Finance & Administration

Last News

Finance & Administration

CURRENCY IMPACT REPORT: NEGLI ULTIMI 12 MESI, 47 MILIARDI DI DOLLARI DI FLUTTUAZIONI NEGATIVE PER LE MULTINAZIONALI

Inflazione, costi delle materie prime e gestione della business continuity. Nell'era post covid, sono queste le tre vere sfide che ogni giorno le aziende devono affrontare per rimanere resilienti e guardare al futuro.

 

Un mix di difficoltà che ogni organizzazione interpreta come può e come riesce, ma che sicuramente subiscono le influenze e gli impatti delle politiche monetarie continentali, comprese quelle relative al rialzo dei tassi d'interesse recentemente implementate dalla Banca Centrale Europea e che potrebbe subire un ulteriore aumento proprio nei prossimi giorni. Uno scenario che abbiamo cercato di comprendere meglio attraverso l'analisi di una recente ricerca realizzata da Kyriba con il titolo "Currency Impact Report" (Resoconto sull'impatto valutario). Un resoconto trimestrale completo, che illustra nel dettaglio l'impatto delle esposizioni ai cambi di valuta (foreign exchange, FX) tra 1.200 multinazionali con sede in Nord America e in Europa e con almeno il 15% dei ricavi provenienti dall'estero e di cui vi proponiamo una sintesi di seguito, anche in vista della prossima edizione del CFO Summit, l'evento dedicato al mondo dei direttori finanziari, organizzato da Business International - Fiera Milano e previsto all'Allianz MiCo - Milano Convention Centre il prossimo 14 e 15 giugno 2023 all'interno della grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level del momento, Business Leaders Summit

 

L'IMPATTO DELLE FLUTTUAZIONI NEGATIVE

L'elemento più importante che emerge dal report è il fatto che, secondo i dati, negli ultimi 12 mesi ci siano stati oltre 64,22 miliardi di dollari di impatti complessivi sugli utili dovuti alla volatilità delle valute. L'insieme delle società coinvolte nell'indagine, nello specifico, ha registrato 47,18 miliardi di dollari di fluttuazioni negative e 17,04 miliardi di dollari di fluttuazioni positive nel terzo trimestre del 2022.

In particolare, le aziende nordamericane hanno registrato 43,15 miliardi di dollari di fluttuazioni negative, il 26,6% di incremento rispetto al trimestre precedente. Mentre, le aziende europee hanno registrato un aumento del 33,3% degli impatti valutari negativi, con aziende che hanno registrato 4,03 miliardi di dollari di fluttuazioni negative legati ai cambi di valuta. "Abbiamo visto i tassi di cambio e di interesse fluttuare maggiormente nell'ultimo anno che nell'ultimo decennio e ci aspettiamo una maggiore volatilità nel 2023", ha dichiarato Wolfgang Koester, Chief Evangelist di Kyriba. "La volatilità degli FX sta costando alle aziende cifre record, come abbiamo visto nell'ultimo trimestre con fluttuazioni positive e negative per un totale di 64 miliardi di dollari, un chiaro segnale per i CFO della necessità di esaminare i propri processi di gestione del rischio dei cambi di valuta. I CFO e i tesorieri devono adottare un approccio moderno per affrontare questi imprevedibili cambiamenti del mercato, che rendono la stagione degli utili (earnings season) più impegnativa in quanto la certezza dei flussi di cassa futuri è meno chiara."

 

IL PESO DELLE MONETE

Guardando, poi, più da vicino le altre evidenze della ricerca si può notare come l'impatto medio sugli utili per azione (EPS) registrato dalle società nordamericane nel terzo trimestre del 2022 sia stato di 0,05 dollari. Se è vero, inoltre, che le società nordamericane quotate in borsa hanno registrato 43,15 miliardi di dollari di fluttuazioni negative, è altrettanto vero che le società nordamericane quotate in borsa hanno anche registrato solo 0,26 miliardi di dollari di fluttuazioni positive. Nel momento in cui, poi, le realtà intervistate hanno ragionato sugli impatti proposti dalle singole valute monetarie, la maggior parte di esse ha indicato l'euro (EUR) come la valuta di maggior impatto: il 33,3% delle aziende l'ha indicata come valuta avente un impatto sui ricavi; il dollaro canadese (CAD) si è classificato al secondo posto con il 26,7%, mentre il rublo russo (RUB) si è posizionato al terzo posto con il 20%. L'euro, inoltre, è stata la valuta più citata come impattante anche dalle società europee durante la presentazione degli utili (earnings calls), seguita dalla corona e dal dollaro.

I sei settori che hanno subito il maggiore impatto dalle valute in Nord America sono stati (in ordine di classifica): attrezzature e forniture sanitarie, servizi professionali, biotecnologie e prodotti farmaceutici, macchinari, commercio e distribuzione, strumenti e servizi per le scienze della vita. "Oggi più che mai, gli analisti del settore pongono domande durante la presentazione degli utili (earnings calls) su come i CFO stiano proteggendo il valore per gli azionisti e analizzano le vulnerabilità dei risultati finanziari trainati dai cambi di valuta. Impatti consistenti e inspiegabili sugli utili indicano l'opportunità di migliorare la gestione aziendale del rischio dei cambi di valuta tramite la rilevazione dell'intero spettro delle esposizioni ai cambi, la mitigazione dell'EPS a rischio e la riduzione dei costi di copertura", ha dichiarato Koester. Analisi queste che i direttori finanziari si trovano a dover interpretare ormai ogni giorno e su cui non c'è ovviamente un'unica strategia per tutto il mondo del business, ma su cui bisogno concentrare la propria soluzione per trovare soluzioni dedicate ed efficaci per ogni singola organizzazione di qualunque dimensione sia e a qualunque livello si ponga, proponendo in questo modo una vera trasformazione anche del ruolo stesso del CFO che passa in questo modo e sempre di più dall'essere un mero controllore dei costi all'esere un vero e proprio stratega, essenziale per consentire alle aziende di prendere decisioni migliori, più precise e soprattutto in grado di basarsi su  analisi valoriali approfondite e a 360 gradi.

