| 15/04/2013
Le imprese, PMI e multinazionali, operano all’interno di un quadro giuridico
e regolamentare molto complesso ove i rischi di commissione di infrazioni a
normative sempre più numerose e strutturate aumentano.
In tale contesto le imprese tendono in maniera crescente ad adottare
volontariamente programmi aziendali volti a ridurre il rischio di commissione di
illeciti ed a monitorare le pratiche poste in essere alla luce delle varie norme
di volta in volta applicabili. Infatti, tali programmi sono ritenuti dalle
imprese strumenti fondamentali per la prevenzione e gestione dei rischi non solo
finanziari e commerciali ma anche reputazionali ai quali le stesse sono
sottoposte in caso di commissione di infrazioni.
Le regole poste a tutela della libera concorrenza si inseriscono in questo
quadro giuridico e regolamentare, a livello europeo e nazionale. In particolare,
le imprese hanno la responsabilità di conformarsi alle regole in materie di
intese restrittive e abuso di posizione dominante descritte agli artt. 101 e 102
del TFUE, e agli artt. 2 e 3 della L. 287/1990 per quanto riguarda l’Italia, per
evitare o quanto meno mitigare il danno – a livello sanzionatorio e
reputazionale – associato ai casi di infrazione.
In effetti, le imprese che pongono in essere comportamenti qualificabili come
anticoncorrenziali si espongono al rischio di vedersi comminare dalla
Commissione europea o da autorità antitrust nazionali sanzioni pecuniarie che
possono raggiungere il tetto del 10% del fatturato mondiale consolidato prodotto
nell’anno precedente – anche alla luce della presunzione di responsabilità della
capogruppo per violazioni commesse dalle società figlie. In tale prospettiva, è
pertanto essenziale per le imprese prendere in mano il proprio futuro,
salvaguardandolo attraverso l’adozione e la messa in opera di programmi di
compliance antitrust aziendali robusti, effettivi ed efficaci in grado di
migliorare ulteriormente la compliance alla norma.
E infatti, molte imprese in questi ultimi anni hanno adottato programmi di
conformità alla normativa antitrust nella consapevolezza che le procedure
interne volte ad assicurare il rispetto delle normative applicabili e a
promuovere, incentivare e diffondere una cultura antitrust in azienda siano
elementi necessari per assicurare una reputazione solida, la concorrenzialità e
il cd. level playing field all’interno del mercato, con benefici diretti a valle
sulla clientela.
A ciò si aggiunga che varie autorità della concorrenza nazionali hanno già
mostrato il loro interesse per la materia e, in alcuni casi, disciplinato
compiutamente la costruzione dei programmi di compliance e il valore da
attribuire ai medesimi. In tal senso, le autorità della concorrenza nazionali,
britannica e francese, hanno pubblicato recentemente regolamenti, linee-guida e
vari report volti ad aiutare le imprese ad implementare e adottare programmi di
compliance antitrust effettivi ed efficaci, riconoscendo peraltro agli stessi -
in alcune ipotesi - valore di circostanza attenuante in fase contenziosa nella
determinazione della sanzione.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato italiana ha sottolineato in
varie occasioni l’importanza fondamentale ormai assunta dalle iniziative interne
volte a diffondere la cultura di compliance antitrust in azienda. Per quanto
riguarda la Commissione europea, il Commissario alla Concorrenza, Joaquin
Almunia, ha ribadito più volte l’importanza che i programmi di compliance
rivestono e incoraggiato le imprese ad implementarli.
In tal senso, la DG Competition della Commissione europea ha dedicato alla
compliance antitrust una sezione del proprio sito internet con la pubblicazione,
in particolare, della brochure “Compliance Matters” e di ulteriori materiali
volti ad guidare le aziende nello svolgere la propria attività di compliance
aziendale alle regole della concorrenza. Alto è l’interesse in materia anche da
parte di associazioni e think tanks, attivi a livello nazionale e
sovranazionale, che a vario modo stimolano e partecipano attivamente al
dibattito, spesso arrivando a definire “best practices” e “toolkits” in grado di
rappresentare il benchmarking in materia a livello globale.