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Controllo dei costi del personale? Non solo in capo a funzione HR

A chi spetta il controllo dei costi del personale? Alle risorse umane? È una domanda ricorrente tra quanti nelle aziende si occupano della gestione dei dipendenti. La risposta, tuttavia, non è scontata perché implica una visione più ampia. È quella che BiMag ha chiesto di condividere con Giorgio Cirinà, partner di EOS Management Consulting, docente al corso organizzato a Milano da Business International lo scorso 21 gennaio.

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Ai dipendenti piace il cambiamento. Ma bisogna guidarli

«Kodak un tempo aveva una posizione dominante nel settore delle apparecchiature per immagini e per la stampa, HMV un tempo era leader nella distribuzione musicale, Nokia un tempo aveva una posizione dominante nella telefonia mobile. La lista dei giganti caduti in disgrazia continua». Inizia così, da una rasoiata, l’intervista di BiMag con Nimalan Nadesalingam.

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Generazione Y: intervista ad Adam Kingl della London Business School

Adam Kingl, Executive Director di Learning Solutions ed Executive Education, presso la London Business School, ha rilasciato una lunga ed approfondita intervista a Business International nei giorni scorsi. Riportiamo di seguito un estratto delle sue dichiarazioni.

Domanda: Potrebbe raccontarci una parte dei risultati della vostra interessante survey annuale, rivolta ai partecipanti al programma “Emerging Leaders”, sui temi del lavoro, dell’engagement professionale e della leadership? Che cosa emerge dall’ultima edizione dell’indagine?

Risposta
: Since 2009, London Business School has been issuing a survey to the participants of our executive education open enrolment Leading Teams for Emerging Leaders Programme, asking their attitudes toward work, employee engagement, and leadership paradigms. This course is a training ground for the global managers of the future and are almost all Gen Y – average age is 29, representing 33 countries over the past five years.

One of the questions of this survey asks how long the programme participants anticipate staying with their current employer:

  • 11+ years
  • Six to ten years
  • Three to five years
  • Two years or fewer.

The results support this startling change in worker attitudes over the last two generations:

  • 11+ years: 5%
  • Six to ten years: 5%
  • Three to five years: 53%
  • Two years or fewer: 37%.

Two startling conclusions from these results are that 1) 90% of those surveyed anticipate staying with their employer for no more than five years, and 2) over a third do not foresee staying more than two!

For the employer, and specifically the HR function, the implications are fundamental. HR needs to focus more on asking their employees: what can you do for us now rather than five years from now? How can we support your development with short, sharp interventions, programmes, mentoring, or coaching? How can we support your career, knowing you will probably explore other opportunities, and entice you back when you are an even more senior, fully developed professional? How can our culture, rather than our employee ‘package’, keep you longer than we would otherwise enjoy? What benefits do you truly want, recognising that those benefits that grow slowly over time may not be relevant to you?

These are not easy questions to answer, particularly because the answers will be idiosyncratic to each organisation, each answer defining or redefining its culture and employer proposition in a manner that supports its unique brand, mission, vision and values. But if talent is key to success, and I see no evidence to suggest this paradigm has changed over the generations, then our answers must be compelling ones and may in some cases represent a sea change over previously held sacred cows. [...]

Per ulteriori approfondimenti, si rimanda al convegno

Per leggere l’intervista completa

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Controllo a distanza dei lavoratori: a regime le nuove regole

Il Consiglio dei ministri n.79 del 4 settembre 2015 ha dato il via libera definitivo agli ultimi quattro decreti legislativi del Jobs Act. Tra le norme approvate anche quelle relative al tema scottante dei controlli a distanza sul personale dipendente.

In sintesi, le aziende potranno controllare a distanza i propri lavoratori tramite gli strumenti di lavoro come pc, tablet e cellulari, senza che sia necessaria un’intesa sindacale o un’autorizzazione dal Ministero del Lavoro, richieste invece per installare telecamere o altri sistemi di controllo fissi. Sarà tuttavia sempre obbligatorio informare prima e in maniera completa i lavoratori sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, che devono avvenire sempre nel rispetto della privacy. In base a queste due condizioni, le informazioni che l’azienda raccoglierà, saranno utilizzabili anche ai fini disciplinari, compreso il licenziamento.

