Nonostante ogni previsione dell’era post-COVID, secondo un recente studio realizzato dalla Global Business Travel Association (GBTA), i viaggi d'affari si sono ripresi più velocemente del previsto e si stima che la spesa aziendale per le trasferte supererà il livello di investimenti pre-pandemia di 1,4 trilioni di dollari l'anno prossimo, per crescere fino a raggiungere una stima di 1,8 trilioni di dollari entro il 2027. Guardando a questo trend, però, è bene sottolineare anche il fatto che il business travel genera circa il 40% dei ricavi del settore dell'aviazione e si calcola che i voli aerei potrebbero arrivare a rappresentare fino al 27% delle emissioni di gas serra globali entro il 2050. Alla luce di questa realtà, quindi, se è vero che la spesa per il corporate travel raggiungerà presto livelli senza precedenti, viene anche da chiedersi, però, in che modo le aziende possano dare priorità alla sostenibilità e rimanere sulla buona strada per ottenere i loro obiettivi di Net Zero emission, affrontando al contempo le sfide presentate dal ruolo che questi spostamenti svolgono nel successo dei profitti di un'impresa. Un equilibrio non semplice da conquistare, questo, se si considera come, secondo un rapporto del 2022 di Accenture, il 93% delle aziende non arriverà ai target di emissioni desiderati a meno che non acceleri i progressi nella riduzione di CO2.
Sebbene, guardando per esempio all’ambito aeronautico, si ritenga che il carburante sostenibile per l'aviazione (SAF) rappresenti una parte fondamentale della soluzione a lungo termine per la decarbonizzazione, è chiaro che permangano alcune sfide significative. La maggior parte degli esperti, infatti, riconosce che l'offerta è ancora troppo limitata, i costi sono elevati e mancano infrastrutture immediatamente disponibili per supportare questo combustibile, evidenziando la necessità di pazienza affinché il SAF possa adattarsi a sostenere il mercato in modo olistico. Nonostante ciò, però, gli analisti a livello globale evidenziano che, nel momento in cui la distribuzione del Sustainable Aviation Fuel sarà davvero a regime, quest’ultimo potrebbe arrivare a contribuire alla riduzione di CO2 nel mondo per oltre il 65% entro il 2050. Una visione di lungo periodo che sta portando, comunque, le imprese ad adottare nel frattempo anche altre strategie per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità. A livello globale, infatti, oggi si guarda sempre di più alla compensazione delle emissioni di anidride carbonica. Un metodo relativo alla pratica di compensare il rilascio di CO2 e di altri gas serra, misurati in CO2 equivalenti, intraprendendo attività che riducano efficacemente le emissioni in altri settori. Una strategia che, in modo particolare, ultimamente in Europa stanno applicando sempre più aziende, al fine di migliorare i propri bilanci di sostenibilità anche in conseguenza dell’entrata in vigore sia della CSRD, che entro il 2027 coinvolgerà il comparto industriale a qualunque livello, imponendo la stesura di report di sostenibilità normati, e della CSDDD, che cercherà invece di regolare non solo la sostenibilità della singola realtà imprenditoriale, ma agirà su tutta la sua value chain. Due direttive messe in campo dalla Commissione Europea che stanno ridisegnando l’approccio del business alla sostenibilità e ai Sustainable Development Goals per il 2030 imposti dall’ONU, portando, per esempio, molte aziende ad adottare proprio questi programmi di compensazione delle emissioni di carbonio per controbilanciare l'impatto ambientale dei viaggi di lavoro, acquistando Carbon Credits da aziende che investono poi in progetti green certificati e a favore dell'ambiente. Un trend così in crescita che, secondo un recente rapporto di Bloomberg, il valore del Voluntary Carbon Market (VCM) dovrebbe raggiungere 1 trilione di dollari entro il 2037.
L’ITALIA GUARDA AL SUSTAINABLE BUSINESS TRAVEL
E le aziende italiane come si pongono rispetto a questa tendenza? «Il nostro Paese è ancora agli inizi sotto questo profilo e la sua attenzione o percezione del tema non ha ancora un riscontro omogeneo – commenta Elena Carlino, Direttrice Commerciale Gattinoni Business Travel –. Alcuni segnali importanti e positivi sotto questo profilo, però, sono già evidenti e molto spesso sono proprio le nuove generazioni di professionisti e manager ad avere maggiore sensibilità sulle tematiche green. Credo, comunque, di poter dire che rispetto a due anni fa, il contesto sia migliorato decisamente. Prima, infatti, il termine “sostenibilità” equivaleva a costi più alti e meno vantaggiosi per il risparmio economico. Quindi, il procurement aziendale o l’HR vedevano scelte di questo tipo come meno funzionali ai budget. Quello che invece oggi viene compreso maggiormente è che la sostenibilità non è solo un costo, ma è un’opportunità e che è necessario inserire questa scelta sostenibile all’interno di una visione più ampia e in grado di offrire molteplici altri benefici, tanto all’organizzazione, quanto al singolo professionista. Adesso c’è una visione più allargata e completa. A tal punto che, se prima il rapporto tra chi decideva di optare per soluzioni sostenibili contro chi invece continuava a preferire le prenotazioni classiche era del 20% contro l’80%, ora la situazione è proprio il contrario, con oltre 8 clienti su 10 che ci richiedono soluzioni sostenibili per i propri viaggi».
