Unit 42, il threat intelligence team di Palo Alto Networks, presenta il nuovo report Attack Surface Threat 2023 che contiene alcune recenti analisi dei rischi di sicurezza relativi alla gestione della superficie di attacco. Lo studio confronta la natura dinamica degli ambienti cloud con la velocità con cui gli attori delle minacce sfruttano le nuove vulnerabilità.
Dall'analisi è emerso che ciò avviene entro poche ore dalla loro divulgazione, e le aziende sono in difficoltà a gestire le superfici di attacco con la rapidità e scalabilità necessarie per combattere l’automazione degli attaccanti. Un alert, questo, che, in vista della prossima edizione della Cyber Security Arena, prevista dal 15 al 17 novembre 2023 all'interno della fiera SICUREZZA, che si terrà in quei giorni negli spazi di Fiera Milano a Rho, abbiamo voluto comprendere meglio attraverso le parole di Matt Kraning, CTO Cortex di Palo Alto Networks, che, commentando la ricerca, ha spiegato perchè oggi le aziende sono o potrebbero essere così fragili di fronte alla crescente aggressività dei cyber criminali.
"La maggior parte delle imprese ha un problema di gestione della superficie di attacco - ha spiegato il manager -, ma non ne è consapevole per la mancanza di visibilità completa degli asset IT e dei rispettivi proprietari". Secondo l'esperto, infatti, uno dei maggiori responsabili di questi rischi sconosciuti sono le esposizioni ai servizi di accesso remoto che, nello studio, rappresentano quasi un problema su cinque. "I difensori - prosegue Kraning - devono essere costantemente vigili perché ogni modifica di configurazione, nuova istanza cloud o vulnerabilità divulgata dà inizio a una nuova corsa contro gli attaccanti".
"Oggi i cyber criminali - ha aggiunto il manager - hanno la possibilità di scansionare l’intero ambiente degli indirizzi IPv4 per trovare bersagli vulnerabili in pochi minuti. Delle 30 vulnerabilità ed esposizioni comuni (CVE) analizzate, tre sono state sfruttate entro poche ore dalla divulgazione pubblica e il 63% entro 12 settimane. Mentre, delle 15 vulnerabilità di esecuzione di codice remoto analizzate, il 20% è stato preso di mira da gang di ransomware entro poche ore dalla divulgazione e il 40% è stato sfruttato entro otto settimane dalla pubblicazione". In questo contesto il cloud è da considerarsi, secondo i dati del report, come la superficie di attacco principale. "L’80% delle esposizioni di sicurezza - sottolinea l'esperto - si trova negli ambienti cloud, rispetto al 19% in quelli on-premise. L’infrastruttura IT basata su cloud, infatti, è in continuo mutamento, con una frequenza mensile di oltre il 20% in ogni settore e quasi il 50% delle esposizioni mensili ad alto rischio in ambienti cloud è dovuto al costante cambiamento dei nuovi servizi ospitati nel cloud che vengono messi online e/o sostituiscono quelli precedenti". Sempre secondo l'analisi, inoltre, oltre il 75% delle esposizioni dell’infrastruttura di sviluppo software accessibili pubblicamente sono state rilevate nel cloud, rendendole bersagli interessanti per gli attaccanti".
In un'era post-covid nella quale lo smart working rimane ormai un'esigenza imprescindibile per i lavoratori, anche dai dati della survey risulta chiaro come le esposizioni di accesso remoto siano ancora molto diffuse tra le aziende, nonostante ormai il lavoro ibrido sia diventato la normalità per le nuove generazioni di professionisti. "Il Remote Desktop Protocol (RDP) di oltre l’85% delle aziende analizzate era accessibile via Internet per almeno una settimana al mese - ha evidenziato Kraning -, lasciando quindi queste realtà esposte ad attacchi ransomware o tentativi di accesso non autorizzati". Otto dei nove settori presi in considerazione da Unit 42, inoltre, avevano un RDP accessibile via Internet e vulnerabile agli attacchi brute-force per almeno una settimana al mese. "Le aziende di servizi finanziari e gli enti statali o locali - ha spiegato il manager - hanno avuto esposizioni all’RDP per l’intero mese". Un problema, questo, che probabilmente deriva dal fatto che le istituzioni finanziarie espongono più frequentemente servizi di condivisione di file (38%), seguite dai settori IT, sicurezza, infrastrutture di rete (28%) e servizi di accesso remoto (16%).