...continua
Finance & Administration

630 STARTUP E SCALEUP FINTECH & INSURTECH IN ITALIA, 900 MLN DI EURO RACCOLTI NEL 2022

Nonostante le tensioni geopolitiche ed economiche, l’ecosistema Fintech & Insurtech italiano ha continuato a crescere nel 2022, con sempre maggiori attori, ricavi, i primi Unicorni, nuovi utenti e apprezzamento dei servizi digital finanziari e assicurativi. Nel nostro paese si contano 630 startup e scaleup Fintech & Insurtech, di cui 27 costituite negli ultimi 12 mesi, capaci di raccogliere oltre 900 milioni di euro di funding nel 2022, raggiungendo complessivamente 3,7 miliardi di euro dal 2009 ad oggi. Permane un alto livello di concentrazione: il 5% delle startup/scaleup ha raccolto il 90% del funding totale, mentre Milano è l’indiscussa capitale con il 69% degli investimenti complessivi.

 

Dati estremamente interessanti, questi, che proiettano una crescita in continuo sviluppo di un mercato in costante evoluzione e che abbiamo voluto comprendere meglio, in vista della prossima edizione del Milan Fintech Summit - l'evento dedicato al settore della finanza tecnologica italiana e internazionale organizzato da Business International - Fiera Milano e Fintech District e previsto a ottobre 2023 -, attraverso l'analisi del recente Osservatorio Fintech & Insurtech realizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano.

 

UN MERCATO IN CRESCITA

Secondo i dati rilevati dagli esperti dell'ateneo meneghino, infatti, buoni segnali arrivano dai ricavi, quelli mediani per startup/scalup previsti a fine 2022 sono quasi il doppio rispetto a quelli 2021, ma ancora non si generano stabilmente EBITDA e flussi di cassa positivi e solo il 44% delle realtà è in grado di guardare ai mercati esteri. In generale, la proposta delle startup/scaleup italiane è rivolta più alle PMI (71%) che ai consumatori (39%), ma non è da sottovalutare il 60% che si rivolge a istituti finanziari. Ben l’83% delle realtà innovative ha in corso delle partnership, soprattutto per avvalersi del network di contatti strategici o delle competenze del relativo partner. Inoltre, tra gli abilitatori dell’innovazione finanziaria, si fanno largo i modelli as-a-Service, adottati oggi dal 75% delle startup/scaleup italiane. Tra questi spicca il Banking-as-a-Service (BaaS): un istituto finanziario autorizzato (ad esempio una banca) offre servizi, licenza e “libri” ad un secondo attore non autorizzato (come una digital company), che cura l’interazione con il cliente finale e l’esperienza d’uso. I modelli BaaS da un lato creano opportunità di mercato per le banche tradizionali, dall’altro un’aperta competizione dei nuovi attori, come nel caso delle Challenger Bank: le banche digitali gestibili attraverso app e smartphone sono ormai 120 in Europa e, oltre al conto corrente e strumenti di pagamento, il 44% offre anche possibilità di investimento, il 32% di richiedere prestiti e il 20% di sottoscrivere polizze. Nel 2022 la situazione geopolitica, l’inflazione crescente e l’aumento dei tassi di interesse hanno rapidamente mutato lo scenario per il settore bancario e assicurativo - afferma Marco Giorgino, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Fintech & Insurtech -. In un contesto di crescente complessità, non mancano i segnali positivi per il Fintech e Insurtech italiano: cresce il numero delle realtà e aumentano ricavi, anche se le imprese innovative guardano ancora poco ai mercati esteri e non attirano stabilmente funding da attori internazionali, mentre i risultati delle partnership sono ancora limitati. L’ecosistema è vivace e i clienti si dimostrano sempre più interessati alle proposte innovative sia delle startup che degli incumbent, come si nota dalla crescente predisposizione a condividere dati e affidarsi a nuovi attori in ottica Embedded Finance & Insurance”.

 

IL CONTESTO EUROPEO

Considerando le sole realtà che hanno ricevuto funding pari almeno a 1 milione di dollari (un campione diverso rispetto al censimento italiano), a livello europeo si contano 1.392 startup (+81% rispetto al 2020), che hanno raccolto complessivamente 35 miliardi di dollari negli ultimi 5 anni (+73% rispetto al 2020), con una media di 25 milioni di dollari ciascuna. Il Regno Unito si conferma la culla del Fintech in Europa, con il 38% delle startup, seguito da Francia (11%) e Germania (9%), in vetta anche per entità del funding raccolto (17,4 miliardi di dollari), seguito a distanza da Francia (3,2 miliardi) e Germania (3 miliardi). Il principale ambito delle startup europee è il mondo dei pagamenti, primo per numero di unicorni: vi opera il 29% delle startup ma ha ricevuto spinte importanti dagli incumbent. Sono di grande prospettiva, anche gli ambiti delle soluzioni digitali per investimenti (29% delle startup), Cryptoasset (23%), Lending (17%), Insurtech (13%) e Regtech (10%): settori con marginalità mediamente superiori, un legame più forte con la fiducia del consumatore finale, che spesso necessitano di graduali investimenti in infrastruttura. Poiché il funding segue le caratteristiche intrinseche di ogni attività finanziaria, le startup Proptech e Lending hanno raccolto mediamente fondi più ingenti (rispettivamente 65,5 milioni di dollari e 40,3 milioni di dollari), poiché real estate e lending sono per natura più capital intensive.
 

