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Google Chromecast, di cosa si tratta?

Avvistato un dispositivo chiamato Chromecast, forse un dongle da connettere alla TV per condividere contenuti e navigazione da PC, smartphone e tablet.

Nelle scorse settimane sono stati diffusi in Rete i primi rumor riguardanti un dispositivo in fase di progettazione da parte di Google e chiamato Chromekey, una sorta di dongle dal prezzo estremamente accessibile da connettere al proprio televisore per portare l’esperienza di navigazione offerta dal browser su computer e mobile anche sulla TV. Oggi si torna a parlarne, in seguito alla comparsa di Chromecast nell’elenco dei device supportati dallo store Google Play (ora rimosso).

Il nome suggerisce che potrebbe trattarsi dello stesso prodotto, ma in attesa di conferme o smentite ufficiali è ovviamente tutto da prendere con le pinze. Le indiscrezioni raccolte dalla redazione del sito Droid Life parlano di un device da inserire nello slot HDMI del televisore, in vendita al prezzo di 35 dollari (circa 26 euro stando al cambio attuale), dedicato a tutti coloro che desiderano condividere i contenuti multimediali in streaming oppure salvati nella memoria interna del proprio smartphone o tablet su uno schermo più grande. Come già detto, anche la navigazione tramite Chrome potrebbe essere inclusa tra le funzionalità offerte.

La stessa fonte cita anche alcune informazioni provenienti dal supporto ufficiale di bigG, che parlano in modo esplicito di un servizio o di un prodotto che ha in qualche modo a che fare con la TV. Non è dunque da escludere la presentazione di Chromecast nel corso dell’evento Breakfast with Sundar Pichai in programma per questa sera, durante il quale sono attesi annunci importanti riguardanti l’aggiornamento al sistema operativo Android 4.3 Jelly Bean, la seconda generazione del tablet Nexus 7 e il tanto chiacchierato smartphone Moto X. Ancora poche ore e sarà finalmente possibile saperne di più.

Fonte: http://www.webnews.it/

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Questa estate la vacanza è mobile

Le ferie? Si prenotano con tablet e smartphone. Manuel Mandelli, fondatore di Yalla Yalla, ci rivela i segreti di una travel agency di successo ai tempi della mobilità

Prenotare una vacanza ai tempi di Internet è un po' come comprare un'auto: il modello base costa pochissimo e, a buon diritto, rientra nella sfera del low cost. Ma al momento dell'acquisto ti rendi conto che molti optional sono delle necessità e la cifra cresce. Anche le vacanze funzionano così. Un tour operator ti propone un'offerta vantaggiosa. Mano a mano che delinei la tua vacanza però, compilando il menu di prenotazione, lo è sempre meno. Alla fine decidi di restare in città.

Yalla Yalla, online travel agency italiana, è un'eccezione. Le sue offerte sono realmente vantaggiose e, soprattutto, il preventivo non cambia. In pochi clic sai esattamente quello che andrai a spendere. Altra cosa: il pagamento è multicarta. Due amici possono dividerselo al 50% usando ciascuno la propria carta di credito. Rapidità, e trasparenza sono stati gli assi vincenti su cui ha scommesso questa startup, partita nel 2011 su idea di Manuel Mandelli, classe 1980 - prima manager di una società quotata in borsa nel settore del turismo e ammnistratore delegato di un gruppo attivo nei servizi per le compagnie aeree - e che ha chiuso il primo anno con 10 milioni di fatturato e il secondo con 30.
L'idea è nata da una lacuna sul mercato del turismo online grandissima che, per Mandelli e il suo socio Paolo Pezzoli, costituiva una grane occasione: " I siti che vendevano viaggi erano tutti stranieri e focalizzavano la loro strategia sulle camere d'albergo e i biglietti aerei", spiega Mandelli. Erano pochi chiari e avevano un sistema di prenotazione fatto su misura della propria convenienza invece che su quella del cliente. Yalla Yalla interroga in tempo reale i tour operator che ha contrattualizzato e sceglie il pacchetto più conveniente sulla base delle richieste degli utenti.

