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Human Resources

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European HR Directors Summit 2019: in the digital era, humanity works!

Dalla digitalizzazione all’acquisizione di nuovi talenti, per non parlare della riorganizzazione del lavoro agile, oggi più che mai il ruolo dei responsabili HR è cruciale per far si che un’impresa si trasformi in maniera consapevole e coerente. Le sfide da affrontare, in questo senso, sono molteplici e complesse. A tal punto che, anche quest’anno, per comprendere a fondo come stia cambiando il ruolo del direttore del personale nelle nuove realtà imprenditoriali 4.0, Business International, divisione di Fiera Milano Media – Gruppo Fiera Milano, ha deciso di dare vita a una nuova edizione dello European HR Directors Summit, prevista il 18 e 19 giugno 2019 a Milano, presso il Magna Pars Space Events, in via Forcella 6. L’evento, che dal 2014 ha coinvolto più di 1000 manager del settore, si articolerà in differenti momenti di confronto e analisi dell’attuale scenario del mondo del lavoro, pensati per consentire a professionisti ed esperti delle risorse umane di confrontarsi sui più importanti temi e prospettive future di questo segmento del business. L’obiettivo è individuare quali possano essere le sinergie da sviluppare nell’era digitale per dare l’opportunità a questo comparto aziendale di ampliare il proprio campo d’azione, implementando strategie e puntando su una valorizzazione dei talenti grazie all’adozione di nuove tecnologie. L’analisi dei dati e delle informazioni e lo sviluppo di nuove practice consentono di riorganizzare il modello di lavoro che, ormai, si basa sempre di più su logiche agili, flessibili e orientate alla responsabilizzazione del singolo, strizzando l’occhio a concetti come lo smart working, l’employees engagement e l’ownership dei progetti.
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Bodano: il nuovo ruolo delle HR? Puro business che guarda a tradizione e sostenibilità

Secondo le previsioni di assunzione programmate dagli imprenditori italiani, tra giugno e luglio 2019 il nostro Paese dovrebbe registrare quasi 934 mila nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Tra questi, 2 su 3 (il 66%) troveranno un impiego in una piccola impresa con meno di 50 dipendenti. Ciò che, però, sorprende maggiormente, scorrendo i risultati di questa analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre che ha elaborato i risultati emersi dalla periodica indagine condotta sugli imprenditori italiani nelle settimane scorse dall’Unioncamere-ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, è il fatto che tra le quattro ripartizioni geografiche presenti sul nostro territorio (Nord, Centro, Sud e Isole), il Sud farà segnare il maggior numero di neo assunti: 258.200, pari al 27,6% del totale. Il 72,5% dei lavoratori in entrata, inoltre, sarà occupato nel settore dei servizi (677.550 addetti), il 20% nell’industria (186.580 unità) e, infine, il rimanente 7,5% nelle costruzioni (69.890 lavoratori).
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A proposito di diseguaglianze

Quello delle diseguaglianze è ormai diventato un tema di confronto ricorrente non solo nelle sedi istituzionali; sta caratterizzando, infatti, il dibattito nei vari paesi (anche in forme violente se si pensa a quanto sta capitando da diversi sabati in Francia) sin da quando la diseguaglianza, per dirla con J.Stiglitz, è divenuta globale. Da un punto di vista economico rimane di particolare interesse l’interpretazione offerta nella sezione "The structure of inequality" offerta da T.Picketty nel suo "Capital in the Twenty-firsy Centry" ma esistono forme emergenti di diseguaglianza che non fanno ancora notizia ma sulle quali sarebbe opportuno riflettere per individuare un’adeguata strategia.

Lontano dai clamori in molte imprese, soprattutto in quelle esposte (e capaci di reagire) alla competizione internazionale, si sta sviluppando un radicale processo di trasformazione. Grazie alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie la produzione e le vendite si stanno sofisticando sempre di più dando vita a servizi knowledge intensive. E’ in corso un ridisegno del sistema, risulta favorito chi riesce a stare nel loop mentre aumentano le distanze con chi non sa stare al passo. Più specificatamente la geometria cloud/applicazioni stimola la progettazione di prodotti e servizi innovativi. La relazione fra sensoristica e big data sta facendo emergere tecniche predittive in relazione sia ai mercati sia alla funzionalità delle macchine produttive e degli altri strumenti tecnici.

