi propri i costi delle trasferte o delle spese sostenute a eventi di business. Il 40% degli intervistati, inoltre, dice che le spese da anticipare sono cospicue e onerose, mentre il 41% dei rispondenti afferma di non chiedere nemmeno il rimborso spese per alcune voci di spesa perché il processo di attivazione sarebbe troppo lungo e articolato. Oltre a questo, il 76% degli intervistati si dimostra preoccupato quando deve chiedere l’anticipo, mentre il 24% dei rispondenti dice che l’azienda non è proattiva su questo tema e il 56% sostiene di dover aspettare più di 4 settimane per ottenere il rimborso delle spese sostenute. Inoltre secondo i dati della ricerca, “Total Economic Impact”, realizzata da Forrester Consulting e dedicata al Return of Investments, relativo all’adozione della piattaforma Soldo , sottolineano come questo tipo di iniziative producano effettivamente due tipologie di benefici sull’organizzazione: uno quantificabile e uno non quantificabile. Tra i vantaggi del secondo tipo, quindi, si possono annoverare: la possibilità di rispondere alla concreta esigenza per un’azienda di richiedere costantemente report aggiornati in tempo reale sulle spese; il bisogno, altrettanto stringente per il business, di gestire in real time la carta elettronica rilasciata ai manager, oltre che il planning e il budgeting dei possibili costi da sostenere; il miglioramento dell’adattamento alla conformità delle politiche di spese aziendali, attraverso il divieto automatico di pagamenti verso merchant non compliant; la creazione di una maggiore responsabilizzazione e autonomia dei dipendenti nell’erogazione di spese necessarie; la semplificazione e, soprattutto, la sicurezza nell’esecuzione di pagamenti digitali; una migliore circolazione dei dati e delle informazioni, che grazie alle API possono integrarsi facilmente e rapidamente in sistemi aziendali di ERP, offendo un flusso informativo unico e continuamente aggiornato. Tra i benefici quantificabili, invece, uno degli elementi più rilevanti è il fatto che i dipendenti dell’area AFC, grazie all’adozione di piattaforme tecnologiche oggi possono arrivare a risparmiare il 62% del proprio tempo per la gestione contabile delle note spese aziendali. Un aspetto, questo, che è seguito a catena anche da un risparmio di oltre l’80% del tempo dedicato dai manager per validare quelle stesse note spese e il 50% in meno del personale totale dedicato unicamente a questa attività. Dati questi che mostrano, quindi, chiaramente come liberando la forza lavoro da attività ripetitive si possa raggiungere una maggiore generazione del valore, in grado di consentire all’azienda di ripagare l’attivazione del progetto stesso di digital transformation entro i 6 mesi successivi alla sua attivazione[AS1] con un ROI del 358%.
ABBRACCIARE IL CAMBIAMENTO TRA COMPETENZE, SOSTENIBILITA’ E GOVERNANCE
“E’ chiaro, però – hanno rilevato i CFO e gli HR in sala –, che riorganizzare la propria forza lavoro da attività di base ad attività a maggior valore aggiunto richiede anche uno sforzo da parte degli stessi professionisti in termini di reskilling e upskilling. Questo, inevitabilmente, propone anche un tema di acquisizione di nuove competenze e formazione. Se, infatti, viviamo in una realtà aumentata e potenziata dalla tecnologia, anche i manager e, conseguentemente, i loro team devono essere “aumentati” e quindi si parla di preparazione e organizzazione. In questo senso, probabilmente, il change management diventa la sfida più importante da vincere. Perché, se da una parte possiamo cambiare il modello di business attraverso i dati, dall’altra, è anche vero che, se non