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Negli ultimi anni, il mondo ha assistito a un’accelerazione senza precedenti nell’espansione delle energie rinnovabili. Secondo il rapporto Renewables 2024 dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), il 2023 ha segnato un nuovo record con 510 GW di nuova capacità installata a livello globale. E questa crescita non sembra destinata ad arrestarsi: le previsioni indicano un aumento di 2,7 volte entro il 2030, superando del 25% le attuali ambizioni dei governi. Se il trend sarà confermato, entro la fine del decennio si aggiungeranno altri 5.500 GW di impianti rinnovabili in esercizio, portando le nuove installazioni annue a sfiorare i 940 GW nel 2030. Un balzo del 70% rispetto al record stabilito lo scorso anno. Il motore di questa rivoluzione green sarà il fotovoltaico solare, che insieme all’eolico rappresenterà il 95% della nuova capacità rinnovabile nei prossimi anni.
Un tema di grande attualità, questo, che sta assumendo un valore sempre più centrale nelle logiche delle imprese e dei governi a livello globale, date anche le tensioni geopolitiche che stanno ridefinendo le logiche di forza nell'ambito dell'approvvigionamento e stoccaggio energetico in ogni parte del mondo. Un aspetto su cui, in vista della prossima edizione del Global Risk Forum, l'evento dedicato al mondo del risk management, pervisto il 19 e 20 giugno 2025, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione organizzata da Business International, la knowledge unit del Gruppo Fiera Milano, e ideata per riunire in un unico luogo i migliori C-level del momento -, abbiamo voluto ragionare più approfonditamente attraverso l'analisi e il commento, che vi proponiamo di seguito, di un recente white paper a firma di Alessandro Brizzi, General Manager di Renovis, ESCo (Energy Service Company) certificata UNI CEI 11352, che propone e realizza soluzioni per l'efficienza energetica, destinate prevalentemente all'industria.
"Di fronte alla spinta prodotta dalle energie rinnovabili - spiega Brizzi -, la comunità internazionale è chiamata ad aggiornare le proprie strategie in materia. Ad oggi, solo 14 paesi hanno fissato obiettivi espliciti sulle rinnovabili nei loro NDC prima della COP28. Tuttavia, lo scenario attuale mostra segnali di superamento delle previsioni: quasi 70 paesi, che insieme rappresentano l’80% della capacità globale, sono sulla buona strada per raggiungere o addirittura superare i propri target al 2030". In prima fila c’è la Cina, leader indiscussa della transizione, seguita da altre grandi economie emergenti come Brasile e India, oltre agli Stati Uniti. "Tuttavia - prosegue il manager -, la posizione di Pechino solleva un evidente paradosso: se da un lato è il paese che sta investendo di più nelle rinnovabili, dall’altro continua ad aumentare la propria capacità di produzione a carbone, registrando livelli record di emissioni". A tal punto che secondo i recenti dati di Global Energy Motor e CREA (2024), nel 2023 ha avviato la costruzione di centrali a carbone per una capacità totale di 114 gigawatt, con 70 gigawatt già avviati, segnando un'accelerazione rispetto agli anni precedenti. "Dal 2022, inoltre - aggiunge l'esperto -, il paese ha autorizzato complessivamente 218 gigawatt di nuovi impianti, mettendo in discussione il proprio impegno a raggiungere la riduzione delle emissioni prima del 2030". In questo contesto, però, anche negli Stati Uniti la traiettoria della transizione energetica è tutt’altro che lineare. "Se da un lato il paese è tra i principali attori nella crescita delle rinnovabili - sostiene Brizzi -, dall’altro le recenti posizioni dell’amministrazione Trump - con la sospensione per 90 giorni ai finanziamenti e ai prestiti federali dell’USDA (il Dipartimento Americano per l’Agricoltura) previsti fin dal 2022 dall’Inflation Reduction Act e destinati ai progetti per la produzione di energia pulita - hanno creato incertezza nel settore". E l'Unione Europea? "L’UE - sottolinea il manager - ha fissato obiettivi ambiziosi per la transizione energetica, con il Green Deal e il pacchetto Fit for 55, che mirano a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e a rendere il continente carbon neutral entro il 2050. Tuttavia, la crescita delle rinnovabili non sta procedendo con la rapidità necessaria per raggiungere questi obiettivi". Secondo Ember, infatti, a un anno dalla COP28, solo 8 governi - tutti europei - su 96 nel mondo hanno aggiornato i loro obiettivi nazionali per il triplicamento delle rinnovabili entro il 2030.
