Il mercato dell’Intelligenza Artificiale, in Italia, cresce in maniera impetuosa. Nel 2023 segna +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre sono ancora limitati al 5% (38 milioni di euro) i progetti di Generative AI. Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato un qualche progetto di Intelligenza Artificiale, almeno a livello di sperimentazione, ma ben due su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale).
Nel 2023 quasi tutti gli italiani (98%) hanno sentito parlare di Intelligenza Artificiale, e più di un italiano su quattro (29%) ne ha una conoscenza medio-alta. C’è grande interesse, dunque, ma anche una certa confusione: tre italiani su quattro hanno sentito parlare di ChatGPT ma solo il 57% conosce il termine “Intelligenza Artificiale Generativa”. Un italiano su quattro dichiara inoltre di aver interagito almeno una volta con ChatGPT. Ben il 77% degli italiani (+4 punti percentuali rispetto al 2022) guarda con timore all’Intelligenza Artificiale, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Tuttavia, solo il 17% è fermamente contrario all’ingresso dell’AI nelle attività professionali.
Di certo, gli impatti sul mondo del lavoro saranno molto significativi. Già oggi, in Italia, l’Intelligenza Artificiale ha un potenziale di automazione del 50% di “posti di lavoro equivalenti” (l’equivalente in posti di lavoro della somma del tempo impiegato in singole attività che possono essere affidati alle macchine), ad oggi realizzato in minima parte, considerando anche che il ruolo dell’AI è più di supporto che di vera e propria sostituzione. Ma da qui a 10 anni, le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone in Italia.
Sono questi alcuni dei risultati dell'ultima edizione dell'Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano che abbiamo voluto approfondire meglio in quest'articolo, anche in vista della prossima edizione di AIXA - Artificial Intelligence Expo of Applications, che quest'anno si terrà in autunno all'interno del METS - Milano Emerging Technologies Summit.
“Quest’anno l’Intelligenza Artificiale ha fatto passi da gigante anche in Italia – afferma Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. Il mercato è in forte crescita, come i progetti, e ormai quasi tutti gli italiani hanno sentito parlare di AI, ma guardano a questo ambito con interesse e qualche timore. Nel valutare il reale impatto sul lavoro, però, bisogna tenere in considerazione le previsioni demografiche che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, prospettano un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti entro il 2033. In questa prospettiva, la possibile automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti appare quasi una necessità per ribilanciare un enorme problema che si sta creando, più che un rischio. Tuttavia, soltanto prestando attenzione alle nuove esigenze dei lavoratori, alla formazione e ad un’equa redistribuzione dei benefici, la società riuscirà a trarre valore dallo sviluppo dell’AI”.
“Nel 2023 il mercato italiano dell’Intelligenza Artificiale cresce in maniera significativa segnando un +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, in accelerazione rispetto al +32% registrato nell’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre i progetti di Generative AI pesano solo per il 5%, sebbene vi sia però un grande interesse – evidenzia Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence –. Due organizzazioni su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale). L’avvento della Generative AI non sembra tuttavia essere una via per ridurre il gap nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale tra le grandi organizzazioni, chi è indietro nel percorso di adozione dell’AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della generative AI (nel 77% dei casi).”
“Da parte della comunità scientifica è doveroso guidare il percorso di adozione dell’AI e dell’AI Generativa, cercando di evitare la fase di disillusione che solitamente caratterizza il processo di adozione di nuove tecnologie – spiega Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence -. A questo riguardo, sono tre le principali criticità che riguardano oggi l’AI: poter garantire che i risultati dei sistemi di AI siano corretti — tipicamente si parla di robustezza —, poter garantire che le decisioni prese siano spiegabili alle persone — tipicamente si parla di explainability —, e certificare che i sistemi di AI rispettino le regolamentazioni Europee e che i rischi potenziali siano mitigati. Come Politecnico di Milano, tramite il Partenariato Esteso FAIR, stiamo portando avanti la ricerca in ambito Adaptive AI proprio per dare risposta a queste sfide”.
IL MERCATO
Il 90% del mercato dell’Intelligenza Artificiale in Italia è dovuto alle grandi imprese. Il resto è suddiviso in modo equilibrato tra PMI e Pubblica Amministrazione. La quota più significativa del mercato dell’Intelligenza Artificiale italiano (29%) è legata a soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Data Exploration & Prediction, Decision Support & Optimization Systems). Il 27% è per progetti di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato (Text Analysis, Classification & Conversation Systems). Il 22% per algoritmi che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation Systems). Il 10% analisi di video ed immagini, 7% Process Orchestration Systems, il 5% Generative AI. Guardando alla spesa media in Intelligenza Artificiale per azienda, ai primi posti Telco-Media e Assicurazioni, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.
LA DIFFUSIONE NELLE AZIENDE
Il 61% delle grandi imprese ha all’attivo, almeno al livello di sperimentazione, un progetto di Intelligenza Artificiale, mentre si scende al 18% tra le piccole e medie imprese (+3 punti percentuali rispetto al 2022). L’adozione nelle imprese è sostanzialmente stabile rispetto al 2022. Le aziende che avevano già avviato almeno una sperimentazione proseguono e accelerano. Nelle aziende in ritardo, sono invece rari i casi in cui l’avvento della Generative AI ha già dato vita ad una sperimentazione. Il 37% delle grandi realtà che non hanno progetti all’attivo ha intenzione di attivarli nei prossimi 12 mesi e si moltiplicano le iniziative di workshop ispirazionali/formativi sul tema. Circa 2 grandi aziende su 3 hanno discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI, tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale, dunque). D’altro canto, soltanto il 7% delle piccole e medie imprese sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha concretamente attivato almeno una sperimentazione.