Un dato questo che, tra l’altro, viene anche confermato all’interno di una recente ricerca dal titolo “Business Travel 2030”, realizzata proprio dalla divisione Business Travel del Gruppo Gattinoni in collaborazione con Travel for business, la quale evidenzia un significativo orientamento delle aziende nella richiesta di trasferte di viaggio sostenibili, con un incremento del 35% solo nel 2023. Dall’analisi, inoltre, emerge anche che solo il 19% degli intervistati ha dichiarato di non aver ancora adottato misure specifiche per rendere i viaggi d’affari più sostenibili. L’87% del campione di Travel Manager propende a selezionare fornitori con cui negoziare opzioni di qualità in linea con principi sostenibili. L’82% dichiara di voler prenotare servizi di viaggio più ecologici e per il 49% sarebbe utile integrare gli indicatori di sostenibilità nelle ipotesi di viaggio. «Ormai tutte le aziende sono interessate a comprendere in maniera puntuale quali siano gli impatti delle trasferte dei propri dipendenti – prosegue la manager –. È una questione di misurazioni utili a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e, quindi, è naturale che l’interesse per i livelli di CO2 durante le trasferte aumenti. Questi dati sono molto importanti per le aziende perché impattano direttamente sulle performance finanziarie del business, la reputazione dell’impresa e la possibilità di accedere a nuove opportunità di sviluppo economico».
L’IMPEGNO SOSTENIBILE DI GATTINONI
«In questo senso – racconta Carlino –, anche noi come Gruppo Gattinoni, per esempio, siamo impegnati in prima linea per promuovere questa fase di cambiamento. Se da un lato, infatti, privilegiamo partner allineati con i principi ESG, dall’altro abbiamo avviato, ormai due anni fa, un percorso verso una certificazione di sostenibilità insieme a Up2You, società autorizzata a calcolare i livelli di Carbon Footprint, nell’ottica di ridurre i nostri impatti ambientali diretti e indiretti». Il percorso per raggiungere la Carbon Neutrality intrapreso da Gruppo Gattinoni segue i tre step delle emissioni di Scope 1, 2 e 3. Il Gruppo ha già raggiunto e certificato la Carbon Neutrality per le emissioni di scope 1 e 2 relative alle sedi di proprietà del 2022 e entro la fine del 2024 completerà la mappatura e la certificazione per le nuove sedi aggiunte nel 2023. La Carbon Neutrality è stata raggiunta per le emissioni generate all’interno del perimetro dell’azienda da fonti che sono sotto il suo diretto controllo e le emissioni indirette derivanti da elettricità, calore e vapore acquistati e consumati dall’azienda, compensando le emissioni attraverso l’adesione a progetti green certificati che hanno l’obiettivo di non produrre CO2 sul territorio. Dal 2025 l’azienda si muoverà verso lo Scope 3, ovvero la quantificazione di CO2 non direttamente collegata alle emissioni delle sedi, come il parco auto, le attività annesse e connesse a ciò che fanno le agenzie e anche le agenzie affiliate non di proprietà per arrivare alla Carbon Neutrality di tutta la nostra catena di approvvigionamento. Il Gruppo Gattinoni, inoltre, aderisce per il secondo anno consecutivo al SAF Corporate Program di Air France e KLM per contribuire attivamente alla transizione nell’aviazione dal carburante fossile a quello sostenibile.
Un impegno questo che traccia una strada virtuosa su cui si sono concentrati anche alcuni dati della ricerca “Business Travel 2030”, dai quali si evince come, in realtà, la gestione sostenibile della catena di fornitura sia al centro delle preoccupazioni dei Travel Manager. «In Europa – conclude Carlino –, una data chiave, sotto questo profilo, è stata il 23 febbraio 2022, quando la Commissione Europea ha presentato la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). Una proposta di legge per rispondere all’urgenza di affrontare la sostenibilità delle operazioni aziendali lungo tutta la supply chain e non solo entro i confini della propria patria, ma in ambito internazionale, ove siano previste le trasferte. Il 1° giugno 2023 i membri del Parlamento Europeo hanno votato a favore del rafforzamento di tale proposta legislativa. Ciò ha comportato il consolidamento di normative più rigorose in materia di sostenibilità e, conseguentemente, l’esigenza di una maggiore responsabilità da parte delle aziende nell’adottare pratiche sostenibili su larga scala. Come Gattinoni Business Travel, noi vediamo questa direzione farsi sempre più rilevante nelle esigenze dei clienti. Per questo, con l’obiettivo di lavorare alla promozione di una nuova cultura della sostenibilità nei viaggi d’affari, abbiamo plasmato sempre di più il nostro approccio verso un modello consulenziale che sappia accompagnare le aziende in questo processo evolutivo, mostrando loro tutte le opportunità offerte da soluzioni più eticamente sostenibili e a valore aggiunto per creare un concreto vantaggio competitivo in ogni trasferta, rendendola un’esperienza di successo a 360 gradi».
Il Business Travel, o anche corporate travel, per definizione è un viaggio d’affari intrapreso esplicitamente per motivi di lavoro o per espandere le operazioni aziendali. Esso include il viaggio in un altro ramo dell'azienda, o in un luogo diverso per incontrare fornitori e acquirenti, o per conferenze ed eventi dedicati al mondo dell’impresa. Negli ultimi anni, la rapida crescita della globalizzazione ha accelerato la tendenza dei professionisti a spostarsi per lavoro, includendo nelle attività svolte nel corso delle trasferte anche incontri con i clienti, promozione di marchi e prodotti, espansione del business, formazione e incentivi dei dipendenti. A tal punto che, secondo una recente ricerca di Statista, la dimensione del mercato globale dei viaggi d’affari ha raggiunto 1.1 trilioni di dollari nel 2023 e, guardando al futuro, il settore potrebbe raggiungere un valore di oltre 1,9 trilioni di dollari entro il 2032, con un tasso di crescita (CAGR) del 6,3% nel periodo analizzato.