cambiamo la concretezza delle azioni e delle decisioni che si prendono, non si andrà mai da nessuna parte”. Un’analisi chiara che porta anche a un altro nodo fondamentale della trasformazione in atto. “Un ulteriore aspetto cruciale, poi – hanno proseguito i C-Level al tavolo –, è quello della sostenibilità di questo processo, e del business più in generale. In questo caso, di fatto, ci si riferisce alla resilienza dell’azienda nel futuro. Ed è proprio questo che ogni CFO, HR o CIO si trova a dover sottoporre all’attenzione dell’azionista e del CEO, laddove debba mettere a budget progetti di trasformazione digitale”. In un contesto come quello che stiamo vivendo, nel quale il cambiamento è sempre più veloce e difficile da interpretare, infatti, risulta evidente come sia finito il tempo del prodotto standard che consentiva di fare economia di scala, poiché oggi l’economia di scala si fa anche attraverso prodotti personalizzati e realizzati con tecnologia che prima non esisteva. L’importante, però, è rispettare i valori proposti dal brand e sempre di più richiesti anche dal mercato. Criteri di sostenibilità, per l’appunto, da non sottovalutare. “La sostenibilità – hanno spiegato i manager in sala – non è più un nice-to-have, ma risulta essere oggi un must che permea qualunque ambito e ambiente e che, se non tenuto in considerazione, può produrre molteplici criticità e rischi di reputation”. Quando si parla di sostenibilità in ambito digital, tuttavia, non si intende solo l’aspetto ambientale, bensì anche e soprattutto quello di governance. “Sotto questo profilo – hanno spiegato i CFO e gli HR presenti all’evento –, l’education dei dipendenti e un rafforzamento della cybersecurity dei propri sistemi informativi risulta imprescindibile. In modo particolare se, per esempio, il progetto di digital transformation in essere riguarda la dematerializzazione dei documenti o la semplificazione delle firme tramite eSignature o l’adozione di sistemi blockchain, la capacità di concretizzare questa implementazione, non solo sotto un profilo tecnico e tecnologico, ma anche in termini di esperienza utente e cambio di mentalità di manager e dipendenti, diventa essenziale”. Una visione precisa, e se vogliamo in qualche modo dicotomica, che pone l’accento sul valore funzionale dell’innovazione, contro il beneficio di utilità che quest’ultima può avere nei confronti dei professionisti coinvolti nel suo processo di adozione. “Quando si implementa una tecnologia in azienda – hanno avvertito i manager –, non si può vedere solo l’aspetto finanziario del risparmio di tempo e di costi, ma è necessario valutare con attenzione anche la caratteristica sociale della questione. Possiamo, infatti, cercare di risparmiare risorse e tempo, portando una tecnologia innovativa nella nostra organizzazione, ma se poi siamo mal visti dai nostri collaboratori perché li abbiamo demansionati o spostati su altre attività, non adeguate per loro, inevitabilmente, dal punto di vista social non raggiungeremo il nostro obiettivo e non otterremo benefici, in termini di performance, sul lungo periodo”. Guardando al lungo termine, quindi, il suggerimento sembra essere quello di concepire un’implementazione tecnologica osservandola da più angolazioni, in maniera che questa possa davvero portare vantaggi concreti anche alle persone. “Se lato finance bisogna guardare a cost saving e performance level – hanno commentato i C-Level in sala –, da un punto di vista HR, bisogna pensare anche a come questi nuovi progetti di digital transformation impattino sui professionisti che, poi, sono il vero motore e cuore pulsante di ogni impresa”.
