La coesistenza tra persone o gruppi appartenenti a diverse culture e
origini, genere, orientamenti sessuali, generazioni, percorsi professionali e
formativi, costituisce una opportunità o un rischio?
La presenza di valide ricerche a valenza globale e locale, ma anche la nostra
esperienza sul campo nell’assistere aziende clienti nazionali e internazionali
ci fa affermare che quando diversi punti di vista, valori, comportamenti,
esperienze si incontrano in un corretto e strutturato percorso di inclusione, la
società e le organizzazioni ne beneficiano. Migliorano i dati
economico-finanziari, la creatività, la innovazione, le capacità relazionali, la
flessibilità, la ricchezza di stili, le competenze manageriali e la “rotondità”
della leadership.
Nel caso della diversità di genere, vale la pena ricordare ad esempio, i
risultati positivi indotti dalla presenza delle donne nei board così come
riportato negli studi proposti da società di consulenza e istituti di ricerca
internazionali, ma anche nelle analisi prodotte recentemente da Consob. Una
ricerca condotta da MRG Institute su più segmenti della Diversità (genere,
etnia, età…) fa emergere quanto l’efficacia nelle varie categorie della
Leadership (creazione della visione, consenso, capacità di attuazione,
monitoraggio, gioco di squadra...), si differenzi a seconda dei diversi segmenti
della diversità, declinando lo stile migliore nelle varie situazioni.
I progressi riscontrabili nelle imprese italiane relativamente alla
valorizzazione della diversità, in particolare di genere, sono significativi: la
presenza di più del 35% di donne nei cda delle aziende quotate per effetto della
legge Golfo-Mosca è tra i migliori risultati in Europa. Ciò nonostante non si
può ritenere superato il problema della disparità di genere nel nostro paese se
l’Italia si posiziona ancora al 70esimo posto su 144 paesi nella classifica del
Global Gender Gap, se la differenza nei salari nel privato è superiore al 17%,
se il tasso di fertilità è tra i più bassi in Europa.
Dove risiede il problema
Il sistema paese presenta ancora degli ostacoli nel percorso verso la parità
di genere, quali ad esempio la mancanza di adeguati supporti alla conciliazione
vita-lavoro, ma molte delle nostre imprese non sono da meno. Spesso si
incontrano aziende e imprenditori che non hanno tra le loro priorità la
valorizzazione dei talenti femminili, resistono al cambiamento, e sono incapaci
di confrontarsi e di accettare nuovi schemi e nuovi modelli. I rischi di questi
comportamenti sono l’incapacità di rispondere in modo efficace alle richieste di
una nuova mentalità necessaria per affrontare le discontinuità presenti ai
giorni nostri.
Il nostro approccio : inclusione come un vantaggio competitivo
Il valore che una dimensione organizzativa inclusiva può generare è per noi
coerente con gli studi e le esperienze fatte sul campo.
Ma affinchè questo valore possa emergere è necessario che il viaggio verso
l’inclusione si affronti con tutto il bagaglio necessario, seguendo un percorso
prestabilito, con un obiettivo di arrivo (traguardo) chiaro e determinato. Il
viaggio verrà declinato secondo le dimensioni della diversità più opportune
(genere, cultura, età…) per il contesto come risultato di una preliminare
analisi.
Il viaggio verso l’inclusione
L’itinerario che proponiamo si articola su più piani : parte da un
disallineamento iniziale (gap), prevede uno step di sensibilizzazione , un
secondo step di comprensione del problema, un terzo step di costruzione delle
skills necessarie (il bagaglio), un quarto di allenamento e consapevolezza
rivisitando modelli e archetipi classici e contemporaneamente attuali.
Una organizzazione imprenditoriale nostra cliente sta percorrendo questo viaggio
per includere al meglio la componente e i talenti femminili presenti al suo
interno: l’approccio e le soluzioni innovative che stiamo sviluppando insieme,
coerenti con la strategia dell’organizzazione, saranno utili per abilitare il
cambiamento culturale della stessa verso un nuovo stile inclusivo e un
arricchimento della leadership, per valorizzare il contributo delle donne.
a cura di
Stefania Celsi
Talent Management Leader
Confusione. È questo il termine più inflazionato e utilizzato in questi giorni da numerosi esperti, di settore e non, per descrivere l’attuale situazione riguardante i due pilastri fondamentali contenuti nel decreto 28 gennaio 2019 numero 4, entrato in vigore il 29 gennaio scorso, Quota 100 e Reddito di Cittadinanza. Un tema su cui abbiamo voluto confrontarci, a margine dell’evento formativo “Quota 100, Ape sociale e Opzione donna”, con Luca Barbieri, consulente aziendale e responsabile dell’ufficio studi dello studio Arlati Ghislandi, che ha provato a fare luce sulla situazione attuale con anche un leggero spunto di riflessione nei confronti di una discriminazione generazionale che forse non sempre aiuta le performance del business.