IL TREND DEL BANKING-AS-A-SERVICE

Il 2022 può essere definito come l’anno dei modelli as-a-Service e in particolare del Banking-as-a-Service – spiega Laura Grassi, Direttrice dell’Osservatorio Fintech & Insurtech -. Grazie al BaaS, le digital company che non hanno una licenza bancaria possono offrire ai propri clienti servizi finanziari digitali, come conti correnti online, soluzioni di pagamento, carte di credito, prestiti, assicurazioni e investimenti. Per il prossimo futuro ci attendiamo ulteriori sviluppi in cui attori non finanziari abiliteranno velocemente e senza legacy la loro base clienti a prodotti o servizi finanziari”. Quando il prodotto è direttamente integrato nel customer journey di attori non finanziari e distribuito tramite i loro canali, si parla di Embedded Finance o di Embedded Insurance, ad esempio la possibilità di richiedere un prestito nell’acquisto su un sito di eCommerce o di sottoscrivere una polizza comprando un viaggio. Gli utenti italiani sono molto interessati: il 45% dei consumatori valuterebbe la sottoscrizione di una polizza durante il processo d’acquisto di un viaggio, il 65% prenderebbe in considerazione almeno una proposta assicurativa in logica embedded. Pochi, almeno per il momento, prenderebbero in considerazione proposte embedded di operatori non finanziari per gestire i propri risparmi (solo il 22% almeno uno), ma il 53% valuterebbe di ottenere un piccolo finanziamento in questa modalità (53% almeno uno). Il Banking-as-a-Service è un modello ricorrente anche tra le Challenger Bank. Delle 120 attive in Europa, 56 utilizzano una licenza di terzi, quindi agiscono in partnership con un operatore BaaS, mentre 64 dispongono di un’autorizzazione propria, anche se non sempre bancaria. 93 si rivolgono al segmento retail, di cui 58 in esclusiva. Oltre ad offrire un conto e strumenti di pagamento, molte realtà cercano anche di offrire prodotti a marginalità maggiore: il 44% offre anche la possibilità di investimento sotto forma di conti deposito o di investimenti in strumenti finanziari, il 32% offre la possibilità di richiedere prestiti e il 20% di sottoscrivere polizze.

 

L'APPROCCIO DEI CONSUMATORI

I modelli di Business as-a-Service porteranno probabilmente a un’ulteriore riduzione del numero delle filiali bancarie sul territorio. Ma i consumatori italiani non reagirebbero necessariamente in modo negativo: di fronte alla chiusura della filiale di riferimento, solo il 21% cambierebbe banca (anche se non sempre lo fa), mentre il 24% sarebbe disposto a restare nella stessa, cambiando filiale o modalità di interazione, il 35% a spostarsi su strumenti digitali (App o Pc), a cui si aggiunge un 20% che già oggi non fruisce della filiale. In generale, tra i clienti delle banche aumenta la predisposizione ad usare i canali digitali. Nel primo semestre del 2022 gli operatori bancari italiani hanno registrato una crescita del 6% di clienti che usano i canali digitali (home e mobile banking). Cresce del 17% anche il numero delle transazioni digitali (operazioni come bonifici, ricariche telefoniche, pagamento di bollette, compravendita di titoli, eseguite tramite home o mobile banking). Tra tutti i correntisti attivi, il 63% ha utilizzato almeno una volta i canali digitali (il 55% se si guarda il solo mobile). L’online non è usato solo per queste singole “operazioni semplici”. Alcuni clienti stanno proprio optando per un’offerta bancaria interamente digitale. Il 24% dei clienti retail attivi in internet in Italia, infatti, ha uno o più conti aperti presso banche online, percentuale che sale al 40% nei giovani tra i 18 e i 24 anni, e che si riduce gradualmente fino all’11% nella fascia 55-74 anni. Analogamente, mediamente il 53% dei consumatori italiani con un conto online lo usa come conto principale, ma la percentuale sale all’86% nella fascia 18-24 anni. “Anche nel corso del 2022 è continuata la crescita dell’educazione digitale degli italiani in ambito finanziario - evidenzia Filippo Renga, Direttore dell’Osservatorio Fintech & Insurtech -. In generale, aumenta la predisposizione ad usare i canali digitali, soprattutto tra i giovani che, da un lato sono più abituati a fruire di servizi in digitale, dall’altro hanno verosimilmente necessità meno sofisticate e compatibili in pieno con la proposta attuale delle banche digitali”.

 

FOCUS INSURTECH

Analizzando il solo Insurtech, nel 2022 si contano 120 startup attive (4 costituite nell’ultimo anno) che hanno raccolto 420 milioni di euro a partire dal 2009 (mediamente 3,5 milioni di euro per startup, leggermente inferiore rispetto a tutto il Fintech che si stabilizza a 5,8 milioni) e 53 milioni nel solo2022. Anche l’Insurtech è trainato dal Nord Italia e Milano, dove hanno sede 41 realtà che hanno raccolto 31 milioni di euro nel 2022. Un segnale positivo viene dai ricavi che, se nel 2021 erano mediamente inferiori rispetto al Fintech, nel 2022 sono cresciuti sensibilmente (+95% vs +70%), portando il settore a pari livello con il Fintech. In generale, le realtà Insurtech fanno più fatica a rivolgersi all’estero (il 61% ha un’offerta esclusivamente rivolta all’Italia) e hanno un legame meno forte con il Regno Unito (solo il 9% è attivo in UK), ma sono caratterizzate da un utilizzo maggiore di soluzioni di Artificial Intelligence (59% vs 46%), Analisi di Big data (55% vs 42%) e IoT (29% vs 13%). Simile al resto del Fintech è la distribuzione della tipologia di clientela, è composta per il 70% delle realtà da imprese, per il 63% da istituzioni finanziarie (principalmente compagnie assicurative e broker) e solo il 45% da privati.

