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IL 75% DEI LAUREATI AL LAVORO ENTRO UN ANNO, MA LE AZIENDE RICHIEDONO ANCHE COMPETENZE DIGITALI E SOFT SKILLS

Più di tre quarti dei laureati in Italia trova lavoro entro un anno, ma le aziende oltre al diploma richiedono sempre più competenze digitali e “soft skills” (almeno una su cinque). Il 70% delle offerte di lavoro per laureati sono concentrate al Nord. Le imprese puntano, in particolare su 116 profili ad elevata richiesta, che fanno capo a 5 macro aree. Molto ricercati account manager, responsabili logistica e distribuzione ed esperti contabili.

È quanto emerge dalla ricerca “Università e Imprese per lo sviluppo dei talenti”, realizzata da Randstad e Fondazione per la Sussidiarietà (FpS), che sarà presentata oggi al Meeting per l'amicizia fra i popoli di Rimini. Lo studio analizza la domanda di lavoro di laureati negli annunci online del 2022 e le strategie di sviluppo dei talenti delle imprese italiane. Un'analisi che abbiamo voluto approfondire meglio, anche in vista della prossima edizione del HR Business Summit che si terrà il prossimo 27 e 28 novembre 2023 nel corso del Business Leaders Summit presso lo Spazio Field all'interno della splendida cornice di Palazzo Brancaccio Roma.

La quota dei laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia è tra le più basse nei paesi OCSE - commenta Marco Ceresa, Group CEO di Randstad Italia -, eppure l’indagine ribadisce che una laurea in Italia oggi è ancora un importante fattore di protezione dall’inoccupazione. È fondamentale, quindi, mettere in campo azioni concrete per contrastare la dispersione scolastica e incentivare i giovani a proseguire gli studi. La ricerca evidenzia poi l’esistenza di molte professioni “in comune” in uscita da percorsi di laurea molto diversi, per una similarità di competenze. È importante, di fronte alla scarsità di talenti del mercato unita ai trend demografici allarmanti, che le aziende valutino i profili da inserire a partire dalle reali competenze possedute dai candidati, oltre che dal titolo di studio”.

 

TRA DIGITAL E SOFT SKILL

Le competenze digitali, rivela la ricerca Randstad – FpS, sono ormai pervasive in tutti gli annunci online, con picchi del 61% nell’ICT e del 53% nella statistica. Ma l’incidenza del digitale è significativa anche negli annunci relativi a marketing (19%) e area giuridica (15%). Le soft skill si rivelano importanti per tutte le aree: almeno una competenza su cinque per svolgere la professione è trasversale. Le soft skill più richieste sono: saper lavorare in gruppo, sviluppare idee creative, adattarsi al cambiamento, comunicare con i clienti, autonomia, identificarsi con gli obiettivi aziendali.

 

LA CLASSIFICA DELLE OPPORTUNITA' LAVORATIVE ITALIANE

Le posizioni di lavoro offerte nel 2022 ai laureati per i 116 profili sono concentrate al Nord (70%). In testa tra le regioni c’è la Lombardia, con il 30% degli annunci, seguita dall’Emilia Romagna (13%), dal Veneto (13%) e dal Lazio (11%). La Campania, dove c’è uno dei più elevati tassi di disoccupazione giovanile, raccoglie solo il 5% degli annunci.

 

