Per nove aziende europee su dieci la formazione resta un aspetto centrale della propria cultura aziendale. A rivelarlo è l’ultimo Corporate Learning Benchmark di MobieTrain. Un dato, questo, che, a tre anni ormai dallo scoppio della pandemia e dal successivo innalzamento delle richieste di upskilling e reskilling da parte delle aziende, soprattutto in ambito digitale, fa riflettere su quanto sia ancora lungo il percorso che imprese e prefossionisti devono compiere per migliorare le proprie performance al fine di rimanere al passo con i tempi e con quella trasformazione del business che sta stravolgendo sempre di più dinamiche e processi in questo ambito.
Un aspetto che abbiamo voluto approfondire attraverso un'analisi più approfondita delle evidenze emerse dalla ricerca, data anche l'accurata selezione di corsi di alta formazione professionale proposta per i prossimi mesi da Business International - Fiera Milano, con l'obiettivo di consentire ai manager e ai loro team di concentrarsi sui trend e i cambiamenti che guideranno il loro lavoro nel prossimo futuro.
Secondo il report, la formazione è indicata come priorità di “livello elevato” o “massimo” dal 74% delle aziende e il 91% degli intervistati ha riferito che, nel 2023, il budget destinato alla formazione resterà invariato o addirittura incrementato, con particolare attenzione all’apprendimento digitale. Partendo dall’analisi della formazione adottata internamente nelle singole organizzazioni, inoltre, le aziende intervistate hanno evidenziato tre principali problematiche: la formazione non è sufficientemente misurabile (38%), i dipendenti non ricordano ciò che hanno imparato (39%) e la formazione non è ancora ben adattata alle esigenze del personale (35%).
"Continuare a imparare è uno dei punti focali delle aziende moderne - ha commentato Guy Van Neck, CEO e Founder dell'applicazione mobile di microlearning, MobieTrain -. Data l'attuale crisi del mercato del lavoro, è sempre più difficile attrarre personale qualificato. Per trattenere le persone e attrarre nuovi talenti, la formazione è particolarmente importante, perché i dipendenti ne hanno un enorme bisogno". In questo senso, infatti, nonostante la sempre più forte recessione che incombe sul mercato, le aziende vogliono continuare a investire sulla formazione del personale. "Ciò suggerisce che un personale competente e proattivo giocherà un ruolo fondamentale nelle difficili condizioni di mercato dei prossimi anni", ha continuato Van Neck.
Quando si parla di crescita e formazione dei dipendenti, le preoccupazioni delle aziende europee riguardano in particolare il personale frontline. Il 30% degli intervistati afferma che è difficile raggiungerli con un'offerta di percorsi formativi adeguata. "Sempre più spesso i telefoni cellulari vengono utilizzati come dispositivo chiave per sostenere il coinvolgimento dei dipendenti e aumentare la loro produttività", ha evidenziato Van Neck. "Vediamo un potenziale crescente nell'apprendimento mobile. Soprattutto tra i lavoratori deskless, senza postazione fissa. Per questo motivo, il telefono cellulare è uno strumento eccellente per seguire e strutturare un percorso di formazione. In questo modo, tutti i dipendenti che non usano il computer durante il lavoro possono accedere al materiale del corso in modo semplice ed efficace". Guardando, però, più a campo largo la situazione delle aziende europee, è possibile notare come la ricerca di MobieTrain, che ha preso in esame diversi Paesi tra i quali Italia, Spagna, Belgio e Olanda, metta in luce le principali differenze soprattutto in termini di finalità dell'apprendimento online proposte in differenti ambiti da differenti realtà. Le aziende olandesi, per esempio, sottolineano l'importanza di un onboarding efficiente. Le aziende italiane e spagnole, invece, sperano di aumentare la produttività dei dipendenti con la formazione. Gli intervistati belga, inoltre, hanno forti aspettative su tre fronti: onboarding, produttività e coinvolgimento.
