di Matteo Castelnuovo | 07/02/2023
Si apre una nuova fase nell'attuazione dell'Agenda Digitale dell'Italia. Il PNRR mette a disposizione risorse mai viste per la digitalizzazione del Paese e della sua PA: complessivamente 48 miliardi di euro, il 37% di tutte le risorse europee per il digitale inserite nel Next Generation EU. Una grande disponibilità, finora ben gestita: l’Italia è infatti il Paese più avanti in Europa nella realizzazione degli interventi previsti nel PNRR per la trasformazione digitale, avendo già completato il 17% di milestone e target dedicati (contro il 10% di Spagna e Francia e lo zero di 15 Paesi tra cui la Germania).
Un dato, quest'ultimo, che ha portato anche il Digital Economy and Society Index (DESI) a fotografare qualche primo segnale positivo: nel 2022 l’Italia è salita di 2 posizioni nel ranking europeo di digitalizzazione anche se, complessivamente, resta nella parte bassa della classifica. Siamo infatti al 18esimo posto su 27 Stati membri, con importanti gap rispetto ad altri Paesi, in particolare sulle competenze digitali e i servizi pubblici digitali. Il Paese comincia finalmente a concretizzare un modello “Government as a Platform” di sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali, in cui la PA diventa una piattaforma di innovazione. Ora è però necessario portare a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione del PNRR, accelerando gli ambiti più critici. Aspetti essenziali, per la crescita economica e lo sviluppo del nostro Paese, su cui abbiamo voluto concentrarci attraverso l'analisi approfondita del recente Osservatorio Agenda Digitale realizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano. Una sintesi commentata del report che vi proponiamo di seguito, anche in vista della prossima edizione del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell'impresa contemporanea, organizzata come ogni anno da Business International - Fiera Milano e prevista all'interno degli spazi dell'Allianz MiCo - Milano Convention Centre, il prossimo 14 e 15 giugno 2023.
“Per l’Italia digitale, questa è la più importante chiamata della storia moderna: dobbiamo rispondere in modo rapido, compatto e ordinato – afferma Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation, in quello che sembra un vero e proprio appello accademico alle istituzioni -. Ora è necessario tradurre in realtà le ambizioni del PNRR, portando a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione e accelerando sugli ambiti più critici, come lo sviluppo di competenze digitali tra la popolazione. Dobbiamo dedicare i prossimi mesi a raccordare visioni, risorse e sforzi che, se non ben allineati, rischiano di far perdere tempo ed energie cruciali”.
Il PNRR, infatti, come detto, dedica al digitale un’intera missione da 40 miliardi di euro, a cui si sommano le iniziative di digitalizzazione presenti nelle altre sei missioni, per un totale di 48 miliardi di risorse complessive. Per comprenderne la dimensione, l’Italia prevede di spendere il 37% di tutte le risorse europee dedicate alla trasformazione digitale nell’ambito del Next Generation EU, molto più di altri (18 spenderanno meno di 2 miliardi di euro, la Spagna 20, la Germania 13 e la Francia 8). Al 16 dicembre 2022, 30 delle 173 milestone e target previsti per l’Agenda Digitale sono stati realizzati. Tanto che l’Italia oggi, con il 17% di milestone e target completati, è il Paese più avanti in Europa nella realizzazione della trasformazione digitale prevista nel PNRR. Ovviamente, la Pubblica Amministrazione (PA) riveste un ruolo di primo piano nell’attuazione del PNRR, con almeno il 60% delle risorse destinate a enti pubblici e tutte le risorse gestite e rendicontate da PA. Per la trasformazione digitale dell’apparato pubblico gli obiettivi sono molto sfidanti: sono ben 13 le milestone e 27 i target da realizzare nel 2023, con intenti particolarmente rilevanti sul fronte del procurement, in cui si prevede la completa digitalizzazione di tutto il ciclo di vita dei contratti pubblici e target importanti sui tempi di aggiudicazione delle gare pubbliche, realizzazione e pagamenti. “Il PNRR mette a disposizione risorse senza precedenti per la trasformazione digitale: la sua rilevanza impone un’attenta gestione del momento – ha commentato Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale e Membro della Segreteria tecnica per l’attuazione del PNRR presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri -. È importante non fermarsi e raccordare le risorse del PNRR a quella degli altri strumenti disponibili per sostenere la trasformazione digitale del Paese (ad esempio Horizon Europe). Bisogna inoltre assicurarsi che i quasi 10 miliardi di euro dedicati alla trasformazione digitale della PA siano spesi in modo efficace ed efficiente, monitorandone l’impiego nel tempo”.
In ogni caso, guardando al lavoro realizzato fin qui dal nostro Paese, è chiaro come i primi risultati si possano già vedere. Nell’edizione 2022 del Digital Economy and Society Index (DESI), infatti, l’Italia sale di due posizioni, ma continua ad attestarsi nella parte bassa del ranking, al 18esimo posto su 27 Stati membri, ancora lontano da Paesi simili, come Spagna, Germania e Francia. Nel dettaglio, l’Italia è 25esima per diffusione di competenze digitali, stabile rispetto allo scorso anno; settima per connettività, guadagnando 16 posizioni rispetto alla precedente rilevazione; ottava per digitalizzazione delle imprese, guadagnando due posizioni; 19esima per digitalizzazione della PA, perdendo una posizione.
