Primi emendamenti al Decreto Lavoro volti a contenere la flessibilità
concessa per contratti a termine e apprendistato, in Senato il Ddl con deleghe
su contratti e ammortizzatori: l'iter.
Cambiamenti in vista al testo originario del Decreto Lavoro alla Camera: il
Ministro Poletti sembra fare marcia indietro sull’ampia flessibilità prevista
per il nuovo tempo determinato in tema di proroghe concesse nell’arco dei 36
mesi (che potrebbero ridursi da otto a sei) e per quello di apprendistato in
tema di formazione (che potrebbe tornare obbligatoria). E spunta un
rafforzamento dei diritti di prelazione in caso di nuove assunzioni per chi ha
già avuto contratti a termine. Il tutto, con la necessità di convertire il
decreto in legge entro il 20 maggio 2014.
Emendamenti al Dl Lavoro
Nel corso delle audizioni in Commissione sono state presentate diverse proposte
di cambiamento, in molti casi per aggirare possibili incompatibilità o lacune
normative. Sulla reintroduzione dell’obbligo per gli apprendisti di partecipare
a corsi di formazione si configura un accordo tra le forze di maggiornanza,
mentre appare più in salita il percorso per la proposta del PD di ripristinare
la quota minima di stabilizzazione per questi lavoratori, nonchè quella per
ridurre da 36 a 24 mesi il limite temporale per i contratti a termine.
Il ministro Giuliano Poletti si è detto disponibilità a ridimensionare il numero
di proroghe possibili («non è un dogma») mostrando invece chiusura nei confronti
delle proposte PD. Le posizioni saranno più chiare entro l’11 aprile, termine
ultimo per la presentazione degli emendamenti in commissione. Per quanto
riguarda il diritto di precedenza, la proposta prevede che lo possano
esercitare, in caso di assunzioni a tempo indeterminato, coloro che in azienda
hanno già avuto contratti a termine, purché con le stesse mansioni e nell’arco
dei 12 mesi precdenti.
Ddl Lavoro
Intanto è arrivato in Senato l’altro provvedimento del Jobs Act, il ddl delega
in attesa di essere consegnato alla Commissione Lavoro.
Il testo si compone di sei articoli, che contengono cinque deleghe al governo in
materia di riordino delle forme contrattuali, riforma degli ammortizzatori
sociali, servizi per il lavoro e le politiche attive, semplificazione di
procedure e adempimenti, maternità e conciliazione. Dopo l’approvazione
parlamentare, il governo avrà sei mesi di tempo per attuare le deleghe, con
entrata in vigore della riforma prevista per gennaio 2015.
Fonte: www.pmi.it
Chiarimenti del ministero del Lavoro sulle modifiche al contratto a tempo
determinato: proroghe estese e tetti massimi di assunzioni a termine senza
causalone, con le eccezioni per le piccole imprese.
Il contratto a termine nell’arco dei tre anni (36 mesi) per i quali non è più
necessario il causalone è prorogabile fino a un massimo di otto volte: è una
delle precisazioni che arrivano dal ministero del Lavoro dopo la presentazione
del decreto legge approvato dal Cdm dello scorso 12 marzo, che ha previsto una
sostanziale marcia indietro sul contratto a tempo determinato (e non solo, anche
sull’apprendistato), rispetto a quanto previsto due anni fa dalla riforma
Fornero.
Le imprese sono ora libere di applicare il contratto a termine senza dover
spiegare, per iscritto, le esigenze produttive che richiedono il tempo
determinato in luogo del contratto a tempo indeterminato) per tre anni (non più
uno solo) nell’arco dei quali sono consentite fino a otto proroghe, che si
riferiscano alla stessa attività lavorativa del contratto iniziale.