LA MATURITA' DELLE AZIENDE
L’Osservatorio ha analizzato la maturità delle grandi organizzazioni nel percorso di adozione dell’AI, arrivando ad individuare cinque diversi profili. L’11% è avanguardista (in crescita di 2 punti percentuali rispetto all’anno scorso), aziende che hanno raggiunto la piena maturità a livello tecnologico, organizzativo e gestionale nell’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale. Il 23% è apprendista, hanno diversi progetti avviati ma difficilmente impiegano metodologie strutturate nel gestirli e tendono a far ricorso a soluzioni standard o pronte all’uso. Nel restante 66% dei casi, permangono situazioni eterogenee: ci sono organizzazioni in cammino (29%), dotate degli elementi abilitanti ma con pochi progetti, e aziende che non percepiscono il tema come rilevante e non dispongono di un’infrastruttura IT adeguata alla gestione di grandi quantità di dati.
In un’era post-covid nella quale il mondo del turismo ha conosciuto una ripresa inaspettata che nel 2023 ha prodotto numeri da record, sia in Italia, sia all’estero, uno dei segmenti più in crescita è sicuramente quello dei villaggi turistici. Luoghi che stanno trasformando completamente sia il proprio ruolo all’interno del settore, sia la propria dimensione e conformazione a livello fisico e pratico. Basti pensare che, secondo una recente ricerca prodotta da The Business Research Company, il settore della pianificazione delle opere di rinnovamento dei resort a livello globale l’anno scorso ha raggiunto i 193 miliardi di dollari e nei prossimi 12 mesi è previsto che arrivi a valere quasi 203 miliardi di dollari con un tasso di crescita annua composito del 5%.
Dati che mostrano come la crescita del turismo mondiale, l’evoluzione delle sue preferenze, lo sviluppo di nuove esigenze, condizioneranno sempre di più le scelte delle strutture ricettive. A tal punto che, sempre secondo gli esperti, il mercato potrebbe arrivare nel 2028 a sfiorare i 260 miliardi di dollari. Un’espansione che per poter essere realmente governata andrà prima di tutto compresa a fondo, ma come riuscire a interpretare correttamente le nuove necessità di un turismo in costante trasformazione? Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda insieme a Giovanni Cerminara, esperto di marketing strategico per il turismo e autore del libro, “Marketing Strategico per Villaggi Turistici e Resort”, che, in vista della sua partecipazione alla prossima edizione dei Bit Talks, il momento d’incontro e confronto tra esperti e player del settore del turismo italiano e internazionale che si svolgerà all’interno di BIT Milano, dal 4 al 6 febbraio 2024, presso l’Allianz MiCo, ci ha spiegato cosa è cambiato nel concetto di villaggio turistico e come la flessibilità sia diventata una caratteristica dominante in questo tipo di segmento dell’hospitality, che fino a qualche anno fa faceva della proposta all inclusive, ”vacanze chiavi in mano”, la propria strategia di posizionamento.
Cerminara, partiamo dal suo libro. Come è nata l’esigenza di spiegare da capo l’importanza di rimettere il marketing al centro della strategia di business dei villaggi vacanze?
“Dopo 15 anni di esperienza sul campo in contatto con albergatori, studenti e imprenditori che frequentavano i miei corsi, ho sentito esigenza di scriverlo per dare un’ossatura a chi si occupa di marketing. Negli anni si è dato troppo valore agli strumenti e poco alla strategia, quindi, il fine ultimo è diventato il mezzo. Di contro la nascita dello strumento diventa baluardo e risolutore di problematiche che poi passano sullo sfondo. Non è vero, infatti, che attraverso qualunque strumento si possa risolvere le problematiche della mia struttura. Ai, social media e così via in realtà sono solo strumenti che devono essere inseriti all’interno di una strategia”.
Il libro tra l’altro esce in un periodo in cui il turismo non ha vissuto anni facili. Quindi oggi qual è l’obiettivo che un marketer si dovrebbe porre per ottenere il successo in questo settore?
“L’obiettivo è sempre generare fatturato e profitto nell’azienda. La strategia, quindi, deve trovare la migliore strada da percorrere con strumenti e tattiche per generare benefici economici”.
Perchè, quindi, oggi, i villaggi diventano elementi valoriali e differenzianti nel panorama turistico?
“Il villaggio è sempre stato diverso da ogni altra location turistica. In questo senso, infatti, il libro vuole anche smarcare il concetto per cui il marketing nel corso degli ultimi anni ha pensato di poter accorpare strategie e azioni utili per hotel e case vacanze, declinandoli anche sui villaggi, ma questa operazione non può essere fatta perché, per esempio, queste location non soffrono della stagionalità che invece i villaggi devono affrontare. I villaggi nascono negli anni ’50 del secolo scorso e nell’arco del tempo si sono evoluti, ma le strategie di marketing non hanno seguito questo percorso. In primis, perché la gestione di queste strutture per lungo tempo è stata data in completa o quasi esclusiva gestione a tour operator, che promuovevano e commercializzavano tutta la proposta commerciale. In secondo luogo, poi, sono nati i social media che hanno cambiato tutte le dinamiche di gestione promozionale delle strutture di hospitality. Molti degli albergatori, quindi, hanno dovuto riprendere in mano le sorti della propria struttura con differenti problematiche. Nel frattempo, però, tutto il marketing andava nella direzione dell’hotellerie, ma non dell’ospitalità e del villaggio tout court. Quindi, riappropriarsi degli spazi con uno strumento come il marketing, che possa dar loro uno slancio, diventando un valido tool per comprendere il mercato, la concorrenza, la domanda e la situazione, diventa un’operazione importante per poter aiutare il villaggio a barcamenarsi all’interno dello scenario attuale”.