Non solo il mondo finanziario, però, è esposto a forti criticità di sicurezza. "In ambito sanitario, per esempio, un’infrastruttura di sviluppo mal configurata o vulnerabile - ha dichiarato l'esperto -, che è stata la principale esposizione (56%), può portare a violazioni di dati, accessi non autorizzati o addirittura a guasti di sistema. In questo contesto, servizi di accesso remoto sicuro sono essenziali nel settore sanitario e l’accesso remoto non sicuro è stato il terzo esposto, con il 7%". Se poi prendiamo in esame il mondo del manifatturiero, scopriamo che in questo caso l'infrastruttura risulta essere ancora il principale territorio di rischio per la cybersecurity. "L'infrastruttura IT, di sicurezza e di rete - ha commentato il manager -, infatti, si è rivelata la principale esposizione nelle aziende manifatturiere tradizionali, pari al 48%. Oltre l’8% delle esposizioni è legata a IoT e sistemi embedded, che comprendono sistemi informatici e di rete industriali. Questa combinazione di esposizioni può portare a significative interruzioni operative in caso di cyberattacco di successo". Un dato, questo, molto simile a quello rilevato in ambito oil&gas, dove i digital twin stanno diventando ormai un installazione imprescindibile, offrendo numerose opportunità di automazione, manutenzione predittiva e controllo e monitoraggio delle operazioni da remoto. "I pannelli di controllo dell’infrastruttura IT accessibili via Internet - ha aggiunto Kraning - rappresentano quasi una esposizione su due nel settore utility ed energia. I server RDP rappresentano l’11% del totale e sono la causa principale di esposizione del settore. La forte prevalenza di dispositivi IoT ed embedded - che rappresentano il 13% delle esposizioni - è preoccupante, poiché questi sistemi generalmente non rientrano nella sfera di competenza dei team di sicurezza".
Un aspetto questo che invece rappresenta proprio la linea di demarcazione tra una buona strategia di difesa e un impostazione inefficace di cybersecurity aziendale secondo l'esperto, che infatti incalza: "Per consentire ai team SecOps di ridurre il tempo medio di risposta in modo significativo, è necessario disporre di visibilità accurata su tutte le risorse aziendali e avere la capacità di rilevare automaticamente la loro esposizione. Le soluzioni di gestione della superficie di attacco offrono una conoscenza completa e accurata delle risorse globali su Internet e delle potenziali configurazioni errate per rilevare, valutare e mitigare continuamente i rischi". Un setting di gestione, quindi, senza il quale è estremamente difficile operare in velocità e che risulterà essere sempre di più, in futuro, uno dei fattori chiave per il successo contro i cyber attacchi.
La nuova normativa sulla Crisi d'impresa e insolvenza compie il suo primo giro di boa. A un anno di distanza dalla sua entrata in vigore, però, qual è l'approccio delle aziende italiane relativamente a questa branca del #business che oggi assume un ruolo sempre più importante, anche a fronte dei cambiamenti e delle trasformazioni che il mondo sta subendo tanto sotto un punto di vista economico e geopolitico, quanto sotto un profilo ambientale e climatico?
Ne parliamo in questa nuova puntata di #OneQuestion insieme a Silvia Carrara, Partner di Mazars Italia.
Le tensioni finanziarie aziendali in Europa sono cresciute del 20% rispetto al periodo pre-pandemico e quasi il 22% delle compagnie italiane del settore media e intrattenimento è in difficoltà. Questo è ciò che emerge dal nuovo report semestrale della società globale di servizi professionali Alvarez & Marsal (A&M), Distress Alert (ADA), che valuta la performance finanziaria e la solidità di bilancio di oltre 7.000 società europee.
Un'analisi che abbiamo voluto approfondire meglio anche in vista della prossima edizione autunnale del Business Leaders Summit - che si terrà il 27 e 28 novembre 2023 a Roma, presso lo Spazio Field nella splendida cornice di Palazzo Brancaccio -, al fine di comprendere meglio quali siano oggi concretamente le sfide e le priorità che le imprese del Vecchio Continente si troveranno ad affrontare nei prossimi mesi.
Stress aziendale in Europa: 700 aziende a rischio ristrutturazione
Secondo la ricerca, infatti, l'alert rileva che le difficoltà aziendali in Europa sono aumentate del 20% rispetto al periodo pre-pandemico, con quasi 700 società (688, secondo l'analisi ADA), l’8,4%, che si trovano in una situazione di stress, tale da richiedere probabilmente un'azione di ristrutturazione. Attualmente in Europa sono 2.000 le società con bilanci che presentano debolezze, il 27,7% di tutte le società valutate. Questo dato riflette le ingenti quantità di debito che le aziende hanno contratto durante un prolungato periodo di tassi d'interesse ultra-bassi e di prestiti garantiti post-pandemia, e che si ritrovano oggi con una limitata capacità di ripagare questi livelli di debito più elevati a causa dell'aumento del costo del debito. Sebbene la percentuale di aziende con performance deboli si sia leggermente ridotta nell'ultima analisi, passando dal 13,3% al 12,8%, questo dato nasconde le sfide all'orizzonte. La capacità delle aziende di trasferire i costi più elevati sui clienti finali sta diminuendo e si prevede che i margini si restringeranno nel corso dell'anno, con un corrispondente impatto sulla redditività.