In questo contesto, l’Italia nel 2023, secondo i dati della Global Business Travel Association, ha superato i 34 miliardi di dollari di valore, con una crescita del 43% rispetto all’anno precedente, e nel 2024 potrebbe raggiungere i 38 miliardi di dollari, con un tasso di crescita del +11%. Una proiezione, in rallentamento rispetto all’accelerazione avuta l’anno scorso, che però, guardando al futuro, offre la previsione di una stabilizzazione dei valori in positivo, con una prospettiva di aumento dei volumi al 2027 che potrebbe attestarsi sui 42 miliardi di dollari.
L’INNOVAZIONE: IL VERO DRIVER DELLA CRESCITA DEL BUSINESS TRAVEL
Nello scenario di crescita resiliente in cui siamo immersi, quindi, è possibile notare come, da una parte, il mercato globale sia influenzato principalmente dalla crescente digitalizzazione nei settori del turismo e delle imprese e la crescente penetrazione di tecnologie emergenti, come IoT, Blockchain e intelligenza artificiale, ha consentito, sia ai viaggiatori che agli operatori di viaggio, di dare vita a processi più rapidi e semplificati. Inoltre, la realtà virtuale (VR) ha permesso di promuovere anche customer experience migliori, più efficienti e personalizzate, rafforzando, così, la crescita del mercato stesso. A tal punto che, secondo una recente ricerca realizzata da Gattinoni Business Travel insieme con Travel for Business, il 37% dei Travel Manager intervistati prevede che i tool basati sull’IA forniranno nuove prospettive, quali analisi avanzate, previsioni accurate e ottimizzazione dei costi, e, grazie a questi strumenti, i Travel Manager evolveranno le proprie competenze, sfruttando i vantaggi proposti da tali tecnologie. Secondo i professionisti intervistati, inoltre, l’IA offrirà l’opportunità di acquisire maggiori consapevolezze in merito a strategie di viaggio e allocazione dei budget e, in questo senso, il 79% di loro prevede che entro il 2030 le grandi aziende faranno un più ampio utilizzo dell’intelligenza artificiale e degli assistenti virtuali per la gestione dei viaggi. Ma, come dicevamo anche prima, non è tutto. L’utilizzo di blockchain, per garantire la tracciabilità e la sicurezza delle transazioni e dei dati relativi ai viaggi, riducendo i rischi di frodi e manipolazioni, è risultato rilevante nella ricerca, ottenendo l’82% di approvazione. Mentre, il 77% dei rispondenti si è detto interessato alla creazione di ecosistemi di viaggio interconnessi in cui le diverse fasi del viaggio (trasporto, alloggio, ristorazione, attività) sono integrate e personalizzate, per offrire un’esperienza olistica. Il 57% del campione, infatti, prevede l’imminente integrazione di dispositivi indossabili e tecnologie biometriche per semplificare il check-in, il controllo dei documenti e la sicurezza durante i viaggi, integrazione che mira a rendere l’intero processo di viaggio più fluido e sicuro, arrivando perfino, nel 57% dei casi, a individuare una possibile attuazione di questa visione futuristica nell’adozione del Metaverso, come ambiente nel quale effettuare queste operazioni, anche se sposta una possibile concretizzazione di questa strategia a dopo il 2030. “Il Business Travel, oggi, è sempre di più tecnologia – ha commentato Elena Carlino, Direttrice Commerciale Gattinoni Business Travel –. Nel nostro mondo, in realtà, l’adozione tecnologica è un workflow che nasce dalla richiesta dell’azienda cliente e si articola in tutta una serie di servizi che andiamo a proporre e che portano all’implementazione di sistemi IT integrati. Sotto questo profilo, infatti, nel mondo dei viaggi d’affari, quando si parla di tecnologia, si intende sottolineare la necessità d’integrazione dei vari ERP aziendali attraverso i sistemi e le soluzioni proposte. Quindi, in questi anni, come leader di settore in Italia, abbiamo sicuramente lavorato affinché questo processo diventasse sempre più fluido e performante per le imprese, che più spesso ci chiedono di adeguarci alle loro dinamiche ed esigenze interne”. Necessità che, nonostante i continui progressi tecnologici, spesso sono rese ancora più complesse da un diffuso preconcetto per cui le soluzioni per la gestione delle spese di viaggio rallentino le operazioni di rendicontazione delle aziende, oltre al fatto che la maggior parte dei professionisti, sia in Italia, sia a livello globale, dichiari che la prenotazione, organizzazione e gestione dei viaggi d’affari, ma soprattutto l’inserimento delle note spese dopo questi ultimi, generino loro una notevole quantità di stress. Uno stato psicologico che, spesso, viene attenuato in maniera erronea anche attraverso l’uso di sistemi estranei a quelli aziendali per gestire le trasferte. Oltre a questo, la tendenza in aumento dei viaggi Bleisure, ovvero quelle prenotazioni che incorporano richieste di lavoro con elementi di piacere e offrono attività ricreative per alleviare lo stress e migliorare l'efficienza produttiva, pur avendo fornito una spinta positiva al mercato, ha sicuramente aumentato la complessità dei servizi da erogare e che si devono rendere sempre più tailor made per rimanere competitivi e al passo con i tempi. “In questo senso – ha aggiunto Carlino –, in Gattinoni Business Travel, per esempio, l’aspetto più importante che resta al centro della nostra offerta è la consulenza dei nostri operatori, che affianca la crescente implementazione tecnologica dei nostri servizi. Per poter dare un servizio realmente a misura di persona, infatti è fondamentale la presenza del cosiddetto “human in the loop”. È chiaro a tutti che l’integrazione di strumenti di nuova generazione, come i self booking tool, aiutino noi operatori ad avvicinarci sempre di più ai bisogni delle aziende, riducendo costi e tempi di gestione, e al contempo semplifichino enormemente, rispetto al passato, l’esperienza del viaggiatore, offrendo anche un importante aiuto nel rispetto della compliance e delle policy delle aziende stesse. D’altronde, però, è vero anche che, in un mondo così complesso e sfaccettato, avere la possibilità di dialogare con un essere umano, per poter trovare la soluzione migliore per ogni specifica esigenza, risulta il modo migliore per valorizzare l’ottimizzazione prodotta dalla trasformazione digitale”. In questo senso, le cose stanno cambiando e se fino a qualche tempo fa c’era ancora una certa reticenza nell’adozione massiva di soluzioni tecnologiche per la gestione dei viaggi aziendali, oggi, secondo la ricerca, oltre il 60% delle aziende è interessata ad adottare strumenti digitali, a fronte però di un’integrazione con i propri sistemi aziendali e di una consulenza umana, irrinunciabile per poter ottenere le performance migliori.