"L’analisi, però - indica l'esperto -, evidenzia una criticità più ampia: la somma complessiva degli obiettivi nazionali al 2030 ammonta attualmente a 7.242 GW, con un incremento minimo di soli 4 GW nell'ultimo anno. Sebbene ciò rappresenti un raddoppio rispetto alla capacità installata nel 2022 (3.379 GW), rimane un divario significativo di 3.758 GW per raggiungere l’obiettivo globale di triplicare le rinnovabili. Inoltre, a livello regionale, nessuna area del mondo sta colmando il gap necessario, in particolare considerando che alcune regioni dovrebbero contribuire in misura maggiore secondo gli scenari IPCC allineati con l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C". Sotto questo profilo, risulta chiaro ineffetti come i paesi più ricchi e industrializzati portino sulle spalle una doppia responsabilità che va oltre le apparenze; da un lato tali Nazioni hanno beneficiato infatti di uno sviluppo economico e tecnologico alimentato per decenni da fonti energetiche fossili, accumulando così un'enorme quantità di emissioni di gas serra nell’atmosfera. "Tale impatto storico non è solo una questione quantitativa - commenta Brizzi -, ma rappresenta una forma di “debito climatico” nei confronti dei paesi meno sviluppati, che oggi subiscono le conseguenze del cambiamento climatico pur avendo contribuito in misura marginale al problema". Dall’altro lato, il loro vantaggio in termini di risorse finanziarie, tecnologie avanzate e capacità di innovazione offre loro strumenti unici per guidare il cambiamento. "Attenzione, però - ammonisce il manager -, non si tratta solo di investire di più in energia rinnovabile, ma anche di creare le condizioni per accelerare la ricerca su soluzioni emergenti, come stoccaggio di energia, idrogeno verde e tecnologie di cattura del carbonio. Inoltre, questa capacità non può essere confinata ai confini nazionali: questi paesi devono assumere un ruolo di leadership anche sul piano internazionale, condividendo risorse e competenze per aiutare altre nazioni nella transizione energetica". In sintesi, questa doppia responsabilità non è solo morale o politica, ma strutturale: il ruolo storico e la capacità attuale dei paesi più industrializzati li pongono al centro della lotta al cambiamento climatico, con un mandato preciso per guidare il processo verso un futuro più sostenibile. "In questo scenario - sostiene l'esperto -, sicuramente uno degli ostacoli principali resta la capacità di stoccaggio: solo un terzo dei paesi analizzati sta perseguendo strategie per l'accumulo dell'energia, con una capacità installata di appena 284 GW, ben al di sotto dei 1.500 GW necessari. La carenza di investimenti nei sistemi di accumulo potrebbe rallentare ulteriormente l’integrazione delle rinnovabili nelle reti elettriche, compromettendo la sicurezza energetica europea e l’efficacia della transizione". Un altro elemento critico per molti paesi, poi, è la forte dipendenza tecnologica dalla Cina. "Attualmente - analizza Brizzi -, Pechino produce quasi il 60% della nuova capacità rinnovabile installata a livello mondiale. Da un lato, questa leadership ha permesso di ridurre drasticamente i costi delle tecnologie green - grazie a un effetto combinato di economia di scala, incentivi governativi e investimenti nell’intera catena di approvvigionamento -, dall'altro solleva preoccupazioni geopolitiche sull'approvvigionamento di materie prime e componenti essenziali, come pannelli solari e turbine eoliche".