A&M: previsto aumento delle ristrutturazioni operative e finanziarie nel 2023/2024
Jacopo Barontini, responsabile dei servizi di Financial Restructuring in Italia per Alvarez & Marsal, ha dichiarato: "In questa fase del ciclo economico, la riserva di liquidità derivante dall’erogazione massiva di finanziamenti garantiti post-pandemia è stata in larga parte assorbita dagli incrementi delle materie prime, del caro energia e dall’inflazione, e il tema della carenza di cassa disponibile per le imprese sta cominciando a farsi sentire. Un numero crescente di imprese sta iniziando ad adottare contromisure finalizzate alla riduzione dell'onere del debito, soprattutto come traslazione delle scadenze delle quote capitale, al fine di scongiurare il default. Prevediamo quindi un cospicuo aumento delle ristrutturazioni operative e finanziarie a partire dall’autunno 2023, rese necessarie anche dalle attuali sfide macroeconomiche e da trend a lungo termine come la digitalizzazione, che determinano una necessità di ripensamento dei modelli di business che hanno funzionato fino ad ora".
Italia: Media e Intrattenimento, Information Technology e Healthcare i settori più vulnerabili
L’Italia, insieme alla Germania e ai Paesi Nordici, è uno dei 3 Paesi europei che ha visto aumentare nel 2022 il numero di aziende in difficoltà rispetto al 2021, passando dal 5,7% al 6,9%. Tra i settori in maggiore difficoltà in termini di performance spicca il comparto Media & Entertainment con il 21,9% di imprese in stress. Seguono il comparto dell’Information Technology, 16% di aziende sotto stress, e quello dell’Healthcare con il 13,5%, fatta eccezione per il farmaceutico.
Le imprese Media & Entertainment hanno risentito delle scarse performance di alcuni grandi operatori del settore, tra cui i fornitori di servizi di comunicazione e le grandi società sportive. Le società di calcio, ad esempio, hanno storicamente sempre avuto livelli di indebitamento elevati, mentre i fornitori di servizi di comunicazione, a causa degli scarsi investimenti effettuati nell'ultimo decennio, si sono trovati in una posizione di forte debolezza rispetto agli operatori emergenti specializzati in nuove tecnologie e piattaforme.
Lo scorso anno il settore dell’Information Technology italiano ha subito un forte rallentamento rispetto al resto d'Europa. Anche in questo caso, la causa è da rintracciarsi nella mancanza di investimenti da parte della maggioranza delle grandi multinazionali e nel divario tecnologico tra gli operatori più piccoli in Italia e i loro concorrenti internazionali.
Anche le aziende del settore Commodity, con un calo del 6,5% rispetto all’anno precedente, hanno registrato un aumento delle difficoltà. In particolare gli operatori del settore Oil & Gas hanno risentito dell'andamento dei prezzi delle materie prime e delle commodity registrato negli ultimi anni, mentre le imprese ad alta intensità energetica, come le fonderie e le aziende metallurgiche, sono state impattate soprattutto dall'aumento dei prezzi dell'energia.
“Il settore dell’Oil & Gas appare tra i più colpiti in Europa, proprio a causa delle restrizioni conseguenti al conflitto ucraino”, prosegue Barontini. “La pressione sulla marginalità legata all’aumento della concorrenza da una parte e le difficoltà di trasferimento degli incrementi di prezzo a valle della filiera dall’altra, hanno costituito un elemento di crisi in particolare per il sub-settore delle valvole per grandi impianti, con un numero senza precedenti di aziende in default. Infine, un settore non ancora catturato dalle statistiche ma che è atteso generare rischi di stress finanziario nel breve-medio termine è quello delle costruzioni, soprattutto per chi si è presentato a questo appuntamento con un elevato leverage e senza la capacità di assorbire i maggiori costi finanziari con un adeguato finanziamento del circolante operativo”.
Beni di largo consumo e imprese energivore: ecco i settori più a rischio in Europa
Il settore dei beni di largo consumo ha registrato un aumento significativo del 25,44% rispetto all'anno precedente, con il 12,3% delle aziende in difficoltà. Questo gruppo, che comprende negozi di moda, elettronica e arredamento, dipende in misura maggiore dalla spesa discrezionale, e l'aumento delle difficoltà riflette il peggioramento del quadro macroeconomico e la compressione dei bilanci delle famiglie.