COSA CERCANO LE AZIENDE

Le aziende sono alla ricerca principalmente di laureati in discipline tecniche e scientifiche, ma prendono in considerazione anche le lauree umanistiche valorizzando gli aspetti motivazionali e il potenziale, e integrando le competenze tecniche con la formazione interna. Nel primo esame dei cv le imprese valutano soprattutto la carriera universitaria, ma poi si concentrano su soft skill e attitudini personali dei candidati. La ricerca, inoltre, individua 116 professioni per laureati altamente ricercate negli annunci di lavoro online nel 2022. Nell’area Economia e Statistica, si segnalano in particolare 9 professioni ad alta domanda: account manager, responsabile logistica e distribuzione, esperto contabile, direttore generale del marketing, consulente di rischio assicurativo, analista di business, responsabile di prodotto, manager finanziario, responsabile della catena di fornitura. Nell’area Giuridica, Umanistica e Scienze Sociali 7: responsabile di reparto, responsabile dei servizi, dirigente delle risorse umane, avvocato, assistente sociale, psicologo, responsabile di questioni regolamentari. Nell’area Architettura e Design sono altamente ricercati 8 profili: amministratore di sistemi TIC, ingegnere energetico, architetto, ingegnere industriale, ingegnere meccanico, ingegnere civile, sviluppatore web e ingegnere elettronico. Nell’area Scientifica c’è alta domanda per 7 professioni: chimico, pianificatore territoriale, ingegnere elettronico, data scientist, informatore medico-scientifico, analista software, biologo. Nell’area Informatica, si segnalano 6 profili: amministratore di sistemi TIC, sviluppatore web data scientist, designer grafico, responsabile della gestione community online, project manager TIC.

 

I LAUREATI ITALIANI

Una laurea in Italia è un importante fattore di protezione dall’inoccupazione, correlato a una maggiore permanenza in stato di occupazione, maggiore livello salariale e un più rapido rientro al lavoro in caso di uscita. A un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione dei laureati è il 75% per il primo livello e il 77% per i magistrali biennali, per arrivare al 90% per entrambi dopo cinque anni (fonte Almalaurea). Tuttavia, la quota di laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia nel 2021 è il 21%, un livello tra i più bassi dei paesi Ocse.

 

La ricerca conferma che gli studi universitari sono un volano per l’accesso al mondo del lavoro”, afferma Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, “Nelle selezioni le aziende guardano ai voti, al percorso accademico, ma sempre di più allo sviluppo di competenze trasversali e soft skill come: l’apertura mentale, la capacità di collaborare, la sicurezza, la resilienza, la creatività, la flessibilità, il problem solving. In un mondo del lavoro in cui l’obsolescenza dei mezzi di produzione, delle tecniche, dell’organizzazione aziendale è rapidissima, puntare sulle soft skill sarà strategico perché permetterà di continuare a “imparare a imparare”.

 

LE COMPETENZE PIU' RICERCATE

Dall’analisi delle competenze richieste negli annunci di lavoro per laureati in Italia, emerge come quelle digitali siano pervasive a tutte le aree, con un picco del 61% di annunci in cui sono richieste per profili ICT e 53% per quelli di statistica. Ma le competenze digitali sono significative anche nelle scienze umane, come l’area psicologica, giuridica (15%) e del marketing (19%). Le competenze professionali - quelle caratterizzanti la professione - sono significative in tutti i macrogruppi, ma raggiungono il picco nel Marketing, dove sono richieste nel 50% dei casi, e il minimo nell’ICT (18%). Le skill trasversali, infine, sono importanti per tutte le aree, e ancor di più nelle aree disciplinari votate al rapporto umano e all’interazione, come per quella dell’Educazione e formazione, Psicologia e Giuridica (53%).

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UN LAVORATORE SU TRE AFFERMA DI NON AVERE LE COMPETENZE NECESSARIE PER SVOLGERE IL PROPRIO LAVORO

Se a dei lavoratori dei settori retail o ricettività venisse chiesto di raccontare ad un cliente, in modo corretto, il proprio brand o azienda, 4 persone su 10 non ne sarebbero in grado. Ma non solo, il 27% degli intervistati ha affermato di non avere le competenze necessarie per svolgere al meglio il proprio lavoro.

 

Questi sono solo alcuni dei dati emersi dall’ultima indagine di MobieTrain che analizza l'importanza della formazione aziendale ai tempi della digital transformation e che abbiamo voluto approfondire meglio in questo articolo, anche in vista della prossima edizione di HR Business Summit che si terrà il prossimo 27 e 28 novembre 2023 nel corso del Business Leaders Summit presso lo Spazio Field all'interno della splendida cornice di Palazzo Brancaccio a Roma.