ABBRACCIARE IL CAMBIAMENTO: IL PRIMO PASSO VERSO IL SUCCESSO
Risultati che, ovviamente, hanno imposto un cambio di mentalità non solo nei clienti, ma anche negli stessi operatori, le cui mansioni sono cambiate nel tempo. “Diciamo che negli ultimi 10 anni è cambiata la mentalità di tutti – ha spiegato la Direttrice Commerciale di Gattinoni Business Travel –. È cambiata quella delle aziende, anche le più piccole, che hanno visto in questi nuovi strumenti tecnologici l’opportunità di monitorare, praticamente in tempo reale, i costi e, più in generale, i dati relativi alle trasferte, compresi quelli legati alle emissioni di anidride carbonica. La nostra mentalità come player di settore è cambiata. Abbiamo osservato che le aziende hanno esigenze sempre più specifiche, rendendo fondamentale strutturare una divisione IT e Implementation più adatta alle richieste di mercato. Se, infatti, da una parte, il Business Travel Center è meno carico nel rispondere alle chiamate telefoniche, dall’altra si è dovuto specializzare nel gestire richieste che arrivano attraverso piattaforme differenti come il nostro self booking tool o del cliente per gestire le prenotazioni che dialogano direttamente con il cliente. Oggi è importante gestire e implementare insieme all’IT un workflow secondo le esigenze dell’azienda in fase di implementazione e mantenere successivamente alto il livello di soddisfazione in base alle necessità quotidiane del cliente”. Un processo di adattamento continuo, dunque, che se, da un lato, impone a tutte le parti coinvolte di sapersi adeguare al cambiamento, dall’altro, rende sempre più necessario, soprattutto per le imprese del settore, saper prevedere i possibili scenari futuri, essendo in grado, così, di anticipare rischi e cogliere opportunità, come quelle offerte, per esempio, dall’intelligenza artificiale. “Quello che ci piacerebbe in futuro – chiosa Elena Carlino –, sarebbe per esempio poter utilizzare l’adozione dell’AI nelle richieste fatte anche solo semplicemente per prenotare un mezzo di trasporto o un hotel, consentendo al viaggiatore di dialogare direttamente con l’algoritmo e ricevere una risposta semplice e veloce rispetto a quella che è la realtà dei fatti in quel momento specifico, al fine di evitare di utilizzare gli attuali chatbot che non sempre sono funzionali nell’offrire informazioni utili alle nostre esigenze. In questo modo, le richieste via mail sarebbero ancora più semplici e riceverebbero a loro volta risposte più rapide e precise. Al momento, però, il settore non è ancora arrivato a questo punto, anche se è già visibile un’alta propensione nella volontà di utilizzare questi tool da parte delle nuove generazioni di professionisti”. Un fatto, questo, che dimostra come il settore dei viaggi d'affari sia all'apice di una grande trasformazione, guidata da una convergenza di importanti progressi tecnologici, imprescindibili requisiti di sostenibilità e tendenze demografiche in continua mutazione. Un mix di motivazioni che rende ormai chiaro come solo le realtà in grado di investire in analisi dei dati, innovazione tecnologica e partnership strategiche riusciranno a navigare efficacemente nel futuro dei viaggi d'affari.
In un mondo in costante evoluzione e movimento, anche chi fa del viaggio la propria ragione di business, oggi, cerca un centro di "gravità permanente", come diceva Battiato qualche anno fa, e più spesso lo fa attraverso l'apertura di uffici di nuova generazione. Le motivazioni sono varie e per lo più strategiche: dalla presenza sempre più radicata e capillare sul territorio alla necessità di poter offrire nuovi servizi e dall'innovazione di un modello di lavoro flessibile e dinamico alla gestione sempre più sostenibile delle operation.
In questo contesto di grande cambiamento, dunque, si inserisce anche la scelta di una realtà come Gattinoni Business Travel, divisione del Gruppo Gattinoni dedicata a viaggi e trasferte di lavoro, che in questi giorni ha annunciato l'apertura di una nuova sede a Milano, in Via Fara 35, nel cuore pulsante della città. La scelta di aprire una sede dedicata rappresenta un passo strategico per sostenere la crescita della Business Unit, che sviluppa attività per Corporate (trasferte e viaggi aziendali) e Agenzie (emettendo biglietteria aerea IATA) e ha chiuso il 2023 con un fatturato di 254 milioni di euro e nel primo semestre del 2024 ha registrato una crescita pari al 16%.
