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EVENTS, TRAINING & DIGITAL CONTENT
for Executive

Business International nasce nel 1987 come spin-off di The Economist con cui organizza in Italia eventi come Business Roundtable e Tavola Rotonda con il Governo Italiano e produce conferenze, corsi di formazione e gruppi di lavoro di benchmarking per senior executive manager di aziende italiane e multinazionali.

Oggi Business International è parte del Gruppo Fiera Milano - il più grande operatore fieristico e congressuale italiano e uno dei maggiori al mondo - ed è attiva su Milano e su Roma nella organizzazione di annual conferences, nella produzione di corsi di formazione e nella  generazione di  opportunità di networking per manager e aziende.
 

EVENTS TRAINING DIGITAL CONTENT

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CALENDARIO EVENTI

TOP SPEAKER

Walter Veltroni
Scrittore e saggista

Nunzia Ciardi
Vice Direttore Generale
Autorità per la Cybersicurezza Nazionale, ACN

Paolo Crepet
Psichiatra, Sociologo e Scrittore

Maura Latini
Amministratrice Delegata
Coop

Federico Ghizzoni
Presidente
Rothschild & Co Italia

Carmen Carulli
CPO
L’Oreal

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SPONSORSHIP OPPORTUnitIES

Gli eventi di Business International riuniscono i decision maker delle principali business community e costituiscono occasioni uniche per entrare in contatto diretto con rappresentanti qualificati del mondo aziendale, istituzionale ed accademico.

Oltre 200 Aziende ogni anno scelgono i nostri eventi per fidelizzare clienti, generare lead, entrare in mercati emergenti, individuare nuove opportunità di business..

Sponsorship Speaking  Eventi Ad Hoc

NEWS & MEDIA

SMXL Milan 2023 - Charles Farina
Google Analytics 4 and Adobe Analytics Lead, Asdwerve,
VAI
AIXA Summit 2023 - Prof. David J. Gunkel
Professore del Dipartimento della Comunicazione e autore, Northern Illinois University
VAI
RE-Inventing Finance 2023 - Paolo Casalino
Direttore Generale, UDM PNRR, Ministero delle Imprese e del Made in Italy
VAI
Top Management
ABILITÀ, MOTIVAZIONE, CARATTERISTICHE PERSONALI: L’EQUAZIONE CHE MISURA IL SEGRETO DI UNA PERFORMANCE DI SUCCESSO

Che cosa fa di un atleta un campione olimpico? Quali fattori rendono un chirurgo un esperto di primo piano? Cosa permette ad un artigiano di realizzare con maestria il suo lavoro? Che cosa c’è alla base di un esame universitario superato il modo brillante? Da molto tempo la psicologia del lavoro, le scienze dell’educazione e il management si interrogano sui fattori che permettono di ottenere alte prestazioni in qualunque ambito. Con un lavoro durato oltre dieci anni, un gruppo di ricerca guidato da Filippo Ferrari, professore al Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna, è riuscito a identificare i fattori che sono alla base della performance e misurarli con un’equazione che comprende la somma di abilità, motivazione e caratteristiche personali, a cui si aggiunge il contesto esterno. Un rapporto che abbiamo voluto comprendere meglio in questo articolo, anche in vista della prossima edizione autunnale del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell'impresa contemporanea, organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, che si terrà il prossimo 26 e 27 novembre 2024 presso lo SPAZIO FIELD all'interno di Palazzo Brancaccio a Roma

 

LO STUDIO

Lo studio – pubblicato sul Business Process Management Journal – mostra che i fattori personali influiscono tra il 40 e il 65% sul risultato finale della prestazione, mentre una quota compresa tra il 35 e il 60% è determinata da fattori esterni. "Questa equazione fornisce un quadro oggettivo per misurare i fattori che influenzano le prestazioni dei dipendenti e offre quindi spunti strategici per la gestione delle risorse umane", spiega Filippo Ferrari. "Si tratta di un modello che aiuta le organizzazioni a concentrarsi sulle competenze specifiche che sono più critiche per le prestazioni, consentendo una formazione mirata e ignorando le competenze meno rilevanti".

