Negli ultimi anni il ruolo dei managed service provider ha visto una profonda evoluzione originata dalla crescente complessità e rilevanza che le tecnologie hanno all’interno delle aziende. La velocità con cui la tecnologia evolve e il boom nel processo di trasformazione digitale, ulteriormente accelerato dalle esigenze di business continuity del periodo pandemico, hanno portato le aziende e i team dedicati a dover gestire infrastrutture IT sempre più estese ed estremamente frammentate. Questo ha creato delle difficoltà nel gestire internamente attività come la manutenzione, gli aggiornamenti, il monitoraggio e le verifiche di compatibilità, comportando inefficienze e rallentamenti, perché il personale IT interno resta limitato in quantità e skills mentre la complessità dell'infrastruttura aumenta rapidamente. È necessario, quindi, occuparsi del rinnovo delle infrastrutture IT (oppure verificare se le attuali siano già aggiornate e allineate con l’andamento del mercato) ed effettuare degli upgrade tecnologici. anche sotto il profilo del know-how di esperti di settore e l’assistenza di team di tecnici dedicati che assumono così un ruolo sempre più importante e sono sicuramente un punto di forza per il supporto alle aziende, oltre che un plus da non sottovalutare.
Da qui l’esigenza da parte di un numero sempre crescente di aziende di poter affidare la gestione delle proprie architetture a un partner esterno, al fine di non interrompere e favorire la crescita. Una tendenza, questa, che coinvolge tanto il mondo del procurement, sotto un profilo operativo di selezione dei fornitori, quanto la value chain, sotto un profilo di certificazioni necessarie da avere e ottenere ai fini di valutazioni di sostenibilità da parte delle aziende. Aspetti su cui diventa sempre più importante concentrarsi in questo contesto e che abbiamo voluto approfondire meglio attraverso l'opinione di Guido Gelli, Delivery Manager di HiSolution, per analizzare più da vicino questo trend di grande interesse, anche in vista della prossima edizione del Supply Chain & Procurement Summit, previsto il 27 e 28 novembre 2023 allo Spazio Field, nella splendida cornice di Palazzo Brancaccio a Roma, all'interno del Business Leaders Summit, l'edizione autunnale della grande manifestazione che riunisce in un unico posto i migliori C-level dell'impresa contemporanea.
"Se da un lato questa tendenza offre un'opportunità preziosa di business per i fornitori di servizi gestiti - ha commentato Gelli -, dall’altro questo stesso fenomeno ha fatto sì che il numero di MSP crescesse in maniera esponenziale, non sempre affiancato dalle competenze e dai livelli di specializzazione necessari, ed è oggi quindi difficile per un’azienda scegliere un partner che sia affidabile e al contempo competente, in grado di collaborare a stretto contatto con il cliente per comprenderne appieno le specifiche esigenze garantendo servizi di elevata qualità".
L’erogazione di servizi a valore efficaci ed efficienti richiede risorse adeguate, competenze certificate, l'impiego di sistemi automatizzati per semplificare l'analisi e la risoluzione dei problemi, nonché la presenza costante di professionisti affidabili. "Dal nostro punto di vista - ha proseguito il manager -, forti di un’esperienza di oltre 25 anni nel settore, siamo fermamente convinti che la specializzazione e le certificazioni siano fondamentali, perché un servizio a valore richiede competenze specifiche. Questo deve rappresentare il primo pilastro per un MSP. Inoltre, riteniamo essenziale poter usufruire di strumenti di misurazione e audit periodici per fornire al cliente una visione completa e analizzare la qualità del servizio offerto. In aggiunta, l'MSP deve adottare piattaforme di ticketing e sfruttare risorse in cloud condivise, affiancando la propria offerta con un NOC (Network Operations Center)". Fin dal 2005, infatti, HiSolution si è imposto a pieno titolo tra i Managed Service Provider di soluzioni UCC, Networking, Security e IT per rivolgersi alle medium, large e top enterprise con servizi progettuali tecnologici grazie alla collaborazione di specialisti IT e tecnici certificati. "Abbiamo creduto fortemente in questo mix e lavorato per offrire servizi in grado di offrire tutte queste competenze. Il fiore all’occhiello è infatti il NOC interno, operativo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all'anno, (già integrato con servizi Help Desk e di progettazione in infrastrutture Telco e IT), dove lavorano tecnici con elevate specializzazioni che vengono regolarmente certificati sulle soluzioni e tecnologie ritenute migliori e più performanti per quella specifica tipologia di cliente". Un processo, questo, che consente alle aziende di avere al proprio fianco un tecnico che segua l’intero progetto dedicato e propone un valore aggiunto, in quanto si pone come unico interlocutore e risponde in maniera proattiva e dedicata in caso di problemi e/o guasti sulla specifica tecnologia. "Questo processo - sottolinea Gelli - significa risolvere problemi al cliente in tempi brevi e con costi minori. Il nostro obiettivo, infatti, è prendersi cura dei clienti supportandoli nelle loro scelte strategiche nel settore della tecnologia ed essere il miglior partner nell’ottimizzazione di tempi e costi".
