di Matteo Castelnuovo | 23/06/2025
Rapidità, continuità e contemporaneità, visione di lungo periodo, capacità di anticipare gli scenari e di reagire alle criticità. Queste sono solo alcune delle skill che, secondo la nuova ricerca dal titolo “Keep Time and Manage Leadership”, realizzata da Business Internaional, la knowledge unit di Fiera Milano, con il contributo di Federico Ceschel, Ricercatore del Dipartimento di Economia Aziendale, Università Roma Tre, oggi un leader deve avere per poter capire come utilizzare nel modo migliore anche solo una brevissima frazione di secondo utile a prendere la decisione che farà la differenza tra il successo e il fallimento.
Il report, presentato all’Allianz MiCo, il 19 giugno 2025, nel corso dell’apertura della nuova edizione del Business Leaders Summit – la grande manifestazione dedicata ai C-level dell’impresa contemporanea – ha analizzato, inoltre, come, in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale spinge l’essere umano a non avere tempo per pensare, ma a dover concentrare tutta la sua attenzione unicamente sull’azione immediata, ogni attività generata proponga inevitabilmente il rischio costante di errori frammentati che, a causa delle loro interdipendenze, possono produrre discontinuità dannose al funzionamento di un’organizzazione se non gestite nel modo migliore. Nonostante la trasformazione digitale in atto, però, a sorpresa stupisce come, secondo i risultati dell’analisi, la maggior parte dei manager italiani (81%) gestisca ancora la propria agenda e le proprie priorità attraverso strumenti analogici, come calendari, agende cartacee e block notes. A sottolineare quanto, in uno scenario complesso come quello che stiamo vivendo, la gestione e la cura del proprio tempo e soprattutto l’impostazione strategica dei punti focali su cui concentrarsi assumano un valore e un ruolo tale da doverne mantenere il saldo controllo manuale e personale.
“D’altronde l’esigenza della gestione del tempo per i leader – ha commentato Ceschel – è un elemento che, come abbiamo potuto verificare anche nella survey, non si pone più solo come una semplice tecnica organizzativa, ma come una sorta di pratica esistenziale per governare il nuovo ritmo di una quotidianità sempre più artificiale e sempre meno umana, nella quale la vera sfida non è trovare più tempo, ma usare quest’ultimo come uno spazio strategico per costruire futuro”
LA SURVEY
L’analisi è stata condotta su un campione di oltre 100 tra HR Director, Chief Financial Officer, Chief Procurement Officer, Chief Risk Officer, Chief Information Officer e Chief Marketing Officer, attivi in alcune delle più importanti aziende nazionali e internazionali operanti sul territorio italiano, che sono stati intervistati tra il mese di febbraio e quello di aprile 2025. Obiettivo del questionario somministrato è stato, quindi, quello di comprendere meglio, e più approfonditamente, come oggi i professionisti alla guida delle imprese sappiano gestire il proprio tempo e quello dei propri collaboratori, facendo fronte alle sfide proposte dai mercati e dai cambiamenti in atto, non solo in termini di trasformazione digitale, ma anche di nuove esigenze culturali, sociali, organizzative e valoriali che influenzano in maniera sempre più significativa il mondo del business. Un tema di grande attualità che, tra l’altro, ha fatto anche da filo conduttore alle conversazioni dei sei eventi verticali che hanno composto il palinsesto del Business Leaders Summit e che hanno permesso ai C-level intervenuti di confrontarsi e capire l’importanza di una risorsa così preziosa in scenari di grande complessità e incertezza, come quelli che stiamo vivendo. Basti pensare infatti che, secondo una recente ricerca di Forbes, se fino a qualche anno fa in cima ai desiderata dei recruiter erano presenti skill tecniche e tecnologiche, legate principalmente alla gestione dei dati e all’adozione di nuove applicazioni di AI, oggi la tendenza è decisamente cambiata e le soft skill, come la comunicazione efficace, l’intelligenza emotiva, l’ascolto continuo e, per l’appunto, la gestione del tempo, hanno raggiunto la vetta delle priorità delle organizzazioni alla continua ricerca di nuovi leader che le sappiano traghettare nel futuro. Una richiesta di talenti che, però, secondo una recente indagine di LinkedIn, sembra essere tutt’altro che semplice. L’analisi, inoltre, sottolinea come, a livello globale, più di 8 professionisti su 10 (82%) non siano in grado di gestire il tempo in maniera efficace sul posto di lavoro e più del 40% nel 2024 si sia iscritto o abbia partecipato a un corso di time management.