Concentrandoci un momento sul nostro territorio, poi, sembra chiaro come uno dei punti più critici sottolineati dalle aziende italiane, come dichiara il 49%, riguardi l’assenza di una formazione personalizzata, coerente con le esigenze, le mansioni e le sfide del singolo dipendente. “Molto spesso i metodi di apprendimento utilizzati dalle aziende risultano poco efficaci, se non fallimentari, proprio perché il dipendente non si sente sufficientemente motivato, questo nonostante sia dimostrato che un maggiore coinvolgimento del personale conduce a livelli superiori di produttività, mantenimento della conoscenza e qualità delle prestazioni - ha spiegato Francesca Dellisanti, Sales Executive di MobieTrain Italia -. In Italia, l’ostacolo più comune alla formazione, specialmente quella non tradizionale che si basa su applicazioni e piattaforme di apprendimento interattivo, è determinato dalle priorità aziendali: questo perché non in tutte le organizzazioni si è compresa appieno l’efficacia di simili meccanismi di gamification all’interno del contesto lavorativo. Come tracciato dal nostro ultimo Osservatorio, stiamo però assistendo a un enorme cambiamento del settore all’interno del quale la digitalizzazione della formazione aziendale sta giocando e giocherà un ruolo sempre più centrale”. Un dato questo confermato anche a livello globale dai dati emersi dall'indagine. Basti pensare che, oggi, molte aziende scelgono di implementare la formazione con l’utilizzo di piattaforme di apprendimento aggiuntive a supporto di quelle attuali, puntando ad un incremento della produttività dei dipendenti coinvolti nei processi di formazione. Infatti, il 54% delle aziende che non utilizza tool digitali ha espresso la volontà di adottarne uno nel prossimo futuro (1-12 mesi) e Il 40% di chi utilizza questi tool afferma di essere alla ricerca di altre piattaforme digitali da integrare a quelle già esistenti.
Ogni azienda offre molti percorsi professionali e ha esigenze formative diverse, ma spesso i dipendenti non ricevono queste informazioni o non le comprendono a fondo. Raccogliendo i dati sul personale, e analizzandoli con le potenti funzionalità dell’AI, le aziende possono delineare profili di competenze estremamente accurati per l’intera forza lavoro. Grazie all’Intelligenza Artificiale, si possono collegare le persone alle opportunità di crescita più idonee e favorire il dialogo con i manager per individuare obiettivi e strategie di sviluppo.
Accanto a un buon uso dell’AI occorre anche un’efficace strategia di investimento nei contenuti. Costruendo una libreria di contenuti formativi rilevanti e ben organizzati, le aziende possono offrire a ciascun dipendente un programma di training completo e mirato. Anche in questo caso la parola chiave è “personalizzazione”: l’AI è in grado di selezionare i materiali più interessanti per ciascuno, sulla base delle competenze e degli obiettivi individuali. Tutto questo contribuisce a sviluppare una cultura di formazione che permette ai dipendenti di disegnare autonomamente la mappa del proprio sviluppo e dell’avanzamento professionale in azienda.
Sfruttando l’AI possiamo conoscere e descrivere approfonditamente il bagaglio di competenze a ogni livello organizzativo, identificando le lacune. Questo permetterà alle aziende di investire con efficacia nello sviluppo delle competenze e nelle risorse utili alla crescita del personale – con evidenti vantaggi anche per il business.
La crescente incertezza economica spinge i dipendenti a ridefinire le proprie aspettative nei confronti del datore di lavoro, evidenziando una svolta significativa dall’inizio della pandemia e un ritorno all’essenziale. È quanto emerge dal nuovo studio BCW, agenzia globale di comunicazione integrata, che evidenzia come un’occupazione stabile, un posto di lavoro comodo e sicuro, stipendio e benefit e un’attenzione rinnovata alla cultura del lavoro siano ora le principali richieste dei lavoratori.