A COSA SERVONO LE CERTIFICAZIONI TECNOLOGICHE
"Le certificazioni sono un indicatore importante per le organizzazioni che cercano un provider di servizi gestiti con competenze specializzate e un alto livello di qualità e affidabilità - ha aggiunto, poi, l'esperto -. In primis sono la prova tangibile che l’MSP ha acquisito competenze e capacità specifiche in determinate tecnologie o soluzioni. Poi, ne convalidano l’impegno e l’investimento in formazione adeguata per i propri tecnici per abilitarli nell’erogazione di servizi di alta qualità. Inoltre aprono la strada a partnership con i più importanti vendor di tecnologie e soluzioni, attraverso cui l’MSP ottiene l’accesso a risorse dedicate, formazione avanzata e supporto prioritario". Ottenere certificazioni richiede, però, un impegno costante nell'aggiornamento delle conoscenze e delle competenze del personale tecnico dedicato. "Questo - consiglia l'esperto - promuove una cultura di apprendimento continuo e assicura che l'MSP rimanga al passo con le ultime tendenze e gli ultimi sviluppi tecnologici".
CERTIFICAZIONE COME STRATEGIA A VALORE PER GLI MSP
La scelta strategica di certificare a più livelli i propri professionisti risponde alle crescenti esigenze di specializzazione oggi richieste dai clienti che, sempre più, impongono di saper usare nel quotidiano i nuovi strumenti informatici, a prescindere dalla funzione aziendale ricoperta. "Da sempre - precisa Gelli - crediamo che l’expertise debba essere costantemente alimentata con aggiornamenti sulle più avanzate tecnologie e soluzioni e continueremo a operare in questa direzione per accompagnare le imprese nella gestione del cambiamento. Sicuramente uno dei nostri punti di forza è la competenza sia tecnica e altamente consulenziale sia commerciale. Il vero valore sta nel saper ascoltare le esigenze del cliente e operare come solo un MSP sa fare: servizi cuciti su misura, supporto in reperibilità Help Desk e certificazioni che ci posizionano sul mercato come esperti del settore ICT. L'obiettivo finale, quindi, è offrire ai clienti la tranquillità di poter riconoscere il proprio partner come una realtà competente e affidabile cui poter chiedere aiuto nelle scelte strategiche e nell’erogazione di servizi a valore in ambito IT".
Le aziende che controllano, ottimizzano e rendono standard i propri processi di acquisto possono risparmiare tra il 10 e il 25% dei costi su prodotti e servizi, e quelle che includono nella propria strategia di procurement anche la tail spend possono ottenere importanti vantaggi competitivi, riporta un recente studio di McKinsey.
Allora perché ancora oggi viene poco considerata la spesa per i materiali indiretti? Una domanda questa a cui, come Unite, abbiamo cercato di rispondere in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del CPO Summit, l’evento dedicato al mondo del Procurement, previsto il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, all’interno del Business Leaders Summit – la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.
Unite | Mercateo part of Unite, piattaforma di e-procurement con un marketplace integrato dedicato al B2B, infatti, vuole arrivare al cuore della questione durante il CPO Summit 2023, promuovendo la cultura della digitalizzazione nel procurement come soluzione per fronteggiare l’attuale contesto VUCA e contenere i costi di processo che si nascondono nella tail spend.