Anche le vulnerabilità del settore automotive hanno subito un'accelerazione nel 2022, con il 10,5% di queste aziende in difficoltà, in aumento del 13% rispetto allo scorso anno. Ciò evidenzia le sfide a lungo termine che continuano a colpire la redditività delle aziende, tra cui il prezzo dell'energia, i problemi della catena di approvvigionamento e la carenza di manodopera, ma soprattutto la transizione verso le nuove tecnologie di alimentazione, come l’elettrico e l’idrogeno.
Le turbolenze del mercato energetico europeo hanno avuto un impatto sugli operatori, con 39 società di energia e servizi di pubblica utilità (pari all'11,1%) in difficoltà, con un aumento del 39%. In particolare, la percentuale di società di fornitura di gas in difficoltà è passata dal 6,5% del 2021 al 19,4% dello scorso anno, secondo il documento. L'aumento della volatilità dei prezzi ha messo molti fornitori di energia in difficoltà nel trasferire le tariffe più alte ai clienti, soprattutto quelli che avevano venduto ai clienti contratti a prezzo fisso.
Jacopo Barontini ha a questo proposito dichiarato: "I settori ad alta intensità energetica, come automotive e manifatturiero, stanno soffrendo, così come le stesse aziende energetiche, queste ultime per un assorbimento di capitale circolante di natura straordinaria. Anche i settori rivolti ai consumatori, come il retail, alcuni segmenti di hospitality e in generale tutti i beni non strettamente necessari, andranno incontro a pressioni competitive, mentre i costi aumentano e i consumatori vanno progressivamente a ridurre i loro budget per la spesa voluttuaria. Per queste aziende sarà fondamentale valutare le proprie esigenze finanziarie a breve termine, senza perdere di vista le opportunità di crescita e investimento a lungo termine per non perdere terreno competitivo".
Se la vostra azienda è continuamente alla ricerca di persone con le giuste competenze digitali, non siete soli. In occasione del lancio dell'Anno europeo delle competenze 2023 - l’iniziativa incentrata sulla promozione dell'aggiornamento e della riqualificazione delle competenze per sostenere l'innovazione e la competitività delle aziende - la Commissione europea ha rilevato che il 77% delle organizzazioni dell'UE ha difficoltà a trovare lavoratori con le competenze di cui necessitano, confermando ciò che molte imprese sanno da tempo: quattro adulti su dieci in Europa non hanno competenze digitali di base, compreso un terzo delle persone attualmente occupate. La bassa percentuale di persone con competenze digitali avanzate (solo il 26% degli adulti tra i 16 e i 74 anni) è ancora più preoccupante.
Un tema questo di grande importanza sia sotto un profilo HR, sia dal punto di vista di quel processo di digital transformation, sempre più necessario ormai alle imprese che vogliano guardare al futuro, che abbiamo voluto approfondire meglio attraverso le parole di Robert Condon, Senior Director and Head of EMEA Policy di VMware. Il manager, infatti, ha recentemente pubblicato un white paper sul tema, di cui vi proponiamo di seguito un'analisi, in vista della prossima edizione di AIXA - Artificial Intelligence Expo of Applications (prevista a Milano l'8 e il 9 novembre 2023) e del Business Leaders Summit (previsto a Roma dal 27 novembre al 1 dicembre 2023).
Il manager della multinazionale IT, inizia la sua riflessione da un assunto che potremmo definire ormai assodato a livello globale: "Non c'è dubbio che il digitale stia rivoluzionando la società, le imprese e l’economia, eppure abbiamo un gap di competenze che minaccia di rallentare questo cambiamento". Come ormai viene ripetuto ovunque da anni, infatti, le competenze tecnologiche approfondite sono oggi più che mai fondamentali per il successo di un individuo sul posto di lavoro, oltre che per la crescita economica e lo sviluppo della società. Ma la questione sollevata da Condon ha risvolti ben più allargati. "Non si tratta di un problema esclusivamente europeo - prosegue l'esperto -. L'OCSE riferisce che il costo, la pertinenza e la qualità della formazione tecnologica hanno portato a una scarsa adozione della stessa in tutti i Paesi. Gli ostacoli all'apprendimento continuo e gli investimenti limitati rallentano gli sforzi per colmare il divario. Per questo motivo, l’impegno della Commissione per abbattere queste barriere è importante, così come lo è l'obiettivo di assicurare che, entro il 2030, l'80% degli adulti dell'UE abbia competenze digitali di base e che 20 milioni di persone siano impiegate come specialisti ICT. "Tuttavia - sottolinea il manager -, è anche importante che l'industria tecnologica si faccia avanti e si impegni su questo fronte. Le aziende IT dovrebbero collaborare con le scuole, le Università, le amministrazioni locali e le istituzioni per incoraggiare un maggior numero di persone a sfruttare le opportunità di formazione e aggiornamento digitale. Dopo tutto, questa è la nostra area di competenza e sappiamo bene quali siano le conoscenze necessarie oggi e quelle che serviranno in futuro".