Temi questi di grande valore e sicura importanza da sempre nel mondo dell'empresa e che, in vista della prossima edizione dell'HR Business Summit - l'evento organizzato da Business International - Fiera Milano e dedicato al mondo delle risorse umane che si terrà il 29 e 30 novembre 2022 a Roma presso gli spazi di Palazzo Rospigliosi, all'interno dell'edizione autunnale del Business Leaders (21.11-01.12.2022) -, abbiamo voluto approfondire attraverso l'analisi ponderata di questo rapporto dal titolo "BCW Expectations at Work" che ha coinvolto oltre 13.000 persone di cinque differenti settori in 15 Paesi in tutto il mondo.
Lo studio rivela che per un lavoratore su due un’occupazione stabile (52%), un posto di lavoro comodo e sicuro (50%), stipendio e benefit (49%) e la cultura del lavoro (48%) sono gli aspetti più importanti tra i 62 proposti in relazione a cinque dimensioni dell’esperienza di un dipendente. Il tanto dibattuto tema del “dove” lavorare – da casa o in ufficio – si colloca solo al 12° posto (44%) per chi attualmente ha la possibilità di scegliere. A livello globale, il 50% dei dipendenti non prevede di cambiare l’attuale occupazione nei prossimi 12 mesi, e questa intenzione registra un aumento del 18% per chi si dichiara soddisfatto di aspetti fondamentali quali stipendio, stabilità e posto di lavoro. Ma per le organizzazioni che, oltre a soddisfare queste richieste, si impegnano a creare una cultura del lavoro positiva, l’intenzione di rimanere aumenta del 24%, così come la soddisfazione professionale aumenta del 56% e c’è un 68% in più di possibilità che il dipendente dia un giudizio positivo del proprio responsabile. Le cifre indicate sono addirittura superiori tra i dipendenti Millennial e della Generazione Z, che si dichiarano più intenzionati a restare (30%) quando tutte queste esigenze vengono soddisfatte rispetto a chi lavora in organizzazioni che non lo garantiscono.
In Italia, le tre aspettative principali tra i dipendenti sono in linea con le tendenze globali: un’occupazione stabile (58%), un posto di lavoro comodo e sicuro (55%) e uno stipendio remunerativo (54%). Seguono i permessi pagati (54%) e l’indennità di malattia (51%). Inoltre, tra le 10 principali aspettative di un dipendente, in sesta posizione (51%) rispetto al 16° posto (45%) a livello globale, ci sono anche la richiesta di un carico di lavoro gestibile e pretese ragionevoli da parte del datore di lavoro. Seguono, al 50%, un adeguato piano pensionistico, la fiducia nei manager e strumenti e tecnologia (7° posto). In netto contrasto con i risultati globali, solo un elemento tra tutti quelli che determinano la cultura del lavoro conquista la top 10 delle attese dei dipendenti in Italia, ossia una comunicazione interna aperta e onesta (49%). È interessante osservare che, tra i dipendenti appartenenti alla Generazione Z in Italia, fattori importanti quali stipendio e benefit si collocano solo al 22° posto (indennità di malattia e assicurazione sulla vita, al 48%), a differenza dei Baby Boomer che indicano come esigenza prioritaria uno stipendio remunerativo (al 1° posto con il 69%).
“Il nostro studio Expectations at Work evidenzia sia gli aspetti della vita lavorativa più apprezzati dai dipendenti – analizzando le differenze tra le quattro generazioni attualmente parte della forza lavoro – sia le lacune delle organizzazioni”, ha dichiarato Donna Imperato, Global CEO di BCW. “La ricerca sottolinea la competenza di BCW nel motivare le persone, fornendo dati complessi sulle aspettative dell’asset più prezioso a disposizione di qualsiasi azienda: i propri dipendenti. Per progredire, le imprese devono motivare il personale e questi dati forniscono ai leader indicazioni sugli aspetti su cui concentrarsi per assicurarsi una forza lavoro impegnata e produttiva, che contribuisca al superamento di sfide complesse e alla crescita.”