Oltre alla nuova sede di Milano, la divisione Business Travel ha a disposizione 6 Business Travel Center situati a Monza, Bologna, Torino, Roma, Treviso e Parma con oltre 120 consulenti specializzati.
LA NUOVA SEDE
La nuova sede conta attualmente 45 professionisti, pronti a sostenere insieme a tutti gli oltre 120 consulenti e collaboratori della Business Unit la roadmap di crescita e innovazione, secondo tre aree principali di sviluppo. Investimenti in tecnologia: in linea con l’accelerazione che il Gruppo sta dando alla trasformazione digitale dei propri servizi, in termini di software e app. Sostenibilità e viaggi responsabili, integrando sempre più pratiche sostenibili nelle proprie soluzioni, promuovendo viaggi a basso impatto e offrendo servizi di compensazione delle emissioni di CO2. Innovazione nei servizi di consulenza, per supportare le aziende nell'ottimizzazione delle politiche di viaggio, nella riduzione dei costi e nella protezione dei dipendenti durante le trasferte.
“Questa nuova sede a Milano è solo l’inizio di una fase di forte crescita e innovazione. Siamo determinati a ridefinire gli standard del settore del Business Travel, il nostro principale obiettivo per il 2025 sarà quello di lavorare per guidare il cambiamento nel fornire soluzioni di viaggio che non solo facilitino le trasferte aziendali, ma le rendano più efficienti, sicure e responsabili” aggiunge Piergiulio Donzelli, Amministratore Delegato Gattinoni Business Travel.
IL GRUPPO
Il Gruppo Gattinoni nasce a Lecco nel 1983 dalla passione per i viaggi e l’organizzazione di eventi di Franco Gattinoni, fondatore e tuttora presidente del Gruppo. Con lui lavorano oltre 850 persone che condividono lo stesso piacere e la stessa professionalità nell’organizzare viaggi ed eventi. Sotto il marchio Gattinoni operano 3 divisioni che si occupano di diverse aree di business: Events (Logistics, Live Communication, Healthcare, Made in Italy), Business Travel, Gattinoni Travel (prodotto, agenzie Travel Store, Travel Point e i network Mondo di Vacanze e MYNetwork). Con l’acquisizione di Robintur Travel Group nel 2022 il Gruppo Gattinoni è diventato la più importante impresa indipendente del turismo organizzato del Paese. Con sede principale a Milano, l’azienda ha diverse unità operative a Lecco, Torino, Roma, Monza, Bologna, Parma, Rimini e Treviso, 120 agenzie di proprietà nel Nord e Centro Italia. Inoltre, i network di agenzie di viaggio contano quasi 1500 agenzie affiliate in Italia, Svizzera e San Marino.
Il Mar Rosso è una rotta che rappresenta il 30% del traffico mondiale di container; da inizio anno, il numero di navi in transito è diminuito del 76%, mentre, il volume delle spedizioni intorno al Capo di Buona Speranza è aumentato del 193%. Negli ultimi sei mesi, il fatturato delle aziende colpite dalla crisi del Mar Rosso è diminuito del 14,2% rispetto al semestre precedente. Il 5,5% delle aziende è stato costretto a ridurre significativamente o addirittura a cancellare gli investimenti previsti per il 2024 a causa della crisi del Mar Rosso. L'aumento medio dei costi - stimato dalle aziende - è del +19% rispetto al periodo pre-crisi: i settori più interessati sono l'energia, la chimica, l'agroalimentare e la metallurgia. Il 30% delle aziende ha già preso in considerazione possibili alternative per evitare le difficoltà logistiche.
Sono queste alcune delle principali evidenze dell'ultimo report prodotto da Allianz Trade, dal titolo “La crisi nel Mar Rosso: effetti sulle imprese italiane e sul commercio internazionale”, che abbiamo voluto approfondire meglio in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del CPO Summit, l'evento dedicato al mondo del Procurement, che si terrà il prossimo 11 e 12 giugno 2024 presso gli spazi dell'Allianz MiCo - Milano Convention Centre, all'interno dell'edizione primaverile del Business Leaders Summit, la grande manifestazione organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e dedicata ai migliori C-Level dell'impresa contemporanea.
L’indagine, svolta a marzo 2024, su un campione di 500 esportatori italiani, in collaborazione con Format Research, istituto di ricerca specializzato nelle indagini sulle imprese, ha lo scopo di valutare le conseguenze della Crisi nel Mar Rosso che, dalla fine del 2023, ha innescato interruzioni nel settore dei trasporti marittimi. Le compagnie di navigazione sono state, infatti, costrette a optare per rotte più costose e dispendiose intorno all’Africa, per evitare i rischi nella regione del Mar Rosso. Quella del Mar Rosso, però, è una rotta vitale, che rappresenta il 30% del traffico mondiale di container e il 40% del commercio Asia-Europa. Circa il 12% del petrolio trasportato via mare e l’8% del gas naturale liquefatto (GNL) passano attraverso il Canale di Suez. Inoltre, gli attacchi hanno avuto un impatto notevole sul volume delle spedizioni. “Da inizio anno, - ha dichiarato Francoise Huang, senior economist Allianz Trade for Asia Pacific - il numero di navi portacontainer che attraversano lo Stretto di Bab-El-Mandeb e il Canale di Suez è stato rispettivamente inferiore del -76% e del -48% rispetto ai volumi normalmente registrati durante il periodo pre-bellico. Al contrario, il volume delle spedizioni intorno al Capo di Buona Speranza è aumentato del +193% nello stesso periodo”.