Cambia così anche il ruolo del marketing che, da semplice dipartimento di promozione, diventa anche un dipartimento di valutazione e gestione del rischio per ritrovare un valore identitario, difficile da recuperare e riproporre. Quali sono oggi le principali sfide per un villaggio e cosa è cambiato rispetto al suo posizionamento di una volta?
“E’ vero oggi il marketing è cambiato. Non è più uno strumento banale per creare un sito internet. Oggi il marketing inizia con le analisi e finisce con le analisi. Valutazioni e interpretazioni di dati che ci aiutano a comprendere meglio dinamiche da gestire e direzioni da prendere. In un presente in continua evoluzione, infatti, la prima sfida da affrontare è la necessità di intuire e decriptare le esigenze di ogni singolo utente. Turisti che indico come “travellearcher”, perché sono persone a metà tra viaggiatori e ricercatori che non offrono più punti di contatto comuni e che, per quanto si lascino influenzare e fidelizzare, d’altro canto sono anche veloci a cambiare se non si sentono soddisfatti. L’altra sfida, poi, è comprendere davvero come utilizzare gli strumenti. Non bisogna tralasciare il fatto che spesso il management sia vittima di questi tool di tendenza, come per esempio l’AI generativa dell’ultimo periodo, e solo dando una spina dorsale al proprio dipartimento marketing si può capire davvero quali siano gli applicativi adeguati alla propria struttura".
Quali sono, invece, le figure principali da avere in un buon team marketing dal suo punto di vista?
“Prima di tutto bisogna avere una persona che sappia analizzare e gestire i dati. Dalle analisi della struttura come le analisi S.W.O.T. alle analisi di mercato per comprendere quale sia la domanda e dalle analisi dei prezzi, per capire la competitività della propria struttura, alle analisi di soddisfazione, per capire il possibile sviluppo del proprio brand, saper interpretare gli scenari è sicuramente ormai una competenza imprescindibile per guardare al futuro. Poi, serve chi segue tutti i canali di promozione, social, sito e piattaforme di vario tipo anche per l’Adv. Quindi, è importante avere anche una persona che faccia da collante tra chi si occupa di marketing e chi è lavora nella struttura o collabora con essa. Un intermediario di informazioni che riesca a unire queste due aree che spesso non sono collegate tra di loro e non comunicano le informazioni nei tempi corretti. Per questo motivo, secondo me, chi dovrebbe coordinare le operazioni dovrebbe essere il marketing, al fine di dare delle linee guida di azione alla struttura che poi decide o meno se seguire l’indicazione”.
In questo paradigma, quindi, quanto conta la comunicazione?
“Ha un grande valore, perché tutto è comunicazione, ma va progettato e inserito all’interno di una strategia. Cosa devo comunicare, come e a chi. Basti pensare che la booking window per i villaggi si è dilatata negli anni. A tal punto da rendere in disuso il concetto di last minute. Molte strutture, infatti, riaprono già a novembre, per essere pronte da subito con una prezzistica competitiva e di vantaggio. Questo, perché gli utenti oggi cercano scontistiche e si programmano le ferie in anticipo in base ai prezzi, facendo ricerche approfondite sulla struttura e informandosi. In questo caso, avere una comunicazione solida, strategica e continuativa, permette anche un racconto più completo e offre più informazioni utili agli utenti in ogni momento dell’anno, al fine di far trovare loro ciò che vogliono”.
A cosa è dovuto dal tuo punto di vista questo cambio di percezione del concetto di last minute?
“Diciamo che se da un lato è cambiato il background culturale delle persone, dall’altro si è trasformato anche il modo di gestire i resort. Oggi si parla di revenue management o politiche tariffarie, alle quali vengono collegate anche politiche di cancellazione. Il 60-70% del fatturato di un villaggio viene realizzato nei mesi di alta stagione e il last minute viene usato poco perché è un prezzo scontato, ma pur sempre di alta stagione che rispetto a un early bird, per esempio, sarà comunque maggiorato. Chi usa il last minute, quindi, più probabilmente sarà una persona che ha perso all’ultimo momento altre opportunità e si riadatta, ma non è una persona che vuole risparmiare in senso generale”.
Da questo punto di vista, però, perché allora oggi il villaggio può avere un ruolo diverso dal passato e di maggior valore rispetto ad altre strutture?
“Le esperienze che un travellearcher può provare all’interno di un villaggio sono molteplici. Come dicevo il resort sta cambiando, sta evolvendo, perché esistono resort con formule da villaggio o di all-inclusive. Sotto questo profilo, quindi, il concetto di villaggio non si può più categorizzare perché ormai ha la flessibilità nel suo DNA. Allo stesso modo c’è il turista che vuole l’all-inclusive, o la mezza pensione o solo un appoggio logistico”.
Quindi, come andrebbe definito oggi un villaggio?
“Io lo definirei come un luogo flessibile, avulso dalla rigidità che lo caratterizzava negli anni passati. Negli anni ’90 o a inizio ’00, infatti, il villaggio era pensato solo come offerta all-inclusive, mentre oggi la sua modularità e la sua gamma di servizi è tanto varia da poter rispondere a qualsiasi tipo di esigenza”.