...continua
Finance & Administration

ANRA - CYBERWAR: URGENTE UNA SERIA POLITICA DI SECURITY PATCH MANAGEMENT PER GARANTIRE LA SICUREZZA DEI DATI AZIENDALI

Il mondo digitale ha reso le aziende vulnerabili a minacce informatiche come malware, attacchi ransomware e furto di dati sensibili. A tal punto che proprio in questi giorni è stato diramato un allarme di sicurezza a livello europeo relativamente a un attacco hacker massivo. In Italia, l'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale ha allertato diversi soggetti i cui sistemi risultano esposti e dunque vulnerabili agli attacchi e in particolare ha segnalato che alcuni criminali informatici hanno avviato delle attività di scansione alla ricerca di server virtuali VMware ESXi vulnerabili ad un bug di sicurezza noto come CVE-2021-21974. 

 

Un alert che sottolinea ancora una volta, e se ancora ve ne fosse bisogno, quanto la cybersecurity oggi sia un settore cruciale da presidiare per lo sviluppo e la difesa del business. Un'attenzione su cui, visti anche gli accadimenti delle ultime ore e in attesa della prossima edizione del Global Risk Forum - l'evento dedicato al mondo del Risk Management e organizzato come ogni anno da Business International  - Fiera Milano all'interno del Business Leaders Summit (14-15 giugno 2023 | Allianz MiCo - Milano Convention Centre) -, ci siamo voluti concentrare attraverso l'analisi di un paper realizzato ad hoc da ANRA, per capire quali dovranno essere i fattori chiave su cui le aziende e le istituzioni italiane dovranno porre sempre di più la loro attenzione per impostare corrette strategie a difesa del perimetro cibernetico italiano a 360 gradi.

 

IL VALORE DEL SECURITY PATCH MANAGEMENT

Gli analisti dell'Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali nel suo documento ricorda subito come "anche Il Rapporto Clusit nella sua edizione di ottobre 2022 ci racconta che, tra le tecniche di attacco utilizzate dai cyber criminali, lo sfruttamento di rivelazione rappresenta circa l'11% del totale". Secondo gli esperti, quindi, "uno dei modi più efficaci per proteggere il perimetro aziendale digitale è attraverso una politica di security patch management". Questa politica prevede la regolare applicazione di patch di sicurezza su tutti i sistemi, e i dispositivi della rete aziendale. "Queste patch - proseguono dall'ANRA - correggono invisibilità di sicurezza note che potrebbero essere sfruttate da criminali informatici per accedere alle informazioni sensibili dell'azienda". Inoltre, una politica di security patch management aiuta a mantenere i sistemi e le modifiche e al sicuro da minacce informatiche emergenti. Secondo gli analisti, questo significa che "criminali informatici non avranno accesso alle vulnerabilità che possono essere sfruttate per entrare nella rete aziendale".

 

RIDURRE GLI IMPATTI REPUTAZIONALI

Un'altra motivazione importante per proteggere il perimetro aziendale digitale, poi, secondo gli esperti dell'associazione: "è preservare la reputazione aziendale". Un attacco informatico "può avere conseguenze negative sulla reputazione dell'azienda e danneggiare la sua immagine di fronte ai clienti, ai partner commerciali e alla comunità". In questo senso, come evidenziato da ANRA, "una buona politica di security patch management aiuta a prevenire anche questo tipo di criticità derivanti dagli attacchi, preservando così la reputazione dell'azienda".

 

 GARANTIRE SICUREZZA FINANZIARIA ALL'AZIENDA

Infine, una politica di gestione delle patch di sicurezza, secondo gli analisti, aiuta a minimizzare la superficie di attacco ai criminali informatici. Nel documento di ANRA, infatti, viene ribadito come con una maggiore sicurezza dei sistemi i cyber criminali avranno meno opportunità di entrare nella rete aziendale e rubare i dati sensibili. "Ciò - evidenziano gli esperti di ANRA - riduce il rischio di perdita finanziaria e garantisce che i dati aziendali siano al sicuro". Una mossa strategica, questa, per mantenere una continuità nelle attività di business e assicurare, quindi, una solidità finanziaria che, altrimenti, sarebbe compromessa seriamente da questi attacchi.

 

In sintesi, proteggere il confine aziendale digitale con una politica di security patch management è importante per garantire la sicurezza dei dati aziendali, preservare la reputazione aziendale e offrire minore superficie di attacco ai cyber criminali al fine di preservare la business continuity dell'azienda e la sua economia. Tre obiettivi che, come abbiamo visto anche nel recente report dell'Allianz Risk Barometer risultano essere ai primi posti tra le priorità delle organizzazioni globali nella gestione del rischio e che sempre di più si collegano a una corretta strategia di difesa del perimetro cibernetico. Un aspetto che in Italia sta prendendo sempre più piede, ma che ha ancora ampi margini di miglioramento.

...continua
Finance & Administration

NUOVI CRITERI DI MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE D'IMPRESA PER LO SVILUPPO DI UN VALORE CONDIVISO

La vita di ogni impresa dipende in buona parte dalla gestione delle sue finanze. Una gestione che è in capo ai direttori finanziari: figure professionali che oggi richiedono a gran voce maggiore sinergia con gli interlocutori, più informazioni in tempo reale e soprattutto più digitalizzazione al fine di creare report più precisi e rapidi per offrire maggiori opportunità di comprensione dei mercati al proprio board e conseguentemente permettere migliori decisioni strategiche. Come impostare, però, un sistema integrato ed affidabile di sviluppo di criteri di misurazione utili a comprendere le reali performance, le esigenze ed il potenziale delle risorse necessarie alla crescita del business mettendo al centro persone, sostenibilità, innovazione e ricadute sul territorio?

 

Per rispondere a questa domanda Business International - Fiera Milano ha realizzato un indagine per capire meglio come misurare e monitorare le performance aziendali in modo da rendere sempre più sostenibile il business a 360 gradi. Una survey che, in vista della prossima edizione del CFO Summit (14-15 giugno 2022 | Allianz MiCo - Milano Convention Centre) all'interno del Business Leaders Summit, abbiamo voluto analizzare più approfonditamente per comprendere quali saranno i trend che guideranno le scelte e le decisioni dei direttori finanziari nei prossimi mesi.