“I prezzi di spedizione, - prosegue Huang - in particolare le tariffe di trasporto dei container, sono inizialmente aumentati in modo significativo rispetto ai livelli di novembre 2023 (+87% entro la fine di dicembre e +177% entro la fine di gennaio, quando hanno raggiunto un picco di 3.964 USD/container da quaranta piedi). Da allora i prezzi di spedizione sono diminuiti in modo sequenziale, a un ritmo di circa il -3% ogni settimana (sebbene rimangano 1,9 volte superiori al prezzo pre-pandemia)”. Negli ultimi sei mesi, il fatturato delle aziende colpite dalla crisi del Mar Rosso è diminuito nel 14,2% rispetto al semestre precedente. La riduzione media del fatturato per azienda è stata del -18%. Il 10,6% delle aziende prevede ulteriori cali nel 2024.
Il 5,5% delle aziende è stato costretto a ridurre significativamente o addirittura a cancellare "completamente" gli investimenti previsti per il 2024 a causa della crisi del Mar Rosso. Il 51% delle aziende intervistate ha incontrato qualche tipo di difficoltà nel transito delle merci attraverso il Mar Rosso. Questo dato è più pronunciato tra le aziende dei settori della meccanica strumentale, dell'energia e della metallurgia. Il 56,4% delle aziende ritiene che i costi (spedizione, import/export/transito) aumenteranno a causa delle difficoltà di transito attraverso il Canale di Suez. I settori dell'energia, della chimica, dell'agroalimentare e della metallurgia sono i più preoccupati. L'aumento medio dei costi stimato dalle aziende è del +19% rispetto al periodo pre-crisi.
Il 59,2% delle aziende ritiene che i tempi di spedizione (import/export/transito) aumenteranno a causa delle difficoltà di passaggio attraverso il Canale di Suez. Il 22,6% delle aziende ritiene che ci saranno ritardi nei pagamenti da parte dei clienti nei prossimi tre mesi. Il ritardo medio stimato dalle aziende è di +40 giorni.
Il 23,2% delle aziende ritiene che la concorrenza tra le navi che transitano più facilmente attraverso il Canale di Suez comporterà una perdita di quote di mercato per la propria azienda. Il 6,4% ritiene che l'impatto della crisi sull'andamento della propria attività economica sarà abbastanza significativo. Il 30% delle aziende ha già preso in considerazione possibili alternative per evitare le difficoltà logistiche: il 20,6% vi farà ricorso nel 2024, mentre il 9,4% vi ha già fatto ricorso attraverso l'uso del trasporto aereo (60,5%), del trasporto su strada (9,5%), del trasporto ferroviario (circa 8%), o attraverso l'uso combinato di tali vettori (oltre il 22% circa delle aziende). “La crescente incertezza geo-politica Medio Orientale – afferma Luca Burrafato, Responsabile Paesi Mediterranei Medio Oriente e Africa per Allianz Trade – si innesta in uno scenario di volatilità globale caratterizzata dalla crescita delle insolvenze e dei tassi di interesse che stanno generando elevati fabbisogni finanziari per le imprese.In questo contesto, crediamo che sia ancor più necessaria la definizione di strategie di filiera che – coinvolgendo in maniera allargata la supply-chain – consentano di ottimizzare la gestione del capitale circolante con l’obiettivo di valorizzare quella propensione alla resilienza che il tessuto economico Italiano ha più volte evidenziato nei momenti più critici”.
Migliora il processo decisionale, accelera il ritmo aziendale, aumenta l'efficienza e favorisce una migliore collaborazione. L'IA generativa non cambierà drasticamente l'intera funzione del Procurement, ma offrirà un potenziale trasformativo, se applicata a casi d'uso mirati e di alto valore.
Un tema che abbiamo voluto approfondire in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del CPO Summit, l'evento dedicato al mondo del Procurement, che si terrà il prossimo 11 e 12 giugno 2024 presso gli spazi dell'Allianz MiCo - Milano Convention Centre, all'interno dell'edizione primaverile del Business Leaders Summit, la grande manifestazione organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e dedicata ai migliori C-Level dell'impresa contemporanea.
In Ivalua, l’Assistente Virtuale Intelligente (IVA), alimentato da IA Generativa, per esempio, è incorporato nella piattaforma e progettato in modo sicuro per proteggere i dati dei clienti. L'assistente virtuale è dotato di una libreria di casi d’uso prestabiliti. Tuttavia, il vantaggio unico dell'approccio di Ivalua è l’estensibilità no-code dell'IA integrata nella piattaforma, che consente a clienti e partner di creare i propri casi d'uso personalizzati senza dover scrivere alcun codice.
L’Assistente Virtuale Intelligente è in grado di analizzare scenari complessi e fornire informazioni che consentono ai professionisti degli acquisti di prendere migliori decisioni. Inoltre, può creare contenuti che vanno dalla stesura di questionari per i fornitori, ai piani di miglioramento delle performance, alle clausole legali e alla correzione di RFP. Ma le capacità dell’assistente di Ivalua vanno oltre i documenti interni. Può anche effettuare ricerche sul web e raccogliere informazioni di mercato, consentendo ai team di procurement di creare report completi sulle ricerche di mercato con azioni consigliate o persino di scoprire fornitori alternativi, fornendo informazioni preziose per il processo decisionale strategico.
L'adozione dell’IA Generativa negli acquisti può aprire una nuova frontiera fatta di efficienza, efficacia e valore strategico, un’era di opportunità che, grazie a Ivalua, il Procurement può abbracciare pienamente.