Per superare i limiti di completezza degli indicatori e il parziale orientamento al policy-making del DESI, l’Osservatorio ha elaborato i Digital Maturity Indexes (DMI). Il framework di maturità digitale, composto da 109 indicatori, analizza il livello di digitalizzazione con maggiore completezza e precisione, mostrando comunque una performance del Paese sotto la media europea. Nei DMI siamo 22esimi su 27 Paesi europei per sforzi compiuti nell’attuazione dell’Agenda Digitale (fattori abilitanti) e 20esimi per risultati ottenuti, a segnalare la necessaria cautela nel leggere i risultati del DESI troppo positivamente. Emergono, in ogni caso, ottimi risultati nella connettività e nell’integrazione delle tecnologie digitali, dovuti a un set ristretto di indicatori (copertura a 5G, diffusione del cloud, fatturazione elettronica), e si registra un progressivo miglioramento nell’utilizzo di internet da parte dei cittadini. Si riscontra, tuttavia, una sostanziale stasi sulla digitalizzazione dei servizi pubblici su cui evidentemente c'è ancora bisogno di lavorare. Proseguendo su questa linea, inoltre, l’Osservatorio Agenda Digitale ha calcolato anche un DESI regionale, da cui emerge il divario tra regioni del Mezzogiorno e del Centro - Nord. Le dimensioni su cui l’Italia è più in difficoltà nel DESI – capitale umano e servizi pubblici digitali – sono anche quelle con i maggiori divari regionali, dato significativo per comprendere come solo riducendo le disuguaglianze interne l’Italia riuscirà a colmare il gap con gli altri Paesi. Confrontando, infatti, le 21 Regioni e Province Autonome italiane con un gruppo di Regioni europee "gemelle", emerge come anche i territori più avanzati del nostro Paese non siano veri digital champion in Europa. Tutte le Regioni europee simili alle nostre fanno meglio rispetto all’utilizzo complessivo di internet e vincono il confronto su 8 dei 9 indicatori considerati, con l’eccezione dell’accesso alla banda larga. E sono proprio le Regioni del Nord e del Centro (più in alto nel DESI regionale) a mostrare un ritardo maggiore rispetto alle Regioni ad esse simili nel resto d’Europa.
Proprio per cercare di ridurre le distanze pocanzi evidenziate, tanto dal DESI, quanto dai DMI, da diversi anni, il nostro Paese sta cercando di adottare un modello per lo sviluppo e l’erogazione di servizi pubblici digitali “Government as a Platform” con dataset e componenti condivisi; piattaforme per accentrare l’offerta di servizi pubblici; modelli di interoperabilità applicativa basati su API e standard aperti; soluzioni cloud per garantire scalabilità, controllo della sicurezza ed efficienza. Come detto sopra, in questo senso nel 2022 si sono registrati importanti risultati, rilevati anche dagli indici di digitalizzazione europei. Per quanto riguarda i dataset, per esempio, l’ANPR è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani subentrati; il Fascicolo Sanitario Elettronico (seppur attivo dal 2019), invece, non è ancora completamente operativo e interoperabile in tutte le Regioni, ma sono accessibili oltre 417 milioni di referti digitalizzati; quasi 60.000 open data popolano il portale dati.gov.it, che oggi rappresenta effettivamente un’eccellenza a livello europeo. Proseguendo nell'analisi e dando uno sguardo più approfondito proprio alle piattaforme virtuali, pagoPA vede oltre 19.000 PA aderenti, oltre 400 prestatori di servizi di pagamento coinvolti nella piattaforma e circa 650 milioni di transazioni effettuate, per un valore di oltre 126 miliardi di euro; SPID è nelle mani di un maggiorenne su due, con oltre un miliardo di accessi nel 2022, mentre la CIE è stata usata 21 milioni di volte per accedere a servizi digitali; l’App IO nel 2022 è stata scaricata da oltre 32 milioni di italiani e le oltre 12.000 PA presenti nell’App offrono più di 170.000 servizi. Infine, va tenuto in considerazione anche il fatto che negli ultimi mesi sia stato finalizzato un Proof of Concept della Piattaforma Notifiche Digitali, che permetterà l’invio di notifiche con valore legale. Parlando di interoperabilità, poi, l'Osservatorio sottolinea come la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), attiva dal 21 ottobre 2022, abiliterà lo scambio automatico di dati tra PA e favorirà l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati pubbliche, mentre il Progetto Mobility as a Service for Italy (MaaS) prevede di dedicare 57 milioni di euro del PNRR all’integrazione e all’interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato. Mentre per l’infrastruttura cloud, che rappresenta naturalmente un asset imprescindibile alla circolazione fluida dei dati e a una loro archiviazione e categorizzazione aperta e fruibile al pubblico, l'Osservatorio Agenda Digitale evidenzia come sia stato costruito il Polo Strategico Nazionale (PSN) che ospiterà i dati e i servizi critici e strategici delle PA italiane e conferma, pertanto, l'inizio della migrazione al cloud di dati e servizi pubblici, avvertendo però che siamo ancora lontani dalla dismissione e razionalizzazione degli oltre 11.000 data center attualmente presenti nelle PA italiane. Un aspetto, questo, estremamente critico e delicato, in termini di risoluzione operativa, poichè impatti concretamente e direttamente su costi vivi e operativi, non rendendo possibile una sua attuazione in tempi brevi, soprattutto per mancanza evidente di risorse e competenze necessarie alla finalizzazione della dismissione stessa dei componenti hardware che oggi sorreggono tutta l'architettura digitale pubblica del nostro territorio.