Questa trasformazione, però, che cambiamenti ha generato nella gestione dei resort?
“Diciamo che le variazioni sul tema sono state molte. Se guardiamo all’ambito delle strategie marketing, per esempio, è possibile notare come, prima, le strategie fossero rigide, perché c’era un solo interlocutore che dava le regole d’ingaggio delle offerte che venivano per forza accettate dai clienti per come erano, senza altre opzioni. Ora, invece, le cose sono cambiate, perché il mercato è più esteso e variegato. Quindi, le strategie si sono dovute adattare per rispondere alle esigenze in qualsiasi modo e momento. Questa malleabilità, però, può essere applicata solo grazie a una strategia basata sull’ascolto del mercato attraverso l’analisi dei dati”.
Anche perché il target standard del villaggio vacanze si è evoluto, passando da utenti alto-spendenti e famiglie, a un nuovo tipo di audience, comprensivo anche di fasce d’età differenti, con coppie più giovani e anche single. Giusto?
“Si. Inoltre, prima, il pacchetto vacanze in villaggio si basava sostanzialmente su tre asset commerciali fondamentali: sistemazione, food & beverage e animazione. Oggi, invece, le frecce a disposizione dell’offerta commerciale di una struttura di questo tipo sono molte di più, con servizi per qualunque necessità che hanno reso i villaggi sempre più simili a delle vere e proprie città. Una diversificazione di proposte dedicate al pubblico che, se analizzate con cura, consente anche al marketing di comprendere quale sia il vero elemento che, in una struttura, influenza di più la scelta del cliente, offrendo così al management l’opportunità di produrre i giusti investimenti e prendere decisioni migliori”.
Questo orientamento alla modularità, che probabilmente ha portato anche una ristrutturazione dei villaggi in termini fisici, come si declina in termini di sostenibilità e quanto questo valore oggi impatta il modello di business e la struttura di un villaggio, posto il valore naturalistico che, da sempre, è uno dei fattori distintivi di questo tipo di ambienti?
“Fortunatamente oggi non è più come negli anni ’80. Ci sono vincoli paesaggistici e naturalistici che devono essere rispettati e non consentono di mettere in atto quell’iper-edificazione che spesso a deturpato dei veri e propri paradisi. Ai giorni nostri, nei villaggi, in realtà, il tema della sostenibilità è molto sentito e si è creata una grande attenzione da parte degli albergatori stessi su questa questione. Probabilmente, rispetto ad altri mercati siamo più indietro, in senso generale, ma sicuramente negli ultimi anni l’adozione di questo valore come asset essenziale della crescita e dello sviluppo del proprio modello di business si è evoluta e ha compiuto importanti passi in avanti. Detto questo, poi, si può dire che c’è ancora della strada da fare, in particolare, sotto il profilo dello smaltimento dei rifiuti e della raccolta differenziata o dell’uso della plastica, ma siamo sulla buona via”.
Una via che guarda sempre di più all’internazionalizzazione e alla fidelizzazione, saranno questi i trend da seguire per il futuro?
“Sicuramente sono valori importanti, ma non generalizzerei, anche perché così come ogni cliente ha le sue esigenze, anche ogni struttura ha i suoi bisogni. Spesso si dimentica che per raggiungere un mercato straniero, per esempio, sia necessario adottare tutte le diverse leve che si devono toccare, in primis, per aumentare la fiducia dei clienti e, poi, per ridurre al minimo il rischio di percezione differente che lo straniero potrebbe avere nei confronti del brand. In questo senso, a volte, si guarda all’estero come fosse il mercato più conveniente, ma non sempre è così. Ci sono casi in cui, per esempio, il mercato italiano può rappresentare un punto di forza importante. La questione, in ogni caso, è la flessibilità e la diversificazione. Fattori che, inevitabilmente impattano anche sulla fidelizzazione, che ormai è un concetto di vecchio stampo. Negli anni, infatti, gli esperti hanno dato alla loyalty dei clienti una dimensione di vantaggio per l’albergatore in virtù di un minore costo di gestione e una garanzia di introito sicuro. Se. Però, l’analisi dei dati relativa all’utente non finisse in fase d’acquisto della vacanza, ma continuasse anche mentre le persone vivono il villaggio e usufruiscono dei suoi servizi, ci si accorgerebbe facilmente di come questo assioma non sia sempre corretto. Non è sempre vero, infatti, che un cliente fidelizzato da anni rappresenti un vantaggio economico. Per questo motivo, bisogna ridare valore al marketing strategico, piuttosto che al marketing operativo e a strumenti di tendenza, come per esempio l’AI generativa”.
Per la prima volta nella storia del World Economic Forum, l'Intelligenza Artificiale è stata l'indiscussa protagonista. Non analisi economiche, non interpretazioni geopolitiche, non anticipazione di trend, rischi, sfide e opportunità per i business leaders, ma l'AI nelle sue varie forme e soprattutto i dubbi sulla sua reale e concreta affidabilità. Un tema che secondo alcune recenti ricerche di EY oggi coinvolge oltre il 70% dei CEO a livello globale che non sono sicuri degli investimenti da produrre su questa tecnologia emergente proprio a causa delle implicazioni etiche e i concreti vantaggi che può portare con sé.