COMUNICATO STAMPA
Per l’80% delle imprese la priorità è la digitalizzazione fa aumentare la
produttività e rende possibile il cambiamento
Secondo la ricerca “The future of HR in the digital era”, realizzata da
Business International in collaborazione con Osservatorio Imprese Lavoro INAZ,
il 38% delle imprese prevede di introdurre lo smartworking e il 31% forme di
welfare aziendale. Linda Gilli, amministratore delegato di INAZ: «Il digitale è
il fattore abilitante del cambiamento, ma al centro di ogni progetto di sviluppo
c’è il fattore umano»
La digitalizzazione come opportunità unica per invertire la curva che porta
in basso l’Italia sul fronte della produttività, facendo rimanere al palo il
nostro Paese non solo nei confronti della Germania o della Francia, ma anche di
paesi come la Spagna. È questa la visione che accomuna i direttori risorse umane
delle imprese italiane: l’80,77% infatti mette la digitalizzazione fra le
priorità dell’azienda, insieme a esigenze pragmatiche come incremento della
produttività e riduzione dei costi (indicati fra le tre opzioni possibili
rispettivamente dal 65,38% e dal 57,69% degli intervistati).
È quanto emerge dalla ricerca The future of HR in the digital era, realizzata
da Business International in collaborazione con Osservatorio Imprese
Lavoro INAZ, intervistando un centinaio di HR executives e dirigenti di
aziende medio-grandi. Il report 2018 completo, di cui è stata presentata
un’anteprima lo scorso novembre a Roma in occasione di HR Business Conference, è
ora disponibile sul sito dell’Osservatorio
Impresa Lavoro Inaz.
La ricerca, che comprende anche una serie di interviste a manager e specialisti
del personale, è tesa a indicare gli elementi chiave della roadmap della
trasformazione digitale nel nostro paese in ambito HR. «Se è vero che scontiamo
ancora uno scarto importante rispetto all’Europa, è anche vero che le imprese
manifestano una forte voglia di guardare al futuro – commenta Linda Gilli,
presidente e amministratore delegato di Inaz -. È il digitale infatti a rendere
possibili tutte le iniziative sulle quali oggi ci si concentra in ambito HR per
lavorare meglio, in modo più produttivo e con modalità di organizzazione che
rispondono alle sfide di oggi.
Per esempio lo smartworking (il 38% degli intervistati prevede di introdurlo
in azienda), lo sviluppo del welfare aziendale (su cui si concentrerà il
31% degli intervistati), nuove modalità di performance management e
misurazione dei risultati, ma anche formazione continua, employee retention e
talent acquisition». La funzione HR è inoltre consapevole di doversi
digitalizzare essa stessa (54% delle risposte alla richiesta di indicare tre
obiettivi di investimento) e di avere bisogno di nuove competenze
specifiche (una necessità avvertita dal 53,85% degli intervistati).
«Si tratta di uno scenario che INAZ, come player di mercato e fornitore di
servizi, conosce molto bene – conclude Linda Gilli –. Le imprese sono chiamate a
costruire una realtà dove il tempo viene impiegato meglio, si lavora meglio e si
sta meglio. Si tratta del punto finale di un percorso dove il digitale è un
fattore abilitante, ma al centro c’è il fattore umano. Per questo la
funzione HR assume un ruolo chiave nella progettazione dello sviluppo armonioso
di imprese e organizzazioni».
Osservatorio Imprese Lavoro INAZ - Nasce dall’esperienza pluridecennale
di INAZ con l’obiettivo di fornire strumenti validi per leggere lo scenario
attuale e per tradurre nell’operatività quotidiana le idee che aiutano le
persone per lavorare meglio e le imprese per essere competitive. Raccoglie
materiali utili, offre momenti di riflessione, promuove buone pratiche,
convoglia e mette in circolo le migliori energie relative alla gestione della
forza lavoro e all’economia d’impresa. Con un valore sempre al centro: le
persone.