 

L'EQUAZIONE

Ma come funziona questa equazione? Vediamo un esempio. Cosa rende Jannick Sinner un campione? Per prima cosa è dotato di un fisico e di una personalità adeguati al gioco del tennis (caratteristiche personali). Poi possiede eccellenti livelli di tecnica tennistica (abilità). E infine si allena e gareggia con intensità, tenacia e dedizione (motivazione). Questi fattori sono alla base della performance di qualunque tennista, anche mediocre, ma in Sinner hanno valori estremamente elevati.

Lo stesso discorso può valere per uno studente universitario: per superare brillantemente un esame deve avere certe attitudini personali (intelligenza, attitudine per la materia), e queste sono le caratteristiche personali. Poi deve impegnarsi con costanza ed intensità nel preparare ed affrontare l’esame, e questa è la motivazione. Infine, deve possedere determinate competenze: deve sapere prendere appunti a lezione, saper riassumere testi, essere in grado di usare al meglio le tecnologie che possono aiutarlo nello studio, e queste sono le abilità. "Dal punto di vista teorico, è possibile che una carenza in un singolo fattore sia compensata da livelli particolarmente elevati in altri fattori, ma dal punto di vista matematico i tre fattori non possono essere simultaneamente pari a zero, altrimenti la prestazione sarebbe impossibile, o meglio sarebbe dovuta solo a fattori non legati al soggetto", precisa Ferrari. "Oltre a competenze, motivazione e caratteristiche personali ci sono infatti molti fattori situazionali che possono influenzare la performance, ad esempio lo stile di leadership e il clima psicologico: un ulteriore valore da inserire nell'equazione".

L’equazione permette quindi di misurare quale parte della prestazione dipende dalle capacità del singolo individuo e quale dal contesto, attribuendo di conseguenza le giuste responsabilità al singolo ed evitando di valutare la prestazione anche per aspetti che sono al di fuori del suo controllo. Collegando competenze, motivazione e caratteristiche personali, il modello messo a punto dagli studiosi dell'Università di Bologna permette di stimare le prestazioni future e fornisce quindi un metodo più affidabile rispetto alla misura delle capacità cognitive generali, che è spesso meno accurata. Così facendo, il modello permette di implementare oggettivamente e con efficacia tutte le pratiche legate alla selezione, gestione, orientamento e sviluppo del personale. E può contribuire a un sistema di valutazione delle prestazioni più equo, riducendo al minimo i pregiudizi e migliorando la giustizia organizzativa.

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Human Resources
SPECIALE FORMAZIONE: QUAL E' LO STATO DELL'ARTE DEL SETTORE IN ITALIA?

In un mondo del lavoro nel quale l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando dinamiche e processi, a tal punto che, secondo una recente ricerca Ipsos, l’87% dei professionisti italiani ritiene che l’IA trasformerà significativamente il modo in cui funziona l’azienda in cui opera e il 43% si dice disposto a seguire un corso di aggiornamento per acquisire nuove e necessarie competenze digitali, risulta chiaro come il comparto della formazione diventi sempre più strategico e sia anche chiamato a trasformare la logica lavorativa da "workfare" a "learnfare". Un’evoluzione che, in Italia, non è ancora a pieno regime, ma che offre già spunti di miglioramento con una quota di imprese con almeno 6 addetti che ha investito nel 2021 nell’aggiornamento e nello sviluppo delle conoscenze del proprio personale che è stata pari al 60,3% - come indicato dalla IV edizione dell’Indagine INDACO-Imprese (rilevazione campionaria svolta da INAPP che ha coinvolto oltre 20mila aziende) che conferma come la propensione a realizzare interventi formativi cresca all’aumentare della dimensione aziendale e sia tendenzialmente più ridotta nelle regioni meridionali e insulari. Il tasso di incidenza delle imprese formatrici (sul totale delle imprese italiane) è infatti pari al 50,2% fra le microimprese e sale al 66% fra le piccole imprese, all’83,4% fra le medie fino al 92,8% fra le grandi imprese. Il divario territoriale Nord-Sud rimane però importante con circa 10 punti percentuali.