" L'altro aspetto vincente è il rapporto speciale che instauriamo col cliente".
Qui il giornalista sospira intimamente: cosa può dirti un giovane startupper sulla propria azienda? Che del cliente se ne frega? No, ovviamente.
Poi ho fatto un giro su Internet, sui vari forum dove si parla di vacanza e tour operator ed effettivamente, molti utenti confermavano che con Yalla Yalla non si erano sentiti abbandonati a loro stessi. " Un call center di 10 operatori, a Rimini, fornisce supporto telefonico a chi viaggia col nostro sito". La novità di questa estate è che il sito di Yalla Yalla è anche mobile. " Con uno smartphone puoi accedere ad oltre 500 località, prenotare e comprare una vacanza in poco tempo".

App e siti mobile dedicati al mercato travel non nascono per caso, sono l'effetto di una migrazione dal pc fisso ai dispositivi mobili per quanto riguarda le ricerche su Internet. Dal gennaio 2010 a oggi l'aumento del traffico su mobile è passato dall'1 al 31%. Questi i dati di una ricerca di Google Italia sull'uso che gli italiani fanno di Internet rapportato alle vacanze. Sul fronte delle app, tra le più quotate del settore travel, troviamo Kayak, che ti passa informazioni pescate da centinaia di siti di viaggi diversi, e Skyscanner limitatamente alla prenotazione dei voli aerei. L'anno scorso, su Wired.it avevamo pubblicato una top ten sulle migliori app per chi sta per partire. Dacci un'occhiata prima di prendere il volo.

a cura di Wired.it Staff

Fonte: http://www.wired.it/

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Map2, la mappa (di carta) con lo zoom

Tempo di vacanze e viaggi all’estero: smartphone sempre in mano e Google Maps a indicarti la strada. Ma se non hai connessione dati, il Wi-Fi latita O la batteria sta morendo? Ecco l’invenzione, in stile origami, di una designer inglese. In un gioco di pieghe

Potrebbe anche non andarti di tirare fuori lo smartphone ogni due minuti. E se poi si è scaricata la batteria oppure non hai attivato un’opzione decente per non spendere tutto lo stipendio col roaming dati all’estero? Se, infine, quel vantaggio esiziale delle mappe digitali sulle vecchissime cartine – lo zoom – fosse in qualche modo ridimensionato con un sistemino stile origami di facile consultazione, prenderesti in considerazione l’ipotesi di infilare nella tasca dei jeans della buona, vecchia carta? A te, al conto del tuo telefono e all’autonomia della batteria la scelta.

Sappi che un’alternativa sufficientemente stilosa per differenziarti dal disorganizzato turista 1.0 c’è. Si chiama Map2 ed è una serie di raffinatissime cartine urbane firmata dalla product designer britannica Anne Stauche. Per dirla in altre parole, la mappa di carta che zoomma.

Come funziona? Facile. Anzitutto, una mappa basilare della città in cui ti trovi – per il momento la Stauche ha sfornato Londra e Berlino, ma l’idea è quella di dare vita a una collana il più completa possibile cercando finanziatori in giro e iniziando da New York – è stampata sul retro della piccola cartina. È di massima, indica zone e aeroporti. Aprendola la prima volta esce fuori una mappa molto più dettagliata comprendente le linee del trasporto pubblico, dagli autobus alla metropolitana. Il bello di un’idea semplicissima eppure risolutiva arriva però al passaggio successivo: ogni città è divisa in quattro quadranti. Per vedere lo specifico di strade e attrazioni in una di queste parti basta aprire, tipo pop up cartaceo, quella desiderata. Lasciando ovviamente ripiegate le altre tre sezioni. Evitato l’effetto lenzuolo, reso di solito assai comico da folate di vento improvvise e carenza di spazi in cui appoggiarsi, scatta il sorprendente zoom cartaceo.