Infatti, benché la spesa indiretta rappresenti solo il 20% della spesa totale aziendale, secondo il principio di Pareto incide allo stesso tempo per l’80% sui costi legati alle procedure di ordine, anche grazie alla frammentazione e al conseguente numero di fornitori molto elevato.
L’acquisto frammentato di questi materiali è spesso legato al fenomeno del maverick buying e questo comporta una mancanza di dati strutturati che compromette la trasparenza dell’intero processo e limita la capacità di analizzare l’acquistato e individuare opportunità di risparmio.
Allo stesso modo, anche i costi di gestione aumentano. Gli uffici contabili e amministrativi si trovano infatti ad avere a che fare con la necessità di aprire rapidamente nuove anagrafiche fornitori e a gestire fatture non standardizzate, il che comporta un carico di lavoro manuale particolarmente oneroso in termini di tempo e denaro. Il livello di complessità è inoltre destinato ad aumentare in base alla modalità con cui viene effettuato il pagamento, al livello di standardizzazione delle procedure e a molti altri costi di gestione nascosti in base alla tipologia e al settore aziendale.
Per tutti questi motivi, i vantaggi dati dalle nuove tecnologie sono tantissimi: primo fra tutti la conseguente ottimizzazione dei processi aiuta gli uffici acquisti a risparmiare sui costi. Inoltre, una gestione trasparente della spesa indiretta consente di identificare meglio le opportunità e perfezionare la strategia di spesa, avere flussi di lavoro semplificati, e una maggiore coerenza e compatibilità dei prodotti acquistati. Infine, una supply chain più vicina e affidabile permette di ottimizzare e automatizzare i processi migliorando l’efficienza generale della funzione acquisti e riducendo il tempo dedicato a compiti strettamente operativi.
Nel “mercato” degli appalti, il monitoraggio dei profili di gestione dei rapporti di lavoro riveste un ruolo strategico soprattutto in considerazione della complessità del panorama legislativo.
Il datore di lavoro, infatti, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda è tenuto a:
Ecco perché oggi per le imprese è fondamentale essere sempre aggiornate sui rischi a cui potrebbero essere esposte.
Con un’esperienza riconosciuta in tutti i settori F2A assiste le aziende committenti con il servizio Controllo Compliance Fornitori. Il Servizio, basato su una piattaforma tecnologica Compliance Tool, solleva il committente dall’onere della raccolta e controllo della documentazione necessaria.
L’appaltatore caricherà in autonomia i documenti necessari, F2A effettuerà i controlli e l’appaltante potrà visionare le situazioni critiche complete di esposizioni economiche.
Il risultato di questa esternalizzazione ed automatizzazione è quindi una diminuzione del tempo per le risorse impegnate su attività “non core” mantenendo elevati standard di sicurezza informatica, continuità di servizio e conformità al GDPR.
Non perdere l’intervento di Paolo Brossa Territory Sales Director di F2A e Alessandro Amicabile, Esperto in tematiche di sicurezza del lavoro 2A Group, in programma il 15 giugno alle 12:20 nel corso della prossima edizione del CPO Summit, l’evento dedicato al mondo del Procurement, previsto il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, all’interno del Business Leaders Summit – la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.
La digitalizzazione del business è sempre di più uno di quegli aspetti cruciali per poter generare valore aggiunto e sostenere nel migliore dei modi la competitività e la resilienza del business stesso. In un periodo di grande incertezza e volatilità dei mercati, ma anche delle risorse e delle materie prime, quindi, non basta più la semplice adozione di intelligenza artificiale o machine learning per guardare al futuro, ma è sostanzialmente necessario che l’intera organizzazione sia permeata da un’intelligenza digitale integrata. Un nuovo concetto di digitalizzazione, questo, che passa dall’analisi multicanale dei dati allo sviluppo di reportistica combinata in real time, fino alla capacità di prendere decisioni adattive per guidare in molteplici scenari previsionali e possibili il board e quindi l’azienda.
Un nuovo processo di digitalizzazione, questo, che abbiamo voluto comprendere meglio attraverso l’analisi di una case study proposta da Board International, in vista della prossima edizione del CPO Summit (l’evento dedicato al mondo del Procurement) e del CFO Summit (l’evento dedicato al mondo del Finance), che si terranno contemporaneamente il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, nel corso del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.