Requisiti di contratto
C’è un paletto: ogni azienda non può avere più del 20% di contratti a
termine rispetto al totale dell’organico aziendale. Questo, specifica il
ministero, nel rispetto delle precedenti leggi, in particolare dell’articolo 10,
comma 7, del Dlgs 368/2001, in base al quale i contratti nazionali possono
prevedere limiti diversi e sono comunque esclusi dai vincoli di tetto massimo
una serie di tipologie contrattuali (start-up, stagionali). Di contro, le PMI
fino a 5 dipendenti non hanno nessun vincolo e possono sempre stipulare un
contratto a termine.
Riforma del Lavoro
Il governo, sottolinea il ministero, con queste modifiche vuole offrire «la
risposta ritenuta più efficace alle attuali esigenze del contesto occupazionale
e produttivo del Paese». Ricordiamo che si tratta di un decreto legge, che
quindi andrà convertito in legge dal Parlamento, che potrà apportare eventuali
modifiche.
Il decreto, lo ricordiamo, conterrà anche le modifiche sull’apprendistato e
sulla smaterializzazione del DURC mentre le altre misure annunciate del Jobs Act
saranno contenute in diversi provvedimenti: uno, di cui sono state tratteggiate
le linee guida, relativo al taglio del cuneo fiscale (con l’aumento da maggio di
circa 80 euro al mese per 10 milioni di lavoratori), e un disegno di legge con
una più corposa riforma di contratti di lavoro e ammortizzatori.
Fonte: www.pmi.it
Come funziona la nuova sperimentazione sul contratto di ricollocazione?
Ecco le regole per l'accesso ai voucher lavoro.
La Legge di Stabilità (comma 215) ha istituito in via sperimentale il
contratto di ricollocazione, in controtendenza rispetto ai più recenti sforzi
del Legislatore, che a causa della crisi si sono concentrati sulle politiche
passive del lavoro, sostenendo il reddito con fondi per la disoccupazione o la
cassa integrazione che non comportavano necessariamente la ricerca di nuovo
impiego o la riqualificazione professionale. Il contratto di ricollocazione
tenta invece di favorire il reinserimento del lavoratore nel tessuto produttivo,
stabilendo un contatto diretto tra Stato e Regioni.
Le Regioni, che hanno la competenza legislativa e amministrativa in materia di
servizi per l’impiego, sono libere di prendere parte alla sperimentazione,
scegliendo un intervento attivo in luogo dei sempre più diffusi corsi di
formazione.
Basta una delibera regionale per stipulare la nuova tipologia di contratto,
mettendo a disposizione voucher a copertura dei costi per la ricerca di lavoro.
I buoni sono divisi in una parte fissa e una variabile (più consistente) legata
alla ricollocazione del lavoratore, che potrà rivolgersi a una delle agenzie
accreditate presso la propria Regione e appoggiarsi ad un tutor con mansioni di
assistenza e ricerca di eventuali corsi di riqualificazione.
Voucher Lavoro
Il valore del voucher cambiano a seconda del livello di ricollocabilità del
lavoratore, così da evitare che le agenzie si concentrino sulle figure
professionali più ricercate (che avranno un voucher meno considerevole),
tralasciando i lavoratori con maggiori problemi di reinserimento (i cui voucher
saranno ben più redditizi). Al primo rifiuto di una iniziativa o di un posto di
lavoro, il lavoratore subirà una prima contestazione dal parte del tutor con la
conseguente perdita di metà dell’indennità, che verrà completamente azzerata
alla seconda contestazione.
La particolarità della nuova disciplina, che ha potuto manifestare la propria
validità in Paesi come l’Olanda, consiste soprattutto nella competizione tra
agenzie accreditate: quella che si dimostri troppo accondiscendente verso il
lavoratore rischia di non trovargli un’occupazione e quindi di non incassare il
voucher; quella troppo rigida sarebbe non gradita ai lavoratori, che si
rivolgerebbero invece alla struttura capace di ricollocarli in tempi brevi e con
criteri equi e ragionevoli, trovando un punto d’incontro tra aspirazioni e
richieste del mercato.
Fonte: www.pmi.it
Le persone sono le risorse più importanti di un'organizzazione: in questo
articolo vediamo le metodologie e le regole pratiche per trarre il meglio da
collaboratori e dipendenti.