LA TECNOLOGIA È NULLA SENZA TALENTI
Spesso, infatti, si parte dal presupposto che basti adottare una nuova tecnologia per risolvere tutti i problemi di un’azienda, ma anche se sicuramente la tecnologia è un fattore abilitante e uno strumento imprescindibile da utilizzare, spesso il problema principale delle organizzazioni è individuare quali siano le attività principali in cui questo tool possa davvero abilitare un valore aggiunto e, una volta compreso questo, adoperarsi per spingere gli investimenti nell’ambito di queste aree di criticità. “In questo senso, per esempio – hanno precisato CFO e HR –, in ambito produttivo, e più precisamente nel mondo automotive, sono 30 anni che ci si ispira al modello lean di Toyota e certamente continuare a ricercare un miglioramento produttivo, basato sul visual management, è fondamentale per valorizzare il lavoro di ogni singola persona in azienda. In questo nuovo contesto lavorativo e socio-economico, nel quale i valori interpretati dalle nuove generazioni di professionisti sta cambiando completamente anche il paradigma del mondo del lavoro, però, saper individuare e valorizzare i talenti diventa sempre di più una necessità per le imprese, soprattutto quando si vuole implementare una nuova tecnologia nel proprio modello di business per ottimizzarne e snellirne i processi. L’impostazione tradizionale delle grandi aziende nel nostro Paese, infatti, storicamente non privilegiava l’emersione dei talenti, che oggi invece rappresentano l’elemento essenziale per creare innovazione. Un cambio di visuale che sta spostando sempre di più il discorso, non solo sul piano economico, ma anche proprio a livello operativo. Solo facendo comprendere ai dipendenti già presenti in azienda quale possa essere il valore di un nuovo talento nello sviluppo dell’implementazione tecnologica a favore della crescita del business, infatti, potremo davvero guardare al futuro”. Un tema transgenerazionale di grande importanza, questo, che nasconde al suo interno anche un obiettivo di notevole valore, ovvero la capacità di saper coinvolgere tutti gli stakeholder nella rivoluzione in atto, non solo a livello informativo, ma anche proattivo. “In un momento storico come questo – hanno sottolineato i manager in sala –, una delle sfide più complesse che un’organizzazione si trova davanti, quando affronta un processo di trasformazione digitale, è proprio quella di riuscire a “portarsi dietro tutti”. Ogni persona in azienda, infatti, ha un talento da esprimere. Un employability che può essere potenziata ancora una volta dalla tecnologia che, se sfruttata nella maniera giusta, è in grado di abilitare nella maniera corretta dal sentiment al mindset di ogni dipendente. Tutto sta nel comprendere che il tema non sono i contenuti che cambiano, ma è cosa vogliamo insegnare oggi ai nostri professionisti: la voglia di imparare o la capacità di cambiare e adattarsi a un tempo che si trasforma ed evolve?”. Una domanda che potrebbe sembrare banale, ma in realtà getta le basi per un ulteriore profonda riflessione. “Abbracciare questa filosofia – hanno spiegato i C-level all’unisono –, significa comprendere a fondo che, per attuare una trasformazione digitale delle nostre imprese, in realtà, bisogna prima di tutto mettere al centro le persone, facendole sentire coinvolte e prestando attenzione ai loro bisogni e alla loro felicità. Per questo, oggi, molte aziende stanno creando nuove figure di change management, come quella del chief happiness officer, che forse è una scelta estrema, ma che sicuramente sottolinea l’importanza della necessità di benessere espressa dai professionisti. Persone che sempre di più, per generare valore aggiunto in un mondo in costante rinnovamento, devono sentirsi valorizzate, coinvolte e messe nelle condizioni di esprimersi al meglio”. Un tema, questo, che apre la conversazione anche ad altre sfaccettature, come quella dell’inclusione. Un elemento che risulta, però, una moneta a due facce, quando si parla di digitalizzazione in azienda. “Se da una parte – hanno concluso CFO e HR –, coinvolgere tutti in maniera uniforme è importante, dall’altra, è anche vero che spesso ci si muove verso la digital transformation perché così fan tutti, riducendo la questione a una moda o a un trend di massa da seguire. In questo senso, quindi, al netto di tutte le considerazioni valutate fino a questo momento, probabilmente, l’insegnamento più importante da fare proprio quando si ragiona su questi temi è interpretare la digitalizzazione non come un semplice strumento o mezzo per crescere, ma come una strategia olistica di lungo periodo, in grado di valutare il ROI del progetto, non solo sotto un mero profilo economico immediato, ma come l’opportunità concreta di generare un beneficio utile, sostenibile e duraturo per tutti gli stakeholder interni ed esterni all’organizzazione”.