 

L'IMPORTANZA DEI REPORT DI SOSTENIBILITA'

Come sottolineato anche negli scorsi mesi in Egitto, durante la COP 27 (il vertice dedicata al coinvolgimento dei leader mondiali sui temi del climate change), dove è stato necessario prolungare l’iter dei lavori per raggiungere un accordo sulle politiche globali relative al cambiamento climatico, risulta chiaro come il potenziale di crescita delle imprese, secondo anche quanto emerge dalla survey, è strettamente connesso alla sfida della riduzione degli impatti ambientali delle aziende. L’83% degli intervistati, infatti, ha dichiarato che lo sviluppo del business deve orientarsi alla comprensione degli environmental impacts e confrontarsi con i fattori esogeni ed endogeni per raggiungere i criteri necessari alla composizione dei report di sostenibilità finanziaria e adeguarsi alle richieste di mercato. Un percorso che vede, quindi, ancora 8 aziende su 10 nel nostro Paese alle prese con l’esigenza di aumentare le proprie competenze e i propri investimenti in questo senso al fine di rimanere al passo con i tempi, seguendo le dinamiche della nuova green economy che guida e guiderà sempre di più l’evoluzione futura del business.

 

LE PRIORITA' STRATEGICHE DEI CFO

Proseguendo nell'analisi dell'indagine, risulta chiaro che tra le priorità strategiche e le azioni da mettere in campo emerge la necessità di una maggiore collaborazione tra le funzioni aziendali (50%), al fine di condividere le opportunità legate allo sviluppo sostenibile, perfezionare le competenze e le responsabilità dei manager. L’integrazione dei processi e la comunicazione interna, secondo le risposte emerse, sembrano essere fortemente connesse e funzionali all’ottimizzazione dei processi (22%), alla digitalizzazione delle attività di pianificazione e reporting (14%) e alla disposizione delle analisi e degli insight per un migliore decision making (8%). Guardando i dati in ottica di scala, quindi, è evidente che le imprese stiano evolvendo in funzione della green economy e verso un modello che, attraverso la digitalizzazione promuova un’ottimizzazione combinata per supportare le decisioni strategiche ed operative.

 

LE NUOVE COMPETENZE DEL FINANCE

Le capabilities del team finance da consolidare riguardano la capacità di analisi e interpretazione dei nuovi scenari: il 47% degli intervistati mette al primo posto la necessità di comprensione e reazione del team agli spesso volatili equilibri macroeconomici e geopolitici, che portano le imprese ad interrogarsi sulle decisioni da prendere. In questo senso, dunque, la practice del Risk Management risulta essere fondamentale e proporre nuove frontiere nell’evoluzione di una funzione sempre più al centro delle logiche strategiche del business. La rivoluzione ambientale e geopolitica in atto, infatti, in questo senso, portano alla luce nuove esigenze che impongono nuovi metodi e tattiche di approvvigionamento delle risorse a 360 gradi. Un’evidenza, questa, che è in linea anche con le altre priorità indicate dai CFO per il futuro. La seconda priorità di un ipotetico podio, in questo senso, è la necessità di consolidare la strategia di guida al decision making (25%). Mentre la terza è il bisogno di adattamento delle competenze nell’ambito alla digital finance transformation (25%). Sappiamo, infatti, che molte aziende stanno mettendo in campo azioni, attraverso l’uso delle moderne tecnologie, orientate a ottenere dati quanto più veritieri e in real time per poter prendere decisioni consapevoli e per far propri i principi alla base della sustainability ambientale, con l’obiettivo di passare da una visione ROI based ad una ESG based (8%). Sotto questo profilo, tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, il cloud computing o la blockchain risultano elementi essenziali nello sviluppo di nuove opportunità per le attività di business. Questo, ovviamente, come dicevamo pocanzi propone anche la necessità di nuove competenze e nuove professionalità che sempre di più dovranno andare a integrarsi all’interno dei team finance per permettere una concreta evoluzione di questa funzione, rendendola capace di produrre insight sempre più efficaci ed efficienti, ma soprattutto in grado di anticipare o reagire con rapidità alle esigenze proposte dai mercati.

 

I CRITERI DI MISURAZIONE DELLA SOSTENIBILITA'

Nel questionario viene poi approfondito anche l’aspetto della sostenibilità, per comprendere quali sono i criteri di misurazione più importanti per la creazione di un valore condiviso e il dato emerso è estremamente interessante, poiché il 33% degli intervistati mette al primo posto la “social responsability”. Sui mercati infatti, si registra come molte imprese stiano intraprendendo un percorso legato alle tematiche ESG, nelle quali gli impatti sociali e di ricaduta territoriale delle attività di business, assumono un ruolo e un valore sempre più importante. Questo, produce un valore aggiunto condiviso tanto all’interno della comunità in cui si opera, quanto all’interno dell’ambito lavorativo, migliorando anche la qualità della vita della forza lavoro dell’impresa. Tutti aspetti che incrementano, si, la reputazione aziendale, con un’importanza del 20%, ma anche il successo dell’azienda sul mercato, innescando favorevoli processi di innovazione come cruciale elemento per il 18% degli intervistati. Fattori distintivi, questi, che diventano sempre di più asset strategici dello sviluppo economico dell’azienda, che vede la trasparenza, la coerenza, e la value proposition del proprio operato come criteri irrinunciabili per guardare al futuro, anche e soprattutto in relazione a quel sempre più necessario coinvolgimento e rapporto con gli stakeholder e le loro esigenze.