Se infine stai dedicando una mezza giornata a una di quelle zone, e quindi pensi che dovrai tornare a consultare la mappa più volte nelle ore seguenti, basta ripiegare il quadrante su cui hai zommato per lasciarlo in evidenza. Anche qui, schivando il puntuale smarrimento delle piegature del foglio: impossibile ritrovare quelle giuste, due volte su tre la tua cartina old style è destinata a ridursi in un informe ammasso appallottolato e bucato. Sembra troppo facile e in effetti lo è. La designer inglese ha lanciato una campagna di crowdfunding su Kickstarter per finanziare la produzione di una serie di cartine Map2 dedicata alle più importanti città del mondo, da decidere tramite un sondaggio online. Di soldi ne ha raccolti non pochi, oltre 10mila dollari, ma meno di quanto si era riproposta, forse fissando un obiettivo troppo alto (20mila dollari). D’altronde è un progetto lungo che punta già oltre e che sta mettendo in piedi consensi anno dopo anno: è nato addirittura nel 2000, quando la disponibilità delle mappe su smartphone non era così diffusa e la Stauche si era ritrovata a dover sfornare un sistema per trasferire su carta l’esperienza di una mappa digitale disegnata per l’Expo 2000 di Hannover, in Germania.

Produrre queste eleganti cartine in grandi quantità è un processo piuttosto complesso, ha spiegato la Stauche a Wired UK. Il design richiede estrema precisione e inoltre ogni cartina dev’essere piegata a mano. Senza dimenticare che la stessa necessità d’infilare ogni città in una struttura fissa fatta di quattro quadranti è una sfida nella sfida: “Le zone importanti delle città non sono sempre affiancate l’una all’altra: fare in modo che Manhattan funzioni in una struttura come quella è piuttosto diverso che infilarci Londra. Disegnare una mappa zoommabile di Tokyo, infine, è una storia ancora diversa”. Insomma, un modo un po’ retrò – se andrai a Londra o Berlino – per recuperare il fascino dell’incontro casuale, del piccolo smarrimento momentaneo, ma illuminante, a cui le mappe di carta ti conducevano qualche anno fa, del tutto dimenticato dalla sicurissima navigazione dalla partenza A all’arrivo B. Evitando però l’orribile cartina puzzolente dell’ufficio turistico locale.

a cura di Simone Cosimi

Fonte: http://www.wired.it/

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Il wi-fi in Italia sarà finalmente libero

Il governo ha deciso di porre la fiducia sul decreto Fare, facendo cadere tutti gli emendamenti previsti. Ora deve passare all'approvazione del Senato

Il decreto Fare arriverà al Senato con la fiducia richiesta dal governo. Gli emendamenti approvati venerdì che andavano a complicare i riferimenti al wi-fi nel decreto Fare sono stati spazzati via da un intervento del presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia. Come riporta il deputato di Scelta Civica Stefano Quintarelli sul suo Tumblr, secondo la nuova versione " l'offerta di accesso alla rete Internet al pubblico tramite rete wi-fi non richiede l'identificazione personale degli utilizzatori". Liberi tutti quindi, addirittura senza la distinzione diretta tra chi offre l'accesso come attività commerciale prevalente, gli operatori di telecomunicazioni, e chi lo fa dall'interno del suo ristorante, bar o pizzeria. Come spiega Quintarelli a Wired.it, " gli operatori devono comunque fare riferimento alla normativa che li obbliga a identificare gli utenti". Con il cambiamento di ieri sera, aggiunge il deputato, " decade finalmente l'obbligo di rivolgersi a installatori certificati per allacciare la rete"; si rischiavano multe da 30mila a 150mila euro.

Se il testo dovesse essere approvato al Senato, non ci sarebbe alcun obbligo legislativo di introdurre sistemi di monitoraggio della navigazione e dell' identità degli utenti che si connettono alla rete Internet del bar mentre stanno sorseggiando un caffè. Su Twitter, il fondatore di Key4biz Raffaele Barberio si dice perplesso sul rispetto della direttiva europea 24/2006, che fa appunto riferimento alla conservazione dei dati per " garantirne la disponibilità a fini di indagine, accertamento e perseguimento di reati gravi". Quintarelli precisa che il tema della sicurezza e della responsabilità, sia per chi offre la connessione sia per chi utilizza le reti, rimane e che con un intervento del genere si liberano semplicemente gli esercenti da una serie di interventi tecnici complicati e onerosi. Sarà poi il singolo esercizio commerciale a decidere se introdurre o meno una password e l'utente a fidarsi (o meno) a utilizzare una Rete di cui non è chiara la proprietà. L'amministratore delegato di Futur3 Massimiliano Mazzarella, che del supporto nella creazione delle reti pubbliche ha fatto il suo business, non è convinto che l'eliminazione totale della password sia la soluzione: " Bisogna garantire un mimino di sicurezza e tracciabilità", afferma, " tendendo inoltre conto del fatto che il bar ha tutto l'interesse a mettere una password per riservare la connessione a chi consuma".