In Italia, il 2024 si è aperto con dati record per le rinnovabili. Secondo Terna, la produzione elettrica da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella da fonti fossili nei primi sei mesi dell’anno. Nel complesso, la domanda elettrica nazionale è stata di 312.285 GWh, in aumento del 2,2% rispetto al 2023, con le rinnovabili che hanno coperto il 41,2% del fabbisogno totale, il valore più alto mai registrato nel nostro Paese. "Il fotovoltaico ha registrato un incremento del 19,3% nel 2024 - ha evidenziato il manager -, raggiungendo un record storico di 36,1 TWh, mentre la produzione idroelettrica è aumentata del 30,4%, attestandosi a 52 TWh. Tuttavia, la capacità installata resta ancora insufficiente per centrare gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che punta a coprire il 72% della generazione elettrica con fonti rinnovabili entro il 2030". Tra i principali ostacoli alla crescita, in questo senso, Brizzi individua: "la burocrazia complessa che rallenta le autorizzazioni per i nuovi impianti e la mancanza di infrastrutture per l’accumulo di energia, fondamentali per bilanciare la produzione intermittente di fonti come solare ed eolico". Come se non bastasse, a complicare ulteriormente il quadro, secondo il manager, è il contesto geopolitico ed economico: "la crisi energetica globale degli ultimi anni ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi energetici nazionali, spingendo diversi governi a rivalutare il ruolo delle fonti fossili come soluzione tampone". Sotto questo profilo, inoltre, secondo il rapporto World Energy Outlook 2024 dell’IEA, il calo previsto dei prezzi dell’energia e l’intensificarsi della competizione tra fornitori potrebbero generare fasi di instabilità, con ripercussioni sugli investimenti nelle rinnovabili. "Se da un lato prezzi più bassi potrebbero liberare risorse per accelerare la transizione verso tecnologie pulite - ha proseguito l'esperto -, dall’altro c’è il rischio che la minore redditività degli impianti porti alcuni operatori a rallentare o rivedere al ribasso i propri piani di sviluppo. Nonostante ciò, è evidente che la transizione energetica non possa essere lasciata solo alle forze del mercato. Servono politiche chiare e incisive, con una forte volontà politica di superare gli ostacoli burocratici e infrastrutturali. L’Italia, in particolare, ha tutte le potenzialità per essere un leader in questo processo, grazie a condizioni climatiche favorevoli e un elevato potenziale di sviluppo tecnologico. Ma senza una strategia più efficace, rischiamo di restare indietro rispetto agli altri grandi player globali. La COP30 di Belém, che si terrà a novembre nel cuore dell’Amazzonia, sarà un appuntamento cruciale per verificare i progressi verso gli obiettivi di decarbonizzazione e rafforzare la cooperazione tra Stati, aziende e società civile. Il 2030 è dietro l’angolo, il tempo per agire è ora".
In un mercato in costante evoluzione, accelerato dall’avvento dell’IA generativa, la figura del Chief Information Officer (CIO) si trova al centro di una profonda trasformazione. Essere un esperto di tecnologia non basta più: oggi le aziende italiane cercano leader capaci di coniugare competenze tecniche, visione strategica e intelligenza emotiva.
Ma quali sono allora le caratteristiche vincenti di un CIO del futuro? In vista della prossima edizione cel CIO Summit, l'evento dedicato al mondo dei Direttori IT e previsto il 19 e 20 giugno 2025 presso l'Allianz MiCo di Milano, all'interno del Business Leaders Summit - la grande manifestazione organizzata da Business Internaitonal, la knowledge unit di Fiera Milano e pensata per l'incontro e il confronto con i migliori C-Level dell'impresa contemporanea -, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda attraverso l'analisi e il commento di un recente whitepaper a firma di Fabio Pascali, Regional Vice President Italy, Greece & Cyprus di Cloudera, che ha cercato di riassumere le principali caratteristiche da acquisire per chi ricopre oggi un ruolo che sta vivendo una profonda trasformazione, passando da gestore dell'hardware e del software aziendale ad abilitatore dell'innovazione d'impresa.
Secondo il manager, infatti: "Non esiste una ricetta magica per diventare un CIO di successo, ma ci sono alcuni aspetti chiave che contribuiscono senza dubbio al raggiungimento di questo ruolo". Chiaramente, si fa riferimento a specifiche caratteristiche personali e competenze, perché oggi il CIO è molto più di un esperto di tecnologia: "Questa figura - prosegue l'esperto - è diventata il catalizzatore della trasformazione digitale in azienda". In questo senso, secondo il Gartner 2025 CIO Agenda Survey, che ha coinvolto oltre 3.100 CIO a livello globale, solo il 48% delle iniziative digitali a livello aziendale raggiunge o supera gli obiettivi di business prefissati. Si tratta di un risultato che evidenzia l’importanza di un approccio strategico alla leadership tecnologica. "Oggi - continua Pascali - i CIO hanno di fronte una sfida imponente: non solo gestiscono l’infrastruttura tecnologica e l’evoluzione IT della propria azienda, ma devono anche possedere una visione strategica, promuovere l’innovazione e ispirare i propri collaboratori. Non basta più limitarsi a risolvere problemi tecnici e implementare nuove tecnologie. Le aziende cercano CIO che siano veri e propri leader, capaci di coniugare eccellenza tecnologica e intelligenza emotiva".