L’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (dello Statuto dei lavoratori) è dunque sostituito dalle “Disposizioni in materia di rapporto di lavoro” n. 23, contenute nel Decreto legislativo “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”, emanato in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Per approfondimenti in merito, si rimanda al seminario:
 

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L'importanza della formazione in azienda: il parere di Marco Monga, Direttore HR dell’istituto Italiano di Tecnologia

Business International ha intervistato Marco Monga, direttore risorse umane dell’Istituto IIT, Fondazione nata nel 2003 con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e la formazione avanzata del paese. Sotto la direzione di Monga, l’Istituto ha scelto di aderire al network di Business International - una community di aziende che condividono i valori del confronto, dello scambio di esperienze e del miglioramento continuo, a cui è possibile aderire annualmente per poi partecipare agli eventi formativi.
Abbiamo chiesto al dott. Monga la sua opinione sull’importanza della formazione in azienda.

DOMANDA: Quanto è importante la formazione per la sua azienda e nel suo mercato? Che ruolo ha e quale sarà il vostro trend di spesa nei prossimi anni: stazionario, in aumento o in diminuzione?
RISPOSTA:
La formazione è uno strumento che da solo non assolve al tema dello sviluppo del capitale umano, ma allo stesso tempo riveste un ruolo insostituibile in tale processo. I progetti formativi quindi sono sempre al centro dell’investimento dedicato alla crescita delle competenze di professional e manager. La natura giuridica di IIT, ossia di Fondazione di diritto privato ma organismo di diritto pubblico, ci rende soggetti a diverse norme di finanza pubblica, tra cui quelle che congelano le spese per la formazione ai valori del 50% di quanto speso nel 2010. Questo vincolo non ci consente di investire quanto vorremmo, per cui la nostra azione di pianificazione e progettazione deve ingegnarsi nell’ottenere il massimo risultato con il minimo delle risorse. Per cui, seppure il budget sia contingentato, negli ultimi anni abbiamo sviluppato interventi formativi in qualità e quantità maggiormente organica ed efficace rispetto al passato, centralizzando la gestione dei progetti e investendo nell’analisi delle esigenze interne.

DOMANDA: Innovazione: sarà secondo lei la parola chiave anche nella formazione? Come ed in che modo?
RISPOSTA:
L’innovazione nella formazione non è solo un tema di tecnologie al servizio della stessa. È di assoluto rilievo anche saper progettare piani di sviluppo in cui il training tradizionale si integri con altre fonti di apprendimento teorico ed esperienziale, ma soprattutto con l’agire di figure chiave a supporto del processo, dal coach al capo. In sintesi, gli attori in gioco non sono solo due (l’ufficio formazione e il dipendente), tutta l’organizzazione deve contribuire. Includendo anche una necessaria responsabilizzazione verso l’autoformazione, quale parte integrante di questi percorsi. L’investimento infatti deve essere reciproco: da una parte il datore di lavoro, che seleziona le persone su cui investire secondo criteri trasparenti e meritocratici, dall’altro le stesse persone, che si mettono in gioco non solo sul piano delle prestazioni, ma anche nella capacità di evolvere.

DOMANDA: Ci racconta un vostro progetto formativo di recente implementazione?
RISPOSTA:
Negli ultimi anni abbiamo promosso workshop interni di autoprogettazione dei contenuti essenziali sul management. In particolare abbiamo coinvolto oltre cento capi nella condivisione delle proprie esperienze sui temi della leadership e della gestione dei feedback, con la finalità di elaborare l’”IIT style” da condividere e rendere fruibile a tutti, su cui quindi progettare materiale formativo e informativo. Da tale esperienza, nella quale abbiamo avuto il ruolo di facilitatori e guida, abbiamo raccolto frutti importanti, sia sul piano dei riscontri reali (gli obiettivi sono stati pienamente raggiunti) che dell’autorevolezza del ruolo dell’ufficio formazione e sviluppo nel contesto organizzativo.