Le due posizioni rappresentano perfettamente il dibattito sulla questione, attivo ormai da qualche anno: la legge Pisanu ha bloccato la diffusione del wi-fi pubblico in Italia con l'obbligo di archiviazione della fotocopia del documento degli utenti occasionali. Una volta abrogata è rimasto un buco legislativo che l'esecutivo Letta sta provando a colmare. Da una parte, la posizione di Quintarelli, la volontà di aprire il mercato e non scegliere questa sede per precisare le responsabilità in caso di eventuale illecito compiuto tramite le reti e, soprattutto, imporre accorgimenti tecnici che possono rivelarsi complicati o anacronistici. Dall'altra, il parere espresso da Mazzarella, l'auspicio che la norma sul wi-fi sia esaustiva anche dal punto di vista della sicurezza. Sullo sfondo il problema culturale. Il tira e molla di questi anni ha frenato l'adozione massiccia della soluzione: chiariti una volta per tutte i paletti entro cui ci si potrà muovere, possibilmente senza eccessivi oneri tecnici, si potrà provare a (ri)partire.

Il colpo di mano della serata di ieri non ha però portato solo buone notizie. I fondi per la banda larga previsti dall'Agenda digitale sono stati tagliati. Dei 150 milioni di euro messi sul piatto per azzerare il digital divide nel Centro Nord entro il 2014 ne sono rimasti 130, nonostante il ministero dello Sviluppo Economico si fosse già organizzato per utilizzare l'intera somma. A beneficiare di questa redistribuzione delle risorse le televisioni locali, alle quali non verranno applicati i tagli precedentemente previsti.

a cura di Martina Pennisi

Fonte: http://www.wired.it/

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Steve Mann, l’uomo-cyborg che ha inventato i Glass

A più di un anno di distanza dalla presentazione dei Google Glass e, a pochi mesi dall’uscita ufficiale in tutti i mercati del mondo, andiamo a parlare di una storia che ci ha affascinato particolarmente, la quale racconta come un prodotto nasca da una vera e propria passione.

Parliamo di Steve Mann (anche soprannominato l’uomo-ciborg) professore dell’Università di Toronto, considerato uno dei pionieri della tecnologia indossabile, arrivando al punto di autodefinirsi cyborg da quando indossa in maniera continua gli EyeTap, un paio di occhiali computerizzati installati in maniera stabile sul suo cranio dal 2002, i quali possono essere rimossi solo con l’impiego di specifici strumenti.

Negli anni Mann è stato definito, perlomeno da quelli che non lo prendevano per matto, sia l’inventore dei wearables che il primo cyborg della storia dell’uomo. Due concetti radicalmente diversi, che ha però cercato di racchiudere entrambi nella sua persona: inventore ma anche primo sperimentatore di ciò che inventava, la qual cosa ha significato lasciare che il lavoro e la vita si fondessero, al punto che spesso è arrivato a chiedersi dove finivano lui e la sua umanità e dove iniziava il computer con cui interagiva.

Uno spaesamento interiore che però non è stato né l’unica né la peggiore delle conseguenze derivate dalla sua decisione di passare il Rubicone che tiene separati uomo e macchina:

“Non avevo idea di quali potessero essere le dinamiche sociali cui sarei andato incontro con la mia scelta. Non potevo sapere per esempio che, come cyborg, sarei diventato oggetto di insulto, derisione e disprezzo; ma anche di vera e propria aggressione fisica.”

Steve Mann ha avuto così tanta passione e pazienza che ha deciso di continuare con la sua sperimentazione, andando contro ogni limite, sociale, morale e umano. Il distacco e il rifiuto del determinismo tecnologico risale probabilmente al rapporto precocissimo che Steve ha sviluppato con la tecnologia:

“Ho sentito fin da bambino l’impulso irrefrenabile a cimentarmi nella costruzione di aggeggi elettrici di ogni tipo. Credo di esser stato influenzato dal rapido incedere delle innovazioni tecnologiche di cui il mondo fu testimone fra gli anni Sessanta e Settanta, quand’ero bambino e adolescente.”