 

LA MISURAZIONE DELLE INTERDIPENDENZE

Posto che oggi la sostenibilità, come abbiamo capito, è un driver per la crescita economico finanziaria di un’azienda, tra gli aspetti concettuali e valoriali che assumono un ruolo sempre più importante, bisogna poi attualizzare la rendicontazione non finanziari in maniera concreta per orientarla in questa direzione. Guardando quindi ai criteri dei report di sostenibilità finanziaria: il 28% degli intervistati conferma come il criterio principale da considerare nello sviluppo dei report sia il dato relativo agli impatti ambientali.  Al secondo posto troviamo con un 23% di consensi, l’importanza della relazione tra lavoratori e management, avvalorando il concetto di collaborazione e integrazione tra le funzioni aziendali. Infine, si evidenzia la crucialità degli impatti economici indiretti con un 17% di risposte a validare quella che sta diventando una consuetudine per le aziende: sviluppare un approccio integrato e strategico per puntare alla sostenibilità, non solo con finalità etiche ma anche in funzione di una riduzione dei rischi derivanti dall’integrazione con l’ambiente e il contesto sociale. Un aspetto che evidenzia quanto le aziende abbiano compreso l’importanza di concentrare la propria attenzione su una visione di lungo periodo, in grado di produrre benefici concreti, non solo sulla propria dimensione e perimetro operativo, ma anche sullo sviluppo e il compattamento della filiera, oltre che al miglioramento delle condizioni ambientali, sociali e organizzative del contesto in cui l’azienda è inserita. Un processo che porta interi territori a migliorare le proprie capacità produttive e la qualità della vita degli abitanti.

 

I PROSSIMI PASSI DEL FINANCE VERSO LA SOSTENIBILITA'

Guardando al futuro, l’ambito della reportistica non finanziaria sarà soggetto a un aggiornamento delle regolamentazioni governative ed europee, anche in vista della necessità di raggiungere gli obiettivi di sostenibiltà proposti dalle Nazioni Unite per il 2030. Un impegno concreto che, anche nei mesi scorsi, a Sharm-el–Sheikh, i leader mondiali hanno rimarcato e che non può essere sottovalutato ormai da nessun modello di business. Gli aggiornamenti dei criteri per i report non finanziari, così, proporranno nuovi scenari per tutte quelle imprese, in ogni settore e ad ogni livello, che vorranno espandere il proprio raggio d’azione in maniera sostenibile. Chiedendo quindi ai CFO quali potrebbero essere le nuove dinamiche che si svilupperanno da questi cambiamenti, la maggior parte di loro (41%) ipotizza un aumento della reportistica sullo sviluppo sostenibile e, scendendo nel dettaglio,  auspica l'orientamento verso una maggiore attenzione agli impatti etici del proprio business (26%), una valorizzazione della forza lavoro integrando risorse umane e finanziarie (25%) e un miglioramento dell’interazione e relazione con le PA e la filiera (8%).

...continua
Finance & Administration

2022: ANNO DA 2 MILIARDI DI EURO PER IL VENTURE CAPITAL IN ITALIA

Gli investimenti in Venture Capital in Italia nel 2022 hanno raggiunto e superato il traguardo dei due miliardi di euro. Con una raccolta di € 2.080 milioni, le startup e scaleup italiane segnano un +67,3% rispetto ai € 1.243 milioni del 2021, in controtendenza rispetto a ecosistemi più maturi in Europa, quali Regno Unito e Germania, dove i volumi investiti sono rimasti sostanzialmente stabili.

 

Un dato decisamente incoraggiante, per il comparto imprenditoriale innovativo e per le nuove generazioni di capitani d'impresa del nostro Paese, che, anche in vista della prossima edizione del Milan Fintech Summit - l'evento organizzato da Business International - Fiera Milano e Fintech District, in collaborazione con FTS Group e Milano & Partners, e previsto nel capoluogo meneghino dal 24 al 26 ottobre 2023 -, abbiamo voluto comprendere meglio attraverso l'analisi delle evidenze emerse dall’EY Venture Capital Barometer, l'annuale studio di EY che ha l’obiettivo di indagare l’andamento del mercato nel Bel Paese.

 

Nel 2022 sono state rispettate le attese e gli investimenti nelle start up e scale up italiane che hanno visto un’ulteriore forte crescita - ha commentato Marco Daviddi, Strategy & Transactions Markets Leader Europe West di EY -. Questo è stato possibile grazie all’impatto di adeguate politiche di investimento pubblico supportate da strumenti di intervento dedicati, che hanno consentito la valorizzazione delle relazioni tra investitori pubblici, privati, università, istituti di ricerca, incubatori e aziende, in grado di favorire processi di innovazione. Siamo ancora lontani dai benchmark internazionali in termini di volumi investiti, ma si conferma il trend positivo registrato negli ultimi anni, specialmente in settori dove le trasformazioni in atto richiedono la revisione piena dei modelli operativi, come il Fintech e in ambiti chiave in questo momento storico, come quello della sostenibilità (Energy & Recycling). In un’ottica prospettica, diverse iniziative, anche connesse al PNRR, tra cui quelle promosse dal Ministero della Università e Ricerca per favorire gli ecosistemi della ricerca e innovazione, perseguono obiettivi che possono consentire al Venture Capital di raggiungere un ulteriore livello di maturità. Certamente importanti continueranno ad essere il ruolo dei fondi a partecipazione pubblica - che hanno avuto e avranno un importante effetto moltiplicatore, integrandosi con le risorse raccolte dai fondi di Venture Capital – e quello degli investitori internazionali. Ci aspettiamo, inoltre, che il Corporate Venture Capital assuma una maggiore rilevanza, ponendosi come ulteriore modello di ricerca e innovazione, a servizio e supporto del processo di crescita del nostro Paese”.