 

L’ANALISI

Per realizzare questa analisi, MobieTrain ha intervistato 650 dipendenti europei (63% donne, 37% uomini), in prima linea nel mondo del retail e della ricettività. Obiettivo: valutare la percezione delle competenze, la formazione, l'accesso alle informazioni e la cultura aziendale. Innanzitutto, il 58% degli intervistati ha affermato di poter avere un impatto maggiore del +20% sui risultati di business grazie ad una corretta formazione e ad un percorso di coaching efficace. “Già da questa prima percentuale possiamo vedere come la formazione può avere un reale impatto sulle performance del team e, di conseguenza, sui risultati aziendali. Investire nella formazione e nello sviluppo del team, può infatti portare benefici ad entrambe le parti” spiega Francesca Dellisanti, Country Director di MobieTrain Italia. Secondo i risultati ottenuti, il 40% del personale in prima linea (ovvero direttamente a contatto con il cliente) ha affermato di non disporre di tutte le informazioni e le risorse relative al proprio lavoro. 4 dipendenti su 10 non saprebbero raccontare in modo corretto il proprio brand al cliente. Il 27% dichiara inoltre di non possedere le competenze necessarie per svolgere al meglio il proprio lavoro.

Sempre secondo i dati elaborati da MobieTrain, il 57% dei dipendenti ritiene che la formazione a cui ha accesso non sia efficace nel rispondere alle esigenze tipiche del ruolo. I contenuti formativi, infatti, spesso non rimangono accessibili nel tempo (il 30% degli intervistati dichiara infatti di non avere una piattaforma digitale a cui accedere per recuperare i materiali) e la formazione è soltanto occasionale.

Ma anche per coloro che assistono a percorsi formativi, non sempre la formazione è creata ad hoc: il 58% sostiene infatti di non poter applicare in modo concreto nel proprio lavoro quanto appreso durante la formazione. Le aziende investono quindi in percorsi di formazione che non hanno un impatto sul lavoro delle persone e, di conseguenza, sul raggiungimento degli obiettivi.

 

NON ESISTE SOLO LA FORMAZIONE, PERO'. BISOGNA COINVOLGERE I DIPENDENTI NEGLI OBIETTIVI AZIENDALI

Ad oggi, quasi il 60% degli intervistati dice di non sentirsi legato in alcun modo alla missione o alla vision dell'azienda. Ma a volte è la stessa azienda a non incoraggiare i dipendenti a seguire o completare i percorsi di formazione a cui gli viene dato l'accesso, così come afferma il 54% del campione intervistato.

 

E L'ITALIA?

I dati italiani non si discostano molto da quelli europei, anzi. Il 62% degli intervistati ha dichiarato di non essere soddisfatto dell'efficacia della formazione erogata, principalmente a causa di una mancata coerenza con il proprio ruolo (33%), di una mancanza di coinvolgimento (21%) e di limiti di tempo (11%). L'indagine ha poi evidenziato come il 37% degli intervistati non si senta soddisfatto degli investimenti dell'azienda nella crescita e nello sviluppo professionale delle risorse. Inoltre, solo il 35% si sente sufficientemente allineato con la cultura, i valori e la mission aziendale. Il 76% degli intervistati ha infine affermato di avere poca connessione con il resto del team all'interno degli altri punti vendita, distanza che ostacola la condivisione di esperienze e best practice. Infine, per concludere l’analisi sul mercato italiano, il 38% degli intervistati ha dichiarato di non sentirsi sufficientemente motivato sul lavoro, un dato inferiore alla media europea del 54%. “In MobieTrain crediamo fortemente nello sviluppo e nella crescita professionale e personale delle persone all'interno delle aziende e dei risultati che è possibile ottenere. E proprio per aiutare le aziende a raggiungere questo obiettivo, abbiamo sviluppato una piattaforma pensata per sostenere la formazione del personale a contatto con i clienti e contribuire a creare una customer experience indimenticabile. I risultati? Non solo maggiore ingaggio e soddisfazione del lavoratore, ma anche miglioramento nelle prestazioni lavorative, con conseguenze positive lungo tutta la catena” conclude Laura Fornaroli, Responsabile Marketing di MobieTrain Italia.

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PAYROLL: L'ITALIA RIDUCE DEL 2% LA COMPLESSITA' DEI PROCESSI, MA C'E' ANCORA MOLTA STRADA DA FARE

Buste paga, talent retention, cost saving e reputation. Sempre di più oggi l'intersezione tra mondo HR e mondo Finance, nell'ambito del rapporto tra datore di lavoro e professionista, si evolve modifica le dinamiche di innovazione ed organizzazione del business.