La passione nacque però da 3 precisi e fondamentali eventi, che molto probabilmente hanno cambiato la sua e la nostra vita: lo sbarco sulla luna, l’avvento del microprocessore e l’arrivo sul mercato delle telecamere portatili per il consumatore comune. Ma nel suo fascino per il circuito c’è certamente un che di ereditario. Il padre infatti era un appassionato di “bricolage elettrico” e negli anni Cinquanta costruì un prototipo di radio portatile:

“Mi rivelò i segreti dei circuiti elettrici prima ancora che io fossi in grado di leggere e scrivere correntemente.”

Le prime applicazioni del suo precoce sapere in quel campo furono orientate alla strenua difesa della privacy sua e di suo fratello nei confronti dei genitori:

“Inventammo un sistema che ci avvisava quando uno di loro si avvicinava alla nostra stanza e mettemmo a punto un sistema di microfoni con cui potevamo sentire quello che dicevano di noi quando pensavano di essere soli”.

Tutto sommato ragazzate; tecnologicamente sofisticate ma pur sempre ragazzate. La “deriva” tecnologica di Steve ovviamente non si fermò lì, infatti combinando un pezzo di stereo con un dittafono portatile e un paio di cuffie amplificate realizzò quello che era forse il primo Walkman della storia, che gli consentiva di camminare o correre ascoltando musica, ma soprattutto di mettersi al riparo dalle fastidiose manifestazioni di un mondo che si faceva sempre più ostile.

Erano i prodromi della decisione di mettere un filtro tecnologico fra sé e il mondo che Steve avrebbe maturato qualche anno dopo, con la costruzione dei primi prototipi di WearComp, a sua volta propedeutica al definitivo salto nel cyborgismo, unica possibilità per comprendere fino in fondo le implicazioni del cosiddetto “progresso tecnologico”:

“Ho passato quasi tutta la mia vita a cercare la fusione fra il computer, la telecamera, il telefono e …me stesso. All’inizio l’impulso era il desiderio di alterare ed estendere la mia realtà mediante l’uso della tecnologia, ma poi, man mano che la sperimentavo capivo che questa tecnologia potente, invasiva, ti modificava non solo il comportamento ma soprattutto il modo in cui pensi e senti. Il solo modo per non correre questo pericolo è sapere quanto le macchine e il loro uso ci condizionano e condizioneranno l’esistenza”.

E’ per questo che Mann da trent’anni vive costantemente con un computer addosso; e per questo è il primo uomo della storia dell’umanità che ha deciso di farsi cyborg, sfidando tutto e tutti e cercando di arrivare dove nessuno prima di lui aveva mai provato a spingersi. E’ grazie a persone come lui che il mondo va avanti, perché se nessuno avesse avuto il coraggio di provare l’impossibile non avremmo quel che abbiamo oggi.

Fonte: www.techgenius.it

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Instagram in futuro potrebbe diventare più grande di Facebook

Ebbene si, avete letto bene, Instagram il social network di photo sharing ed editing più famoso ed utilizzato sia su Android che su IOS in futuro potrebbe divenire più grande della società che lo ha acquisito: Facebook.

Attualmente Instagram è apprezzato da più di 130 milioni di utenti, ma dopo le ultime osservazioni dell’amministratore delegato Kevin Systrom, è stato analizzato che se la crescita del servizio continua con questo ritmo, non solo Instragram supererà Facebook, ma diventerà “la cosa più grande del mondo“.

La ciliegina sulla torta è stato l’acquisito da parte di Facebook per una cifra pari a 1 miliardo di dollari, il quale naturalmente ha portato Instagram ad essere molto più popolare tra l’utenza. Facebook attualmente gode di un numero di utenti pari a 1,1 miliardo, circa 8 volte quelli di Instagram, ma se il social network di photo editing più famoso continuasse con il suo mostruoso aumento di utenti, molto probabilmente potrebbe arrivare a raggiungere Facebook.

Fonte: bgr

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