In questo senso, per esempio, l'impegno di VMware per colmare il divario di competenze e rendere la trasformazione digitale più accessibile a tutti è racchiuso nell'Agenda 2030 stilata dall'azienda: "Un programma per costruire un futuro più sostenibile, equo e sicuro - spiega Condon -. Il nostro impegno per l'equità consiste nel creare un futuro che sia accessibile, inclusivo e giusto per tutti, e colmare il divario di competenze digitali è una parte fondamentale di questo".
Sotto questo punto di vista, l'obiettivo è aiutare più di 15 milioni di persone in tutto il mondo ad acquisire le competenze digitali necessarie entro il 2030. "Riteniamo - aggiunge il manager - che le partnership tra istituzioni pubbliche e private siano essenziali per democratizzare l'accesso alle competenze digitali e per raggiungere questo obiettivo su larga scala. Attraverso le collaborazioni possiamo migliorare le competenze in aree chiave come il cloud computing, la modernizzazione delle applicazioni, la virtualizzazione dei data center, l'end user computing, il networking e la sicurezza, tutti elementi essenziali per conoscere e avere padronanza di tecnologie cruciali portanti come il cloud, il mobile, l'IoT e l'AI. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo sviluppato VMware Learning, un programma specifico per le persone già occupate o in cerca di lavoro e VMware IT Academy, dedicata agli studenti delle scuole secondarie superiori, dei community college, degli istituti tecnici e delle università".
VMWARE LEARNING
"Nell'ambito del programma VMware Learning - sottolinea Condon -, aiutiamo le persone ad acquisire competenze IT attraverso i nostri partner VMware Authorized Training Center (VATC)". La collaborazione tra questi partner e le istituzioni consente, quindi, di garantire formazione, risorse e opportunità di aggiornamento, in modo che i singoli individui e i loro datori di lavoro ottengano le competenze cloud-smart di cui hanno bisogno. "Insieme - evidenzia il manager -, abbiamo progettato corsi e programmi per aiutare le persone ad avere successo nel mondo del lavoro di oggi e a ottenere le certificazioni VMware riconosciute dal settore. I nostri partner forniscono un supporto linguistico essenziale, orari e istruttori locali per aumentare i tassi di successo". Ad esempio, prosegue l'esperto, "abbiamo sviluppato un programma con gli specialisti della formazione continua di ExperTeach a Francoforte, in Germania. ExperTeach offre corsi di formazione VMware autorizzati allineati alle nostre certificazioni. Allo stesso modo, in Francia, abbiamo partner VATC come Atlas, skill operator autorizzato dallo Stato (OPCO) che supporta la formazione professionale. Poiché Atlas collabora con oltre 100.000 aziende, tra cui microimprese e PMI, possiamo estendere la nostra portata e garantire che un maggior numero di organizzazioni sviluppi internamente le competenze in materia di cloud e virtualizzazione necessarie per avere successo nell'economia digitale".
VMware, inoltre, gestisce la VMware IT Academy in tutta l'area EMEA e a livello globale, collaborando con istituzioni, partner di settore, scuole, Università e organizzazioni comunitarie. "Insieme - racconta Condon -, forniamo agli studenti certificazioni di alto livello ed esperienze pratiche di laboratorio con le tecnologie VMware, offrendo gratuitamente curriculum e materiali, con l'obiettivo di aiutarli a comprendere la tecnologia VMware e ad avviare la loro carriera nel settore del software". Nel 2022, attraverso la VMware IT Academy, l'azienda ha collaborato con 608 Università in Europa e contribuito con oltre 25 milioni di euro in natura all'istruzione europea. "Si tratta di sviluppare un ambiente collaborativo e di apprendimento per aiutare un maggior numero di studenti a iniziare il loro percorso di formazione - ha concluso il manager -, a sviluppare le competenze di base e a ottenere certificazioni riconosciute dal settore. Desideriamo sviluppare i giovani talenti e formare i leader del domani che colmeranno il divario delle competenze digitali, realizzando cambiamenti positivi in tutto il mondo. Nell'ambito di questo programma, ci siamo impegnati ufficialmente a dare a tutte le istituzioni accademiche, ai centri di ricerca e alle organizzazioni non profit accreditate dall'UE l'accesso alle nostre risorse e a fornire un contributo diretto per ridurre il divario di competenze digitali in Europa".