 

Un tema questo di grande attualità, vista anche la crisi economica e gli impatti negativi del fenomeno della talent shortage, che abbiamo voluto approfondire meglio, attraverso i nuovi risultati presentati da Alight relativamente all'indagine biennale dal titolo Global Payroll Complexity Index (GPCI) 2023: i 40 Paesi con maggior complessità nella gestione del payroll.

 

LA CLASSIFICA

Secondo l’indagine biennale di Alight, la Francia mantiene il primo posto nella classifica dei Paesi con i processi di payroll più elaborati, con un incremento del 10% del punteggio di complessità rispetto al rapporto del 2021, mentre l'Italia si posiziona tra i primi 5 Paesi che presentano un livello di complessità più elevato. La classifica completa dei 10 Paesi con il più alto livello di complessità di elaborazione del payroll è la seguente:

1. Francia

2. Germania

3. Svizzera

4. Italia

5. Canada

6. Polonia

7. Turchia

8. Paesi Bassi

9. Belgio

10. Slovacchia

 

TRE FATTORI DI COMPLESSITA'

Il GPCI ha rilevato che i dieci Paesi che registrano un impatto maggiore sono il 29% più complessi a causa di tre fattori chiave richiesti dai rispettivi processi retributivi: le detrazioni obbligatorie, i calcoli della previdenza sociale e i tipi di rendicontazione governativa obbligatoria. Lo studio evidenzia anche un aumento della complessità in quei Paesi i cui governi hanno implementato nuovi requisiti per il payroll a sostegno dei diritti e del benessere dei dipendenti.

Ogni Paese ha strutture, normative e requisiti unici in materia di payroll, il che rende sempre più difficile per le aziende multinazionali rimanere aggiornate sui cambiamenti delle normative in materia di retribuzioni e dell'evoluzione delle esigenze dei dipendenti,” ha dichiarato Cesar Jelvez, Chief Professional Services and Global Payroll Officer di Alight“Le organizzazioni che non hanno la flessibilità necessaria per offrire un processo di payroll efficace rischiano di subire danni alla reputazione, errori nella gestione del payroll, inadempienze e insuccessi quando si tratta di garantire il benessere dei dipendenti.”

 

PICCOLI PASSI POSITIVI

Nel 2023, l'Italia ha registrato una diminuzione della complessità del 2%, scendendo così dal secondo posto che occupava nel 2021, al quarto posto che ricopre oggi. La complessità del Paese è determinata dalle detrazioni previste per legge, dal tipo di rendicontazione obbligatoria richiesta e dalla frequenza di comunicazione al governo.

L’indagine 2023 illustra l’evoluzione dell’ambiente di lavoro in materia di payroll a seguito del rapporto stilato nel 2021 e i progressi compiuti dalle organizzazioni nel gestirne la complessità. Le aziende hanno dimostrato che, investendo in strategie e tecnologie retributive volte a sostenere culture incentrate sui dipendenti, con accesso allo stipendio maturato (Earned Wage Access), trasparenza dei calcoli e benefit differenziati, sono in grado di semplificare la propria organizzazione. Come risultato di questo tipo di investimenti, il GPCI 2023 presenta una riduzione del 6% in termini di complessità rispetto al 2021, grazie alle innovazioni tecnologiche e di processo.

“Le aziende multinazionali devono affrontare una notevole complessità nella gestione globale del payroll e avere un partner in grado di offrire loro la possibilità di standardizzare e semplificare i processi nei vari Paesi è indispensabile,” ha dichiarato Jelvez. “L’esperienza di Alight nel payroll globale, unita alla nostra capacità di integrazione in un’unica piattaforma, consente ai datori di lavoro di disporre dei dati e delle capacità di analisi di cui hanno bisogno per ottenere un'esperienza di payroll diversificata e con risultati quantificabili.”