La diffusione di algoritmi , il machine learning, l’I.o.T stanno abbattendo i costi dell’innovazione ed aumentando la reattività e l’adattività delle imprese , con riduzione degli sprechi e produzioni di tipo sartoriale. Il passaggio dal B2C al C2B porta a ridisegnare i processi attorno ai clienti imponendo alle aziende di: smontare i feudi interni, coinvolgere tutto il personale, costruire una forte governance interna sui processi dati in outsourcing. L’attenzione, o meglio, l’approccio luddista sulla presunta sostituzione tecnologica delle persone sta distogliendo invece il focus da quella che è la vera sfida dei nostri giorni e dei prossimi anni, sfida che in Germania, partita dieci anni fa, è già stata superata, ossia: l’up-skilling e il re-skilling delle risorse.

Il reperimento di nuove risorse (meno costose e più adeguate) spesso intrapreso in passato dopo ristrutturazioni finanziate da un generoso welfare, non è più percorribile, come confermato dai dati del rapporto Excelsior 2018 secondo il quale le imprese faticano a trovare il personale per un posto di lavoro su quattro. In particolare nelle assunzioni under 30 nel 28% dei casi le imprese non trovano le figure professionali richieste, contro il 26% medio che riguarda tutte le fasce di età. Questo sta spingendo molte imprese ad intraprendere processi di cambiamento e di ri-centraggio culturale e delle competenze.

Il processo in corso, però, non mette al riparo dal rischio di obsolescenza che sta cominciando a riguardare fasce crescenti di persone, soprattutto quelle che per forza di inerzia non sentono la necessità di aggiornarsi e di cogliere le opportunità per uno sviluppo formativo. È una nuova forma di diseguaglianza che sta emergendo, che richiede risposte adeguate e sistemiche anziché vecchie ricette, tornate alla ribalta in queste settimane, legate a visioni arcadiche di chi del sistema produttivo e delle imprese mostra di conoscere ben poco e quel poco per giunta anche datato.

a cura di

Antonio Angioni
Senior Partner
Poliedros Management Consulting

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Esposito: demografia, il mega-trend che le Hr devono monitorare per migliorare la qualità del lavoro italiano

«Gli incrementi di produttività vanno distribuiti o con salario o con un aumento del tempo libero. Con questa riduzione aumenterebbe l’occupazione». Così, il nuovo presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, è intervenuto ieri nel corso di una lezione sulle diseguaglianze nel capitalismo finanziario tenutasi alla facoltà di economia della Sapienza, a Roma. Un discorso netto che fa riferimento a una stagnazione dei modelli lavorativi del Belpaese che sussiste secondo il professore dal 1969. Mezzo secolo di immobilità, dunque, che l’accademico ha utilizzato per riaprire un discorso politico importante, ai fini di un’implementazione occupazionale che risulta essere sempre più necessaria per le sorti del nostro Paese. Dialoghi sui massimi sistemi nazionali e sovranazionali, questi, che sembrano molto distanti dal mondo del business, ma che in realtà forse non lo sono nemmeno poi troppo. Secondo Mark Esposito, uno dei più importanti ricercatori universitari di economia a livello globale, infatti, sono proprio queste macro-tendenze a influenzare oggi l’andamento delle aziende sui mercati. A tal punto che, come sottolineato dal professore italo-inglese di Harvard, che abbiamo incontrato in vista del suo intervento allo European HR Directors Summit 2019, previsto a Milano il 18 e 19 giugno e organizzato da Business International (divisione di Fiera Milano MediaGruppo Fiera Milano): «E’ proprio da queste evidenze che i manager moderni dovrebbero partire per disegnare le proprie strategie, soprattutto quando scelgono di assumere nuovi talenti».
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Felicità Globale: l'Italia migliora, ma i professionisti non si sentono liberi di scegliere il proprio lavoro

«La felicità e il benessere delle persone rappresentano il fine ultimo e la missione di ogni società e governo». Così ha esordito la rappresentante permanente italiana presso le Nazioni Unite a New York, ambasciatrice Maria Angela Zappia, introducendo nei giorni scorsi l’evento di presentazione del "World Happiness Report". Il Rapporto sulla Felicità Globale promosso dal "Sustainable Development Solutions Network" della Columbia University, guidato da Jeffrey Sachs, e sostenuta dalla Fondazione Ernesto Illy, presieduta da Andrea Illy. «Possiamo considerare la felicità come un prodotto della combinazione dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030», ha continuato Zappia. «Le politiche pubbliche devono tener conto in maniera coerente di tutti i fattori sociali, economici e ambientali che incidono sul benessere della persona. Si tratta di un cambio di prospettiva fondamentale, culturale e politico. L’Italia è stata tra i primi Paesi ad adottare questo paradigma – ha rivendicato l’ambasciatrice – integrando nella sua programmazione finanziaria dodici indicatori correlati al conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile».
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Inclusione: Rischio o opportunità?