È quindi davvero giunto il momento di colmare il divario tra le buone intenzioni e le azioni decisive. "Sappiamo che le aziende cercano le certificazioni offerte da VMware quando assumono personale per gli impieghi in ambito IT - afferma Condon -, oggi molto richiesti e remunerativi. Ma c'è anche qualcosa di più grande in gioco. Con le giuste competenze digitali, le persone possono rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro e della società. Possono influenzare, partecipare e guidare il cambiamento nella direzione che preferiscono. E possono assicurarsi che le grandi forze tecnologiche come il cloud, l'AI, il ML e la digitalizzazione non siano più solo concetti astratti, ma permettano loro di accedere a opportunità lavorative di valore, migliore qualità della vita e maggiore sicurezza per il futuro".
Secondo il 40% dei direttori finanziari italiani, per aumentare la profittabilità del business, mantenendo l’attenzione su innovazione e sostenibilità bisogna guardare all’automazione dei processi, attraverso l’adozione di nuove tecnologie come la blockchain, l’intelligenza artificiale e l’Internet of Things. E’ questa una delle più importanti evidenze emerse nella nuova ricerca dal titolo “Managing the Uncertainty”, realizzata da Business International – Fiera Milano in collaborazione con Board Italia, che verrà presentata nel corso della prossima edizione del Business Leaders Summit, l'annuale evento, organizzato dalla knowledge unit del polo fieristico milanese, che si terrà il 14 e 15 giugno 2023 a Milano presso gli spazi dell'Allianz MiCo. Una kermesse che anche quest’anno vedrà come suo charity partner Amref Health Africa - Italia e che da sempre ha l’obiettivo di radunare in una sola location i principali decision maker del business per dare vita a una due giorni di keynote speech, round table e fire-side talk nei quali Chief Financial Officer, HR Director, Chief Procurement & Supply Chain Officer e Chief Risk Officer si confronteranno, tra loro e con alcuni dei più importanti esperti e accademici a livello nazionale e internazionale, al fine di definire le principali linee guida da seguire nei prossimi mesi per tornare a far crescere le aziende del nostro Paese.
DALLA TALENT SHORTAGE ALLA TRANSIZIONE DIGITALE
Un’iniziativa ricca di momenti esclusivi e soprattutto di contenuti e spunti su cui riflettere e da approfondire. Come, ad esempio, quelli proposti dalle due ricerche che saranno presentate proprio nel corso della manifestazione e che rappresentano due osservatori particolari sulla direzione economica e umana che stanno prendendo e dovranno continuare a percorrere le imprese italiane per proseguire il proprio processo di ripresa e resilienza, non smettendo di essere competitive sui mercati. Da una parte, infatti, grazie alla collaborazione con Indeed, sarà presentata la ricerca “L’evoluzione dell’Employer Branding nell’era della talent shortage”, dedicata alla comprensione delle nuove dinamiche emergenti nel mondo del lavoro. Dove, per esempio, risulta chiaro come il fenomeno della carenza di talenti, secondo gli HR Director intervistati, impatti in maniera negativa sulla creazione di innovazione e sviluppo del business per più di 7 aziende su 10 in Italia (77%). Dall’altra parte, invece, la survey dedicata ai Chief Financial Officer, come detto, mostrerà come i CFO vedono e interpretano l’attuale scenario globale e quali sono le strategie che vogliono mettere in atto per continuare a sviluppare il business della propria impresa. Un processo che, nonostante i clamorosi esempi delle decine di migliaia di licenziamenti senza preavviso, messi in campo negli ultimi sei mesi da parte delle Big Tech globali in ogni angolo del mondo, secondo quasi tutti i direttori Finance italiani (98%) non dovrà articolare la mitigazione degli impatti diretti o indiretti dell’attuale scenario di criticità economica attraverso una netta riduzione del personale (visto come costo vivo), ma invece dovrà tradursi in una migliore gestione del business e dell’impresa per via di un necessario snellimento e ottimizzazione dei processi (34%), con un conseguente incremento della produttività, resa possibile solo attraverso l’adozione di nuove tecnologie (25%).