Investire nella motivazione di un gruppo di lavoro comporta innumerevoli
vantaggi: dopo aver analizzato le principali teorie economiche a riguardo
vediamo ora come adottare le più efficaci metodologie, affrontando la questione
con un approccio più pragmatico. Ogni manager di progetto, coordinatore, o
responsabile d’azienda lavora più o meno consapevolmente su almeno quattro
aspetti della sfera psicologica (personale e sociale) delle persone con cui
collabora:
Equità: il valore della percezione
Quel che possiamo sottolineare è la predominanza della percezione
sull’azione: conta non tanto l’azione in sé quanto la percezione che di questa
avrà la risorsa umana (collaboratore, dipendente, membro del team…). Ad esempio,
ogni gruppo è legato sempre da un sottile senso di equilibrio, che anima ogni
componente del team e regola le relazioni tra gli individui: ebbene, una
percezione di scarsa equità può provocare squilibri che possono influire
negativamente sugli standard lavorativi.
La percezione dell’equità è condizionata spesso da personali delusioni o
presunzioni (percezioni soggettive): anche dare un permesso premio ad una
persona oggettivamente meritevole può comportare una percezione di iniquità da
parte dei colleghi. Ciò che si deve sempre fare è porsi in modo costruttivo
verso chi vive questa situazione di disparità (leggi anche come incrementare il
rendimento delle risorse umane).
Le azioni che si possono mettere in campo sono di diversa natura: da un lato si
può rivalutare il sistema di comunicazione degli input (obiettivi, vincoli,
competenze…), dall’altro si può sviluppare un sistema per la valutazione e
condivisione dei risultati individuali e di gruppo. Un primo approccio ci è
suggerito dalla teoria del Goal Setting che si basa su un assioma (la
prestazione è causata dalla volontà di fornire la prestazione) sviluppato su
quatto punti:
Regole di Comunicazione
Questi aspetti ci portano ad analizzare un ulteriore fattore critico: la
comunicazione. Per mantenere un buon livello di performance da parte di
dipendenti e/o collaboratori, si deve cercare di instaurare, in primis, una
buona comunicazione, cercando, lo ripeto ancora una volta, di costruire un
rapporto sincero e leale. Per facilitare questo tipo di approccio si possono
tenere presente 5 regole:
Obiettivi
Un buon capo deve puntare alla crescita dei propri collaboratori aiutandoli a
sviluppare caratteristiche che fanno il paio con quanto scritto poco sopra:
Dopo tante riforme e sacrifici, non si può non essere trasparenti al 100%
sul sistema previdenziale
Fra le tante notizie-minacce che ricorrono e vengono agitate, ora come
bastone, ora come carota, sulle nostre teste adesso c’è anche quella
dell’incertezza dei bilanci previdenziali. Ieri un comunicato e una
dichiarazione dell’Inps, uno di mattina, l’altra di sera, ci hanno prima
informato che c’era una situazione di "non totale tranquillità dei conti", e
poco più tardi assicurato che c’è "piena sostenibilità" dei bilanci. Già su
questo avvicendarsi di voci contraddittorie ci sarebbe da ridire: dal tempo dei
tecnici in poi nulla sembra più certo nei bilanci dello Stato, ottimismo e
pessimismo, se non addirittura catastrofismo si alternano in una girandola di
colpo di scena sulle voci di bilancio più disparate. E sembra che una studiata
strategia di demolizione delle certezze serva a preparare sempre nuovi tagli e
nuovi colpi di scena.