La coesistenza tra persone o gruppi appartenenti a diverse culture e origini, genere, orientamenti sessuali, generazioni, percorsi professionali e formativi, costituisce una opportunità o un rischio?

La presenza di valide ricerche a valenza globale e locale, ma anche la nostra esperienza sul campo nell’assistere aziende clienti nazionali e internazionali ci fa affermare che quando diversi punti di vista, valori, comportamenti, esperienze si incontrano in un corretto e strutturato percorso di inclusione, la società e le organizzazioni ne beneficiano. Migliorano i dati economico-finanziari, la creatività, la innovazione, le capacità relazionali, la flessibilità, la ricchezza di stili, le competenze manageriali e la “rotondità” della leadership.

Nel caso della diversità di genere, vale la pena ricordare ad esempio, i risultati positivi indotti dalla presenza delle donne nei board così come riportato negli studi proposti da società di consulenza e istituti di ricerca internazionali, ma anche nelle analisi prodotte recentemente da Consob. Una ricerca condotta da MRG Institute su più segmenti della Diversità (genere, etnia, età…) fa emergere quanto l’efficacia nelle varie categorie della Leadership (creazione della visione, consenso, capacità di attuazione, monitoraggio, gioco di squadra...), si differenzi a seconda dei diversi segmenti della diversità, declinando lo stile migliore nelle varie situazioni.

I progressi riscontrabili nelle imprese italiane relativamente alla valorizzazione della diversità, in particolare di genere, sono significativi: la presenza di più del 35% di donne nei cda delle aziende quotate per effetto della legge Golfo-Mosca è tra i migliori risultati in Europa. Ciò nonostante non si può ritenere superato il problema della disparità di genere nel nostro paese se l’Italia si posiziona ancora al 70esimo posto su 144 paesi nella classifica del Global Gender Gap, se la differenza nei salari nel privato è superiore al 17%, se il tasso di fertilità è tra i più bassi in Europa.

Dove risiede il problema
Il sistema paese presenta ancora degli ostacoli nel percorso verso la parità di genere, quali ad esempio la mancanza di adeguati supporti alla conciliazione vita-lavoro, ma molte delle nostre imprese non sono da meno. Spesso si incontrano aziende e imprenditori che non hanno tra le loro priorità la valorizzazione dei talenti femminili, resistono al cambiamento, e sono incapaci di confrontarsi e di accettare nuovi schemi e nuovi modelli. I rischi di questi comportamenti sono l’incapacità di rispondere in modo efficace alle richieste di una nuova mentalità necessaria per affrontare le discontinuità presenti ai giorni nostri.

Il nostro approccio : inclusione come un vantaggio competitivo
Il valore che una dimensione organizzativa inclusiva può generare è per noi coerente con gli studi e le esperienze fatte sul campo.
Ma affinchè questo valore possa emergere è necessario che il viaggio verso l’inclusione si affronti con tutto il bagaglio necessario, seguendo un percorso prestabilito, con un obiettivo di arrivo (traguardo) chiaro e determinato. Il viaggio verrà declinato secondo le dimensioni della diversità più opportune (genere, cultura, età…) per il contesto come risultato di una preliminare analisi.

Il viaggio verso l’inclusione



L’itinerario che proponiamo si articola su più piani : parte da un disallineamento iniziale (gap), prevede uno step di sensibilizzazione , un secondo step di comprensione del problema, un terzo step di costruzione delle skills necessarie (il bagaglio), un quarto di allenamento e consapevolezza rivisitando modelli e archetipi classici e contemporaneamente attuali.

Una organizzazione imprenditoriale nostra cliente sta percorrendo questo viaggio per includere al meglio la componente e i talenti femminili presenti al suo interno: l’approccio e le soluzioni innovative che stiamo sviluppando insieme, coerenti con la strategia dell’organizzazione, saranno utili per abilitare il cambiamento culturale della stessa verso un nuovo stile inclusivo e un arricchimento della leadership, per valorizzare il contributo delle donne.

a cura di
Stefania Celsi
Talent Management Leader

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