LA PAROLA AGLI ESPERTI
Un’attenzione all’innovazione e all’evoluzione delle nuove dinamiche del mondo del lavoro che vedrà aprire la manifestazione da una opening conference dedicata a una tavola rotonda tra amministratori delegati e manager come Carlotta de Bevilacqua, CEO & President di Artemide, e Cristina Scocchia, CEO di illycaffè, e Ilaria Borletti Buitoni, Presidente del Comitato dei Garanti di Amref Health Africa – Italia, che guarderà anche alla prossima edizione del CEO Italian Summit & Awards 2023 – prevista a Milano il 30 novembre, come di consueto, a completamento del percorso autunnale del Business Leaders Summit – e che sarà seguita poi anche dal keynote speech di Oksana Lyniv, Direttrice d’Orchestra, Fondazione Teatro Comunale di Bologna, ispirato alla meritocrazia e al valore del talento. Nell’ambito dei quattro summit che comporranno l’intero evento del Business Leaders Summit (CFO Summit, CPO Summit, HR Directors Summit e Global Risk Forum), ci sarà spazio però anche per interventi come quello di Martin Castrogiovanni, ex pilone della nazionale italiana di rugby e ambassador di Amref Health Africa – Italia, che parlerà della leadership positiva e delle capacità di un manager di influenzare le prestazioni di un intero team, o quello di Paolo Crepet, Psichiatra, Sociologo e Scrittore, pronto a focalizzarsi sulla nuova concezione del lavoro e all’equilibrio tra sfera privata e professionale. Ci saranno, poi, momenti più istituzionali nei quali prenderanno parola relatori come Giulia Bottazzi, Legal Officer, Unità Corporate Reporting, Audit e Credit Rating Agencies, DG FISMA - Financial Markets della Commissione Europea, o Julia Nielson, Deputy Director, Trade and Agriculture Directorate dell’OECD. Per non parlare poi del coinvolgimento di esperti ed accademici come, per esempio, Michele Costabile, Direttore del Centro di Ricerca Luiss - X-ITE su Tecnologie e Comportamenti di Mercato e Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese dell’Università Luiss Guido Carli, che cercherà di fare chiarezza sulla sfida dei rischi incerti: fra paradossi di mercato e confini organizzativi in dilatazione.
IL VALORE DEL BUSINESS
A coronare questo percorso di confronto di due giorni, nella serata del 14 giugno saranno anche premiati i progetti più innovativi selezionati nell’arco degli ultimi mesi dalle giurie dei Business International Finance Awards 2023 e dei Circular Procurement Awards 2023. Due riconoscimenti differenti, il primo dedicato al mondo dei Chief Financial Officer e il secondo ai Chief Procurement Officer, che in realtà guardano allo stesso obiettivo: dare valore a quelle iniziative e best practice di successo, portate avanti da realtà virtuose al fine di rendere il business sempre più sostenibile e innovativo. Due premi che sottolineano quindi l’importanza di promuovere un nuovo modo di fare impresa che sappia guardare al futuro, non rinunciando a investire sul presente e soprattutto valorizzando risorse, persone e territori al fine di migliorare la qualità della vita dei propri stakeholder dentre e fuori l’azienda.
Pandemie, tensioni geopolitiche e crisi dovute ai cambiamenti climatici. Negli ultimi anni i cambiamenti si susseguono in maniera sempre più veloce e imprevedibile. In questo contesto diventa sempre più difficile anche solo pensare di poter prevedere quello che accadrà nel prossimo futuro, per i singoli come per le aziende. Nel momento in cui, a risolvere i problemi concreti sono sempre più delle macchine, l'attività per eccellenza del design umano diventa la creazione di senso.
Mentre nel mondo tecnologico si affermano approcci predittivi, il Design Thinking si evolve per diventare sempre di più il metodo capace di disegnare, modellare e riflettere sul futuro, che in azienda non può essere previsto ma solo realizzato. Come processo di innovazione che integra capacità analitiche con attitudini creative, il Design Thinking si sta affermando come supporto per immaginare il futuro desiderabile per la propria organizzazione, in base a tre diversi approcci che permettono di muoversi da una logica predittiva ad una progettuale: foresight, entrepreneurship as design o discursive design. Per gestire la trasformazione necessaria a creare un futuro desiderabile, però le aziende devono essere capaci di equilibrio e di adattamento strategico, mentre proprio le tecnologie digitali, e in particolar modo l’intelligenza artificiale, arrivano in aiuto per facilitare il processo creativo.
Un concetto, questo, che abbiamo voluto approfondire meglio attraverso i risultati del nuovo Osservatorio Design Thinking For Business della School of Management del Politecnico di Milano, anche in vista della prossima edizione del CEO Italian Summit & Awards, organizzato da Business International - Fiera Milano, in collaborazione con Forbes Italia, e previsto il 30 novembre 2023 presso l'Hotel Principe di Savoia di Milano.