Se a livello internazionale la fotografia è questa, però, in Italia il polso della situazione è leggermente differente con il 60% degli intervistati che dichiara di essere soddisfatto della propria gestione del tempo. In questo scenario, inoltre, la maggior parte dei rispondenti conferma di riuscire a gestire le scadenze proposte dal proprio lavoro attraverso l’identificazione di chiari obiettivi (21%), la creazione di obiettivi multilivello di breve e lungo periodo (21%) o la scomposizione dei compiti in attività più ridotte (13%), ma in pochi (solo il 9%) indicano di monitorare con costanza l’avanzamento dei propri risultati nella gestione di obiettivi e scadenze. Questo sottolinea come spesso la pianificazione non trovi il riscontro necessario alla sua funzionalità, rendendo molto diffuse, per esempio, skill di adattamento e flessibilità agli imprevisti e alle emergenze, che vengono indicate dai professionisti nel 35% dei casi come capacità di ricalibrazione delle proprie priorità, sottolineando una grande propensione all’improvvisazione momentanea, che sembra emergere più come reattività anziché come capacità deliberata di riformulare strategie in maniera proattiva. E in questo scenario, il rischio maggiore è quello di incappare in errori tecnici che rendono impossibile la gestione delle priorità stesse. Tra gli sbagli più comuni, sotto questo punto di vista, figurano l’interruzione per attività non pianificate (44%) e l’incapacità di dire di no a richieste esterne (42%). Questi comportamenti segnalano una vulnerabilità organizzativa legata alla permeabilità dei confini lavorativi e all’assenza di norme condivise sulla protezione del tempo che, in questo modo, non viene identificato come risorsa scarsa e preziosa di cui prendersi cura. Una sottovalutazione resa ancora più forte da due aspetti che, in quest’era post-Covid, rendono ancora più complesso il panorama e che sono molto più frequenti di quanto ci si aspetterebbe, ovvero: l’emergere continuo di urgenze non pianificate (37%) e la bassa qualità delle riunioni organizzate (30%). Oltre a questo, poi, risulta chiaro anche che se, da un lato, l’utilizzo di calendar digitali, ormai, nel nostro Paese è abbastanza diffuso (73%), l’utilizzo di piattaforme per la collaboration, invece, non è ancora così considerato. Solo il 7% dei rispondenti, infatti, lo identifica come strumento funzionale alla gestione del proprio tempo e di quello dei propri collaboratori, rafforzando quindi l’impressione rilevata in precedenza e relativa a una scarsa considerazione del tempo di tutti, come risorsa fondamentale per gestire flussi e processi di lavoro. Come detto all’inizio, però, il gap tecnologico non si fa sentire solo negli strumenti di collaboration, ma proprio anche nell’uso di strumenti necessari alla gestione delle proprie priorità. In questo senso, infatti, solo il 19% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare strumenti digitali per il time management, mentre la maggior parte del campione (35%) conferma che lo strumento migliore per gestire le proprie attività e la definizione della loro importanza è la creazione di una to-do-list scritta a mano e il 28% afferma che nulla può sostituirsi all’agenda cartacea. A dimostrazione di quanto sia importante oggi per i manager avere proprio un controllo fisico del tempo e delle loro priorità. Un’esigenza che tra l’altro spesso si traduce anche in una forma di incapacità nella delega che porta quasi 1 manager su 5 (18%) a gestire in prima persona le urgenze e le questioni più critiche. Una tendenza, questa, che comprometterebbe, poi, il raggiungimento dei quattro principali benefici prodotti da una buona strategia di gestione del tempo e individuati dai manager coinvolti nella survey in fattori come: una maggiore capacità di pianificazione strategica (21%), una riduzione dello stress decisionale (17%), una migliore prioritizzazione delle attività (23%) e un incremento del tempo dedicato alla riflessione (22%). Asset fondamentali per poter ottenere il massimo dalla propria quotidianità professionale che richiedono, però, anche delle competenze specifiche da acquisire necessariamente, come per esempio l’automazione dei processi, che il 19% degli intervistati vede come una hard skill su cui bisogna lavorare per il futuro, o l’attivazione di un decision making più rapido, che il 19% dei rispondenti vede come una soft skill di grande valore, a cui si unisce anche l’abilità di comunicare in modo efficace (13%), o la gestione del cambiamento (22%) e delle emergenze (18%), che sono skill tipiche degli ambienti ad alta complessità.