Eppure, nonostante le avvertenze degli esperti e le discussioni sulla questione, il mercato dell'artificial intelligence a livello globale è in grande e rapida crescita. A tal punto che, sempre secondo i dati di EY, entro il 2032 il settore potrebbe arrivare a superare 1 trillione di dollari, con un tasso di crescita annua composito del 42%. Dati, questi, che fanno capire come, al di là delle indecisioni ormai le imprese non possano più prescindere dal puntare su questa tecnologia, e sull'innovazione in senso generale, per poter guardare al futuro e al successo. Un concetto ancora più vero se si guarda al mondo industriale e manifatturiero che, soprattutto in un momento di grande volatilità dei mercati e bassa crescita economica, per non dire recessione, sono alla costante ricerca di nuovi modi per automatizzare e ottimizzare i processi al fine di migliorare le performance e ridurre i costi, mantenendo la business continuity.
Un argomento, quest'ultimo, che, anche in vista della prossima edizione di AIXA - Artificial Intelligence Expo of Applications, abbiamo voluto comprendere meglio attraverso le parole di Morten Rohlfes, Edge director, EMEA, Red Hat, che in un recente white paper ha spiegato come l'AI e le tecnologie emergenti saranno sempre di più il motore della crescita e dello sviluppo industriale e manifatturiero globale.
"Se guardiamo all’evoluzione delle linee produttive - spiega il manager -, alcuni casi d’uso come la manutenzione predittiva sono ormai passati dalla fase di innovazione a quella di adozione precoce, se non addirittura di adozione diffusa". Altri casi d’uso promettenti, però, per esempio sono basati sulla tecnologia edge e riguardano la sicurezza dei lavoratori e la computer vision. "Per quanto riguarda la prima - spiega l'esperto -, si osservano investimenti destinati a sensori e telecamere collegati tramite l’edge a un’unità intelligente in sede centrale con l’obiettivo di proteggere i lavoratori dal rischio di essere feriti da un robot o da un veicolo autonomo. Per quanto riguarda invece la computer vision, le sperimentazioni attuali comprendono l’utilizzo di telecamere e sensori nell’area di produzione per identificare ed eliminare i prodotti difettosi, al fine di migliorare la qualità complessiva della produzione". L’identificazione di un prodotto non idoneo deve essere effettuata in pochi millisecondi e, non essendoci il tempo di inviare i dati a un cloud o a un’unità centrale, è necessaria un’intelligenza vicino alla produzione. "Per questo motivo - sottolinea Rholfes -, Digital twin e programmable logic controller (PLC) virtuali saranno le prossime tecnologie ad essere coinvolte in questo importante processo sviluppo e crescita, mentre la formazione in realtà virtuale (VR) e l’e-Kanban richiederanno probabilmente più tempo per affermarsi".
Il settore manifatturiero ha visto un aumento della presenza di Linux rispetto alle soluzioni tradizionali, grazie alla rapida crescita delle piattaforme software-defined. "Stiamo assistendo alla fine dell’hardware proprietario abbinato a software non connesso e difficile da aggiornare - conferma il manager -. In un futuro in cui ogni anno vengono installati migliaia di nuovi dispositivi edge, sensori, telecamere e PLC, sono necessarie soluzioni IT per risolvere questi problemi OT". Il futuro ideale è quello in cui i responsabili degli impianti di produzione potranno sincronizzare automaticamente molti, se non tutti, questi dispositivi con un solo click, eseguendo anche aggiornamenti over-the-air. "In passato - commenta l'esperto - questa automatizzazione non era prevista in molti impianti di produzione. La convergenza OT-IT con modelli software-defined basati su standard aperti e democratici come l’architettura unificata OPC e Linux è fortunatamente molto vicina e può contribuire allo sviluppo di casi d’uso di questo tipo sia nell’industria manifatturiera che in quella di processo".
Il successo delle implementazioni produttive dei casi d’uso edge dipende dal lavoro di squadra di diversi operatori del mercato. Un fornitore OT deve assicurarsi che i provider dei sistemi di esecuzione della produzione (MES) utilizzino una piattaforma industriale edge matura ed entrambi dovranno fare affidamento su un system integrator per combinare le varie componenti della soluzione. "È interessante continuare a osservare come il mondo industriale si stia aprendo all’open source - aggiunge l'esperto -, intensificando i processi di collaborazione verso un’ulteriore standardizzazione. Esiste un certo parallelo tra il settore delle telecomunicazioni e l’industria manifatturiera sotto questo profilo. Il primo ha intrapreso un percorso di disaccoppiamento del software dall’hardware a partire dal 2017 e oggi dispone di standard aperti, hardware meno proprietario e costoso in bundle con il software e ulteriori sistemi connessi basati su Linux e container. Per questo ci aspettiamo che l’industria manifatturiera raggiunga nei prossimi anni risultati simili, introducendo standard aperti come l’architettura unificata OPC, l’hybrid cloud, Linux e i container all’interno di una struttura software-defined".
Nonostante il clima di incertezza geopolitica internazionale, la voglia di viaggiare rimane viva, in Italia e nel mondo. Come riportato dall'Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), lo scorso 30 novembre, il turismo mondiale ha fatto progressi significativi, con un recupero del 90% sul 2019. L'Europa ha fatto ancora meglio accogliendo 550 milioni di turisti internazionali nei primi nove mesi del 2023, rappresentando il 56% del totale globale e superando abbondantemente il 2019. La domanda intraregionale e la forte richiesta proveniente dagli Stati Uniti, sta contribuendo a muovere un’industria ricca su più livelli, che in particolare in Italia, per il suo apporto culturale e per l’indotto economico che produce – ha un valore di 255 miliardi di euro, ovvero 13% del PIL.
