di Matteo Castelnuovo | 12/04/2023
“La diversità è un valore che contribuisce ad ampliare gli orizzonti delle persone perché permette il confronto tra punti di vista differenti, non solo per caratteristiche demografiche o di origini o di visione dell’oggi, ma anche per esperienze collocate in momenti temporali diversi”. Inizia così la nostra conversazione con Valerio Floriani, Global Chief People & Technology Officer di Voilàp, che in poche parole identifica in maniera molto chiara il significato della Diversity & Inclusion, su cui - anche in vista della prossima edizione di HR Directors Summit, l'evento pensato per mettere a confronto i direttori delle risorse umane, previsto il 14 e 15 giugno 2023 presso l'Allianz MiCo - Milano Convention Centre, all'interno del Business Leaders Summit - abbiamo voluto ragionare con il manager a margine della presentazione della nuova edizione della ricerca Future of Work, dedicata quest'anno alla Diversity Equity and Inclusion, per l'appunto, e realizzata da Inaz in collaborazione con Business International - Fiera Milano.
“Per noi – prosegue il manager –, D&I significa abbracciare il vasto insieme di caratteristiche che compongono questo concetto così articolato e sfaccettato, analizzando anche aspetti su cui, talvolta, in un primissimo momento non ci si sofferma, come il background personale, rappresentato da fede, orientamento sessuale, scolarità, comunità di appartenenza, stili di vita e molto altro”. Elementi che oggi assumono un ruolo sempre più centrale nello sviluppo di strategie dedicate all’engagement e al benessere della propria forza lavoro. “Al netto della valorizzazione e inclusione delle differenze, che da sempre caratterizza il nostro territorio di riferimento (l’Emilia Romagna, come per esempio le migrazioni di personale specializzato richiamate dall’industria dell’automotive di pregio e non solo) – aggiunge Floriani –, in azienda abbiamo deciso di concentrare il massimo degli sforzi nella gestione di quello che chiamiamo “Extra Complexity Tenure”, ovvero la convivenza di almeno due se non tre generazioni di lavoratori, essendo Voilàp un gruppo longevo, ma non soltanto. Stiamo infatti promuovendo investimenti immobiliari che, oltre a rispondere a criteri di sostenibilità, consentiranno alle persone di incontrarsi sia durante la giornata che al di fuori dei canonici orari lavorativi, con aree dedicate al coinvolgimento in azienda di ex dipendenti in pensione e la conseguente creazione di spazi per il confronto con i dipendenti più giovani, generando, da un lato, una possibilità di crescita per questi ultimi e fornendo, dall’altro, l’opportunità a chi ha già raggiunto la pensione di continuare a stare a contatto con le nuove generazioni, arricchendosi di novità, visione futura e continuando ad imparare”. Un’iniziativa, questa, che amplifica il learning & development grazie al passaggio da dipendente ad ex-dipendente, seguendo un modello consolidato e di enorme successo come quello degli Alumni nato in alcuni primari atenei internazionali ed italiani.
“Un esempio che, più in generale, poi – sottolinea il manager – ci porta a un secondo punto fondamentale nell’attuazione di una buona strategia di D&I, ovvero, la considerazione del fatto che per quanto sia giusto e doveroso considerare la diversità nel mix della propria workforce per creare i presupposti per scambi efficaci che accelerino la crescita collettiva, tuttavia, sia altrettanto vero che se questo tipo di iniziative non vengano inserite in un quadro di profonda education all’inclusione, rischino di produrre meno risultati di quanti potenzialmente se ne potrebbero ottenere”. Un rischio da tenere in grande considerazione per offrire una visione strategica a lungo termine che offra il raggiungimento di grandi obiettivi di business. “In questo senso, in Voilàp – spiega Floriani –, come in moltissime altre aziende, si è sempre più attenti a stimolare e mantenere un mix di diversity efficace, meritocratico e che guardi al futuro dell’intero gruppo: stiamo ad esempio iniziando a sperimentare iniziative volte a far conoscere alcune diversità valorizzandole attraverso un racconto empatico, rappresentato da brevi video o podcast realizzati dai nostri stessi dipendenti che percepiscono il valore della condivisone. Questo è un primo step rispetto a quelli che consideriamo essere gli asset alla base della strategia chiave: la conoscenza approfondita della nostra workforce, anche grazie a tecnologie nemmeno troppo all’avanguardia, come intranet, smartphone o similari, e una buona dote di ascolto e di apertura, che mi piace pensare parte integrante di quella ‘intelligenza emotiva’ di cui molti parlano. Sotto questo profilo, quindi, la vera sfida sembra essere la sensibilizzazione intergenerazionale”.
“Il compito di una funzione HR evoluta – evidenzia il manager – è, tra gli altri, quello di avvicinare i propri dipendenti presenti, quelli futuri ma anche gli ex, ai temi del genere e all’apertura attraverso dialogo e formazione. Tuttavia, l’education da sola potrebbe non bastare: organizzare corsi, invitare persone a speech, sensibilizzare pubblicamente su questi temi di certo può avere un impatto, ma non sempre sembra essere determinante. Crediamo che un approccio sistemico sia la vera chiave per ingaggiare le persone su questi temi: meccanismi che legano i comportamenti virtuosi agli obiettivi ed alla performance, policy definite, accessibili e immediate su temi sensibili e, da ultimo, far emergere chiaramente la posizione dell’azienda su determinati argomenti. Tutto può chiarire le aspettative verso i dipendenti stessi, sensibilizzandoli, ascoltandoli e creando un engagement di valore”. Un coinvolgimento che possa abbracciare, davvero, questa trasformazione ormai in atto. “Guardando al futuro – analizza Floriani –, quello che meglio potrebbe funzionare per questo processo di sensibilizzazione, però, sarà il lanciare iniziative concrete affinché l’attenzione a queste tematiche, la partecipazione e quindi l’inclusione entrino nel mindset comune, come lo è già, per esempio, la conoscenza della lingua inglese per un gruppo come il nostro. Lo spunto, lato dipendenti, potrebbe giungere da indagini di clima e/o valoriali: procedure trasparenti, ascolto attivo dei dipendenti, utilizzo di strumenti che catturino well-being, sensazioni e stato d’animo e che permettano a tutta la workforce di fornire suggerimenti su come migliorare la realtà lavorativa. Mentre, da un punto di vista di leadership suggerirei di sfruttare leve quali l’aumento della comunicazione, l’ingaggio attraverso processi molto partecipativi, interfunzionali e globali; importante continuerà ad essere incentivare la Job Rotation e la mobilità come strumento di conoscenza e di crescita professionale e personale e prevedere un set di valori quali empowerment, responsabilizzazione, attenzione al prossimo e all’ambiente, perché le organizzazioni complesse come le aziende saranno sempre di più le vere protagoniste del futuro delle persone, dei territori e delle comunità in cui operano”.