Ma cosa ha portato a questa radicale trasformazione del ruolo? "Che il responsabile IT debba comprendere i processi aziendali non è una novità - commenta l'esperto -. La vera novità è che oggi l’intero staff manageriale di un’azienda deve comprendere la tecnologia. Il CIO diventa quindi una guida strategica, che non si limita a tradurre in soluzioni tecnologiche le richieste altrui, ma promuove attivamente il cambiamento, con l’obiettivo primario di preparare l’azienda al futuro". In quest’ottica, quindi, risulta chiaro come l’IT si trasformi in un asset strategico, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dei dati e l’intelligenza artificiale. L’IA generativa, in particolare, come evidenziato nel Gartner 2025 CIO Agenda report, sta rivoluzionando il modo in cui le aziende operano, aprendo nuove opportunità ma anche nuove sfide in termini di sicurezza e gestione dei dati. Oltre l’80% dei CIO prevede di investire in capacità fondamentali come cybersecurity, IA generativa, business intelligence, analisi dei dati e tecnologie di integrazione come le API. I CIO stessi dichiarano di dedicare sempre più tempo all’allineamento delle iniziative IT con gli obiettivi di business. Guardando a questa prospettiva, quale dovrebbe essere però il segreto del successo? "Concentrarsi sulle persone", sottolinea l'esperto.
DATI E NUOVE GENERAZIONI: LE CHIAVI DEL FUTURO PER I CIO
"I CIO che ottengono i migliori risultati (i cosiddetti “Digital Vanguards” identificati da Gartner) - sosteniene Pascali - si concentrano sulla creazione di una user experience complessiva efficace per tutti gli utenti tecnologici dell’azienda. Strumenti come l’intelligenza artificiale (IA) e le piattaforme di dati, se ben integrati nel contesto aziendale, possono essere una vera e propria chiave di volta". Il ruolo centrale dei dati, sotto questo profilo, è innegabile: "Sono fattori che hanno il potenziale per alimentare innovazione ed efficienza - commenta il manager -. Tuttavia, molte aziende non riescono a sfruttare questo potenziale perché i dati rimangono intrappolati in silos, inaccessibili a chi potrebbe utilizzarli al meglio. Il compito del CIO, quindi, non si limita a garantirne il flusso dal punto di vista tecnico, ma si estende alla creazione di una cultura aziendale basata sulla condivisione della conoscenza e sulla valorizzazione dei dati come capitale strategico, non come semplice astrazione". Altrettanto cruciale, poi, è il coinvolgimento delle nuove generazioni, non solo per compensare il progressivo pensionamento dei baby boomer e la conseguente carenza di personale qualificato. "Millennial e Generazione Z - evidenzia l'esperto -, in particolare, portano nuove prospettive e un approccio innovativo ai processi aziendali. Saper integrare questa energia e questo nuovo modo di pensare nella strategia aziendale è fondamentale. I CIO “Digital Vanguards” hanno quasi tre volte più probabilità di dare priorità al supporto delle aree di business nella previsione delle proprie esigenze di competenze tecnologiche. Un vero team player, in questo contesto, è chi riesce a far interagire esperienza, apertura al nuovo e progresso tecnologico".
COMUNICAZIONE, RESILIENZA E FLESSIBILITA': IL TRIS VINCENTE PER IL CIO MODERNO
Secondo Pascali: "Per un CIO, l’eccellenza nella comunicazione è imprescindibile". Dal punto di vista dell'esperto, in questo senso: "Non si tratta solo di spiegare concetti tecnici in modo chiaro, ma di trasmettere la propria visione in modo coinvolgente e di progettare processi di trasformazione che ispirino e motivino l’intera azienda. Oltre alla chiarezza, serve l’arte di saper coinvolgere le persone e generare entusiasmo per il cambiamento". Pensando, poi, al momento che stiamo vivendo, all'incertezza che influisce sui mercati e alla necessità di investire sull'innovazione, nonostante i possibili gap digitali endogeni ed esogeni al settore industriale italiano, il manager riflette sul fatto che: "Le crisi rappresentano il banco di prova definitivo per un CIO. Essere preparati aumenta la resilienza, ma la vera differenza sta nella capacità di prendere decisioni rapide e mantenere il team concentrato e operativo. Pianificare è importante, ma quando le cose si complicano la flessibilità è cruciale, perché il business deve andare avanti, i processi non possono incepparsi e i clienti devono essere sempre informati". Questo, chiaramente, significa, nel quotidiano, sapersi ritagliare lo spazio per pensare in modo strategico e delegare o automatizzare le attività di routine, così da non sacrificare innovazione e sviluppo. Non a caso, l’86% dei CIO afferma che l’innovazione è sempre più al centro dell’attenzione, come evidenzia uno studio di Foundry. "I CIO che riescono a trovare questo equilibrio - aggiunge Pascali - fanno la differenza, sia nei momenti di calma che in quelli di crisi. In situazioni di emergenza, serve un CIO che sappia definire priorità chiare, comunicare con trasparenza e prendere decisioni rapide. Allo stesso tempo, la resilienza permette di preparare il team ad affrontare le difficoltà, garantendo una risposta calma ed efficiente anche nei momenti più impegnativi".