Dati, questi, che dimostrano ancora una volta quanto il settore del turismo per l'economia del nostro Paese sia fondamentale. Motivo per cui, anche quest'anno, i BIT Talks, targati Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, tornano a BIT Milano - insostituibile piattaforma di relazioni e di business per gli operatori del settore e osservatorio sui trend in programma all’Allianz MiCo di Milano, da domenica 4 a martedì 6 febbraio -, per accendere come ogni anno i riflettori su questo comparto di valore, attraverso un ricco palinsesto di convegni, per toccare con mano il presente ed il futuro della travel industry globale, con offerte sempre più sostenibili, consapevoli, personalizzate e tecnologiche.
Nonostante il suo posizionamento strategico come piattaforma per l'incontro di top player e buyer del settore e la creazione di valore. BIT infatti non è solo un marketplace per il matching fra domanda e offerta, ma uno spazio di incontro e dialogo orientato ad anticipare dati e tendenze, fornire strumenti strategici e pratici di crescita professionale. Grazie all’esclusivo format di eventi Bringing Innovation Into Travel, tutte le anime della filiera - associazioni, editori specializzati e imprese - potranno confrontarsi sui grandi trend del settore, secondo tre macro-temi principali: Nuovi Trend, Innovazione, Sostenibilità - intesa come tutela dell’ambiente e della persona.
Tra gli eventi da non mancare, domenica 4 febbraio, dopo l’inaugurazione, un appuntamento dedicato al tema caldo della formazione, “Le competenze in ambito turistico, una nuova visione”, con l'obiettivo di tracciare alcune linee guida volte ad armonizzare le strategie di formazione in ambito turistico, così da offrire servizi di qualità attraverso una conoscenza unificata per i futuri manager del turismo. “Wanderlust, il futuro del turismo è oggi: qui i top CEO internazionali del settore si riuniranno per un dibattito sugli scenari e le tendenze del turismo da qui ai prossimi anni. Attraverso un’analisi interattiva e integrata, si parlerà di transportation, hospitality, nuove strategie e tecnologie, per viaggi sempre più sostenibili, consapevoli e personalizzati, ma anche accessibili e transgenerazionali.
Di assoluta attualità l’appuntamento “Aviation tra picchi di domanda, pricing e offerta sotto stress. Come fare quadrare il cerchio”, per capire come intelligenza artificiale e software generativi possano aiutare a mutare un argomento particolarmente sentito come quello del prezzo.
Sempre sul tema vettori “Futuro del trasporto aereo e crocieristico nella vision di conduttori e associazioni”
Tematiche che agganciano anche la particolare attenzione che Bit vuole dedicare all’impatto ambientale, umano ed economico dei viaggi, uniti ad una rinnovata sensibilità verso le esigenze individuali e che saranno al centro di “Tour operator: oltre i ricavi entra in gioco il valore sociale delle aziende”, o in “Overtourism, il ritorno: le strategie per evitare gli affollamenti”
Transizione digitale e intelligenza artificiale, due sfide decisive per il settore, sono argomenti che trasversalmente entrano in tuti i talk, come quelli dedicati al MICE“ Voli, treni e hotel: i viaggi delle Pmi nel 2024” e “Viaggi d'affari mai più senza bleisure”. I nuovi software generativi applicati ai motori di prenotazione viaggi nel talk saranno al centro de “Il ruolo dell'intelligenza artificiale nei viaggi: dall'ispirazione alla prenotazione”; “Mice e AI, matchmaking tra intelligenze per un nuovo modo di comunicare gli eventi”; “Hotel: automazione, Ai e consulenza umana” e “Il ruolo di ChatGpt e dei software generativi nel travel”, per un approfondimento sugli impatti che hanno queste nuove tecnologie sul lavoro degli operatori, con un interessante approfondimento sul tema della privacy.
Non mancheranno poi le cosiddette cassette degli attrezzi: una serie di talk e approfondimenti dedicati in particolare all’agente di viaggio al fine di aggiornarsi, con un linguaggio semplice ma pragmatico alle nuove “Competenze, tool e strumenti strategici per il travel manager”, o a “Porta il tuo Resort o Villaggio ad un livello di high performance, aumenta la redditività e l'efficienza con il modello Villaggio Sold Out”.
Di nuovo al centro la sostenibilità in “La nuova mission delle crociere passa dalla tutela ambientale” o in “Natura e turismo, la cultura dell'ambiente per una vacanza di benessere”,
Temi di grande attualità e interesse per l'intero mercato, questi, che vedranno anche l'inserimento di un nuovo aspetto nel paradigma generale del turismo italiano: l'attenzione crescente all'accessibilità. Un aspetto su cui ancora c'è bisogno di lavorare a livello globale, ma su cui l'Italia, anche grazie agli investimenti del PNRR sta già lavorando, proponendo casi studio di successo, come quello che riguarda la casa editrice Lineadacqua che, in collaborazione con Aniridia Italiana APS e l'esperta di accessibilità, Viviana Merola, sta realizzando un set di audioguide digitali e completamente accessibili, finanziate attraverso i fondi erogati dal NextGen EU e dedicate a una serie di siti storico culturali venerziani.
La trasformazione digitale sta rivoluzionando interi settori aziendali in tutto il mondo, con un'enfasi crescente sull'esperienza cliente, grazie all’utilizzo di tecnologie come l'Intelligenza Artificiale (AI) e la Generative AI (GenAI).
Un tema su cui, nel corso dell’ultima edizione di AIXA – Artificial Intelligence Expo of Applications – tenutasi presso l’Allianz MiCo di Milano lo scorso 8 e 9 novembre 2023 – sono state presentate alcune interessanti esperienze realizzate nell’arco degli ultimi mesi sia a livello nazionale, sia a livello internazionale.