 

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TRAVEL SECURITY: PERCHÉ È SEMPRE PIÙ IMPORTANTE  

Il difficile contesto internazionale odierno, impone alle Aziende operanti in territorio estero di dotarsi a livello formale e sostanziale di contromisure idonee alla mitigazione dei rischi per i propri Dipendenti Viaggianti. La giurisprudenza italiana è particolarmente sensibile rispetto alla salute e sicurezza dei Lavoratori e tratta specificatamente della tematica legata al Personale Viaggiante sia all’interno del D.lgs. 81/2008 che all’interno del Codice Civile.

 

Un tema questo su cui abbiamo voluto ragionare meglio, in questo articolo a cura di Sicuritalia, e che è stato anche argomento di discussione nel corso dell'ultima edizione del HR Director Summit, all'interno del Business Leaders Summit - l'evento organizzato da Business International - Fiera MIlano che si è svolto presso l'Allianz MiCo - Milano Convention Centre lo scorso 14 e 15 giugno 2023.

 

LA NORMATIVA ITALIANA

Il D.lgs. 81/08 riunisce in un unico testo le normative inerenti alla sicurezza e alla salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Il testo unico è stato introdotto con l’obiettivo di ridurre i rischi a cui i dipendenti possono essere esposti e metterli a conoscenza degli stessi. Nello specifico infatti, il datore di lavoro è obbligato a formare e informare i propri dipendenti, secondo quanto descritto all’art. 18:

i)  informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l)   adempiere   agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37.

 

FOCUS SUI RISCHI ATIPICI

Il D.lgs. 81/08 non si applica e non riguarda esclusivamente i rischi direttamente ricollegati allo svolgimento della propria mansione lavorativa, ma si allarga a tutte le tipologie di rischi che possono ledere la sicurezza del lavoratore, inclusi i cosiddetti rischi “atipici” inerenti eventuali rischi politici, sanitari, terroristici, criminali ecc. verso i quali il dipendente può incorrere, in particolar modo se svolge la propria attività lavorativa all’estero e in Paesi ad alto rischio per la propria sicurezza.

 

GLI OBBLIGHI CIVILI DELL'IMPRESA

Anche all’interno del Codice Civile italiano (precisamente nell’Art. 2087), è possibile trovare un riferimento legato agli obblighi a carico del datore di lavoro. Cit.: “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

 

Come evidenziato dall’Ing. Federico Flisi, BU Director di Sicuritalia Security Solutions, azienda leader in Italia per la gestione delle attività di Travel Risk Management, “dotarsi di un modello di Governance della Travel Security permette alle aziende clienti di ottemperare formalmente agli obblighi normativi e nel contempo innalzare sensibilmente il livello di sicurezza dei Dipendenti. Per fare ciò e necessario adoperarsi nella redazione di adeguate policy e procedure, nella revisione dei flussi approvativi, nella definizione delle responsabilità nonché dotando i propri Dipendenti di tecnologie e contenuti che permettano una tempestiva informazione del Dipendente e contestualmente il Suo immediato supporto in caso di necessità H24 7/7.”

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DALLA GREAT RESIGNATION A UNA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO: COME CAMBIA IL RUOLO DEI DIRETTORI HR PER FAR FRONTE ALLE NUOVE SFIDE

Sono almeno due le sfide che occuperanno i direttori HR nel prossimo futuro: la cosiddetta Great Resignation e un nuovo paradigma di lavoro subordinato senza obblighi di tempo e di luogo.

 

Due tematiche di grande attualità, queste, su cui ci concentreremo in questo articolo, anche a seguito delle conversazioni avute nell'arco della scorsa settimana, durante l'HR Directors Summit tenutosi il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, nel corso del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.

 

Partendo dalle Grandi Dimissioni, i dati ci raccontano che si tratta di un fenomeno molto diffuso negli ultimi anni e che si manifesta anche nella forma - ancora peggiore da gestire - del cosiddetto quite quitting, ovvero il comportamento di chi fa il minimo indispensabile per non incorrere in provvedimenti disciplinari. Non sembra, tuttavia, trattarsi di una negazione assoluta del lavoro, quanto piuttosto di una maggiore propensione a cambiarlo per trovare quello maggiormente confacente alle proprie esigenze personali e ambizioni professionali.