 

Una tendenza che evidenzia anche un miglioramento notevole del posizionamento dell’Italia nella formazione continua delle imprese. Il quale, pur rimanendo a livello intermedio e non arrivando alle eccellenze dei paesi scandinavi, in Europa occupava nel 2020 la quindicesima posizione per la percentuale di imprese con 10 addetti e oltre che forniscono formazione ai propri dipendenti, con un valore del 68,9% (in un range che va dal 17,5% della Romania al 96,8% della Lettonia) e con un guadagno di ben sette posizioni rispetto a cinque anni prima: nel ranking UE28 l’Italia occupava, infatti, la ventiduesima posizione nel 2015 (60,2%).

 

Qual è però oggi il reale stato dell’arte di questo mercato e come si stanno muovendo enti formatori, istituzioni, università e imprese per guardare davvero in maniera propositiva a quel presente esteso che chiamiamo futuro?

 

Ne abbiamo parlato approfonditamente, nel corso di questa puntata, insieme a numerosi esperti, come Kevin Giorgis e Stefano Marchese di EFI - Ecosistema Formazione Italia, Roberto Angotti di INAPP, Nicola Neri di Ipsos Italia, Damiano Previtali del Ministero dell’Istruzione e del Merito, i professori Claudio Rorato e Luca Gastaldi del Politecnico di Milano, Mauro Meda di ASFOR, Egidio Sangue di Fonditalia, Nicola Minelli di Confimprese e Servizi, Italo Piroddi di Aruba e Guido Stratta dell’Accademia della Gentilezza, che abbiamo avuto l’opportunità di incontrare nel corso della prima edizione dell’Innovation Training Summit, organizzato a Roma da EFI – Ecosistema Formazione Italia.

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Human Resources
THE AI IMPACT: COME L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE STA TRASFORMANDO IL MONDO DELLE RISORSE UMANE

In un mondo sempre più digitalizzato, nel quale la trasformazione tecnologica e la necessità di orientare l’attenzione del business verso nuovi valori di sostenibilità stanno influenzando le scelte dei decision maker, l’Intelligenza artificiale non rappresenta più solo un fenomeno in ascesa, ma una realtà concreta e “tangibile” che sta modificando dinamiche e processi dell’impresa e del lavoro.

 

Secondo una recente ricerca del Politecnico di Milano, oggi in Italia il mercato dell’AI ha un valore di circa 760 milioni di euro, con una crescita degli investimenti pari al 52% anno su anno. Un aumento di capitali e di interesse che ha portato i ricercatori ad analizzare come, nei prossimi 10 anni, questa tecnologia emergente potrebbe arrivare a sostituire le attività odierne di oltre 3,8 milioni di professionisti del nostro Paese.

 

Un dato che fa riflettere e su cui si è voluto concentrare lo sviluppo della nuova edizione dell’annuale ricerca, realizzata da Inaz, in collaborazione con Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, dal titolo “The AI impact: come l’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo delle risorse umane”, presentata nel corso di HR Directors Summit, l'evento dedicato al mondo delle risorse umane, tenutosi l'11 e il 12 giugno 2024 pressp l'Allianz MiCo - Milano Convention Centre all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell'impresa contemporanea.