"Forse oggi, dopo i difficili anni del Covid, la recessione non è più così vicina, ma i margini aziendali continuano a essere sotto pressione. La crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina ha fatto schizzare i costi di produzione costringendo le imprese a scaricarli sul consumatore finale; nel contempo la BCE, per contenere la crescente inflazione, ha progressivamente incrementato i tassi di interesse, con un conseguente aumento esponenziale del costo del denaro. In questo difficile contesto, il commercio non è stato particolarmente avvantaggiato e il 2024 si prospetta un anno complesso per le imprese italiane”. Inizia così, l’analisi prodotta da Gianluca Sacchi, Head of Consumer Goods & Retail di BearingPoint Italia, che in un recente whitepaper ha spiegato perché la pianificazione possa essere una delle vere chiavi di volta a disposizione non solo delle singole aziende, ma proprio delle intere filiere, per poter rimanere flessibili, resilienti e sempre operative anche in un contesto così complesso e difficile da gestire. Un documento che abbiamo voluto analizzare più approfonditamente per capirne gli spunti e il valore, anche in vista della prossima edizione del CPO Summit – l’evento dedicato al mondo dei Chief Procurement Officer che si terrà il prossimo 11 e 12 giugno 2024 presso l’Allianz MiCo di Milano, all’interno del Business Leaders Summit, organizzato Business Internaitonal, la business unit di Fiera Milano.
PIANIFICARE PER OTTIMIZZARE I COSTI
“Complesso, sì, ma non impossibile – prosegue il manager –. Le imprese hanno, infatti, dalla loro parte un’arma che ancora oggi è spesso sottovalutata: puntare sull’ottimizzazione dei costi, che nel contesto attuale diventa un imperativo categorico per cercare di tenere in equilibrio i conti”. Le aziende che avevano strategicamente adottato una pianificazione tesa a questo genere di razionalizzazione, e che hanno investito sui sistemi di fornitura digitalizzati ed integrati, infatti, oggi sono ben posizionate per affrontare questa lunga crisi. “Disporre di un sistema digitale che connetta tutti gli anelli della supply chain – sottolinea Sacchi – permette, infatti, di prevedere le possibili evoluzioni della domanda, e di essere, dunque, più flessibili e agili nell’anticipare colli di bottiglia (bottlenecks) e adottare soluzioni efficaci in caso di imprevisti”. Le imprese che sono ancora indietro sulla strada della digitalizzazione non devono comunque disperare. “Perché hanno la grande opportunità di mettersi al passo sfruttando i fondi del Pnrr – spiega l’esperto –. A disposizione delle realtà che vogliono puntare su questa strategia, infatti, oggi ci sono: 23,89 miliardi di euro per la digitalizzazione e 0,63 miliardi per la logistica integrata. Spesso però il tema del ritardo è imputabile più alla resistenza culturale delle imprese che non a mancanze di risorse. Resistenza dettata dal fatto che spesso questi strumenti sono sconosciuti o di difficile comprensione”.
LA PIANIFICAZIONE DIGITALE INTEGRATA
Facciamo quindi un po’ di chiarezza: cosa intendiamo per strumenti digitali a supporto della pianificazione aziendale integrata? “Facciamo un passo indietro – continua Sacchi – e proviamo a descrivere in maniera più tecnica il sistema di pianificazione a cui abbiamo accennato in precedenza: la "pianificazione aziendale integrata" o "integrated business planning" (IBP). In estrema sintesi è la fusione in un unico piano di: Pianificazione Operativa: che si occupa della gestione quotidiana delle attività aziendali e della definizione degli obiettivi di breve termine; Pianificazione Strategica: che si concentra sulla definizione degli obiettivi di lungo termine; Pianificazione Finanziaria: che si focalizza sulla gestione delle risorse finanziarie – in termini di liquidità nel breve termine e di investimenti e finanziamenti nel lungo termine. Inoltre, la digitalizzazione del processo di pianificazione integrata rappresenta un importante facilitatore, un abilitatore del modello operativo della società, che deve però essere già strutturato nel dettaglio da un punto di vista organizzativo e di processo”. Quali sono però a questo punto i vantaggi della pianificazione integrata e gli ostacoli alla sua attuazione? La risposta del manager è la seguente: “I vantaggi sono evidenti: la pianificazione integrata consente di individuare eventuali rischi di fornitura e subfornitura e di sapere in anticipo quanti volumi sarà necessario produrre in previsione dell’andamento della domanda (con annessi i relativi picchi imprevisti), facendo scattare i “campanelli d’allarme" rispetto all’eventuale situazione di scarcity. A questa proiezione operativa si potranno poi collegare i piani finanziari e garantire il rispetto e la riconciliazione dei margini”. A ben vedere, ineffetti, i benefici dell’integrated business planning sono misurabili e, secondo le stime a disposizione dell’esperto, sono stati anche misurati. “Nei primi due anni dall’implementazione della strategia di pianificazione integrata – continua Sacchi – si evidenzia un aumento del 17% nella profittabilità, del 10% nel margine lordo e del 7,5% in termini di return on net assets (RONA)”. Tuttavia, sebbene le aziende discutano di pianificazione integrata da decenni, la maggior parte non è stata in grado di perseguirla. “Questo perché, per arrivare ad avere una buona pianificazione – sostiene il manager –, bisogna in primo luogo ottimizzare tutti i passaggi delle informazioni lungo la supply chain. Ad oggi, quindi, la pianificazione, anche nelle aziende che dichiarano di attuarla, è lenta, i processi sottostanti sono spesso mal