APERTURA AL CAMBIAMENTO: LA FORZA DI UN CIO DI SUCCESSO
Un altro aspetto essenziale nella visione del manager, parlando delle principali qualità che dovrebbe avere un buon direttore dell'area IT, è la necessità di un vero e proprio cambio culturale nell'approccio strategico e operativo al business moderno da parte dei professionisti del settore. "Sbagliare è umano - spiega l'esperto -. Considerare gli errori come opportunità di apprendimento e ricercare attivamente il feedback rafforza la fiducia nel team e promuove una cultura orientata all’innovazione. Un CIO di successo si distingue per la sua apertura, sia nei confronti del feedback che del cambiamento. In un settore in continua evoluzione, il CIO deve essere un esempio di adattabilità, mostrando al team come affrontare le nuove sfide. Opporsi al cambiamento può infatti frenare sia la crescita professionale che quella dell’azienda".
IL CIO: ARCHITETTO DEL CAMBIAMENTO
La strategia e le competenze tecniche, però, non sono gli unici fattori di successo per un direttore IT di nuova generazione. Anche i leader più brillanti, infatti, possono cadere in errore. Tra le trappole più comuni, sicuramente, ci sono la rigidità di fronte al cambiamento e una visione eccessivamente focalizzata sugli aspetti tecnici. Sotto questo profilo, secondo il manager: "La tecnologia è e rimane fondamentale, ma il fattore umano è determinante. Per un CIO, perdere il contatto con il proprio team è particolarmente rischioso. Comunicazione ed empatia non sono quindi qualità accessorie, ma requisiti fondamentali. Proprio qui risiede la grande opportunità del ruolo: essere CIO non è solo un lavoro, ma la possibilità di plasmare intere organizzazioni. Chi riesce a combinare abilmente tecnologia, strategia e leadership, lascia un segno indelebile nell’azienda, diventandone una figura chiave per una crescita sostenibile".
“Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando”: mai banali le parole di Albert Einstein che ha sempre visto nel tempo una grandissima risorsa. Le dichiarazioni del noto fisico risultano più che mai attuali in un’epoca in cui grandi e piccini vivono a stretto contatto con la velocità. All’interno di questo scenario in cui tutti sono sempre costantemente di corsa, soprattutto durante le ore di lavoro, risulta più che mai fondamentale sviluppare una dote in particolare: si tratta del time management, ovvero la capacità di gestire nel migliore dei modi il tempo a propria disposizione, svolgendo così le mansioni richieste nella quotidianità e ponendosi delle priorità essenziali per raggiungere il successo.
Un tema, questo, che abbiamo voluto approfondire anche in vista della prossima edizione del Business Leaders Summit, la grande manifestazione organizzata da Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e prevista il 19 e 20 giugno 2025 all'Allianz MiCo di Milano, con l'obiettivo di riunire in un unico luogo i migliori C-level dell'impresa contemporanea. In occasione del nuovo appuntamento della kermesse, infatti, il filo conduttore dei sei summit verticali che caratterizzeranno la manifestazione con focus specifici dedicati al mondo HR, Procurement, Finance, Risk, Cybersecurity, Information Technology e Marketing, sarà proprio il concetto di tempo sotto i suoi diversi aspetti e nelle sue differenti declinazioni.