INAZ Srl - È una delle più importanti realtà italiane nella produzione
software ed erogazione servizi per l’amministrazione e la gestione delle risorse
umane. Con una rete commerciale presente in tutta Italia, Inaz offre le sue
soluzioni a più di diecimila clienti fra aziende, pubblica amministrazione,
studi professionali, consulenti del lavoro e associazioni di categoria. Inaz,
con il suo Centro Studi, è anche punto di riferimento per imprese e
professionisti in tema di aggiornamento, consulenza e formazione. La sede
centrale è in Viale Monza 268 a Milano. www.inaz.it
Ufficio Stampa: Eo Ipso
Miriam Giudici – mgiudici@eoipso.it – 346 3907608
Responsabile Marketing e Comunicazione Inaz
Alessandra Gioini - gioinia@inaz.it - 3450014096
Nel corso degli ultimi mesi sono stati colti alcuni segnali che non esitiamo
a definire inquietanti e che dovrebbero far seriamente riflettere gli
imprenditori, i manager e chi ha a cuore le sorti della competitività del
sistema paese.
Prendiamo le mosse dal rapporto Censis che domina per pochi giorni le headlines
dei giornali per poi cadere nell’oblio. La 52 edizione esordisce radiografando:
"rancore, cattiveria, una società senza miti ed eroi, complottismo e fuga
dal reale".
Da segnalare poi il ritorno del sogno dell’impiego pubblico che secondo un
sondaggio realizzato dalla SWG attira il 28% degli intervistati, con un
balzo, rispetto ad un’analoga indagine del 2016, di 13 punti percentuali. Last
but not least dal 2016 al 2018, secondo quanto riportato dalla Fondazione
Migrantes sulla base dei dati dell’Anagrafe dei residenti all’estero, sono
aumentati del 64,7% le persone che hanno preso la residenza in un altro
Paese e, verificando con attenzione ,si scopre che non sono pensionati in cerca
di contesti fiscali più favorevoli ma il 37% ha fra i 18 e i 34 anni ed il 25%
fra i 35 e i 49 anni, alla ricerca di opportunità che non riescono a trovare in
patria e di contesti nei quali sia riconosciuta la meritocrazia .
Si sta delineando per chi fa impresa in questo paese una situazione di
emergenza, con il rischio che i famosi lacci e lacciuoli, a suo tempo invocati
da Guido Carli, si trasformino in una tagliola esiziale. Il rallentamento del
ciclo economico in atto, non solo in Italia ma nel contesto internazionale,
rischia di far passare in secondo piano un contesto nel quale le tante imprese,
che molti paesi ancora ci invidiano e che con la loro attività hanno permesso di
evitare di fare, almeno sinora (!!!) , la fine della Grecia, si troveranno ad
operare con crescenti difficoltà in termini di: risorse, consenso,
creatività. Anziché rispolverare in ristretti contesti autoreferenziali
concetti come la responsabilità sociale dell’impresa è giunto il momento
di tradurre certe categorie in comportamenti tangibili.
Declinare la responsabilità sociale dell’impresa implica: mettere al centro il
lavoro, coinvolgere le persone, riconoscere e fare apprezzare il merito,
investire in tecnologia ed in formazione, saper valorizzare le ricadute nel
sociale di questo impegno, facendosi carico di impegni di cui la PA non è in
grado o non ha le risorse/volontà di realizzare. Intendiamoci esistono in Italia
imprese e contesti nei quali tutto questo viene portato avanti ma non sono
ancora percepiti dall’immaginario collettivo, non fanno notizia.
Ci sono ancora risorse e spazi per reagire, per attirare persone capaci anziché
incedere a pratiche affiliatorie, per dimostrare che è possibile invertire la
rotta e non considerare ineluttabile una decrescita felice che felice non sarà
perché rischia di marginalizzarci, di privarci delle risorse migliori, di
relegarci in un grigio appiattimento. Anziché lamentarsi perché additati come
‘prenditori’ e subire la continua gogna mediatica, è importante reagire con
fatti concreti, consapevoli, potremmo dire parafrasando Saint-Exupéry , che "non
ereditiamo la terra ma la prendiamo in prestito ai nostri figli".
a cura di
Antonio Angioni
Senior Partner
Poliedros Management Consulting.
L'Intelligenza artificiale, la capacità dei computer di svolgere attività
associate a esseri intelligenti. Un mondo in cui i computer possono pensare da
soli ed essere intelligenti come l'essere umano. Questa sarebbe una buona cosa
per il mondo? AI, ha i suoi vantaggi e molto da offrire ma allo stesso tempo ha
un prezzo. Per quanto riguarda il prezzo, gli umani hanno già iniziato a pagare
perdite di posti di lavoro e se i film di fantascienza sono una predizione, la
nostra stessa esistenza sta giungendo al termine?
continua.....