 

Un’analisi che si è avvalsa del commento di Danila Scarozza, Associate Professor in Organization Studies della Link Campus University, e che è stata condotta su un campione di 200 direttori delle risorse umane di alcune delle più importanti aziende nazionali e internazionali operanti sul territorio italiano, che sono stati intervistati tra il mese di marzo e quello di maggio 2024, al fine di comprendere meglio, e più approfonditamente, quali potrebbero essere gli impatti prodotti da questa tecnologia dirompente sul mondo delle risorse umane, cercando anche di indagare quali saranno le sfide da affrontare, le opportunità da cogliere e le tendenze da seguire, ora e nei prossimi anni, per i professionisti delle HR. Manager che, sicuramente, avranno un ruolo cruciale nell’accompagnare e supportare imprese e lavoratori in questa transizione che modificherà per sempre il lavoro per come oggi lo conosciamo. Basti pensare agli impatti che assistenti vocali, motori di ricerca, traduttori automatici, navigatori automobilistici e chatbot per il customer care hanno sulla nostra vita quotidiana e come le applicazioni di automazione dei processi e di AI generativa stanno già rivoluzionando il nostro modo di lavorare e gestire le dinamiche aziendali. “L’intelligenza artificiale – ha commentato la Professoressa Scarozza – è sicuramente una grande opportunità e uno strumento potente, tanto per le aziende, quanto per i professionisti, siano essi manager o dipendenti, ma risulta oggi sempre più evidente come sia necessario che questa tecnologia debba anche essere approcciata, gestita e sfruttata nel modo giusto. Una nuova realtà che sta permeando ogni ambito e a cui tutti ci stiamo abituando, in alcuni casi forse anche in maniera eccessiva, ma che pone delle responsabilità di carattere etico, valoriale, normativo, regolatorio e culturale che non vanno sottovalutate o tenute in minore considerazione, a vantaggio di una velocizzazione del mondo che ci circonda e dei costanti e crescenti input che ne provengono”.

 

Un monito fondamentale, questo, che, anche dalle risposte raccolte nel report che leggerete, risulta essere ben chiaro ai direttori HR coinvolti. “I direttori delle risorse umane, oggi – ha aggiunto Fabrizio Armenia, People & Organization Director di Inazsi trovano al centro di una transizione epocale che da una parte chiede loro con insistenza un adattamento tecnologico di sistemi e processi e dall’altra però gli impone di mantenere sempre il cosiddetto human in the loop. Chi saprà dare vita a un mix di scelte e decisioni, in grado di creare un balance ottimale tra questi due aspetti avrà davvero l’opportunità di cambiare volto alla propria organizzazione rendendola più sostenibile, snella, veloce, ma anche attenta alle esigenze e alla valorizzazione del potenziale vero delle persone che, se liberate correttamente dalle proprie incombenze routinarie, potranno concretamente generare a quel punto un vantaggio competitivo per il business, grazie ad attività di grande valore aggiunto”.

 

Un obiettivo importante che nei prossimi anni potrebbe rappresentare lo spartiacque tra il successo e il fallimento di strategie orientate a seguire, e in alcuni casi, forse, anche inseguire, una trasformazione massiva e una necessità di digitalizzazione, spesso inconsapevole, che è solo l’anticamera di quella quinta rivoluzione industriale già proiettata sulla Generazione Alpha, ovvero quei futuri cittadini e professionisti che non conosceranno mai un mondo senza la presenza e il supporto dell’intelligenza artificiale. Un’ambientazione, questa, che solo qualche anno fa era presente solo nella cinematografia o nella letteratura fantascientifica e che oggi, invece, diventa una realtà da analizzare, al fine di offrire un contesto quanto più concreto e attuale possibile, per poter valutare lo stato dell’arte del cambiamento in atto. Una fase di transizione sia in termini di innovazione e redesign dei propri processi, ma anche di upskilling e reskilling delle competenze, oltre che di adozione, comprensione e spiegazione delle potenzialità di uno strumento ancora tutto da capire. Una leva di futuro a cui, se è vero che non si potrà più rinunciare, bisognerà anche imparare a dare il giusto valore e la corretta dimensione, trovando il modo appropriato di conviverci e interagirci, senza lasciare troppo spazio a quella voglia di farsi sostituire in virtù di quella naturale tendenza umana a non voler fare fatica per ottenere il risultato desiderato.

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