Secondo una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto del Consorzio Vero Volley, il cosiddetto time management risulta una competenza quasi del tutto assente negli workplace di tutto il mondo. Infatti, stando a quanto indicato da Linkedin, più di 8 professionisti su 10 (82%) non sono in grado di gestire il tempo in maniera efficace sul posto di lavoro e, inevitabilmente, non riescono a rispettare le deadline imposte dai superiori e a portare loro risultati rilevanti. A seguito di quanto appena illustrato, non sorprende il fatto che, secondo un ulteriore approfondimento strutturato sempre da Linkedin, più del 40% dei professionisti globali si sia iscritto o abbia già partecipato nel corso dell’anno corrente a corsi utili per imparare tutti i segreti del mestiere e diventare così degli ottimi “Time Manager”. Migliorare o addirittura perfezionare la skill della gestione del tempo risulta molto importante perché, stando a quanto specificato da Forbes US, è una delle soft skill più richieste da HR Recruiter e leader d’impresa nel corso del 2024 e sarà una delle più ricercate in vista dei prossimi mesi e anni.
Arrivati a questo punto, sorge una domanda quasi del tutto spontanea: esistono dei “superpoteri” da sviluppare per arricchire il proprio bagaglio di competenze con la skill più ricercata sul mercato del lavoro? La risposta è sì e sono innumerevoli: le prime conferme in merito giungono da Economic Times, il quale, grazie ad un approfondimento esaustivo basato su una serie di studi elaborati dalla Indian School of Business, mette in risalto il cosiddetto “priority power”. Nello specifico, è l’abilità di stabilire delle priorità fin dalle prime ore della propria giornata lavorativa, completando così innanzitutto i compiti più lunghi e dispendiosi e, in seguito, tutto il resto. Ulteriori precisazioni sul tema arrivano dall’Italia e, nel dettaglio, da un’esperta del settore. Si tratta di Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, struttura di riferimento nel mondo della pallavolo nazionale e internazionale, che recentemente ha espresso la sua opinione sul valore del tempo in relazione anche alla costruzione di una società sportiva e allo sviluppo dei suoi progetti presso l'Università degli Studi di Milano: “La nostra disciplina, la pallavolo, che è un gioco a punteggio, non ha quella caratteristica della fretta che è tipica di altri ambiti. Anche la costruzione e la storia del Consorzio Vero Volley sono state caratterizzate da questo, aspettando il tempo che era necessario per crescere, anche per studiare e capire con pazienza quello che stava succedendo e si stava sviluppando. Mantenendo, però, sempre fermi alcuni nostri pensieri, come quelli legati all'attività giovanile e alla sua importanza nello sviluppo delle life skills delle persone. Oggi, il Consorzio, con i suoi circa vent'anni di storia è raccontato dal claim «Driven by Values», quello che di più parla di noi. Aver lasciato lavorare anche il tempo è una modalità di cui sono veramente soddisfatta nella crescita del Consorzio, che continua a guardare, immaginare il futuro e ad accompagnare tante generazioni nello sviluppo del loro percorso”.
Fanno seguito alle parole di Alessandra Marzari indicazioni aggiuntive sui superpoteri da sviluppare per acquisire un ottimo time management. A questo proposito, ecco l’International Journal of Multidisciplinary Research in Arts Science and Technology che definisce il concetto di “bundary bliss”, vale a dire la corretta distinzione tra attività lavorative e mansioni di carattere personale. In questo modo, fin dal principio, sarà possibile dividere la giornata in due fasi distinte e concentrare l’attenzione su ciò che è più importante a seconda del momento, del luogo e della situazione in cui ogni singolo lavoratore si trova. Si prosegue con Linkedin che descrive la “distraction defense”: entrando più nel dettaglio, il lavoratore in questione, per organizzare il tempo a sua disposizione, deve eliminare ogni tipologia di distrazione ed entrare in una specie di bolla in cui isolarsi e pensare solo ed esclusivamente ai progetti da portare a termine. E ancora, secondo Mckinsey un Time Manager di livello è capace di prefissarsi degli “smart goal”, cioè obiettivi pertinenti e specifici correlati ad un lasso di tempo necessario per svolgere nel migliore dei modi il lavoro richiesto. Per ultimo, ma non meno importante, ogni crescita, in questo caso in termini di time managing, passa sempre dalla determinazione e dalla voglia di cambiare del singolo professionista. Per questo motivo, il portale britannico Management Today parla, nel dettaglio, di “change for growth”.
Ecco, quindi, di seguito i 7 superpoteri da sviluppare per diventare dei veri e propri maestri di time managing sul posto di lavoro: