Il titolare del ministero del Lavoro commenta i dati Ocse sulla disoccupazione. "Nel nostro paese situazione drammatica". Le riforme all'esame del Senato, dice, favoriranno la ripresa
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti (Ansa)
• Lavoro. Ocse: in Italia un giovane su 2 è precario. Disoccupazione al 40%.
Urge riforma
• Disoccupazione, a luglio sale al 12,6%. In calo quella giovanile
• Istat. Poletti: "Preoccupa la disoccupazione giovanile. Va sostenuta la strada
della crescita"
La situazione dell’occupazione in Italia è drammatica, ma il governo sta
lavorando alle riforme necessarie. Il ministro del Lavoro e delle Politiche
Sociali, Giuliano Poletti, risponde così all'Ocse che pubblica i dati sulla
disoccupazione. Titolare del dicastero di Via Vebeto che cerca di infondere
fiducia nel futuro.
"In Italia situazione dell'occupazione drammatica"
“Conosco bene – dice Poletti - la drammatica situazione dell’occupazione nel
nostro paese, figlia di una crisi che ci sta colpendo da oltre sette anni e che
è aggravata dalle attuali tensioni del contesto europeo ed internazionale e da
cattive politiche del passato, che non hanno saputo costruire un rapporto
efficace tra scuola e lavoro ed un mercato del lavoro trasparente, efficiente e
fondato sulle politiche attive. Hanno prevalso gli scontri ideologici a scapito
di scelte pragmatiche in linea con gli altri paesi europei”.
"Mercato più efficiente con la legge delega"
La via d’uscita, secondo il ministro, passa per la legge delega attualmente
all’esame del Senato, “per la cui rapida approvazione il governo sta assicurando
un forte impegno”. Il provvedimento, spiega, “prevede non solo un’ampia riforma
della regolamentazione del lavoro, ma anche il rafforzamento degli strumenti di
politiche attive per il lavoro ed il riordino degli ammortizzatori sociali,
oltre ad una semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei
datori di lavoro”. Secondo Poletti, “è così che riusciremo a creare un mercato
del lavoro più semplice ed efficiente, più equo ed inclusivo, migliorando la
produttività generale del sistema Italia rendendolo, anche da questo punto di
vista, più europeo”.
FONTE: http://www.rainews.it/
Rimini - Basta "scazzottate" sull'articolo 18 che in passato non hanno
portato a nulla, discuterne ora è un controsenso, c'è una legge delega per
riordinare il mercato del lavoro e il Governo procede con quella. Il ministro
del Lavoro Giuliano Poletti, dal meeting di Rimini, sgombra anzitutto il campo
da possibili "distanze" rispetto a Renzi ("marginalizzato? assolutamente no,
l'ho sentito anche ieri) e conferma l'intenzione dell'esecutivo di procedere nel
riordino del mercato del lavoro in modo organico, senza strappi sull'articolo
18. "Impiantare un braccio di ferro su questo senza definire il quadro di
contesto è un controsenso. La discussione politica ci sta, ma per il Ministro
conta la Legge Delega, che è del Governo non solo mia".
Cambiare il mercato e le regole è tuttavia fondamentale, a partire dai
contratti, per cui Poletti spiega di essere a favore di una formula a tutele
crescenti per il contratto a tempo indeterminato che sia meno onerosa rispetto
alle formule di flessibilità oggi esistenti. "Altrimenti - spiega - nessuno
ricorrerà a questo nuovo strumento". In arrivo anche un riordino globale degli
ammortizzatori sociali, la cui filosofia di fondo sarà una corrispondenza di
diritti e doveri. "Oggi le erogazioni sono senza alcuna condizione. La nostra
idea è diversa: il disoccupato che riceve un contributo ha degli obblighi e deve
fare delle cose"Ma le norme non bastano".
A cambiarle ci si mette 5 minuti, è più difficile cambiare la testa". Per il
Ministro il nodo vero è più di carattere "filosofico" e riguarda il rapporto
lavoro-impresa, visto in modo antagonistico, con quest'ultima considerata sempre
con sospetto, come un oggetto da contenere e controllare. "Troppa gente - spiega
- pensa che questo sia il luogo in cui si sfrutta il lavoro e questo è il grosso
problema dell'Italia. Potremo dire di aver capito quando il primo maggio sarà la
festa del lavoro e anche dell'impresa". E infine le pensioni. Il ministro nega
l'ipotesi di qualsiasi intervento o contributo di solidarietà, anche se in via
di principio ribadisce la validità del concetto, "in via di principio mi pare
una cosa normale: in questa fase di crisi credo occorra anche un atto di
solidarietà dentro al sistema previdenziale".
FONTE: www.ilsole24ore.it
Quattro parole chiave. Quattro. Si tratta delle dimensioni che ho
personalmente colto da una giornata intensa e molto proficua e che ci riportano
alla realtà complessiva della Formazione in Italia.
Sono parole che in effetti ci descrivono un Sistema Italia, che arranca ma che
non abbassa la testa, punta in alto e cerca di conciliare l’esigenza di
contrasto di una crisi che ci mostra una lontana luce in fondo al tunnel con
quello che agli italiani è sempre venuto molto bene: fare buon viso a cattiva
sorte, rimboccarsi le maniche e … lavorare!
Training Strategies for Leaders, l'evento organizzato da Business International
- Fiera Milano Media ha presentato un panorama piuttosto vasto e completo di
come la formazione contemporanea possa ancora fare alcune cose, quanto sia
indispensabile fare queste cose e quali risultati queste cose possano portare.
Parliamo quindi delle quattro azioni fondamentali che la formazione italiana fa,
può fare meglio e deve continuare a fare.
1. Sperimentare
Tutti i casi riportati e le esperienze del Convegno hanno in comune un elemento
che contraddistingue il nostro approccio all’innovazione: la sperimentazione.
La formazione deve evolvere, spingersi oltre i normali e tradizionali confini a
cui siamo abituati. E la sperimentazione diventa il fil rouge della maggior
parte delle esperienze condivise con diverse decine di persone.
Sperimentazione che riguarda gli strumenti, la metodologia, gli approcci, l’uso
della tecnologia (anche se su questo aspetto sarei un po’ critico come sto
scrivendo nel mio post su WebinarPRO.it “Tecnologia vs. Formazione: 1-0” e che
deve sempre di più coincidere con una sperimentazione mentale, un’esplorazione
concreta di nuovi paradigmi e nuovi approcci.
Gli esempi che abbiamo avuto vanno in questa direzione, facciamo in modo che sia
un atteggiamento sempre più condiviso e la luce in fondo al tunnel si allargherà
sempre di più, fino a tornare a rivedere le stelle.
2. Creare sistema e fare networking
La formazione non è un’isola a sé. Non è nemmeno un arcipelago. La formazione è
uno strumento, una parte del tutto, una fase di un processo dinamico, vitale, in
eterna evoluzione. E le aziende incontrate in questa giornata ne sono un
bell’esempio. La formazione deve integrarsi con l’intero sistema aziendale in
modo sempre più stretto e vitale, sempre più sinergico e non solo.
Una delle parole chiave emerse all’inizio è proprio networking e spesso il
termine è la risposta per offrire una via di fuga proprio alla fuga: se la
formazione diventa un ponte con sistemi esterni più ampi, allora le risorse si
trovano e diventano ottimali
3. Valorizzare e ottimizzare
Performance, performance, performance. Se la riduzione dei costi sembra aver
sostituito altre istanze ben più nobili, è anche vero che l’ingegno sta
rispondendo in modo concreto: le aziende (le migliori, almeno!) sempre più
mirano al massimo risultato, nonostante le risorse contenute.
Si potrebbe dire, dagli interventi del convegno, che la performance rimanga un
secondo fio conduttore, un’esigenza che non abbandoniamo seppur i fondi e le
risorse economiche possano ridursi sempre più.
A tal scopo, risulta sempre più efficace l’uso della tecnologia, come abbiamo
più spesso indicato anche su WebinarPRo, che sta rispondendo egregiamente
all’esigenza di formare a distanza centinaia di persone, far comunicare
venditori e agenti sparsi sul territorio nazionale e internazionale e tagliare
nettamente, se non azzerare del tutto i costi di trasferta e spostamento. La
soluzione? Videoconferenze, Riunioni online, WebTraining di qualità, con un
occhio attento alla qualità dell’interazione, e non solo alla piattaforma
webinar!
4. Puntare all’eccellenza
Insomma, la formazione può puntare all’eccellenza, può ancora valorizzare il
patrimonio umano (piuttosto che il concetto di risorse umane, vecchio e
obsoleto).
Possiamo tenere alta la testa e considerare le best practice sperimentate in
Italia e non solo (considerata l’importante esperienza di realtà che hanno un
braccio d’azione ben più ampio presenti al convegno) come modelli da seguire,
visioni di un insieme che tutto sommato può ancora rubarci un lieve sorriso di
orgoglio con i colori verde, bianco e rosso.
fonte: www.b2corporate.com
Le persone producono sempre meno beni materiali e sempre di più generano,
comunicano, integrano conoscenza, capace di assicurare la continuità dei valori
aziendali e di sostenere il cambiamento necessario a garantire la competitività
alle aziende.
Le scelte e le politiche di formazione delle Risorse Umane diventano uno
strumento fondamentale per presidiare i processi di trasmissione del sapere, di
riqualificazione, di crescita professionale e di sviluppo della cultura
manageriale.
E questo è tanto più vero quanto i contesti in cui le aziende si trovano ad
operano vivono momenti di difficoltà.
La ricerca, l’educazione, la formazione e lo sviluppo sono, pertanto,
investimenti immateriali essenziali e rappresentano oggi la vera sfida per
l’impresa competitiva.
- Ma quali sono le metodologie maggiormente efficaci per la formazione delle
Risorse Umane?
- Quali sono le tendenze per il prossimo futuro?
- Vi sono aziende che hanno sperimentato modalità di formazione particolarmente
efficaci, dato il periodo storico che viviamo?
Se ne parlerà nel corso del Convegno organizzato da Business International:
Training strategies for Hr Leader, a
Milano il prossimo 18 giugno.