IL CASO RDM GROUP
RDM Group è leader nella produzione del cartoncino riciclato, oltre che il maggiore produttore in Italia, Francia, Paesi Bassi e Penisola Iberica. Il Gruppo ha intrapreso un percorso trasformativo per incorporare l'intelligenza digitale in tutta l'organizzazione, includendo applicazioni di AI, transazioni no-touch, realtà aumentata e tecnologia Bot. Per facilitare questo percorso, RDM Group ha scelto la piattaforma Board Intelligent Planning in grado di trasformare la pianificazione finanziaria e operativa e fare un uso ottimale dei dati, dalle macchine per la fabbricazione della carta, in ogni stabilimento, alle revisioni aziendali della sede centrale.
I VANTAGGI DELL’INTELLIGENZA DIGITALE
In particolare, nell’area Finance, RDM Group ha ottenuto alcuni significativi miglioramenti. In primis, è stato possibile per il gruppo italiano acquisire una gestione più efficiente di specifici moduli di costing (HR, Energy) attraverso l'Intelligent Planning for Finance. In secondo luogo, poi, è stato possibile anche elaborare analisi tempestive e dettagliate dei dati finanziari, di economia circolare e di sostenibilità ambientale, attraverso un'ampia gamma di report interattivi. In terza istanza, infine, i processi di pianificazione sono stati estesi e migliorati a livello aziendale, attraverso applicazioni di pianificazione intelligenti integrate in Board.
Al termine di questo articolato processo di innovazione e trasformazione dei flussi operativi e analitici dell’azienda, Nicolò Maracani, Group FP&A Manager di RDM Group, ha commentato: “Vogliamo portare nell’organizzazione una digital intelligence che includa area finance e processi operativi, lungo l'intera filiera, per ogni stabilimento del Gruppo e per la sede centrale di Milano. Abbiamo scelto Board per accelerare questa trasformazione”.
Secondo una recente ricerca di Fortune Business Insight, il mercato globale della Firma Digitale nel 2022 ha raggiunto i 3.92 miliardi di dollari. Il settore, però, è previsto che cresca fino a raggiungere i 5.25 miliardi di dollari nel 2023, per poi arrivare addirittura a superare i 43.14 miliardi di dollari entro il 2030, con un tasso di crescita annuale pari al 35.1% nel periodo considerato.
Dati questi che abbiamo voluto approfondire meglio, anche in vista della prossima edizione del CPO Summit, l’evento dedicato al mondo del Procurement, previsto il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, all’interno del Business Leaders Summit – la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.
L’aumento della digitalizzazione in vari settori del business, infatti, ha influenzato i processi operativi delle imprese che, conseguentemente, hanno dato vita a un percorso di dematerializzazione dei documenti. L’adozione di alcune tecnologie emergenti in diversi Paesi sviluppati e in via di sviluppo ha portato e porterà, così, a un’evoluzione ed espansione agevolata del mercato della firma elettronica sicura. I ricercatori di Fortune Business Insights™ hanno infatti rilevato come, negli ultimi mesi, alcune delle aree principali di adozione di queste nuove applicazioni per la digital signature siano state, per esempio, la possibilità di ottenere una migliore, più sicura, semplice, efficace e veloce, verifica dell’identità dei clienti. Questo ha permesso alle banche di snellire enormemente i processi di validazione della firma e le verifiche legate all’identificazione dei soggetti, offrendo nuove opportunità di gestione dei contratti anche a distanza, attraverso la certificazione legale della firma digitale del cliente o nei processi di fusione e acquisizione tra aziende o negli ambiti assicurativi e in molti altri casi.
L’integrazione della digital signature nelle soluzioni basate su tecnologia blockchain ha permesso, inoltre, di offrire nuove e più ampie prospettive di crescita al mercato della firma eletronica a livello globale. Se, infatti, la firma digitale risulta un asset importante da utilizzare in un’era post-covid nella quale gli impatti della digital transformation del business a livello globale hanno prodotto una vera e propria rivoluzione nelle logiche e nelle dinamiche delle operations, è altrettanto vero che poter offrire alla firma digitale un valore legale e incontestabile ha aiutato moltissime realtà a provare in maniera certa l’origine, l’identità e lo status valoriale di un documento elettronico o di una transazione o perfino di un messaggio digitale. Per questo motivo, tanto la blockchain quanto il cloud, come tecnologia in grado di trasferire in tempo reale informazioni certificate, nei prossimi anni saranno i principali driver della crescita di questo mercato in così forte espansione.