 

Gianluca Galgano, Startup and Venture Capital Leader, EY in Italia, commenta: “Un altro passo in avanti per il Venture Capital del nostro Paese che infrange nel 2022 la soglia dei due miliardi di euro di capitali raccolti dalle nostre giovani aziende innovative, esattamente dieci anni dopo l’introduzione dello Startup Act, la prima legge italiana ad offrire un quadro di riferimento per il settore. A favorire questo risultato per il nostro ecosistema, è stata la presenza di numerosi maxi-round, ovvero singole operazioni di raccolta superiori ai 100 milioni di euro che hanno visto l’interesse di molti investitori internazionali, i cui capitali rappresentano circa il 40% della raccolta complessiva, con una crescita degli investimenti di oltre il 50% rispetto al 2021. Fondamentale nel corso del 2022 è stato anche il ruolo delle grandi aziende che hanno incrementato i loro sforzi con proprie iniziative di Corporate Venture Capital offrendo nuove ed ulteriori possibilità di fund raising. L’Italia è in controtendenza rispetto ai principali Paesi europei in cui, dopo diversi anni di crescita a ritmi vertiginosi, si è registrata una lieve frenata degli investimenti in startup. Stiamo tuttavia parlando di volumi su scale diverse: in Italia l’investimento pro-capite sul Venture Capital nel 2022 è di 35 euro contro i 61 euro della Spagna ovvero i circa 150 euro investiti pro-capite dai vicini francesi e tedeschi. Lontanissimo il Regno Unito i cui investimenti pro-capite sono pari a 369 euro. Esiste quindi un margine di crescita molto significativo e se saremo in grado di unire le forze per colmare questo gap, si potranno effettivamente sviluppare progettualità in grado di incidere sulla competitività del nostro Paese”.

 

LA LOMBARDIA GUIDA GLI INVESTIMENTI, MA IL MOTORE INNOVATIVO E' NEL CENTRO-SUD ITALIANO 

A livello geografico la Lombardia si conferma il terreno più fertile e promettente per le startup italiane, sia per numero di operazioni (166) che per capitali raccolti dalle proprie imprese (più del 50% della raccolta totale). In generale, tra le regioni che hanno attratto maggiori investimenti Piemonte, Veneto, Toscana e Lazio; meno rassicuranti in generale i dati del Sud e Centro Italia, dove a fronte di un’elevata presenza di società innovative (rispettivamente il 26% ed il 21% delle startup e PMI italiane) si ravvisa una carenza di potenziali investitori.

 

FINTECH-FIRST

Dal punto di vista settoriale, di grande interesse per gli investitori, si posiziona in testa alla classifica il settore Fintech con 712 milioni di euro raccolti grazie ad alcuni dei round più di successo dell'anno quali Satispay e Scalapay. A seguire il comparto Energy & Recycling con circa 346 milioni di euro raccolti, rappresentati quasi interamente da Newcleo. Al terzo e quarto posto, Health & Life Sciences e Proptech, rispettivamente con 284 e 172 milioni di euro. In ultima posizione, in netto calo rispetto allo scorso anno per valore degli investimenti, il comparto Foodtech con 119 milioni di euro.

 

I primi cinque round del 2022 per valore dell’investimento

Le cinque operazioni che nel corso del 2022 hanno raccolto i finanziamenti più consistenti in capitale proprio sono quelle che hanno interessato: Satispay (che nel corso dell’anno ha raccolto 320 milioni di euro); Newcleo (con un investimento pari a 300 milioni di euro); Scalapay (che nel 2022 ha chiuso due round per un totale di 215 milioni di euro); Casavo (finanziata per 100 milioni di euro in equity, oltre ad una consistente quota attraverso linee di credito); MMI (con un investimento di 72 milioni di euro).

 

Un altro passo in avanti per il Venture Capital del nostro Paese - ha concluso Gianluca Galgano, Startup and Venture Capital Leader, EY in Italia -, che infrange nel 2022 la soglia dei due miliardi di euro di capitali raccolti dalle nostre giovani aziende innovative, esattamente dieci anni dopo l’introduzione dello Startup Act, la prima legge italiana ad offrire un quadro di riferimento per il settore. A favorire questo risultato per il nostro ecosistema, è stata la presenza di numerosi maxi-round, ovvero singole operazioni di raccolta superiori ai 100 milioni di euro che hanno visto l’interesse di molti investitori internazionali, i cui capitali rappresentano circa il 40% della raccolta complessiva, con una crescita degli investimenti di oltre il 50% rispetto al 2021. Fondamentale nel corso del 2022 è stato anche il ruolo delle grandi aziende che hanno incrementato i loro sforzi con proprie iniziative di Corporate Venture Capital offrendo nuove ed ulteriori possibilità di fund raising. L’Italia è in controtendenza rispetto ai principali Paesi europei in cui, dopo diversi anni di crescita a ritmi vertiginosi, si è registrata una lieve frenata degli investimenti in startup. Stiamo tuttavia parlando di volumi su scale diverse: in Italia l’investimento pro-capite sul Venture Capital nel 2022 è di 35 euro contro i 61 euro della Spagna ovvero i circa 150 euro investiti pro-capite dai vicini francesi e tedeschi. Lontanissimo il Regno Unito i cui investimenti pro-capite sono pari a 369 euro. Esiste quindi un margine di crescita molto significativo e se saremo in grado di unire le forze per colmare questo gap, si potranno effettivamente sviluppare progettualità in grado di incidere sulla competitività del nostro Paese”.

...continua
Finance & Administration

LA CSRD: ABBATTERE I MURI TRA ESG E FINANZA

Nota dell'editore: la CSRD è stata approvata dal Parlamento europeo: le informazioni più recenti su ciò che questo significhi per le società sono disponibili in questo blog.

 

Ci sono molto cose a cui riflettere sulla proposta della Commissione europea per una direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD), condivise per la prima volta il 21 aprile 2021. Di seguito esplorerò alcuni dei principali punti di discussione, ma prima comincerò con un cambiamento che ad alcuni potrebbe sembrare banale. Il nome della direttiva.