PER DIGITALIZZARE IL PAESE BISOGNA RIVOLUZIONARE IL SUO PROCUREMENT
La PA italiana nel 2021 ha comprato lavori, servizi e forniture per circa 200 miliardi di euro, un valore equivalente alle risorse disponibili grazie al PNRR. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, che entrerà in vigore dal 1° aprile 2023, prevede un’accelerazione nella gestione degli appalti pubblici tramite piattaforme digitali interoperabili e qualificate. Il mercato di tali piattaforme, nel mondo pubblico, vale 28 milioni di euro l’anno, ma per renderlo davvero efficace ed efficiente è necessario un cambio di marcia, sia a livello culturale, sia a livello procedurale, realizzando un processo di approvvigionamento completamente rinnovato, digitalizzato e che permetta di superare i problemi del mercato di soluzioni digitali alla PA italiana. La pubblica amministrazione, infatti, nel nostro Paese acquista da aziende private sostanzialmente tutte le sue soluzioni digitali, per un ammontare di costi che nel 2021 hanno toccato i 5,7 miliardi di euro, ma il 67% della spesa pubblica in servizi digitali è concentrato nelle mani dei primi 50 fornitori e il 31% nelle mani dei primi 5 e oggi sono necessari mediamente 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica per soluzioni digital. Questo, ovviamente, propone un problema di tempistiche e di erogazione che non consente processi di finalizzazione delle operazioni semplici e veloci, come invece le PA avrebbero bisogno. “Se rendessimo più efficaci ed efficienti i processi di procurement pubblico potremmo realizzare vere riforme strutturali, con impatti dirompenti sull’economia dell’intero Paese – ha sottolineato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale -. Dobbiamo prima di tutto completare la riforma del Codice dei contratti pubblici, accelerando la loro digitalizzazione. Inoltre, è necessario ripensare ai meccanismi di progettazione e risposta delle gare pubbliche, troppo spesso disegnate con la preoccupazione di prevenire ricorsi e contenziosi e portare competenze di approvvigionamento all’interno di tutte le PA”.
Risulta chiaro, quindi, che tra le raccomandazioni dell’Osservatorio, perché l’Italia riesca a rispondere alla chiamata digitale, c’è la necessità di definire una governance che preveda un forte presidio e coordinamento sui temi dell’Agenda Digitale. Senza una linea guida autoritaria che scandisca i tempi, che devono essere rapidi per evitare di perdere l'opportunità offerta dall'Europa e dal PNRR, non si riuscirà a raggiungere gli obiettivi che, finora, hanno seguito una roadmap stringente, richiedendo anche un impegno non indifferente. “Dalla banda larga alle competenze digitali, dagli interventi di digitalizzazione del PNRR a quelli a valere sui fondi strutturali, gli interventi da mettere a terra sono molteplici e complessi. La loro implementazione richiede inoltre una collaborazione, in pochissimo tempo, da parte di una pluralità di attori pubblici e privati – ha analizzato Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale -. Serve una regia forte che tenga alta l’attenzione di tutti a ‘giocare la propria parte’ in modo articolato e produttivo”. Anche perchè le PA locali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, ASL e aziende ospedaliere) si troveranno a gestire oltre 66 miliardi di euro del PNRR e molte delle risorse complementari verranno amministrate direttamente da Regioni e Province Autonome con il rischio evidente, quindi, di una frammentazione di scelte, decisioni, processi e modelli tipica dell'Italia e che da sempre rappresenta uno dei grandi trigger dei gap tra nord e sud del Paese come anche tra città metropolitane e piccoli borghi. Secondo gli esperti accademici, quindi, si rende necessario affiancare e supportare questi enti locali nell’implementazione dei loro interventi affichè sia possibile creare un'omogeneità nell'applicazione dei processi e dei modelli operativi, in modo da avere un'uniformità nella trasformazione digitale del territorio a beneficio dei cittadini e delle aziende. “È fondamentale fare gioco di squadra – ha concluso Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale - semplificando e razionalizzando le interazioni tra titolari e utilizzatori dei fondi, cercando di portare a sistema buone pratiche nell’implementazione e favorendo le aggregazioni tra enti locali. Se non lavoreremo su questi aspetti, i divari di digitalizzazione tra i territori saranno destinati ad aumentare”.