 

Non esiste una ricetta per contrastare o arginare tale fenomeno, in quanto oltre agli strumenti giuridici di fidelizzazione (piani di retention, long-term incentive plans, patti di stabilità etc.) e un pacchetto retributivo competitivo (che contempli oltre la parte fissa anche una parte variabile e piani di welfare personalizzati, come per esempio il wellbeing), occorre usare una miscela di altri elementi, primo fra tutti il purpose ovvero l’insieme dei valori di cui l’impresa sia foriera ed in cui ogni dipendente possa identificarsi, sistemi di flessibilità di orario, formazione mirata e una chiara prospettiva di carriera.

 

Con riguardo alla seconda sfida, è ormai consolidato il lavoro agile, ovvero un nuovo modo di organizzare il lavoro in cui sia il lavoratore a decidere dove e quando svolgere la prestazione. Ciò stravolge il tradizionale paradigma del contratto di lavoro, dove è il datore di lavoro ad imporre unilateralmente il luogo ed il tempo del lavoro. Per quanto diffuso, è praticato in maniera ibrida, ovvero associato a giornate in cui il lavoratore svolge la prestazione secondo gli schemi tradizionali. In uno schema siffatto, la più grande difficoltà da gestire per i direttori HR è quella di coordinare l’autonomia dei dipendenti con l’organizzazione aziendale, nonché quella di dover esercitare il potere di controllo su lavoratori che non sono vincolati ad un preciso luogo e orario di lavoro.

 

Tali sfide cambiano il ruolo del direttore HR a cui oggi, a differenza del passato, è richiesto di guidare i cambiamenti aziendali, di sedere, quindi, al tavolo dei vertici aziendali ove vengono assunte le decisioni strategiche, di diffondere i valori aziendali e di gestire delle organizzazioni del lavoro sempre più flessibili.

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EMPLOYEE EXPERIENCE: UN ELEMENTO CHIAVE PER IL SUCCESSO AZIENDALE

Nell'attuale scenario globale è sempre più evidente come i dipendenti che si sentono supportati e valorizzati dall'azienda hanno maggiori probabilità di impegnarsi a livello professionale e di investire nel proprio sviluppo. Pertanto, per ottenere successo, le aziende devono concentrarsi sull'offrire servizi di alta qualità che possano creare un ambiente di lavoro in cui i dipendenti si sentano supportati, valorizzati e motivati.

 

Un tema, questo, estremamente importante soprattutto in un momento come quello in cui stiamo vivendo, nel quale la talent shortage e la great resignation sono due fenomeni su cui porre una sempre maggiore attenzione a livello globale. Uno spunto su cui, come ServiceNow, abbiamo voluto concentrarci in questo articolo, anche in vista della prossima edizione del HR Directors Summit previsto il 14 e 15 giugno 2023 presso l’Allianz MiCo – Milano Convention Centre, nel corso del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-Level dell’impresa contemporanea e organizzata da Business International – Fiera Milano.

 

IL VALORE DELL'EMPLOYEE EXPERIENCE

Per ServiceNow, infatti, l’Employee Experience è un elemento chiave per il successo aziendale. Ciò implica fornire servizi efficienti a supporto dei dipendenti (sia nei momenti critici che nella realizzazione dei propri obiettivi professionali), attraverso un'esperienza “consumer”, ovvero omnicanale, di facile utilizzo, attraverso la quale accedere facilmente ai servizi aziendali.

 

L'ENGAGEMENT CONTA

Anche coinvolgere i dipendenti attraverso journey personalizzati e multidipartimentali è un aspetto cruciale. Ciò implica la creazione di percorsi di interazione e supporto che tengano conto delle esigenze individuali dei dipendenti, coinvolgendo più dipartimenti aziendali per fornire un supporto completo e mirato.

 

L'INFERMAZIONE POTENZIA L'ESPERIENZA

Infine, l'informazione gioca un ruolo fondamentale nel potenziare l'Employee Experience. Comunicare in modo targettizzato, utilizzando strategie di comunicazione mirate e personalizzate, consente di informare e coinvolgere i dipendenti in modo efficace. Questo tipo di comunicazione contribuisce ad accrescere l'engagement dei dipendenti e il senso di appartenenza, promuovendo un ambiente di lavoro positivo e favorendo lo sviluppo professionale dei dipendenti stessi.

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