“I futuri a 5, 10 anni non possono essere predetti, ma devono essere immaginati e co-progettati da diversi stakeholder – spiega Claudio Dell’Era, Direttore dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. Inoltre, per renderli possibili devono essere perseguiti attraverso una serie di azioni nell’oggi che influenzano il domani. Proprio per questo l’osservatorio quest’anno ha cercato di comprendere come tre approcci differenti influenzassero la percezione rispetto al desiderio, valore e probabilità di accadimento dei futuri immaginati e modellati, mostrando come un approccio di design possa facilitare tale processo”. “Nel ricercare un futuro incerto più informazioni si hanno più robusta e profonda sarà tale progettazione – dichiara Roberto Verganti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. Proprio per questo aspetto un utilizzo avanzato dell’Intelligenza Artificiale nel supportare e stimolare con reinterpretazione di dati e/o generazione di nuovi insights può aiutare a progettare i futuri. La ricerca, accademica e non solo, ci sta dimostrando però come l’Intelligenza Artificiale può aiutare anche a riformulare e stimolare la creatività rispetto alle sfide che si pongono di fronte a noi, in questo senso l’Intelligenza Artificiale si pone come strumento a supporto e non in sostituzione di leader e manager”. “Progettare il futuro implica una forte dimensione di desiderio e aspettativa – commenta Francesco Zurlo, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business -. L’uomo è al centro più che mai in questo processo ed è per questo che non c’è futuro senza trasformazione e non c’è trasformazione senza persone. Quest’anno di ricerca ci ha mostrato ancora di più come l’aspetto umano della progettazione sia fondamentale in questo processo di immaginazione e realizzazione di futuri”.
L’Osservatorio Design Thinking for Business ha individuato tre diversi approcci per le aziende che vogliono immaginare e creare futuri desiderabili. Il primo, foresight, è un approccio sistematico e strutturato per pensare al futuro analizzando tendenze, driver e incertezze che daranno, per utilizzare queste informazioni creando una gamma di possibili scenari. Questi scenari possono essere utilizzati per identificare opportunità e sfide che potrebbero sorgere e per sviluppare strategie per modellare il futuro in modo desiderabile. Il secondo approccio, entrepreneurship as design, vede l'imprenditorialità come una forma di design. Implica l'applicazione dei principi del pensiero progettuale al processo di imprenditorialità, identificando e creando opportunità che possono portare allo sviluppo di nuovi prodotti, servizi o attività. Sottolinea l'importanza della creatività, dell'innovazione e della sperimentazione nel processo imprenditoriale e incoraggia gli imprenditori ad essere aperti a nuove idee e ad assumersi rischi calcolati. Il terzo approccio, il discursive design, si basa sull'idea che il design sia un processo sociale che coinvolge il dialogo e la negoziazione tra designer, stakeholder e utenti, coinvolgendo le parti nel processo di progettazione, considerando il design strumento non solo per creare prodotti o servizi, ma anche per creare sistemi e strutture sociali che supportano futuri desiderabili.
Per gestire la trasformazione necessaria a creare un futuro desiderabile, rileva l’Osservatorio, nelle organizzazioni serve adattamento strategico ed equilibrio nella progettazione del futuro. L'adattamento strategico significa garantire che le azioni intraprese per modellare il futuro siano coerenti con la strategia e gli obiettivi generali dell'organizzazione. Richiede comprensione della visione, della missione, dei valori e degli obiettivi dell'organizzazione, nonché una comprensione dei fattori esterni che possono influenzare la capacità di raggiungere gli obiettivi. Equilibrio significa garantire che le azioni intraprese per modellare il futuro siano equilibrate in termini di rischio, complessità e impatto. Richiede una considerazione dei potenziali rischi e benefici delle diverse azioni, nonché una comprensione di come queste azioni si integrino per creare un approccio coerente ed efficace.
Nel valutare la progettazione del futuro, bisogna considerare quattro dimensioni: la plausibilità (il grado con cui le azioni intraprese per modellare il futuro sono realistiche e fattibili), la novità (quanto sono innovative e diverse dagli approcci esistenti), la significatività (quando allineate ai valori e gli obiettivi dell'organizzazione), la desiderabilità (quanto attraenti e convincenti per le parti interessate). Infine, bisogna garantire che le azioni intraprese per plasmare il futuro abbiano un impatto sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG
L’applicazione dei diversi approcci negli scenari futuri sviluppati dai team che hanno aderito al primo Design Thinking 23 LAB attraverso un sondaggio post-laboratorio evidenzia gli effetti dei diversi approcci sull’intensità e la natura del cambiamento. Gli scenari futuri generati dai team che hanno seguito un processo di Foresight sono caratterizzati da valori alti di plausibilità, valori medi di novità, valori medi di significatività e valori medio-bassi di desiderabilità. Gli scenari futuri generati dai team che hanno seguito un processo di Entrepreneurship as Design sono caratterizzati da valori alti di plausibilità, valori medi di novità, valori medio-alti di significatività e valori alti di desiderabilità. Gli scenari futuri generati dai team che hanno seguito un processo di Discursive Design sono caratterizzati da alti valori di plausibilità, valori medio-bassi di novità, alti valori di significatività e alti valori di desiderabilità. La maggiore differenza nei tre approcci di futuro si osserva quindi nella dimensione della Significatività e della Desiderabilità, che sono più alte per l’Entrepreneurship as Design e il Discursive design rispetto al Foresight. Dall’altro lato, il grado di plausibilità presenta valori uguali nei tre approcci futuri.