Da una parte, infatti, Wind3, il secondo operatore di telecomunicazioni in Italia, ha collaborato con IBM per implementare, attraverso watsonx, una piattaforma di GenAI per gestire le segnalazioni dei clienti a supporto del service desk. Questo ha migliorato notevolmente l'efficienza del customer care e ridotto gli errori umani, consentendo risposte più rapide e personalizzate.
Dall’altra, invece, come ulteriore esempio del supporto della Generative AI all’interno delle attività di customer experience, potremmo citare l’esperienza realizzata da IBM al fianco di Wimbledon, che per massimizzare l’ingaggio dei fan in tutte le fasi da pre a post torneo, ha sfruttato la GenAI per arricchire i commenti sulle partite e prevedere i risultati degli atleti in tempo reale. L’obiettivo era quello di creare e monitorare "microgoal", piccoli momenti positivi che, come tasselli di un puzzle, costituiscono un percorso completo per il fan, che esce quindi da qualsiasi interazione con il brand appagato e ingaggiato verso lo step successivo.
Tuttavia, la tecnologia da sola non basta. La trasformazione digitale e l’introduzione di strumenti quali AI e GenAI richiedono un cambiamento culturale verso un approccio "customer-first", l'eliminazione dei silos aziendali per ottenere una vista cliente – supportata dai dati – a 360°, il monitoraggio delle reazioni degli utenti attraverso i diversi canali di interazione (fisici o digitali) e l’implementazione di processi agili. L'etica è fondamentale per evitare bias, e la human intelligence deve rimanere centrale per mantenere relazioni autentiche con i clienti. Inoltre, le competenze di coloro che devono realizzare queste piattaforme avanzate di CX sono cruciali; la formazione è essenziale per sfruttare appieno le potenzialità delle tecnologie come l'AI e la GenAI.
In breve, la GenAI sta trasformando la customer experience, consentendo alle aziende di offrire servizi personalizzati e più efficienti. Tuttavia, il successo richiede un equilibrio tra aspetti tecnologici, culturali ed etici, insieme alla formazione del personale. Solo così le aziende possono sfruttare appieno il potenziale della GenAI per ottenere un vantaggio competitivo duraturo.
L'AI promette di rivoluzionare il mondo del lavoro, far crescere la nostra produttività come mai prima nella storia. Ma quale potrebbe essere la competitività dell'Europa in questa corsa all'innovazione se ci limitassimo a costruire il nostro futuro usando porti, autostrade, aeroporti e infrastrutture di altri? Se la nostra produttività decidessimo di lasciarla nelle mani di terzi?
Gli investimenti privati negli Usa sull'intelligenza artificiale sono arrivati a 47,4 miliardi di dollari nel 2022, più del triplo di quanto ha investito la Cina (13,4 miliardi di dollari) indica l'AI Index 2023, pubblicato dallo Stanford Institute. Il rapporto avverte anche che la proporzione di aziende che usano l'AI è più che raddoppiata rispetto al 2017 e sta andando verso il 60 per cento, a livello mondiale. E' con questa realtà che dobbiamo confrontarci.
Non può esistere un' Europa che compete senza una AI Europea, basata sulle nostre regole, la nostra etica e i nostri principi. Un' AI sotto il nostro controllo, disponibile a tutte le imprese europee che vorranno costruire il futuro su questa infrastruttura. Eppure oltre il 73 per cento dei grandi modelli linguistici (Large Language Model) che hanno consentito l'exploit dell'AI Generativa sono di origine americana. Dopo le promesse iniziali, gli entusiasmi eccessivi, la curiosità che ha portato 100 milioni di utenti in pochi mesi a provare Chat-GPT, ora è arrivato il momento delle critiche e delle riflessioni.
L'AI Generativa fa paura. Persino ai suoi stessi creatori. Clamoroso il caso di Geoffrey Hinton, uno dei padri del machine-learning e guru dell'AI di Google, che ha dato le dimissioni "per poter meglio parlare dei pericoli a cui andiamo incontro". Migliaia di ricercatori, tra cui grandi personalità come Steve Wozniak e Joshua Bengio, preoccupati dalla velocità a cui avanza l'AI Generativa, hanno lanciato a fine marzo un appello con il Future of Life Institute, per chiedere una pausa di riflessione, spiegando che "I sistemi di AI dotati di un'intelligenza concorrenziale con quella umana rappresentano dei rischi profondi per la società e l'umanità". Un appello che ha fatto breccia, al punto che la Casa Bianca ha dato il via a una serie di consultazioni con le BigTech per discutere dei pericoli per la democrazia, le conseguenze economiche e l'impatto sul lavoro.
E' diventato evidente che occorrono regole per inquadrare lo sviluppo di un'intelligenza artificiale sempre più potente, ancora poco affidabile, che minaccia di far dilagare la disinformazione, creare discriminazioni, provocare forti conflitti sociali. Ora tutti le chiedono le regole. Persino OpenAI e Google, che hanno creato per prime i due modelli concorrenti, Chat-GPT e Bard. Sam Altman, Ceo di OpenAI, davanti al Congresso americano ha riconosciuto la necessità di regolare l'uso dell'AI Generativa, ha quasi invocato la creazione di standard di sicurezza. Sundar Pichai gli ha fatto eco a fine maggio sul Financial Times dicendo: "l'AI è una tecnologia che sta diventando troppo importante, non solo per l'industria, per l'intera umanità, e occorre regolamentarla bene". Pichai ha invitato anche ad una cooperazione internazionale tra Stati Uniti ed Europa, per dar vita a un quadro di riferimento solido per un AI Responsabile.