I QUATTRO TIPI DI MANAGER ALLA PROVA DEL TEMPO
Dati, quelli emersi nella ricerca, che hanno portato infine a identificare anche quattro tipologie di manager moderni, elaborate in base alla capacità di gestire il tempo e le priorità, proprie e dei propri team. Attraverso una cluster analysis è stato possibile, così, evidenziare una suddivisione dei principali idealtipi di leader che oggi guidano le imprese e che definiscono l’approccio al concetto di tempo da parte di ogni professionista.
Il primo profilo è quello dell’”Orchestratore Strategico”. Figura manageriale di riferimento nei contesti complessi, questo tipo di manager è colui che riesce a trasformare il tempo in uno strumento di leadership. Rappresenta il vertice dell’intenzionalità e della strutturazione: guida il proprio team con una visione chiara, una pianificazione accurata e una capacità di delega ben consolidata. È il tipo di manager che non solo governa il tempo, ma lo progetta, attribuendogli valore strategico nel disegno organizzativo.
Il secondo profilo, poi, è quello dell’”Equilibrista Riflessivo”. Un manager che unisce sensibilità e capacità gestionale. Si muove con consapevolezza tra struttura e flessibilità, tra visione e operatività. È riflessivo, osserva sé stesso, apprende dall’esperienza e valorizza la coerenza tra azioni e valori. Non punta tanto all’efficienza quanto alla sostenibilità del proprio ruolo nel tempo. La sua forza sta nella capacità di adattarsi con consapevolezza, ma questo equilibrio è fragile e necessita di riconoscimento e supporto.
Il terzo profilo, invece, è quello dell’”Esecutore Organizzato”. Figura concreta, operativa, centrata sull’efficienza, questo tipo di manager incarna l’idealtipo del manager che tiene le redini del tempo grazie alla pianificazione meticolosa e all’utilizzo sistematico di strumenti. Il suo approccio è pragmatico: struttura, controlla, misura. Rappresenta la certezza della continuità organizzativa ma può rischiare di irrigidirsi, perdendo contatto con l’evoluzione e con il senso più profondo delle azioni che svolge.
Il quarto e ultimo profilo, infine, è quello del “Navigatore Reattivo”. Il manager esposto al caos, all’urgenza continua, alle interruzioni. Il suo tempo è costantemente frammentato, la sua attenzione sotto attacco. Si difende come può: improvvisa, reagisce, incassa. Spesso opera in PMI o in ruoli operativi dove mancano strumenti, delega, supporti organizzativi. È resiliente, capace di affrontare pressione e incertezza. Ma il rischio di burnout è alto, così come quello di perdita di direzione. Il navigatore reattivo ha bisogno di formazione, strumenti e riconoscimento per trasformare la sopravvivenza in capacità di guida.