Ma a parte questo, è proprio sulla questione previdenziale che non dovrebbe
essere accettato nessun giochetto. Quando la ministra Fornero varó la sua
riforma, infatti, fu pagato un prezzo sociale molto alto, con la creazione di
due o trecentomila (a seconda di come li si calcola) esodati, ovvero con un
enorme numero di persone che sono rimaste prive di copertura. Difesi - a parole
- da quasi tutti i partiti, gli esodati sono rimasti sostanzialmente abbandonati
a se stessi, e il governo Letta ha deciso di sanare solo una piccolissima parte
delle emergenze, sette o ottomila persone da tutelare, per gli altri si vedrà di
manovra in manovra. Alla piaga degli esodati si è aggiunta poi quella parallela,
ma a se stante degli "scongiunti", che ora sono un grave problema di molti, ma
che domani potrebbero diventare il grande dilemma di tutti noi, il destino di
una generazione - la prima senza tutele previdenziali garantite - che dovrà
ricostruire carriere contributive a dir poco rapsodiche e acrobatiche.
Fu lo stesso presidente Mastrapasqua, durante una intervista, a spiegarmi che
effettivamente i parametri di riscatto previsti per le ricongiunzioni sono
eccessivamente vessatori, che l’istituto guadagna moltissimo dalle cifre
richieste, aggiungendo però che - ovviamente - senza un intervento della
politica nulla si può fare per risolvere il problema: ecco che tanto per fare un
esempio, per riscattare cinque anni di carriera con contributi versati
regolarmente, ma magari in casse diverse, bisogna sborsare importi da riscatto
dell’anonima sequestri. Un tempo il problema del riscatto era la privazione
della libertà fisica, adesso la stessa parola racconta il problema della
privazione della sicurezza previdenziale.
Eppure, fino a ieri, il prezzo di tutte queste incredibili disfunzioni era una
grande sicurezza strutturale, ostentata con orgoglio da ministri e dirigenti:
grazie alle riforme rigoriste di un ventennio, da quella di Lamberto Dini, a
quella di Bobo Maroni, a quella appunto della Fornero - ci assicuravano - i
conti sono a posto: abbiamo alzato l’età di lavoro ai livelli più alti d’Europa,
andiamo in pensione molto più tardi di francesi e tedeschi, se c’è un comparto
del spesa pubblica su cui possiamo esibire con soddisfazione un primato è
proprio quello della previdenza. Ed invece ecco la beffa: la fusione di Inpdap e
Inps, che prova a salvare il deficit del pubblico impiego facendo cassa comune
con i fondi degli altri lavoratori, ha fatto passare il bilancio da un attivo di
un miliardo ad un deficit di nove: si noti, ovviamente, che tutto questo è stato
deciso con il leggendario decreto "Salva-Italia". Siamo di nuovo appesi, di
nuovo incerti. Seguiranno rassicurazioni, stangate, e forse una certezza. La
prossima guerra che attraverserà l’Italia sarà una guerra previdenziale: una
guerra fra garantiti e sans culottes, tra sommersi e salvati. Si combatterà fra
trent’anni, ma i suoi presupposti affonderanno le loro radici nelle diatribe di
questi giorni di incertezza.
Fonte: www.linkiesta.it
Le domande per l'accesso agli incentivi ai datori di lavoro che nel corso
dell'anno assumano lavoratori licenziati nei 12 mesi precedenti dovranno essere
presentate all'Inps entro 30 giorni dalla data dell'assunzione. E' quanto
stabilito dal decreto direttoriale n. 390 del 3 giugno 2013, di prossima
pubblicazione in Gazzetta ufficiale, che modifica il decreto direttoriale del 19
aprile scorso.
Occupazione: il decreto del 19 aprile 2013 sugli incentivi ai datori di
lavoro
Il decreto del 19 aprile stanzia 20 milioni di euro per la concessione di
incentivi, pari a 190 euro mensili, ai datori di lavoro privati che assumano, a
tempo determinato o indeterminato, lavoratori licenziati nei dodici mesi
precedenti l’assunzione.
Il contributo viene riconosciuto per un periodo di 12 mesi per le assunzioni con
contratto a tempo indeterminato e per 6 mesi per i contratti a tempo determinato
ed è subordinato all'impegno, da parte del datore di lavoro, a garantire
l'accesso dei nuovi dipendenti a interventi di formazione professionale.
Rispetto a quanto stabilito nel decreto di aprile, il decreto del 3 giugno
interviene in due punti:
Fonte: http://www.fasi.biz/