DOMANDA: Cosa vi ha convinto ad aderire al progetto Network di Business International?
RISPOSTA:
Il network BI offre occasioni di approfondimento e di aula che bene si integrano nei percorsi di sviluppo che progettiamo per le figure chiave di IIT. Apprezziamo in particolare il taglio pratico che viene dato agli eventi, con molta enfasi data alle esperienze di altre realtà, da cui deriva anche la possibilità di realizzare un vero scambio di idee e di networking in senso lato.

Per approfondimenti: http://www.businessinternational.it/Page/Network
 

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Privacy e videosorveglianza: novità per dipendenti e aziende

Il prossimo 9 giugno a Milano si terrà il convegno promosso e organizzato da Business International su Privacy e Videosorveglianza. Un incontro tra responsabili delle risorse umane, per fare il punto sul nuovo regolamento europeo e sulle novità del jobs act in materia di videosorveglianza. Abbiamo rivolto alcune domande alla dott.ssa Patrizia Ghini titolare dello Studio Patrizia Ghini consulenza direzione & organizzazione aziendale, esperta dell’argomento e relatore del convegno.

Domanda. Quali sono le tappe che dovrebbe seguire il legislatore italiano per realizzare un nuovo modello di gestione della tutela e della protezione dei dati personali? Che risvolti avrebbe nella relazione tra dipendente e impresa privata o ente pubblico?
Risposta. Bisognerebbe individuare quali sono gli adempimenti e i vincoli sostanziali che occorre far rispettare alle aziende in maniera rigorosa, semplificando unicamente gli adempimenti formali (che, peraltro, nel tempo sono già stati ridotti sensibilmente, si pensi all’Informativa e al DPS), superando la visione che la normativa sulla privacy si traduca solo in una serie di formalismi del tutto inutili e che di fatto “non serve a niente”.

D. Quali son i punti più controversi nella gestione del controllo dei lavoratori da parte del datore di lavoro attraverso i social media, mail, App?
R. Le aziende non vogliono e spesso non possono vietare del tutto l’accesso a internet da parte del personale. Ciò per motivi di “clima” aziendale (non “vogliono” vietarlo del tutto) o di utilità a fini lavorativi (non “possono” vietarlo del tutto). Da tale scelta, conseguono, tuttavia, una serie di problematiche: prima di tutto occorre verificare se e come sia legittimo controllare ciò che il lavoratore fa quando accede a internet e, in seconda battuta, appurare che tipo di azioni disciplinari siano possibili, con quali modalità e con quali limiti.

D. Quali sono le difficoltà e gli obblighi che incontrano le aziende nella gestione della videosorveglianza all’interno e all’esterno del proprio spazio di lavoro?
R. Spesso le aziende installano sistemi di videosorveglianza senza sapere che vi sono dei vincoli legali. E questo perché si nota una sempre più frequente diffusione delle telecamere, in ogni luogo, aziendale, pubblico, privato, e si dà così per scontata la possibilità di installazione. Così non è, come ha chiarito più volte l’Autorità Garante per la privacy. Anche per le aziende che intendano muoversi in un quadro legale, tuttavia, vi sono difficoltà interpretative soprattutto per quanto riguarda il rispetto del divieto di controllo a distanza stabilito dallo Statuto dei lavoratori (es. posizionamento delle telecamere, orientamento, procedure autorizzative).

D. Diritti e doveri delle aziende e dei lavoratori in ambito di privacy. Quali sono le norme comportamentali che ogni azienda deve adottare e ogni lavoratore deve rispettare?
R. L’azienda deve elaborare alcune fondamentali direttive e procedure operative, il più possibile chiare e sintetiche, alle quali devono associare un’adeguata formazione al proprio personale: in assenza non potrà mai esserci una vera e sostanziale compliance privacy. I lavoratori, dal canto loro, devono evitare atteggiamenti qualunquisti in merito all’utilità delle disposizioni aziendali e devono attenersi alle indicazioni fornite dal datore di lavoro, il quale, a sua volta, non dovrà “tollerare” comportamenti non conformi alle regole. Ciò riguarda, ad esempio, la gestione delle password, la possibilità o meno di accedere, condividere e rendere disponibili informazioni riservate (sia all’interno che all’esterno della compagine aziendale), le modalità di corretta archiviazione e conservazione della documentazione.
 

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Professore ordinario di Organizzazione Aziendale, Università di Tor Vergata e Presidente Eos Management Consulting
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