In un mercato sempre più globalizzato, nel quale la necessità di velocità di adattamento, reattività ai rischi imprevisti e capacità decisionale e previsionale sono ormai competenze imprescindibili, saper offrire soluzioni e processi sicuri, flussi operativi efficienti e un passaggio di informazioni certificato, costante e senza soluzione di continuità da capo all’altro del mondo è sempre più fondamentale per rimanere competitivi e al passo con i tempi. Tutto questo, si trasforma così in un fattore di crescita essenziale, soprattutto in settori come quello bancario e assicurativo, ma anche nel retail, real estate e della pubblica amministrazione. Ambienti in cui il trasferimento delle informazioni digitali dovrebbe essere altamente sicuro e protetto, vista la sua enorme importanza e sensibilità. Allo stesso modo, però, anche le transazioni all’interno delle grandi organizzazioni necessitano un alto livello di sicurezza e la tecnologia della firma elettronica è ideale per questo tipo di protezione in un mercato del business così altamente regolamentato da normative nazionali e internazionali, dato che questa soluzione innovativa può offrire loro un’alta integrità e autenticità dei documenti elaborati. Nonostante questo, però, la mancanza di consapevolezza da parte delle imprese e delle persone nei confronti dei benefici prodotti dalla firma elettronica sia sotto un profilo operativo, sia sotto un profilo legale, ha generato finora un rallentamento nello sviluppo del mercato. A seguito della pandemia e della necessità di sviluppare soluzioni digitali che superassero il distanziamento fisico e sociale, però, grazie all’espansione nell’adozione di soluzioni cloud-based e allo sviluppo di nuovi sistemi paperless basati sulla blockchain, la situazione sta decisamente cambiando, offrendo nuove opportunità a un mercato che oggi è dominato dagli Stati Uniti, che come early adopter di questa tecnologia, nel 2022, hanno raggiunto una valutazione di settore pari a 1.62 miliardi di dollari (equivalente a quasi il 50% del valore del mercato a livello globale) e che possiedono anche già una legge federale dedicata alla firma elettronica, regolamentata dal U.S. Electronic Global and National Commerce (ESIGN) Act del 2000. A seguire, poi, un altro mercato in forte espansione è quello dell’Asia-Pacifico, che prevede di avere una crescita significativa dei suoi valori grazie all’aumento di iniziative governative per aumentare la digitalizzazione delle imprese nei vari settori industriali. In Cina, per esempio, il governo ha proposto una legge sulla firma elettronica e sta promuovendo in maniera significativa la firma digitale per qualunque tipo di documentazione. Anche in Europe, però, si stanno iniziando a vedere alcuni importanti cambiamenti, soprattutto grazie all’aumento di business digitali in tutti i settori.
In questo contesto, inoltre, la presenza di realtà come OneSpan, che da anni promuovono la cultura del paperless e della digitalizzazione della firma – conquistandosi la fiducia di aziende globali, tra cui oltre il 60% delle 100 banche più grandi del mondo, ed elaborando ogni anno milioni di accordi digitali e miliardi di transazioni in oltre 100 Paesi nel mondo –, offre un’ulteriore opportunità di espansione a tutte quelle aziende che vogliono abbracciare questo nuovo modello di business. Aiutare le organizzazioni ad accelerare le trasformazioni digitali, consentendo di stipulare accordi con i clienti e di effettuare transazioni in modo sicuro, conforme e semplice, non è infatti solo un servizio utile, ormai, ma diventa proprio un driver distintivo che consentirà alle imprese di guardare sempre di più anche ai principi di sostenibilità. Le organizzazioni che necessitano di un'elevata sicurezza, soprattutto per garantire l'integrità degli utenti finali e la veridicità delle transazioni dietro ogni accordo, infatti, potranno così semplificare e rendere sicuri i processi aziendali con i loro partner e clienti.