In realtà la posizione di questi leader sembra piuttosto quella di chi ha lanciato il sasso e poi nasconde la mano, passando la palla ai governi. Il capo di Alphabet ha considerato finora l'Europa come un mercato, sul quale ha impedito ad oggi il rilascio di Bard e degli altri prodotti basati sulla sua AI Generativa (rilasciati in 180 paesi nel mondo) proprio perchè teme le regole che l'Europa sta imponendo. E in attesa dell'AI Act, che sarà votato a metà giugno, anche Sam Altman mette già le mani avanti, temendo sia troppo restrittivo: "Se potremo rendere conforme la nostra tecnologia lo faremo – ha dichiarato - altrimenti dovremo cessare l'attività sul continente europeo".
L'Europa ha già dimostrato, a partire dal 2018 e dal GDPR di essere all'avanguardia in termini di regolamentazioni e di protezione dei cittadini. E le Big Tech, quando non si sono adeguate, hanno ricevuto pesanti multe. Ma la regolamentazione non basterà a proteggerci dal rischio di perdita di sovranità tecnologica e di competitività delle nostre aziende di fronte all'impatto dirompente di questi grandi modelli di AI Generativa.
Perchè in Europa non ci sono iniziative di successo delle dimensioni di ChatGPT? Eppure di eccellenze ne abbiamo: scienziati di altissimo livello, aziende straordinarie, decine di start-up arrivate ad essere delle licorne e tutto sommato anche risorse economiche. Perché non provare a competere in questa corsa all'AI, perché non provare ad esportare in tutto il mondo la nostra visione dell'AI e del futuro? Quando parlo di visione dell'AI è quella human-centered, di beneficio, e non di danno o di concorrenza per gli esseri umani, che è promossa dalla Commissione Europea, che ho adottato da sempre creando iniziative, come l'Institut-EuropIA, la Maison de l'intelligence artificielle à Sophia Antipolis e il World AI Cannes Festival (Waicf), sulla Costa Azzurra in Francia, e che cerco di continuare a promuovere, partecipando sempre a momenti di incontro e confronto, come quello proposto da AIXA - Artificial Intelligence Expo of Applications, organizzato da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e previsto il prossimo 8 e 9 novembre 2023 all'Allianz MiCo di Milano.
Dobbiamo agire perché l'AI non finisca per diventare De-generativa. Senza nasconderci i rischi, ma tenendo ben presenti gli obiettivi e i benefici per settori come la Sanità, la Sicurezza, l'Educazione, l'Industria, il Turismo.
Perchè allora non ci siamo ancora dotati di grandi modelli di linguaggio di tipo LLM? Non è solo una questione di investimenti, perchè è vero che il costo di questi modelli destinati all'AI Generativa è molto alto. Credo che sia perchè manca la capacità di fare sistema e condividere anche le grandi risorse di calcolo, che pertanto abbiamo. Ogni paese persegue la sua strategia. La Francia ha creato i suoi quattro poli specializzati di ricerca sull'AI, finanziati da un piano nazionale e dedicati a settori diversi. La Germania ha l'iniziativa LEAM (Large European AI Models), promossa dall'Associazione tedesca per l'intelligenza artificiale, che ha posto la necessità di creare un'infrastruttura di super calcolo adeguata allo sviluppo degli LLM. Costo stimato tra i 350 e 400 milioni di euro.
E l'Italia? "Potremmo presto trovarci a vivere una crisi tecnologica ben più grave dell'attuale crisi energetica" avverte Emanuela Girardi, che fa parte del board direttivo dell'AixIA (l'Associazione italiana per l'intelligenza artificale). "Serve un'iniziativa forte, coraggiosa e ambiziosa di tutti i paesi europei per un'AI responsabile, etica e sostenibile e per tornare a partecipare da concorrenti, non da semplici spettatori, alla corsa dell'intelligenza artificiale". Non dimentichiamo che l'Europa si è costruita in passato su grandi progetti comuni: CECA, GSM, Airbus. Deve confidare di più sulla propria innovazione e non limitarsi a "regolamentare".
Occorre lanciare un grande piano europeo per le tecnologie del futuro. Un New Génération EU Plan per lo sviluppo di progetti di AI e tutto cio' che li supporta: Cloud computing, Quantum computing, IOT, semi-conductors. Anche l'Italia ha un grande ruolo da giocare, un'opportunità per il Governo di Giorgia Meloni di mostrare il reale cambiamento, puntare sulla nostra gioventù, assicurarne il futuro. Potrebbe destinare una parte più considerevole dei finanziamenti del PNRR per lanciare un grande Piano Italiano per l’Intelligenza Artificiale: mobilitare start-up, centri di ricerca, grandi imprese, università per creare modelli di IA che possano competere con quanto viene dall’altra parte dell’Oceano. QuestIT, una delle aziende leader nel settore, è pronta a prendere la leadership di questo piano: abbiamo la tecnologia e l'esperienza. QuestIT già ha aperto la strada degli assistenti intelligenti, usati oggi da oltre un centinaio di imprese e pubbliche amministrazioni in tutt'Italia. E ha sviluppato anche il Lis, l'unico assistente virtuale al mondo che parla la lingua dei segni. L'AI Generativa puo' assicurare un grandissimo salto di qualità per gli assistenti intelligenti e favorire in molti campi una più facile interazione uomo-macchina. Non perdiamo quest'occasione!