strutturati e le informazioni e i flussi di lavoro vengono ripetutamente interrotti”. Questo avviene perché molto spesso la cultura e i processi aziendali seguono una logica “a silos” (ovvero ogni reparto fa il suo lavoro comunicando poco o per nulla con gli altri), mentre una buona riuscita dell’IBP richiede una cooperazione continua tra le funzioni aziendali. “Per fare un esempio pratico e virtuoso – aggiunge l’esperto –: la funzione Finance in collaborazione con la funzione Sales, dovrebbero interfacciarsi più volte all’anno con la funzione Operations per allineare e riconciliare gli obiettivi di vendita di medio/breve termine in quantità di prodotti/servizi da realizzare. La funzione Operations, considerando le risorse a disposizione e le tempistiche necessarie, dovrebbe poi tradurre questi obiettivi per la funzione Produzione. Questo processo integrato, se attuato con un certo dinamismo e allineato all’evoluzione di mercato, consente di abbattere gli sprechi – perché ottimizza le scorte a magazzino, in modo che siano sufficienti a far fronte alla domanda just in time – e agisce sui capex (le spese in conto capitale) che possono essere ottimizzati in base a questi flussi”. Dall’altra parte, invece, secondo Sacchi, di solito i maggiori ostacoli all’attuazione dell’IBP sono riconducibili a sei casi: “dalle vendite ai ricavi: quando la funzione Sales non riesce a trasformare i piani della domanda in un piano di ricavi, chi si occupa di costi non può pianificare un utilizzo delle risorse orientato alla domanda; dalle vendite alla produzione: quando si verificano deviazioni involontarie dei volumi di domanda presunti rispetto alla pianificazione della produzione e delle vendite, aumenta il costo della capacità inattiva (volume di produzione > volume della domanda) o si genera una perdita di quote di mercato (volume di produzione < volume della domanda); dalla produzione alle risorse: il disallineamento dei piani produttivi avviene quando le funzioni relative alle risorse (HR o procurement) hanno difficoltà a trovare professionalità o materiali in base ai volumi di produzione; l’allocazione dei costi del prodotto ai centri di costo: se non effettuata precisamente, spreca risorse e crea inefficienze nella produzione; investimenti in ambito finanziario: le spese in conto capitale (capex) nell'ambito della pianificazione degli investimenti devono essere armonizzate ed allineate all’evoluzioni del mercato in cui opera l’azienda e alle risorse disponibili; allineamento inter-organizzativo: i dati trasmessi all’interno del gruppo devono essere aggiornati e accessibili alle funzioni di riferimento, altrimenti il consolidamento del piano sarà più difficile”.
DIGITALIZZARE LE FILIERE: IL VALORE DELLE PMI
Guardando però all’ossatura economica del nostro Paese, la domanda sorge spontanea: qual è in questo meccanismo evolutivo il ruolo delle piccole e medie imprese che rappresentano la maggioranza dei fornitori che supportano le aziende nello sviluppo delle proprie attività e strategie? La risposta di Sacchi, però, è pronta e veloce: “È un tema cruciale: sono proprio le pmi la chiave di volta per rendere l’intero ecosistema efficiente sul fronte della pianificazione integrata”. D’altronde, come si diceva, le pmi sono una colonna portante della nostra economia. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, su 4,4 milioni di imprese attive in Italia, le microimprese con meno di 10 addetti sono quelle numericamente più importanti, rappresentando il 95,13% del totale, contro un 0,09% di grandi imprese. Le pmi sono invece circa 211mila, vale a dire il restante 4,78% del tessuto imprenditoriale italiano, e sono responsabili, da sole, del 41% dell’intero fatturato generato in Italia, del 33% dell’insieme degli occupati del settore privato e del 38% del valore aggiunto del Paese. Quanto al tema digitalizzazione, l’Italia ha fatto importanti passi in avanti negli ultimi 5 anni passando da fanalino di coda a 18esima sui 27 Paesi analizzati dall’indice Desi della Commissione Europea, ma ancora non basta. “I maggiori progressi – evidenzia l’esperto – sono stati in particolare nella connettività e integrazione delle tecnologie digitali, mentre siamo sotto la media, nel capitale umano e nei servizi pubblici digitali: in particolare, le pmi soffrono la mancanza di professionisti da assumere per gestire le tecnologie digitali di cui pure si sono dotate”. In questo contesto, il tema della resistenza culturale a cui abbiamo accennato è probabilmente l’ostacolo maggiore, legato alla mancanza di strumenti per comprendere l’importanza dell’implementazione di alcuni cambiamenti nella propria azienda. “Nelle imprese – spiega il manager –, solitamente il budget si riferisce all’anno successivo in cui viene elaborato, e la sua predisposizione avviene generalmente nei mesi tra settembre e dicembre. Ma spesso nelle aziende più piccole questo passaggio non c’è, in quanto non si ritiene possibile o necessario “prevedere costi e ricavi”. Il budget non è, infatti, una previsione, bensì una simulazione basata su ipotesi. “Tuttavia – chiosa Sacchi –, senza quella simulazione non si può avere una previsione e di conseguenza è più difficile procedere in modo razionale. Dalla nostra esperienza come consulenti in BearingPoint possiamo vedere che anche qui qualcosa si sta muovendo e specialmente gli imprenditori e le imprenditrici più giovani stanno cercando di dotarsi di quegli strumenti che possano aiutarli a pianificare in modo efficace e a mettersi al riparo dagli imprevisti. La strada è ancora lunga, i tempi sempre più difficili, ma la direzione è quella giusta”.