 

La CSRD migliora e rafforza le misure già in vigore a seguito della Direttiva sulla Rendicontazione non Finanziaria (NFRD) ed è, in parte, il risultato di una serie di consultazioni iniziate nel 2018. È chiaro che in quel periodo sono stati ricevuti e presi in considerazione molti feedback. Ma questo feedback è stato unificato da molti temi emergenti, tra cui il fatto che "molte parti interessate ritengono che il termine "non finanziario" sia impreciso, in particolare perché implica che le informazioni in questione non abbiano alcuna rilevanza finanziaria".

 

Tutti i dati ESG sono davvero "non finanziari"?

Molte organizzazioni sostengono da tempo che alcuni temi ESG hanno un chiaro impatto finanziario. È il caso di BlackRock, che nelle sue famose lettere annuali agli amministratori delegati fa spesso riferimento all'effetto finanziario delle questioni ESG. A Bloomberg, Michael Bloomberg presiede la Task Force on Climate-Related Financial Disclosures. E il merito finanziario delle iniziative ESG è stato oggetto di molti interventi nel corso degli anni presso la Fondazione IFRS. È significativo che la Fondazione IFRS abbia recentemente istituito un gruppo di lavoro per avviare la proposta di SSB, precisando che "il gruppo di lavoro sarà presieduto dalla Fondazione IFRS e includerà la partecipazione dello IASB, data la necessità di connettersi con l'informativa finanziaria".

 

Di conseguenza, la valutazione d'impatto della Commissione europea ha concluso che "molte organizzazioni, iniziative e operatori del settore fanno riferimento alle informazioni sulla 'sostenibilità'. È quindi preferibile utilizzare il termine "informazioni sulla sostenibilità" al posto di "informazioni non finanziarie". La direttiva 2013/34/UE dovrebbe quindi essere modificata per tenere conto di questo cambiamento terminologico". Il risultato? La CSRD.

 

Non è solo il nome a cambiare - i requisiti ESG si stanno evolvendo

L'aggiornamento della terminologia e del nome è stato fatto per portare allineamento e connettività tra le informazioni sulla sostenibilità e quelle finanziarie nella forma legale da tempo attesa. Ma non è l'unico cambiamento proposto. I punti salienti includono:

 

Posizione

La rendicontazione di sostenibilità è ora proposta come obbligatoria nei resoconti di gestione come parte della relazione finanziaria annuale. È stata eliminata la possibilità per gli Stati membri di esentare le aziende dall'includere la sostenibilità nei loro resoconti di gestione.

 

Digitalizzazione

L'ESEF ha introdotto il concetto di tagging digitale (utilizzando lo standard Inline XBRL®) per il reporting finanziario. Questa proposta include il requisito che le società quotate in borsa divulghino le informazioni sulla sostenibilità "in un formato digitale e leggibile a macchina" e indica l'ESEF come tale formato.

 

Audit

Una delle principali proposte introdotte (rispetto all'attuale NFRD) è quella di "richiedere a tutte le società che rientrano nell'ambito di applicazione di richiedere una garanzia limitata (limited assurance) per le informazioni sulla sostenibilità riportate, includendo l'opzione di passare a un requisito di garanzia ragionevole (reasonable assurance) in una fase successiva". Questo passaggio iniziale a una garanzia limitata porterà una maggiore affidabilità alle informazioni sulla sostenibilità allinenadosi a quella attualmente associata alle informazioni finanziarie. Vale anche la pena di evidenziare che la proposta lascia aperta l'opzione di passare alla garanzia completa (full assurance) e alla revisione contabile (audit).

 

Responsabilità

Si propone che la responsabilità di garantire che i commenti della direzione aziendale (management commentary) (nell'AFR) contenga informazioni conformi agli standard spetti alle "persone responsabili dell'informativa finanziaria". In questo modo, l’approccio per l’approvazione è in linea con quella dei bilanci.

 

Qual è l'impatto di queste proposte sulle aziende?

La Commissione Europea è tenuta a eseguire una valutazione d'impatto. Essa tiene a sottolineare che, sebbene ci sia inevitabilmente un costo per le aziende, "lo scopo è quello di raggiungere il miglior risultato in termini di obiettivi e costi associati".

 

Questo approccio "best value" si riflette nell'aspettativa che alcuni aggiornamenti, in particolare la creazione degli standard (che chiariscono le disclosures e i frameworks richiesti) e la possibilità di ridurre il numero di richieste di informazioni ad hoc da parte degli investitori, alleggeriscano in parte l'onere dei costi. Tuttavia, vale la pena ricordare che, anche in assenza di modifiche alla NFRD, questi oneri da parte degli investitori sono indubbiamente in aumento e continueranno ad aumentare con l'entrata in vigore del Regolamento sulla Divulgazione della Finanza Sostenibile (SFDR) e della Tassonomia Europea. Per soddisfare questa domanda, le imprese devono affrontare una pressione significativa per migliorare la qualità delle informazioni ESG che condividono con gli investitori e il mercato.

 

L'imperativo di allineare i processi ESG con quelli finanziari offre alle aziende l'opportunità di sfruttare il loro patrimonio di esperienza in ambito finanziario. Le tattiche utilizzate per creare connessioni più strette tra i team e i processi aiuteranno a portare avanti i dati e i controlli ESG. Le questioni di sostenibilità hanno una rilevanza finanziaria e, con una supervisione condivisa e una relazione finale, ha senso abbattere i muri tra finanza e sostenibilità. Il che è positivo, perché è esattamente ciò che la CSRD propone di fare.

...continua
1 ... 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 ... 26


Video

RE-Inventing Finance - Fabio Tomassini

Esperto di trasformazione aziendale

RE-Inventing Finance 2023 - Paolo Casalino

Direttore Generale, UDM PNRR, Ministero delle Imprese e del Made in Italy

RE-Inventing Finance 2022 - Nick Katko

Pioniere sul tema del Lean Accounting
1 | 2 | 3 | 4