Perché il Procurement deve farsi “carico” della riduzione delle emissioni Scope 3? La risposta è semplice: fornitori e spesa. Dichiararsi azienda a emissioni zero infatti, ormai, non è sufficiente, se poi la propria rete di fornitura non lo è. Secondo uno studio realizzato da McKinsey “Starting at the source: Sustainability in supply chains”, il 70% delle emissioni totali di una azienda provengono da emissioni indirette (Scope 3) dovute all’attività aziendale. Questa categoria include le fonti emissive che provengono principalmente dalla filiera produttiva di un’azienda e che non sono sotto il suo diretto controllo.
Un dato che al suo interno nasconde quell'universo di relazioni che, attraverso la catena di fornitura, ogni azienda intesse con la propria filiera e su cui, come Ivalua, abbiamo voluto ragionare più approfonditamente in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del CPO Summit (l’evento dedicato al mondo del Procurement), a cui parteciperemo con il nostro stand, e che si terrà il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, nel corso del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.
“La catena di fornitura della tipica azienda di beni di consumo", spiegano i ricercatori, "crea costi sociali e ambientali molto maggiori rispetto ai benefici derivanti dalle proprie attività, generando oltre l’80% delle emissioni di gas serra e oltre il 90% dell’impatto su aria, terra, acqua, biodiversità e risorse geologiche dell’azienda stessa. Ecco perché le aziende devono concentrarsi sulla loro supply chain per ridurre significativamente questi costi”.
La risposta potrebbe essere banale, ma le ragioni sono molteplici. Innanzitutto, l'impatto e contributo significativo alla lotta contro il cambiamento climatico. In secondo luogo, la visione dello Scope 3 come la principale priorità del top management. In terzo luogo, l'influenza che l'attenzione verso la sostenibilità ha sulla reputazione dell'organizzazione e il suo valore di mercato. Poi, l'importanza che ha assunto in questi anni l'adeguamento ai requisiti normativi in rapida crescita per la riduzione e tracciatura delle emissioni Scope 3. Infine, la connessione esistente tra riduzione dei costi e riduzione delle emissioni, dove tutto parte dai dati e dalla loro analisi.
In questo senso, quindi, i professionisti del Procurement e della Supply Chain sono i maggiori responsabili nelle politiche di riduzione delle emissioni e possono fare una grande differenza attraverso le loro scelte di acquisto. Ma da dove iniziare? Quali strategie implementare? Per raggiungere dei buoni risultati sotto questo profilo è importante prima di tutto stabilire una strategia per generare dati affidabili sulle emissioni Scope 3 in base alle categorie e alla spesa. Sarà necessaria una combinazione di dati di terze parti (da fonti come Exiobase, Ademe, CDP, Ecovadis ecc.), dati dei fornitori e dati di spesa (ad esempio, PO e fatture). Conseguentemente, bisognerà sviluppare una struttura e un processo di governance chiari per impostare una baseline delle emissioni e per regolare e convalidare i dati sulle emissioni Scope 3. Quindi, diventerà essenziale iniziare a raccogliere la documentazione, i certificati e i dati aggiuntivi forniti dal fornitore (noterete che molti non dispongono di informazioni sufficienti in merito). Dopo questo reperimento di informazioni, si dovrà estendere il quadro di gestione del rischio dei fornitori per incorporare il rischio ambientale. Un'operazione che porterà i CPO a dover definire un meccanismo che consenta ai responsabili di categoria di mettere in atto piani di riduzione delle emissioni sulla base dei dati raccolti a livello di categoria e di prodotto, e collaborare con i fornitori, al fine di delineare e monitorare un piano ESG strategico attraverso reportistica delle emissioni Scope 3 dettagliata, obiettivi di riduzione e relativi progressi, e così via. Un'impostazione che dovrebbe offrire, infine, la possibilità di garantire che i dati sulle emissioni siano facilmente accessibili in tutto il processo source-to-pay. Questo consentirà all’ufficio acquisti di prendere decisioni che tengano in considerazione l’impatto ambientale di ogni prodotto acquistato e garantirà, inoltre, che i profili dei fornitori siano arricchiti con dati relativi alle loro emissioni.