Oltre ad analizzarne le aspettative, lo studio ha approfondito anche la valutazione del datore di lavoro da parte dei dipendenti, considerando tutte le dimensioni dell’esperienza lavorativa. Sono la cultura e la leadership le aree in cui le organizzazioni devono recuperare terreno per soddisfare le attese dei dipendenti, soprattutto quelli delle generazioni più giovani, che hanno maggiori aspettative in questo ambito. Dal confronto tra le aspettative nei confronti dei datori di lavoro e la valutazione delle loro effettive prestazioni, emerge un gap medio di 17 punti tra quello che i dipendenti si aspettano e quello che vivono ogni giorno in fatto di benessere (16 punti), comunicazione interna (17 punti), democrazia sul posto di lavoro e voce dei dipendenti (16 punti) e leadership (17 punti), che sono le aree principali in cui le organizzazioni devono darsi da fare per colmare la distanza con i propri dipendenti. In Italia il gap tra le attese dei dipendenti e il vissuto quotidiano è molto più ampio – evidenziando sia l’elevato livello delle aspettative in quest’area sia l’impegno che i dipendenti ritengono debba essere messo in campo per soddisfarle, soprattutto in relazione alla leadership dei top manager. Sono infatti significativi i gap relativi a riconoscimento dei dipendenti (20 punti), benessere (24 punti), oltre a efficacia della leadership e capacità di prendere decisioni (21 punti).
“Se durante tutta la pandemia l’ago della bilancia si è spostato con costanza da una parte e dell’altra tra dipendenti e datori di lavoro, c’è comunque una costante, ovvero la necessità di una cultura inclusiva e incentrata sulle persone, che valorizzi le persone, ne faccia sentire la voce e dia la priorità al benessere e a una leadership trasparente”, afferma James Morley, Head of BCW Change, la divisione di BCW dedicata al cambiamento organizzativo e alla employee experience. “Anche se dai risultati dell’indagine emerge che i datori di lavoro devono tornare ai fondamentali per gestire le questioni basilari della stabilità lavorativa, il posto di lavoro, il compenso e i benefit, per trattenere i talenti bisogna concentrarsi anche sull’aspetto culturale.”
Lo studio ha rivelato anche forti differenze nelle aspettative delle diverse generazioni. I dipendenti della Generazione Z considerano quasi tutti i componenti della leadership e della cultura del lavoro più importanti dello stipendio ricevuto, che si colloca al 25° posto su 62 (il 45% li considera molto importanti), mentre i Baby Boomer attribuiscono allo stipendio e ai benefit la priorità rispetto a quasi tutte le prerogative di leadership e cultura, con il salario in seconda posizione (49%) dopo la sicurezza lavorativa (52%). Anche le aspettative rispetto ai manager di riferimento sono diverse a seconda della generazione. Per esempio, i dipendenti della Generazione Z affermano di apprezzare maggiormente le soft skill, come il supporto e l’empatia, che sono avanti di 11 posizioni rispetto alle altre generazioni. I Millennial, invece, sostengono di preferire i manager che dimostrano apprezzamento e offrono opportunità di crescita, avanti di 11 posizioni rispetto alle altre generazioni. Per la Generazione X e i Baby Boomer, invece, la fiducia e l’equità nei processi decisionali sono al vertice della classifica delle aspettative vero i propri responsabili diretti.
“Lo studio BCW Expectations at Work evidenzia chiaramente la divergenza di aspettative, talvolta enorme, tra le diverse generazioni, nonché un netto scollamento tra queste aspettative e la situazione reale”, prosegue Morley. “Per vincere la caccia ai talenti, i leader devono comprendere le mutate esigenze delle persone e cercare di soddisfarle, se vogliono riuscire ad attrarre, trattenere e motivare i talenti di cui hanno bisogno, ora e in futuro.”