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Perché le Risorse Umane non acquisiscono ancora pieno riconoscimento
come Partner di Business da parte del CEO e dei colleghi Director?
Le ragioni sono molte, le recenti ricerche globali sulle best practice nell’HRM,
chiariscono alcuni punti essenziali:
● le Risorse Umane non sempre si integrano con il
resto dell’azienda per pianificare la propria evoluzione (es. nello Strategic
Plan), con azioni di innovazione di respiro (tre anni almeno) sulla acquisizione
e sullo sviluppo di competenze e sul miglioramento dei propri processi
(integrazione con quelli del business);
● le Risorse Umane non si impegnano a misurare la
propria performance in modo “leggibile” dai colleghi Director;
● le Risorse Umane restano spesso organizzate per
expertise (ad es. compensation, recruiting, etc.) più che per processo
trasversale, mentre altre funzioni aziendali evolvono verso un’organizzazione
“process oriented” (ad es. la Supply Chain che le R.U. hanno aiutato a
realizzare)
Esistono metodologie e approcci per aiutare le Risorse Umane a diventare un
traino per l’evoluzione dell’azienda e non un follower:
● l’HR Best Practice Process Review;
● la Balance Score Card integrata dei process HR;
● il Piano Strategico delle HR (Target Planning,
Process Performance e Organization Review).
Il modello di riferimento è uno schema con otto aree principali e 45
sottoprocessi:
a cura di
Francesca Chialà
Responsabile Marketing
AchieveGlobal Italia
Se siete confusi dalla complessità raggiunta dall’industria mobile, e su
come investire sui progressi del rapido aumento della mobilità della forza
lavoro, non sentitevi soli.
L’avvento delle tecnologie mobili fa si che ognuno di noi possa considerarsi un
lavoratore in movimento, lo stesso vale per i team che, sempre più, possono
sentirsi uniti anche con i suoi membri lontani migliaia di kilometri. Può
sembrare più facile a dirsi che a farsi per alcune organizzazioni. Quindi, da
dove è meglio iniziare?
La maggior parte delle aziende ha già, o è in procinto di sviluppare,
piattaforme mobili per raggiungere e servire al meglio i propri clienti. Perché
non fare lo stesso con i dipendenti? Dopo tutto, anche loro sono clienti.
I dipendenti, in modo particolare la generazione Y, chiamata anche generazione
dei “Millenial”, desiderano accedere alle informazioni e collaborare attraverso
dispositivi mobili, oggi più che mai.
La sensazione che le applicazioni mobili faranno sempre più da catalizzatore per
potenziare la forza lavoro più giovane si fa sempre più forte. Considerando
anche che, secondo dati Google, in Italia il tasso di penetrazione degli
smartphone tra la popolazione è del 41,3%, percentuale in costante crescita.
Si tratta anche di cambiare la cultura dell'organizzazione. Per esempio, se
doveste fare una survey interna tra i vostri manager, credete di poter trovare
persone che promuovono e incoraggiano la flessibilità nell’ambiente lavorativo?
Le intranet aziendali vengono utilizzate al massimo del loro potenziale per la
comunicazione tra reparti e quindi per lo scambio dei dati?
Queste sono solo alcune delle domande che occorre porsi al fine di poter guidare
un cambiamento realmente efficace e promuovere una cultura “mobile” in azienda.
Tenete presente che il cambio di cultura non avverrà da solo, all’improvviso, ma
le aziende farebbero meglio a identificare quali parti dell'organizzazione hanno
già i requisiti per fare da pilot ed esempio per avviare e contribuire a guidare
il cambiamento all’interno dell'organizzazione.
Dopo aver identificato i “portatori di cambiamento”, è possibile iniziare a
valutare l’inserimento di soluzioni che permettano effettivamente una maggiore
flessibilità e mobilità all’interno dei processi aziendali.
Sebbene i livelli di implementazione sono ancora relativamente bassi, le
organizzazioni medio-grandi, stanno prendendo sempre più in considerazione la
soluzione mobile per le risorse umane che consente ai dipendenti di consultare
le proprie informazioni HR, secondo uno studio condotto da VDC Research e
l'Istituto di ricerca ADP.
Rendendo queste funzioni facilmente accessibili su un dispositivo mobile, le
organizzazioni possono contribuire a favorire e promuovere una cultura
“self-service” flessibile. La ricerca ha anche sottolineato i benefici nel
coinvolgere i dipendenti, mostrando che l'81% delle grandi e il 76% delle
aziende di medie dimensioni che avevano effettuato investimenti sul mobile hanno
registrato un incremento della soddisfazione dei propri collaboratori.
Questi sono solo alcuni degli elementi che possono aiutare la vostra
organizzazione a sfruttare i vantaggi della mobilità. Il passo più importante è
garantire che l'ambiente che si sta creando, aiuti effettivamente ad aumentare
la flessibilità, la produttività e la soddisfazione del lavoro, per aiutare la
vostra organizzazione a raggiungere gli obiettivi di business.
a cura di
Nicola Uva
Strategy & Marketing Director
ADP Italia